Diritto, intelligence, cyber: intervista a Gabriele Suffia
Gabriele Suffia è giurista, assegnista di ricerca sulla guerra dell’informazione e cultore della materia di Informatica giuridica presso l’Università degli Studi di Milano. È di recente pubblicazione il suo “Geografia delle cyberwars. Uomini e Stati alla prova dello spazio digitale” per la prestigiosa Giuffrè: lo ringraziamo per averci concesso quattro chiacchiere.
Amedeo Maddaluno: Ciao Gabriele! Innanzitutto raccontaci del tuo libro: è inusuale che sia un giurista ad occuparsi di geopolitica e tecnica informatica! L’ho letto e da analista geopolitico l’ho trovato interessantissimo, scendi nel merito della questione senza affastellare leggi o riferimenti giuridici. Da cosa nasce questo interesse?
Gabriele Suffia: L’interesse per la geopolitica è nato dal “Corso di geopolitica e relazioni internazionali” organizzato dalle ACLI Milanesi, che oggi ho il privilegio di organizzare dopo averlo frequentato per molti anni, anche se ho sempre passato molto tempo guardando atlanti e cartine geografiche. Ho deciso di saperne di più dopo la laurea in giurisprudenza e la pratica forense, frequentando il “Master di geopolitica e sicurezza globale” dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Senza il Master, semplicemente il libro non sarebbe stato possibile e sarebbe stato molto diverso.
Amedeo Maddaluno: Nel tuo libro affronti il tema dei cavi per le loro comunicazioni ed il loro controllo. Quando si parla di telecomunicazioni informatiche si pensa sempre a qualcosa di etereo ed astratto, ma invece c’è da controllare infrastrutture dannatamente concrete! Cosa puoi dirci in merito?
Gabriele Suffia: Quando ho iniziato ad affrontare l’argomento, avevo ben presente quali erano state le rivelazioni di Edward Snowden (che sono state oggetto della mia tesi di laurea in informatica giuridica) e mi ero già interessato al caso Echelon, per una mia certa passione per l’informatica anche vintage, ma constatare quanto di concreto e tangibile “di Internet” ci sia oggi è stato anche per me una scoperta. In questo senso, si è trattato di una vera e propria ricerca. Non solo: mi ha incuriosito anche approfondire le tesi di alcuni, secondo cui le armi cibernetiche sono soggette ad una “deperibilità” ancora maggiore delle armi tradizionali. È solo una tesi, ma è vero che abbiamo alcuni preconcetti sul digitale. Non pensiamo, ad esempio, che qualcosa di digitale possa essere più deperibile di qualcosa che nel mondo fisico vediamo deperire. Però è così: è possibile. Per cui: quanto ancora non comprendiamo della rivoluzione del digitale e del suo impatto sull’uomo? Era qualcosa su cui non avevo mai soffermato la mia attenzione.
Amedeo Maddaluno: Ma veniamo allo specifico giuridico: dei nostri dati ormai si è fatto carne da macello. Quella della tutela della privacy è un’utopia? I dati rilasciati ad un social network (ad esempio la posizione di una persona in un determinato momento) hanno valore probatorio? E quale tutela ha una persona rispetto al loro uso in tribunale?
Gabriele Suffia: La privacy, o meglio la protezione dei dati, sarà un tema sempre più importante nei prossimi anni. Con l’Università degli Studi di Milano siamo in prima linea nello studiare il problema e nel fare ricerca in questo ambito, grazie all’Information Society Law Center (ISLC) diretto dal Professor Giovanni Ziccardi. Ci si chiede se, nella società liquida di cui parla Bauman, la privacy non debba scontare una certa sua obsolescenza di fronte al rischio di “non essere visti”, ed essere quindi estromessi, dalla società dell’informazione che si sta configurando in questi anni. La faccenda diventa molto più seria quando si parla dei dati di un soggetto che appartiene ad una categoria sensibile, o protetta, e tutti potremmo trovarci ad essere quella persona. È, effettivamente, tutto molto complicato e anche pericoloso.
Amedeo Maddaluno: Veniamo al controverso tema delle intercettazioni: le forze dell’ordine, per intercettare, hanno bisogno dell’autorizzazione di un giudice. L’intelligence, per definizione, no…
Gabriele Suffia: Non è corretto ritenere che l’attività delle agenzie di intelligence sia posta al di fuori della legge, o si svolga senza il vaglio o il controllo di alcun giudice. Tutto il caso Snowden, ad esempio, ha portato alla luce l’operato (disinvolto, sì) della Corte FISA negli Stati Uniti d’America, la quale ha preventivamente autorizzato la raccolta di informazioni e dati nei confronti di più di 190 Paesi del mondo. Un’autorizzazione, quindi, c’era e tendenzialmente c’è sempre. Ciò non toglie che qualsiasi strumento possa essere utilizzato per finalità diverse da quelle originali, per finalità private, in violazione di diritti, anche di pari o superiore rango, o in contrasto con il bene comune.
Amedeo Maddaluno: Un’ultima domanda: che i bitcoin e le criptovalute siano una truffa – e dal punto di vista economico anche abbastanza grossolana, affidare soldi “veri” ad una blockchain dai quali poi devono essere riconvertiti, senza controvalore e senza sapere chi sia “la mente” dietro il sistema – ma per l’appunto: cosa c’è dietro?
Gabriele Suffia: Non sono d’accordo nel definire le criptovalute come una truffa, ma non sono la persona più qualificata per parlarne dal momento che non ne sono un esperto. Vi posso rimandare al libro di Stefano Capaccioli che mi ha preceduto nella preziosa collana di Informatica giuridica di Giuffrè.
Grazie Gabriele e… a presto!
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