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Schmitt, Junger e Heidegger: i molti volti della Rivoluzione Conservatrice

rivoluzione conservatrice

Schmitt, Junger e Heidegger: i molti volti della Rivoluzione Conservatrice

Orazio Maria Gnerre

Materiali. Reinterpretare la rivoluzione conservatrice

Editoriale Scientifica, 2021

Euro 14,00

Orazio Maria Gnerre è uno dei più coraggiosi ed integri tra i giovani intellettuali italiani. Integro per l’estrema coerenza di ideali che lo hanno portato, con l’erudizione e la dottrina cui ci ha abituati nel corso delle sue opere, ad affrontare temi in cui crede profondamente, ad insistere su orizzonti culturali spesso dimenticati o volutamente ignorati dal “mainstream”.

Coraggioso perché, ad affrontare temi come quello che fa da filo conduttore a questo libro, di coraggio ne serve parecchio, morale prima ancora che intellettuale. La “Rivoluzione Conservatrice”, corrente culturale della Germania dal ’18 all’avvento del nazismo, è uno degli “argomenti intoccabili” per la cultura contemporanea. Il panorama della cultura contemporanea “mainstream” (i programmi tv, i canali e i personaggi social più seguiti – personaggi, non certo personalità! – i principali giornali e le principali riviste cartacee e online) è avvelenato da un devastante mix di ignoranza, malafede, conformismo e manicheismo. Manca in toto, dai signori dell’accademia ai maggiorenti della stampa, la capacità di raccontare il mondo per sfumature, senza indossare necessariamente un elmetto, e soprattutto riconoscendo e riconoscendosi spazi di libertà: questo avviene ora per convinzione, ora per carrierismo, ora per intercettare il livore di un pubblico sempre più manipolato e manipolabile (“manipo-labile”, “manipola-bile”, fate voi quanti giochi di parola volete).

L’attuale clima censoreo espresso da filoni intellettuali che vanno sotto il nome di “woke”, “cancel culture” e via anglicizzando non è che la maionese impazzita di quel conformismo “totalitario liberale” denunciato per decenni dalle menti più lucide e libere della nostra cultura, da Costanzo Preve a Domenico Losurdo: come volete che reagisca “la cultura” ufficiale dinnanzi ad un tema come quello dalla Konservative Revolution? Essa fu di destra, non c’è dubbio: da Schmitt a Junger fino ad Heidegger, fu pienamente attraversata o comunque lambita dal Gotha della cultura della destra tedesca di quei decenni drammatici. Questo basterebbe per alienarle le simpatie di buona parte della cultura ufficiale di oggi. Eppure, oltre ad essere di certo questa cosa, non ne fu molte altre: non fu hitleriana, anzi, dove non fu chiaramente antihitleriana, fu a-hitleriana (rompendo il giocattolo della demonizzazione a prescindere o della reductio ad hitlerum), non fu per nulla liberale, non fu pregiudizialmente ostile al socialismo, all’URSS, al marxismo e alle loro istanze antiborghesi e antiliberali. Tutto ciò rende il piatto completamente indigesto alle destre liberali, neocon ed americaniste di oggi, incluse quelle autonominatesi “sovraniste”. Insomma: la Konservative Revolution viene ignorata da tutto il milieu della nostra cultura ufficiale, proprio perché in fondo non si riesce del tutto a demonizzarla. Per questo Orazio Maria Gnerre si dedica ad essa a piene mani, e come lui il meglio del nostro pensiero libero, lontano da partiti, filoni e correnti: da Daniele Perra (autore di un luminoso testo su Heidegger, Essere e Rivoluzione. Ontologia heideggeriana e politica di liberazione, NovaEuropa, 2019) al marxista Stefano Azzarà (cui dobbiamo un interessante studio dove viene diligentemente smontata l’ipotesi “rossobruna”, Comunisti, fascisti e questione nazionale. Fronte rossobruno o guerra d’egemonia? Mimesis, 2018) sino ai molti studi dello storico Matteo Luca Andriola, anch’egli di formazione marxista. L’agile testo di Orazio Gnerre è compatto e snello ma denso e complesso come un breviario. Nell’epoca buia in cui i parlamenti vogliono sottrarre la Storia agli storici – e mettere in gabbia le idee, votando l’equiparazione tra nazismo e comunismo (si badi bene: non entriamo nemmeno nel merito della decisione, respingiamo in toto il metodo che vuole gli studi di storia delle idee decisi da voti a maggioranza negoziati nelle bouvette, da carte bollate e da tribunali), è un testo di libertà, con tutto il coraggioso potenziale sovversivo che dalla vera libertà deriva.

Si è laureato in Economia presso l’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano nel 2011. Dopo un’esperienza di cooperazione in Egitto durante le elezioni parlamentari dello stesso anno, inizia a collaborare con diverse riviste di Studi internazionali («Affari Internazionali», «Eurasia», «ISAG – Geopolitica» e altre). Si occupa di storia ed economia politica nonché di strategia e affari militari con un forte focus sul mondo arabo e islamico e sullo spazio post–sovietico, sia come analista che come appassionato viaggiatore.

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