La Globalizzazione Cinese: il riequilibrio marittimo dell’Esercito Popolare di Liberazione
Prosegue l’analisi di Luca Agutoli sulla globalizzazione con caratteristiche cinesi, che dopo aver trattato estesamente il contesto diplomatico passa al campo militare. La trasformazione della strategia militare cinese affonda le sue radici nella Guerra Fredda e sviluppa i suoi rami nella globalizzazione. Analizzando gli investimenti militari della Repubblica Popolare emerge un’interessante tendenza: il riequilibrio marittimo.
«Il Sogno cinese è di rendere il paese forte. Le Forze Armante della Cina considerano il loro sogno di costruire un esercito forte come parte integrante del Sogno cinese.»
Libro Bianco per la difesa, 2015
La strategia militare cinese contemporanea deriva dal pensiero di Deng Xiaoping, primo leader della Repubblica Popolare ad infrangere la dottrina maoista. Mao infatti teorizzava la “guerra di popolo” combattuta grazie alla grande dimensione quantitativa delle masse armate, pur equipaggiate con una tecnologia inferiore rispetto agli avversari. Per il leader della Rivoluzione Culturale questo ordinamento militare doveva essere vincente nell’organizzazione di una resistenza difensiva sul proprio territorio in caso di attacco nucleare da parte di una delle grandi potenze. Con l’affievolirsi della guerra fredda tra USA ed URSS andava però diminuendo la necessità di tale strategia permettendo invece la preparazione di un piano di crescita tecnologica e la costruzione di un esercito all’avanguardia.
La corretta lettura della fine del mondo bipolare con l’apertura di nuovi conflitti regionali come le Guerre del Golfo nelle quali gli USA primeggiavano grazie alla loro schiacciante superiorità tecnologica ha consentito una pianificazione che ha portato l’esercito cinese ad essere tra i più avanzati al mondo con una crescita tecnologica che segue di pari passo quella economica.
L’Esercito Popolare di Liberazione
Ad oggi lo Zhōnggúo Rénmín Jiěfàngjūn (中国人民解放军, letteralmente “Esercito Popolare di Liberazione”, EPL) può contare su circa 2.353.000 unità attive e 2.300.000 in riserva con un totale di circa 4.353.000 uomini che ne fanno l’esercito più numeroso al mondo[1]. Dal punto di vista organizzativo l’EPL è suddiviso in Esercito Popolare di Liberazione di Terra, Esercito Popolare di Liberazione Aeronautica, Esercito Popolare di Liberazione Marina, Polizia Armata del Popolo e Artiglieria di Seconda Schiera, custode delle testate nucleari missilistiche. Il comandante in capo delle Forze armate è il segretario del PCC.
Le Forze Terrestri (中国人民解放军陆军, letteralmente Esercito Popolare di Liberazione Terrestre, EPLT) contano ad oggi circa 1.250.000 unità attive in costante e forte diminuzione dal 1978. Diffuso su sette regioni militari conta in tali regioni 18 Gruppi d’Armata composti da 60.000 unità. Alle regioni di Pechino, Canton e Chengdu sono assegnate le forze migliori in quanto aree strategicamente importanti. I tagli del personale hanno colpito soprattutto le forze di terra che stanno però a piano definitivamente colmando il divario tecnologico nei confronti delle forze armate degli Stati Uniti.
L’Aereonautica (中国人民解放军空军, letteralmente Esercito Popolare di Liberazione dei Cieli, tradotto come Forza Aerea della Cina, FAC) conta circa 398.000 effettivi alla guida di più di 3000 aerei da combattimento quasi esclusivamente di origine cinese o russa. È nell’aereonautica infatti che si concentrano molti investimenti tecnologici militari cinesi per lo sviluppo di aeromobili propri. Importante è anche lo sforzo per i mezzi da guerra elettronica che vede diversi velivoli costantemente impegnati nella sorveglianza delle isole del Pacifico.
Oltre alle tre forze tradizionali all’interno dell’EPL sono presenti le già citate Artiglieria di Seconda Schiera responsabile degli armamenti nucleari e la Polizia Armata del Popolo che è una forza paramilitare responsabile della pubblica sicurezza e svolge la funzione di difesa delle frontiere e supporto alle forze di terra regolari.B
Breve storia dell’ELP
L’Esercito Popolare di Liberazione è diretto discendente dell’Armata Rossa Cinese attiva durante la guerra civile cinese. Prende la denominazione attuale a partire dal 1949 con la vittoria comunista e la fondazione della Repubblica Popolare Cinese della quale diventò l’esercito ufficiale. Negli anni ’50 grazie agli aiuti dell’Unione Sovietica si ebbe una prima modernizzazione delle Forze Armate che riuscirono a tenere testa alle forze dell’ONU in occasione della guerra di Corea e successivamente alle forze indiane nella guerra sino-indiana.
Con la Rivoluzione Culturale a partire dal 1966 si fa strada l’idea di una ulteriore riorganizzazione dell’esercito che fu proprio oggetto dell’ultima delle quattro modernizzazioni promosse nel 1978 da Deng Xiaoping[2]. Il distacco dalla dottrina militare di Mao delle masse armate in difesa della patria pare evidente nelle forti riduzioni cicliche del personale impiegato nell’EPL. Questi tagli al personale acquistano significato con l’aumento delle risorse destinate alle tecnologie militari. La smobilitazione delle truppe di terra fu strettamente legata allo svanire del pericolo di invasione sovietica da nord ovest grazie alla decisione diplomatica promossa proprio dalla nuova dirigenza di Deng Xiaoping di abbandonare la linea maoista di condanna verso il «revisionismo sovietico».
Dopo la scomparsa nel 1971 di Lin Biao e la definitiva sconfitta nel 1973 della fazione più estremista ed antisovietica interna al PCC la Repubblica Popolare poté porsi sulla linea del riavvicinamento con l’Unione Sovietica. L’appoggio dell’URSS all’invasione vietnamita della Cambogia degli Khmer rossi filocinesi nel 1978 e l’invasione dell’Afghanistan da parte degli stessi sovietici nel 1979 ruppero questo fragilissimo equilibrio che si era creato tra i due colossi asiatici che rimasero distanti fino al collasso dell’Unione Sovietica nonostante le timide aperture di Breznev e Gorbaciov.
Ad ogni modo i cinesi ottennero grazie alla politica distensiva di Deng Xiaoping quantomeno lo spostamento del conflitto sino-sovietico dai propri confini settentrionali al Sud-Est asiatico prima per poi prendere una deriva più globale con il confronto in Afghanistan ed in Nicaragua dove i cinesi contrastarono i sandinisti sostenuti dall’URSS.
Il riequilibrio marittimo
Dagli anni ’80 quindi il Partito Comunista Cinese poté iniziare ad investire in un esercito di gran lunga più ridotto ma meglio equipaggiato leggendo bene il segno dei tempi che vedrà dal 1991 con la temporanea vittoria del modello monopolare lo U.S. Army risolvere grazie alla sua supremazia tecnologica gli inaspettatamente sempre più numerosi conflitti regionali in cui venne coinvolto.
Il ridimensionamento dell’EPL ha diminuito di circa il 52% il personale totale in servizio nel corso di vari cicli: dai 4.750.000 effettivi stimati nel 1981 abbiamo una prima riduzione del 15,8% fino al 1984. Durante il primo ciclo di smobilitazione si ebbe il taglio di circa il 50% per i Dipartimenti Generali posti al vertice dell’esercito, del 19% per le Forze di Terra che con la riduzione da 11 alle attuali 7 Regioni Militari si videro colpite profondamente nella loro organizzazione e solo del 3% per quanto riguarda la Marina.
Durante il secondo e più importante ciclo dal 1985 al 1989 che vide la smobilitazione di un milione di uomini, questo trattamento preferenziale per la Marina è stato meno evidente ma comunque presente: 27% di incidenza dei tagli per le Forze Terrestri e 20% per la Marina. Gli ultimi due cicli hanno invece confermato questo trend favorevole alle Forze di Mare con riduzioni del 9% a fronte del 20% delle Forze di Terra tra il 1997 ed il 1999 ed addirittura un mantenimento delle 255.000 ancora oggi allocate contro una smobilitazione di un ulteriore 12,5% per l’EPLT che scende a 1.600.000 unità con il ciclo del 2003.[3]
Grafici tratti dai dati forniti in S. Dossi, Rotte cinesi, Milano 2014, p. 54
Come si evince dai dati e dai grafici, la Marina ha aumentato il suo peso percentuale nei confronti delle Forze di Terra di solamente circa 5 punti percentuali, ma la tendenza interessante è quella della sua stabilità nel tempo di fronte ai forti tagli portati avanti negli altri settori dell’esercito. In sostanza il fatto che la Marina sia stata risparmiata è un indicatore dell’importanza strategica che le è stata riservata. Chiameremo questa tendenza «riequilibrio marittimo».
La Marina militare cineseL
La Zhōngguó Rénmín Jiěfàngjūn Hǎijūn (中国人民解放军海军, letteralmente “Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione”, MEPL) è la marina militare della Repubblica Popolare Cinese. Ad oggi conta circa 255.000 unità di effettivi, circa 500 navi, 700 aerei e per ora 1 sola portaerei[4][5]. Come abbiamo visto, di tutti i reparti dell’EPL la Marina è stato quello che ha subito meno tagli al personale avendo subito un calo di solamente meno del 30% a fronte di un netto taglio di oltre il 50% per le forze di terra.
Sul fronte delle esercitazioni la crescita dell’importanza strategica della Marina all’interno dell’EPL appare ancora più evidente: per tutti gli anni ’80 le esercitazioni venivano per la maggior parte condotte in teatri terrestri coinvolgendo le Forze di Terra e talvolta l’Aereonautica e molto raramente si svolgevano in mare lasciando quindi la Marina esclusa. Basti pensare alle esercitazioni «coordinate», condotte cioè con il coinvolgimento di più di un settore dell’esercito: delle quattro esercitazioni di questo tipo svolte negli anni ’80 solo una, la GUANGZI-15 del 1988 vide la partecipazione della Marina insieme ad Aereonautica e Forze di terra in quanto aveva come obiettivo proprio quello di testare le difese marittime dell’esercito.
Nel 1993 venne approvata una revisione dottrinale che prevedeva una specifica preparazione dell’EPL ad affrontare combattimenti congiunti in campi di battaglia integrati su spazi terrestri, aerei e marittimi. Iniziano così una serie di esercitazioni «congiunte» che elevavano la marina quanto meno allo stesso livello di importanza degli altri servizi. La prima di queste nuove esercitazioni venne svolta nel 1995 sulla costa del Fujian in concomitanza con le elezioni taiwanesi e che insieme alle esercitazioni missilistiche dell’anno seguente portò allo scoppio della terza crisi dello Stretto.
E proprio nell’ambito della crisi dello Stretto si rende evidente per la Cina l’importanza strategica di una forte Marina capace di estendere la capacità di intervento dell’EPL inizialmente nei mari vicini per approdare poi a porti sempre più lontani seguendo l’espansione dei commerci cinesi.
Degli interessi cinesi a livello regionale e globale parleremo approfonditamente nella prossima uscita.
[1] B. Lai, L’Esercito popolare cinese di liberazione dal 1949 ad oggi, Gorizia 2018.
[2] Ibidem
[3] S. Dossi, Rotte cinesi, Milano 2014, pp. 51-59
[4] P. Batacchi, La strategia e la questione navale cinese, «Rivista Italiana Difesa» 6 (2010), pp.64-71.
[5]La portaerei a cui si fa riferimento è la Liaoning, ex Varyag, una vecchia portaerei sovietica comprata e riammodernata nei cantieri cinesi ed entrata in servizio nel 2012. Una seconda portaerei, la Shandong, progettata sul modello della Liaoning ma completamente costruita in Cina, è stata varata nel 2017 ma entrerà in servizio solamente nel 2020 e non è quindi stata conteggiata tra le portaerei in servizio della RPC.
1. “La globalizzazione cinese”
2. “La diplomazia della globalizzazione cinese – Parte I”
3. “La diplomazia della globalizzazione cinese – Parte II”
4. “Il riequilibrio marittimo dell’Esercito popolare di liberazione”
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