Il settembre nero saudita
La crisi petrolifera causata dall’attacco Houti ai pozzi di petrolio sauditi è la perfetta manifestazione della tipica crisi dell’era globale. Ignoriamo le cause lontane, come abbiamo fatto in Occidente per anni dimenticando il criticabilissimo intervento saudita in Yemen? Ne subiamo, con effetti amplificati, le conseguenze vicine, ovvero il caos sui mercati petroliferi. Questo articolo di Pierluigi Fagan fa chiarezza sull’argomento.
Chissà perché ma settembre si configura spesso come un mese problematico. Sarà che accanto a quelli che dopo le vacanze con rinnovata energia fanno proponimenti vistosi (iscriversi in palestra, studiare finalmente l’inglese, mettersi a dieta, fondare partiti tipo Vox di Fusaro o chissà cosa annuncerà pure Renzi), ci sono anche quelli che hanno intenti meno innocenti, che rendono il dopo vacanze più contrastato. Solo Salvini è riuscito a manifestarsi problematico “durante” le vacanze, in una sorta di electiones precox che doveva preparare un settembre di fuoco, spento però prima del nascere.
Ma non è sulle simpatiche vicende italiane che volevo attirare la vostra attenzione. Saprete dell’attacco drone degli Houti a gli impianti petroliferi sauditi. La guerra mossa dall’Arabia Saudita agli Houti dello Yemen ha prodotto la bellezza di quasi 100.000 morti dal 2015, quasi tutti civili yemeniti con parità di genere ed anagrafe, quindi politically correct. Anzi pare che ai bambini sia andata peggio secondo l’ONU per via della più grande epidemia di colera da decenni che ha colpito quelle lande martoriate. Ma queste son cose lontane. Adesso però si fanno vicine, ignori la cause? beccati gli effetti! Questa è la legge del mondo farfalla.
L’effetto farfalla di cui esistono varie versioni di paternità (da Edward Lorenz ad Alan Turing), dice che in un sistema dinamico iperconnesso, piccole cause possono avere sproporzionati effetti, nel tempo e nello spazio. “Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?” nel titolo provocatorio di una conferenza del Lorenz nel 1972. È il problema della catene causative a feedback positivo.
L’attacco al petrolio saudita si sta presentando come uno dei più grandi shock finanziari degli ultimi decenni. Compagnie petrolifere che saltano in borsa, compagnie che utilizzano petrolio (molto varie e molte di più) che perdono, onde inflattive probabili, rincari dei più svariati prodotti fino al mercatino sotto casa per le prossime settimane, mesi se i sauditi non riparano in fretta l’impianto (ammesso si possa, sul tutto grava –comprensibilmente- una cappa di fumo nero). Problemi con l’oro nero? Ecco salire le quotazioni dell’oro giallo! La stessa Arabia Saudia in gramaglie finanziarie per ragioni che non stiamo qui a dettagliare ma che passano anche per la – a questo punto – molto problematica quotazione della compagnia statale Aramco da cui dovevano trarre un po’ d’ossigeno. Sembra strano a dirsi, ma finanziariamente i sauditi stanno alla “canna del gas”, peccato che il gas sia qatarino ed iraniano. Insomma un effettone farfalla il cui sciame tellurico ancora non è ben calcolabile (si noti l’inquietante punto interrogativo che Bloomberg lascia nella seguente tabella).
Niente, volevo solo far notare a quali rischi incorre un mondo ipercomplesso. La globalizzazione, la finanziaria più che la commerciale, è l’incatenamento delle nostre vite ad un sistema fragilissimo che dà feedback positivi (cioè di eccessiva oscillazione) ad ogni stormir di fronde. Esattamente il contrario del sistema dinamico complesso attraverso cui si sono evoluti ad esempio i mammiferi da più di 200 milioni di anni. Questo funziona con una serie di feedback negativi, com’è nell’omeostasi che poi sarebbe più corretto dire “omeodinamica”.
Omeodinamica vs oleodinamica. Natura vs Uomo “sapiens” 1-0. Temo che ‘sto “sapiens” ce lo siamo auto-attribuito con eccessiva indulgenza. Socrate non avrebbe approvato, avrebbe scosso amaro la testa bofonchiando “hybris, maledetta hybris prometeica …”.
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