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Alle radici del pensiero sovranista

Alle radici del pensiero sovranista

Oggi Giuseppe Gagliano ci parla delle radici storiche del pensiero politico del sovranismo di estrema destra.

Gran parte delle riflessioni della estrema destra contemporanea – come di numerosi programmi politici – possono essere lette anche come una rielaborazione delle riflessioni che, tra il 1970 e il 1990, formulò Franco Freda sia nella sua produzione saggistica (L’albero e le radici – I lupi azzurri. Documenti del fronte nazionale editi entrambi dalla casa editrice Ar di Padova fondata dallo stesso Freda) sia nel programma del Fronte Nazionale fondato a Milano il 21 dicembre del 1990.

Incominciamo la nostra breve rassegna dal cosiddetto razzismo morfologico.

Secondo l’autore la razza, soprattutto oggi, svolge la funzione di estremo baluardo di resistenza contro l’aggressione non solo dell’individualismo e del razionalismo ma soprattutto del cosmopolitismo cioè di tutte quelle forze che tendono a creare una società omogenea ed indifferenziata. Se da un lato l’Europa occidentale sta ormai conoscendo un arresto della propria crescita demografica, al contrario quei paesi che si affacciano sulla riva meridionale del Mediterraneo produrranno, a detta di Freda, vere e proprie turbe di immigrati destinate a invadere le nostre terre. Per ostacolare una tale invasione l’autore, fra l’altro, proponeva: la chiusura effettiva delle frontiere, l’espulsione immediata degli stranieri extra europei clandestini, la cancellazione progressiva sino all’abrogazione totale della legge Martelli, il rimpatrio di tutti gli stranieri extra europei immigrati, la revoca della cittadinanza italiana a tutti gli extra europei immigrati che l’abbiano tenuta a partire dal 1970. Una tale politica doveva anche essere attuata nei confronti degli zingari che vivono con i proventi di attività criminali e nei confronti dei nomadi Rom  e Sinti che provengono dai paesi balcanici.

Ebbene, per l’autore, non vi è alcun dubbio che l’immigrazione extra europea sia favorita dal mondialismo finanziario il quale vuole distruggere le identità dei popoli e soprattutto quella degli Stati nazionali con lo scopo di far diventare il mondo un unico mercato planetario pervaso da un sola ossessione e cioè quella del profitto e popolato da una sola squallida figura e cioè quella dal consumatore globale. Se questo progetto si realizzasse inevitabilmente porterebbe al meticciato etnico e culturale che finirebbe per costituire l’alvo biologico e ideologico di quella uniformità del mondo e della vita alla quale aspira il mondialismo. D’altra parte il progetto mondialista parte da una concezione assai precisa della modernità: il mondialismo, sostiene Freda, infatti vuole una unificazione del mondo priva di contenuto che si deve realizzare attraverso l’economia globalizzata che si potrà realizzare solo con il dominio delle merci e del denaro. Il denaro, sottolinea l’autore, è diventato una vera e propria divinità. Al contrario “il nostro obiettivo, in quanto militanti del Fronte Nazionale, dovrà invece essere quello di sostenere la tutela dell’idea di Stato sul piano storico difendendone la dignità essenziale sia nel campo dell’economia che della finanza”, sottolinea Freda. Ma infatti dobbiamo dimenticare che il sistema finanziario che tiene in mano e domina il pianeta ha anche origine dalla commistione inaccettabile del privato con il pubblico. Per contrastare questa realtà lo Stato deve ritornare ad essere l’unico creatore della moneta legale poiché soltanto uno Stato sovrano potrà garantire la migliore ripartizione delle risorse e potrà anche contrastare l’oligarchia mondialista. Proprio per questo il nostro paese avrebbe dovuto, per i teorici dell’estrema destra, non solo respingere il trattato di Maastricht ma deve raggiungere l’autosufficienza nel settore energetico e in quello agroalimentare abbandonando l’FMI e riottenendo le riserve auree italiane depositate a Fort Knox.

Inoltre sarà necessario ridimensionare profondamente le prerogative della Banca d’Italia restituendole a quelle dello Stato. Dal punto di vista storico, sottolinea l’autore, il trattato di Maastricht conclude una fase iniziata con quel processo di disintegrazione degli Stati nazionali europei che fu attentamente pianificato dalle banche centrali e cioè da quella tedesca, inglese, francese e naturalmente dalla Federal Reserve. I beneficiari di questo trattato saranno, prevedeva Freda, i grandi monopoli internazionali, gli speculatori internazionali attivi nei mercati borsistici, valutari delle materie prime, saranno le imprese di import -export e gli intellettuali mondialisti.

Ebbene il paese capostipite di questa mondializzazione sono certamente gli Stati Uniti che mirano anche all’occupazione militare (oltre che al dominio economico) allo scopo di assicurare il compimento dei disegni geopolitici del sionismo che determina le principali scelte della politica estera americana. Infatti, l’impiego ostinato dell’aggressione militare, non fa altro che dimostrare la loro volontà ossessiva di rimuovere qualsiasi ostacolo lungo il cammino dello sfruttamento economico mondiale. Proprio a ciò è servita la guerra del Golfo Persico e proprio per questa ragione solo un’alleanza tra il nazionalismo europeo e quello arabo potrà, secondo Freda, essere in grado di contrastare il mondialismo americano.

In conclusione non possiamo non osservante la profonda affinità ideologica tra queste riflessioni e quelle di larga parte delle formazioni sovraniste europee attuali.

Nel 2011 ha fondato il Network internazionale Cestudec (Centro studi strategici Carlo de Cristoforis) con sede a Como, centro studi iscritto all'Anagrafe della Ricerca dal 2015. La finalità del centro è quella di studiare, in una ottica realistica, le dinamiche conflittuali delle relazioni internazionali ponendo l'enfasi sulla dimensione della intelligence e della geopolitica alla luce delle riflessioni di Christian Harbulot fondatore e direttore della Scuola di guerra economica(Ege) di Parigi

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