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Industria, ferrovie, lobby: come nacque la superpotenza economica americana

Stati Uniti

Industria, ferrovie, lobby: come nacque la superpotenza economica americana

Gli Stati Uniti furono la terra di nascita della grande impresa moderna. Le dimensioni del continente nordamericano, l’ampia distesa di spazi sconfinati che si aprivano di fronte ai coloni lanciati alla conquista del West lasciarono ai grandi imprenditori una libertà d’azione significativa. L’espansione degli USA fu trainata dalla nascita delle grandi imprese, dai grandi capitalisti che nei territori della “frontiera” organizzarono concretamente la legge e l’amministrazione.

Le condizioni di partenza dell’industrializzazione americana furono favorite da un’immigrazione massiccia che portò la popolazione statunitense dai 7 milioni di abitanti del 1802 ai 35,5 del 1860 e dall’importazione massiccia di capitali dalla Gran Bretagna. Dopo la Dichiarazione d’Indipendenza e la guerra contro l’Inghilterra, gli USA conobbero una larga espansione fino al Mississippi, acquisirono la Louisiana e iniziarono a programmare l’espansione verso occidente, verso i grandi spazi sterminati che i coloni britannici avevano considerato ostili e improduttivi.

Nel Settecento, la corona inglese aveva organizzato ognuna delle tredici colonie americane come dei vicereami, ciascuno dei quali era organizzato alla stregua di un’impresa commerciale, sfruttando principalmente le piantagioni di cotone e le risorse naturali come il legname e il carbone. Le motivazioni che condussero alla Rivoluzione Americana furono di natura economica, dato che i coloni americani non sopportavano l’eccessiva pressione fiscale di Londra, particolarmente oppressiva dopo lo scoppio della Guerra dei Sette Anni. A Filadelfia, nel 1776, Thomas Jefferson e Benjamin Franklin scrissero la Dichiarazione di Indipendenza, un documento di notevole profondità letteraria oltre che incredibilmente innovativo. La libertà, l’uguaglianza e la ricerca della felicità furono definiti diritti inalienabili dell’essere umano, anche se in seguito l’ordinamento degli Stati Uniti indipendenti manterrà ancora a lungo al suo interno la schiavitù.

Il popolamento degli USA fu favorito anche dallo sviluppo della prima grande opera infrastrutturale americana: il canale del Lago Erie, costruito tra il 1808 e il 1825, che favorì le comunicazioni nella zona settentrionale del paese collegando Chicago e New York via acqua. L’opera fu finanziata dallo Stato di New York, dunque dall’agente pubblico, che si impegnò a procacciare i capitali necessari all’avviamento della grande opera. I capitali inglesi, invece, favorirono lo sviluppo delle ferrovie: le banche di Londra, infatti, collocarono le obbligazioni delle imprese ferroviarie private americane comprandone il debito e scambiandone i titoli sui mercati inglesi.

 Molto più avanti, la nascita di Wall Street sarà favorita proprio dallo sviluppo delle grandi imprese ferroviarie americane. Le ferrovie collegarono i grandi centri di un territorio immenso ma ancora scarsamente popolato: per organizzare un mercato caratterizzato da forti tendenze alla dispersione gli Stati Uniti d’America svilupparono una tendenza alla produzione in grande scala di beni di larga diffusione, distribuiti poi sulle rotte commerciali ferroviarie. Tali prodotti richiedevano in ogni caso una grande standardizzazione delle linee produttive. L’American System of Manufacturing nacque dal settore delle armi: lo sviluppo delle “parti intercambiabili” da parte di Colt divenne comune durante la Guerra di Secessione del 1861-1865.

Grazie a Colt la produzione fu notevolmente semplificata: piccole parti, piccole operazioni, assemblaggio finale semplice, e la fabbrica Colt del Connecticut fece presto scuola. Nel frattempo, negli USA la mancanza di forza lavoro portò a un aumento del livello dei salari anche per le forme di lavoro meno qualificate. Seppur aumentata, la popolazione restava notevolmente minore rispetto a quella europea. Nel 1813 era nata la prima grande imprese americana di ampie dimensioni: la Boston Manufacturing Companydi Francis Cabot Lowell, che fu uno dei primi grandi imprenditori a impiegare giovani donne nelle linee produttive.

Anche negli USA avvenne dunque il passaggio a un’economia “inorganica”, basata sulla sintesi e la combinazione, il superamento dei tradizionali paradigmi fisiocratici.

Gli USA divennero col tempo la terra del consumo mano a mano che cambiò la percezione e lo sfruttamento del territorio, trasformando la giovane nazione americana nella terra dell’abbondanza, delle opportunità. Le possibilità offerte portarono a un’incentivazione dell’immigrazione negli USA, sulla scia del diffuso tenore di vita e degli incentivi alla domanda aggregata. L’intercambiabilità dei componenti favorì lo sviluppo delle catene commerciali e produttive, che avrebbe aperto la strada alla spersonalizzazione dei consumi e alla nascita delle associazioni di categoria per la tutela dei consumatori.  

La Guerra di Secessione diede il via al nuovo corso dell’industria americana. Al tempo stesso, la Guerra di Secessione fu la prima vera guerra “industriale”: fu il peso industriale e ferroviario del Nord a consentirgli la vittoria nei confronti del Sud, che nonostante le vittorie iniziali finì sconfitto a causa di problemi organizzativi, logistici e industriali.

La Guerra di Secessione cambiò i rapporti di forza tra l’economia moderna e l’economia tradizionale: il Nord presentava un sistema assai simile a quello delle Rivoluzioni Industriali europee; il caso statunitense, estremamente complesso, come visto, presentava connotazioni diverse da quelle europee od inglesi, sebbene anche nel caso USA fosse stata l’industria tessile a dare il là allo sviluppo. Al 1860, solo il 16% della popolazione statunitense viveva in complessi urbani.

Una sorta di linea invisibile separava, prima del conflitto, il Nord e il Sud degli USA: nel Sud l’economia “organica” era rimasta preponderante. Il centro più importante era Charleston, in South Carolina, accanto al quale poche erano le città molto popolose e sviluppate economicamente. Il Sud degli Stati Uniti oggi porta ancora i segni del sottosviluppo a cui si era auto-condannata mantenendo un sistema economico non all’avanguardia.

Al Sud, il modello economico infatti era basato sulle piantagioni a lavoro intensivo in cui venivano impiegate grandi quantità di schiavi. Tra fine Settecento e inizio Ottocento il Nord aveva progressivamente abolito la schiavitù, mentre il Sud, data la scarsezza di manodopera, la mantenne a lungo. Gli schiavi erano di origine africana e venivano acquistati dai mercanti operanti nei Caraibi: i piantatori del Sud preferirono importare la manodopera coatta sfruttando la mancata conoscenza del territorio e la conseguente remissività degli schiavi. Essi venivano sfruttati sulla base di un sistema organizzato decisamente complesso: gli schiavi erano ritenuti una risorsa importante dai loro proprietari, ed erano invitati a formare famiglie. Tabacco e, in seguito, cotone erano i prodotti principali delle piantagioni della Georgia, dell’Alabama e degli altri Stati del Sud. La produttività delle piantagioni meridionali era maggiore di quella dell’agricoltura settentrionale, gestita da un sistema di liberi contadini ma in continua marginalizzazione rispetto a un’industria standardizzata, efficiente e produttiva, imperniata su un sistema di divisione del lavoro ben calibrato. Paradossalmente, come sembra essere dimostrato da studi recenti, sembra che le condizioni di vita nelle grandi piantagioni del Sud non fossero molto diverse da quelle sopportate dai liberi contadini del Nord o dai minatori della Virginia e della Pennsylvania.

Le cause della Guerra di Secessione furono legate alla politica commerciale del governo americano: il Sud aveva maggiori interessi a vedere tutelati i propri commerci con l’estero attraverso una politica liberista. Il Nord, invece, temeva l’ingresso di prodotti stranieri realizzati col cotone americano ed era maggiormente incline a sviluppare politiche basate sul protezionismo e le tariffe doganali, finalizzate al tempo stesso a impedire la concorrenza degli altri beni prodotti in Europa, e in Inghilterra in particolare, sul territorio statunitense, nonché a tutelare la crescita dell’industria USA dalla concorrenza con sistemi ritenuti più avanzati. Il protezionismo e l’industrializzazione erano ritenuti strettamente legati: negli USA, due “sistemi-mondo” con pochi punti in contatto tra loro vennero a scontrarsi. L’industria e l’economia monoprodotto collisero nella sfida tra Nord e Sud.

Dopo la Guerra di Secessione, il Sud sembrò letteralmente scomparire: le sue città si ridimensionarono, le campagne si spopolarono, gli schiavi liberati andarono a popolare Baltimora, Chicago, New York e altri centri del Nord a lavorare nella fiorente industria, nella quale cominciarono ad essere impiegate anche crescenti quantità di uomini e donne immigrati dai paesi europei. Nel frattempo, gli USA espansero numerosi settori industriali sulla scia della scoperta di enormi quantità di materie prime nel sottosuolo e degli incentivi continui dati all’innovazione.

Il 10 maggio 1869, nello Utah, fu completato il collegamento della ferrovia coast to coast: gli USA avevano toccato il Pacifico, e collegato i due estremi del loro territorio prima ancora di organizzare il West negli Stati attuali. Lo sviluppo ferroviario fu catalizzato dagli investimenti privati: tutte le reti gestite privatamente erano in ogni caso standardizzate per evitare problemi di incompatibilità e differenza di scartamento. Per garantire la comunicazione efficiente all’interno della rete ferroviaria statunitense si sviluppò la parallela rete telegrafica: questo dato attesta la complessità delle operazioni chiamate in causa dal miglioramento dei trasporti negli USA. Si creò una forma centralizzata di impresa, incentrata sulla specializzazione delle mansioni e dei compiti a causa della loro sempre maggiore diversificazione. La cosiddetta U-Form si basa proprio su una serie di livelli, con il board perennemente in relazione con uno staff plurifunzionale e accuratamente diviso. Ad esempio, il tipico assetto delle industrie ferroviarie era quadripartito sui settori della movimentazione, della manutenzione delle linee, della manutenzione del materiale rotabile e della contabilità.

Accanto all’imprenditore, nacque la figura del manager specializzato e stipendiato, depositario di un compito molto sofisticato e complesso. Il retaggio dell’importanza della Guerra Civile nello sviluppo dell’industria e del modello americano è riscontrabile nel lessico: non è forse un caso che termini come “staff” e “linea” furono mutati dal gergo militare, entrando in quello economico.

La grande novità introdotta dall’industria ferroviaria fu il meccanismo della coordinazione, elemento decisivo per l’aumento della produttività e dell’efficienza. Non era la “mano invisibile” o la convergenza degli interessi a guidare l’equilibrio. Nel resto delle imprese, questa configurazione prese piede più lentamente, dato che il limite all’incremento della divisione del lavoro era costituito dalla dimensione minore dei mercati. Il marketing e la grande distribuzione organizzata furono i settori in cui, sul lungo periodo, si sarebbe operato maggiormente per muoversi nella direzione tracciata dall’industria ferroviaria. La ferrovia consentì anche la concentrazione di attività particolarmente complesse che necessitavano la divisione delle funzioni: il bestiame allevato in Texas e New Mexico, ad esempio, veniva macellato soprattutto in grandi centri situati nell’Illinois, vicino a Chicago.

Dopo esser stata a lungo la “manifattura del mondo”, l’Inghilterra fu superata dopo il 1870 dagli Stati Uniti e dalla nascente Germania guglielmina. Si crearono le grandi unità nazionali: nel frattempo, gli USA erano già divenuti un grande mercato unificato grazie alle ferrovie. Il nascente management USA non aveva avuto un contraltare in terra britannica, ove la mentalità dominante invitava gli imprenditori a procacciarsi grandi fortune al fine di acquisire il biglietto d’accesso alla grande nobiltà, considerata ancora ai tempi di notevole importanza.

Gli USA, nati come repubblica, si smarcarono da questa mentalità: il profitto individuale divenne il metro americano dello status sociale. Negli USA presero vita le grandi corporation, che esercitarono il potere della “mano visibile” attraverso i primi sistemi organizzato di lobbysmo. Come ha svelato un illuminante documentario del 2003, titolato appunto The Corporation, non sono stati pochi i lati oscuri dell’immenso potere detenuto allora come oggigiorno dal sistema delle grandi imprese USA: sin da 150 anni fa, il mondo delle corporation ha pressato per espandere la libertà d’azione concessa alla grande impresa statunitense a scapito, tutt’altro che paradossalmente, degli stessi principi di mercato. Un altro lascito della corsa americana alla modernità che perdura ancora oggi.

Bresciano classe 1994, si è formato studiando alla Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali della Statale di Milano. Dopo la laurea triennale in Economia e Management nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Economics and Political Science nel 2019. Attualmente è analista geopolitico ed economico per "Inside Over" e "Kritica Economica" e svolge attività di ricerca presso il CISINT - Centro Italia di Strategia e Intelligence.

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