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Carlo III Grimaldi e l’autonomia del Principato di Monaco

Carlo III Grimaldi e l’autonomia del Principato di Monaco

La Signoria della famiglia guelfa (almeno dal XIV secolo) genovese dei Grimaldi su Monaco risale al XIII secolo, ma per quanto piccolo sia questo stato, anch’esso ha subito la propria evoluzione geografica e politica nel corso del tempo. A dargli l’assetto che ora conosciamo fu Carlo III che, a buon diritto, può essere considerato il fondatore del Principato così come ora lo conosciamo.

Carlo Onorato Grimaldi nacque a Parigi l’8 dicembre 1818 da Florestano, fratello del Principe di Monaco Onorato V, e dall’attrice teatrale Marie Caroline Gibert de Lametz. Florestano era infatti il secondogenito di Onorato IV e non viveva nelle terre del principato che allora comprendevano Monaco, Roccabruna, Mentone e Garavano e nell’entroterra fino all’altezza di Castellaro (la località di Monti per la precisione). Florestano non fu mai educato alla politica e all’arte di governo e si iscrisse al “Theatre de l’Ambigu-Comique” dove conobbe appunto sua moglie. Onorato V morì nel 1841 senza eredi e toccò all’impreparato Florestano gestire il Principato. La situazione non era delle migliori: dato l’appoggio dei Grimaldi a Bonaparte, alla Restaurazione Talleyrand ottenne che il principato non venisse occupato, finendo però per essere un protettorato del Regno di Sardegna, il quale requisì tutte le piantagioni di tabacco volute da Onorato III in Piemonte.

Questo costrinse Onorato V ad aumentare la pressione fiscale. Florestano non migliorò di molto la situazione. Fondò alcune scuole, provò ad attuare misure di mitigazione alla povertà ma la popolarità dei Grimaldi era compromessa, soprattutto a Mentone. Il disinteresse di Florestano per il governo incrinò i rapporti tra lui e Carlo che ottenne il governo del paese, ma non il titolo di Principe Sovrano, su suggerimento della madre nel 1847. Si avvicinava il ‘48 europeo e i malesseri di Mentone e Roccabruna, già sfociati in sommosse sotto Florestano, si concretizzarono in una vera e propria scissione: il 2 marzo 1848, sotto la guida di Carlo Trenca, sindaco di Mentone le due città si dichiararono città libere.

Il 21 marzo nacque ufficialmente l’unione delle Città libere di Mentone e Roccabruna, sotto protezione del Regno di Sardegna e con a capo il sindaco di Mentone. Trenca dichiarò decaduti i Grimaldi e, con un plebiscito dalle percentuali bulgare, le Città Libere si unirono alla Contea di Nizza. Parimenti fu adottato lo statuto albertino in luogo delle leggi monegasche (primo maggio 1849). L’autorità formalmente era ancora dei Grimaldi, ma l’amministrazione era direttamente sabauda. Nel 1853 Carlo fu coinvolto in un tentativo di rovesciare Florestano e porre così fine a quella specie di diarchia che caretterizzava il governo del principato, ma la congiura fu scoperta e Carlo estromesso dall’esecutivo. Non dovette comunque aspettare molto, perché Florestano morì il 20 giugno 1856 lasciando il trono al figlio.

I problemi che Carlo III doveva affrontare per il piccolo stato erano grandi: una crisi finanziaria dovuta al malgoverno paterno; la risoluzione dello status internazionale del Principato che dal 1815 era protettorato sabaudo; e la secessione di Mentone e Roccabruna (con Garavano e Monti) che rappresentavano l’80% circa del territorio principesco.

La condotta politica di Carlo fu quella di salvare il salvabile e consolidare il rimanente.

Nel 1854 era stato legalizzato il gioco d’azzardo e nel 1856, nel quartiere La Condamine, la Villa Bellevue, una piccola casa da gioco, era stata aperta. Si trattava di un business poco redditizio, dovuto alla mancanza di operatori esperti. Carlo III, che anche grazie al patrimonio della moglie Antoinette de Merode Westerloo, voleva rilanciare il territorio monegasco nell’ambito del turismo di lusso, chiamò l’impresario Francois Blanc (noto soprattutto per il successo del casinò di Homburg in Assia). L’incontro fu la fortuna di entrambe le parti: per la somma di 1,7 milioni di franchi, una somma annua di 50.000 franchi più il 10% degli utili netti, Blanc ottenne la concessione dei giochi per 50 anni in base all’Ordinanza Sovrana del 2 aprile 1863.

 Blanc, cui spettava l’onere della costruzione, divenne presidente della società statale “Société des Bains de Mer” fondata nel 1863. Il luogo scelto per la costruzione fu l’altopiano de “Le Grotte” (Plateau des Spelugues) isolato dal resto della città di Monaco. Nel giro di due anni vennero inaugurati, in stile Belle Epoque, sia il sontuoso Hotel de Paris (completato nel 1864), come da capitolato, sia il celebre Casinò (pronto essenzialmente già alla fine del 1863). La speculazione edilizia che ne seguì, fece diventare la località un vero e proprio quartiere di lusso, che il 1 luglio 1866 venne ribattezzata Monte-Carlo in onore del sovrano che contemporaneamente rese praticamente nulli i prelievi fiscali su tutto il principato. I gesuiti si opposero alla costruzione del Casinò, che veniva costruito troppo vicino a un monastero e alla scuola da loro fondata per i rampolli dell’élite monegasca. Carlo III inizialmente soprassedette alla querelle avendo come priorità il risanamento delle finanze statali, ma allorquando i gesuiti tentarono di trascinarlo in tribunale, egli allora reagì, emanando un decreto che ordinava la loro espulsione dal Principato.

Il turismo di lusso con la speculazione edilizia, gli introiti e la costruzione del Casinò, l’abolizione dei prelievi fiscali, ossia la strategia che consentì il rilancio economico del principato, furono possibili in quanto parte di un piano politico più ampio a livello internazionale portato avanti dal principe in persona.

Le vicende del piccolo stato si intrecciarono con quelle più complesse della Seconda Guerra di Indipendenza Italiana e del Secondo Impero Francese. A seguito dell’armistizio di Villafranca, della Pace di Zurigo e del Tratto di Torino, il Regno di Sardegna cedeva -in cambio della Lombardia e del nulla osta francese alle mire piemontesi sui ducati di Parma, Reggio,Toscana e Romagna Pontificia- i territori del Ducato di Savoia e della Contea di Nizza alla Francia (previo plebiscito).

Il plebiscito nella Contea di Nizza coinvolgeva anche Mentone e Roccabruna, ancora formalmente monegaschi. Quando il 16 aprile 1860 Nizza, con un referendum decisamente pilotato da Napoleone III, decise per l’annessione alla Francia, la giurisdizione di Mentone e Roccabruna risultò incerta. Carlo III approfittò di questa situazione per sancire l’indipendenza del Principato e per ottenere il riconoscimento internazionale in cambio della perdita definitiva dei territori secessionisti.

A seguito degli eventi italo-francesi, Carlo III e Napoleone III firmarono il trattato Franco-Monegasco del 2 febbraio 1861. Il Trattato, nei suoi 9 articoli, stabiliva alcuni punti fondamentali: il Principe rinunciava per sempre, sia per sé che per i suoi successori, a favore dell’Imperatore dei Francesi, ai territori di Mentone e Roccabruna con confini da definire al più presto tramite apposita commissione (art 1); Napoleone III versava al Grimaldi una somma di 4 milioni di franchi, a guisa di compensazione (art 2); Napoleone III si impegnava a manutenere le strade che dagli ormai ex territori monegaschi affluivano al Principato e a costruire una strada carrozzabile lungo la costa da Nizza a Monaco, mentre Carlo III permetteva, con oneri connessi a suo carico, la costruzione di stazioni ferroviarie e relativo tratto di strada ferrata nei suoi territori, così da poter connettere Marsiglia e Genova -la vecchia stazione di Monaco inaugurata il 19 ottobre 1868 e rimasta in funzione fino al 1999 e la stazione di Monte-Carlo in funzione dal 1869 al 1965- (art 5); si realizzava una unione doganale tra l’Impero e il Principato (art 6).

Le vantaggiose condizioni ottenute da Carlo III non furono tanto dovute al buon cuore di Napoleone, quanto alla minaccia, più o meno velata, da parte del Principe di abdicare, non in favore del figlio Alberto, nato nel 1848, bensì a beneficio della linea collaterale della famiglia, quella discendente dalla sorella Florestina che aveva sposato Guglielmo I di Urach della casata dei Wurttemberg. L’erede, Guglielmo II, nacque poi nel 1866, ma l’ipotesi che, decadendo la linea diretta dei Grimaldi, subentrassero dei tedeschi nel cuore della Costa Azzurra, portò il Bonaparte ad una condotta più morbida. Il trattato e la carta tedesca consentirono a Carlo di eludere le leggi francesi sul gioco d’azzardo: in Francia infatti il gioco d’azzardo fu proibito su tutto il suolo nazionale fino al 1907, permettendo così il consolidamento dell’operazione di risanamento finanziario del Principato.

Una volta definita la situazione con la Francia, Carlo III iniziò a stabilire, per la prima volta nella storia dello stato, relazioni diplomatiche con altri governi nel mondo; avviò studi linguistici sul dialetto monegasco e fu il primo sovrano a emettere una propria serie di francobolli nel 1885, essendo prima in uso esclusivamente francobolli francesi.

Morì il 10 settembre 1889 nel Castello di Marchais, acquistato dalla moglie anni prima.

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Laureato magistrale in Scienze Filosofiche all'Università degli Studi di Milano, è attualmente consigliere comunale nel paese di Cesano Boscone.

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