Crisi sanitaria e shock economico: che fare?
I tormenti per la sanità e il rischio di una tempesta economica sono, per Pierluigi Fagan, i due problemi fondamentali che oggi condizionano Paesi come l’Italia investiti dal ritorno in forza della crisi del coronavirus e dal rischio di una devastante recessione. Si pone dunque la questione fondamentale: che fare per arginare una crisi tanto complessa?
Una sessantina di anni fa, l’antropo-psicologo Gregory Bateson portò in dibattito la teoria del doppio legame. La psiche di individuo fragile, sottoposto alla trazione di due forse inconciliabili, tende a spezzarsi. Ad esempio, cercare una rassicurazione d’affetto che viene negata dall’altra persona che però poi ti dice “manifesta i tuoi sentimenti, sii spontaneo”. Varie tecniche di tortura inventate dal sadismo umano fattosi legge, hanno previsto la trazione per smembramento fisico che porta all’insostenibilità del dolore. Di contro, l’etichetta dei jeans Levis’s mostra due cavalli che tirano da parti opposte il pantalone la cui resistenza è maggiore delle due, opposte, forze traenti.
Le nostre società attraversate dalla pandemia, sono soggette ad un tipo di doppio vincolo. Da una parte la salute fisica, dall’altra quella generale, inclusa la mentale. La salute generale, in una società ordinata dal fatto economico, è – non solo ma soprattutto – economica.
La pandemia mette in crisi la salute individuale a numeri non altissimi ma consistenti, direttamente ed indirettamente per via della pressione che esercita sui servizi sanitari e per gli effetti che ha sui comportamenti standard, aggravati dalle disposizioni socio-epidemiologiche come coprifuoco, serrate, lockdown, su quella economica. Ci si trova così nel doppio vincolo tra salute ed economia, come già intuimmo mesi fa.
La fotografia ad oggi ci dice che queste due forze, dopo una momentanea pausa estiva, sono tornate a tirare le nostre esistenze con forza. E continueranno a farlo in quanto nessun evento – tra i prevedibili – ci dice che smetteranno almeno fino al prossimo maggio quando beneficeremo ancora una volta delle migliori condizioni ambientali che pare abbiano effettivi positivi sulla rete dei contagi. Sono sette mesi, da novembre a maggio. L’ipotesi vaccino, a quanto ci è dato di capire, non interverrà operativamente in maniera sensibile, nel frattempo.
Per capire l’entità del problema sanitario, da tempo, invito a guardare l’indice dei ricoveri ospedalieri. Questo, a ieri, dice che due settimane fa i ricoverati erano aumentati del 41% rispetto alla precedente, una settimana fa erano aumentati del 46%, questa sono aumentati del 59% arrivando a poco più di 10.000 ricoverati. Quando invitai a sedare l’ansia da eccesso di informazioni con un post del 9 ottobre, i ricoverati erano 4000 e crescevano sì ma moderatamente. Oggi invece, sono passati da 4000 a 10000 in due settimane, l’indice dice che se non si fa qualcosa, nel giro di due o tre settimane si va in default ospedaliero. Questo, che comincia ad agire ben prima di collasso generale, porta ad una catena di effetti che peggiorano le condizioni di trattamento dei contagiati e quindi aumenta l’esito fatale, oltre ad avere altri esiti fatali sulle prestazioni di medicina generale extra-Covid.
L’entità del problema economico non lo possiamo valutare qui in un post in maniera analitica. Diremo solo dopo la botta del secondo trimestre del -13%, ci si aspettava una moderata ripresa in virtù della stagione estiva in condizioni di semi-normalità. Il quarto trimestre porta però in previsione una botta insostenibile. Le cifre sono asettiche ed a volte fuorvianti come la statistica dei polli di Trilussa, in realtà molti esercizi commerciali e medio-piccole imprese, partite IVA, fallirebbero irrimediabilmente con una seconda botta. Ma ahinoi, poi ci sarebbero i non meno terribili primo e secondo trimestre del 2021. Una catastrofe del tipo -insostenibile-.
Se qualcuno di voi, arrivati a questo punto sospira e pensa che è inutile fare previsioni perché tanto il mondo è stocastico ed imprevedibile, è meglio si renda conto che la natura di un fenomeno del genere si può gestire solo facendo previsioni, se si aspetta la catastrofe dopo non c’è più nulla da fare se non contare vittime e danni. Corre un mese circa da positività e morte nei casi peggiori, ciò significa che alcuni tra i positivi di oggi andranno in ospedale tra una settimana, in terapia intensiva tra due e moriranno tra quattro. Se aumentano in costanza non c’è motivo di sperare diminuiscano nelle prossime settimane, il contrario.
Così per coloro che hanno una confusa percezione dell’immunità di gregge. Si stima (non con la palla di vetro ma su base di dati certi) che oggi saranno massimo 2,5 milione i già contagiati, per attivare i benefici dell’immunità di gregge ne occorrono circa 36 milioni, se ne abbiamo fatto 2,5 da marzo 2020, la vedo lunga per 36 milioni. In più se oggi facciamo 10.000 ricoverati con questi numeri, arrivare a 36 milioni significherebbe la bancarotta ospedaliera prima e dei cimiteri poi.
Quanto alla “protezione delle fasce a rischio”, ricordo che in Italia tale fascia conterebbe poco meno di un terzo della popolazione, poco meno di 20.000.000 milioni da chiudere non si sa dove, dargli da mangiare tre volte al giorno e portargli medicine o cibo chi-e-come, non si sa.
Obiezioni parziali come il fatto che tra i ricoverati ce ne sarebbero anche alcuni non così tali da richiedere il ricovero ospedaliero, a queste cifre ed andamenti, cambiano poco o forse nulla. In più, stante che andrebbero quantificati, essendo ritenuti contagiosi, rimandarli a casa porterebbe un saldo negativo con un letto in meno oggi e molti di più domani.
Quando si sta in un doppio vincolo e non ci si può di-vincolare, si può tentare di allentare la pressione in uno o tutti e due i poli traenti.
Non credo che in tempi brevi ma neanche medi si possa fare qualcosa di decisivo sul polo sanitario. Si sarebbe non solo potuto ma dovuto fare qualcosa, ma non è stato fatto. Vedremo poi chi e perché non ha fatto. Non si costruiscono ospedali in un mese e soprattutto la logistica conseguente in termini di attrezzature è difficilmente gestibile, ma soprattutto è ingestibile quella umana: medici, anestesisti da rianimazione, infermieri. Questi non ci sono proprio e non si creano neanche avessimo il forziere di re Mida (che comunque non abbiamo).
Si può fare qualcosa sul polo economico? Qui sarebbe da dire di cosa deve esser successo alla recente riunione di Bruxelles dopo la quale Conte ripete con occhi vitrei come un automa che “non si può fare un altro lockdown”. Spagnoli con portoghesi e pare francesi, hanno detto non accederanno alla parte del Recovery fund a prestito, che comunque non si sa più se avrà quell’importo e comunque arriverà non più in primavera ma forse a giungo, men che meno al MES e stante che ripeto, non è che 30 miliardi da spendere in sanità domattina, porti a soluzione il complesso problema logistico sanitario. L’impressione è che a Bruxelles, i paesi frugali abbiamo imposto nuove strette ed inaccettabili condizionalità per i prestiti e comunque riduzione degli importi previsti ed allungamento dei flussi di cassa. Il ricorso a debito sul mercato è già ampiamente in corso ma ci sono dei limiti per il suo ampliamento soprattutto con una prospettiva di ulteriori bisogni a sette-otto mesi e partendo già dal rapporto debito-Pil già a 160% a fine anno.
Che fare? Noi qui siamo al centro degli eventi ma alla periferia della loro osservazione e fuori dell’inner circle dei decisori, mancano molte informazioni e sebbene, incluso lo scrivente, ci si senta tutti dei geni incompresi, non è neanche detto si sia davvero in grado di gestire una materia così complessa di suo e resa intrattabile dai numerosi fallimenti adattivi registrati sull’argomento da mesi, se non da anni.
Ma una parte della nostra mente umana ci spinge comunque a pensare una risposta alla fatidica domanda. La mia personale è che forse dovremmo provare a ragionare su due punti, con umiltà, modestia e condiviso interesse a difendere il bene comune.
Quanto al problema sanitario, fattivamente ed ad oggi per domani (quindi non teoricamente o a ieri per il migliore dei mondi possibili ovvero col riscorso al condizionale ipotetico “se avessimo … allora”), l’unica cosa è tenere a bada la curva sotto aumento esponenziale. Lo si può fare con lockdown programmati, brevi e locali, non nazionali. Dove le curve sono ancora non eccessive, la densità demografica media o bassa, a capacità ricettiva ospedaliera ancora capiente non c’è alcun bisogno di chiudere la gente a casa. Dove però una o due o tutte e tre le variabili sono ribelli, 15 giorni di interruzione della rete dei contagi è l’unica possibilità realistica, non ce ne è un’altra. La Germania sta ragionando in tal senso quando né per dimensione epidemica, né per incapacità ricettiva e gestionale, sta a nostri livelli.
Quanto al problema economico, con lo stesso spirito pragmatico e concreto, dovremo forse invocare una ripresa immediata dell’idea di emettere una valuta parallela a corso forzoso. I tecnici ci diranno in che forma. Il costo economico dei lockdown deve esser ammortizzato.
Inviterei tutti a discutere questo “che fare?”, criticare è lo sfogo degli impotenti ma in questa fase non possiamo regalarci neanche questa piccola e nevrotica soddisfazione. Stiamo per passare più o meno tutti, dalla posizione spettatoriale a quella attoriale e dobbiamo scriverci la parte da noi per evitare che gli sceneggiatori ufficiali la scrivano per noi. Visto anche le loro scadenti capacità. Dobbiamo allentare la doppia trazione o si spezzerà il rapporto sociale e politico, ma anche psichico individuale dopo che in questi ultimi tempi si è già spezzato quello della razionalità condivisa.
Pingback: La partita geopolitica del vaccino
Pingback: L'arrivo del Covid e una sanità massacrata: così è nata la "tempesta perfetta"
Pingback: Il mondo dopo la pandemia: torna il primato della politica?