Thor Heyerdahl, un esploratore ai confini del mondo
Nella serie dei “Ritratti” dell’Osservatorio vogliamo oggi dedicarne uno biologo, antropologo e archeologo norvegese Thor Heyerdahl, ultimo grande esponente della tradizione delle esplorazioni norvegesi del XX secolo.
Heyerdahl nacque a Larvik nella Norvegia meridionale il 6 ottobre 1914, suo padre Thor era il mastro birraio della città, mentre sua madre Alison era a capo dell’associazione del museo di Larvik. Fu proprio la madre a introdurlo alle scienze naturali fin da bambino. Durante l’adolescenza era solito effettuare lunghe camminate ed escursioni di più giorni con l’amico Erik Hesselberg nelle montagne della Norvegia del sud e centrale, dove imparò a vivere con e nella natura con mezzi semplici. I resoconti delle sue escursioni venivano pubblicati sul settimanale “Tidens Tegn” e venivano illustrati personalmente dal giovane autore. In questo periodo acquisì dimestichezza con la divulgazione scientifica.
Finito il liceo nel 1933, si iscrisse alla facoltà di Biologia e Geografia all’Università di Oslo e in questi anni venne in contatto con Bjarne Kroepelien, noto commerciante di vini ma soprattutto possessore della più grande collezione di oggetti e biblioteca riguardante la Polinesia nella Norvegia del tempo (aveva sposato una nobile tahitiana). Il giovane Heyerdahl, che aveva studiato privatamente la cultura polinesiana, ebbe l’occasione di condurre studi in loco grazie a un progetto sponsorizzato e sviluppato dai suoi professori di zoologia, Bonnevie e Broch. Così tra il 1936 e il 1938, con la giovane moglie Liv, si trasferì sulle Isole Marchesi, a Fatu Hiva, vivendo praticamente isolato su una casa costruita a guisa di palafitta da loro stessi. Fu in questi anni che maturò la sua idea di un contatto transoceanico tra precolombiani e polinesiani, con la possibile colonizzazione dal Sud America della Polinesia. Tornato in Norvegia, durante l’occupazione nazista del Paese, prestò servizio nelle forze armate della Norvegia libera fino alla fine del conflitto.
Terminata la Seconda Guerra Mondiale, Heyerdahl
volle mettere alla prova le sue teorie e vedere se fosse stata possibile una colonizzazione
della Polinesia a partire dal Sud America. Heyerdahl sosteneva che i primi
abitanti polinesiani fossero giunti dal Sud America in epoca precolombiana
partendo dal Perù e viaggiando via mare su imbarcazioni semi-primitive, basando
la sua ipotesi su un’antica leggenda degli abitanti dell’Isola di Pasqua. La
leggenda narra che l’isola di Pasqua fosse abitata da due popoli, gli Hanau
Epe (Popolo dalle lunghe orecchie) e gli Hanau Momoko (popolo dalle corte
orecchie). I primi erano gli abitanti descritti da Roggeveen nel 1722 (di
carnagione piuttosto chiara, mediamente alti, viventi in prosperità); i secondi
erano quelli descritti da Cook nel 1774 (più piccoli, dai tratti decisamente
polinesiani che vivevano in condizioni di indigenza). Il conflitto si risolse
in favore dei Momoko che gettarono in un fossato gli Epe. Heyerdahl trovò il
fossato senza però resti umani. Aveva visto una somiglianza tra i Moai e alcuni
resti megalitici preincaici in Perù, nelle zone circostanti il lago
Titicaca. Alcune leggende Incas conosciute anche dai Conquistadores, sosteneva
il norvegese, parlavano di un antico popolo bianco preincaico che aveva
costruito quei monumenti, che aveva insegnato agli Incas l’architettura e i
costumi e che era venuto da nord in tempi antichissimi. Il capo di questo
popolo era la divinità più famosa del pantheon Incas: Kon Tiki/Viracocha,
il dio del sole. Deluso dalla civiltà Incas, che lui aveva creato ma che aveva
spodestato la sua gente, salpò verso ovest, nel Pacifico con il suo popolo.
Partendo da questo materiale paleoantropologico, Heyerdahl nel 1947 volle
dimostrare che una migrazione da est verso ovest era possibile. Così organizzò
una spedizione che dalle coste del Perù avrebbe dovuto arrivare in Polinesia.
L’impresa era senza precedenti: attraversare il Pacifico a bordo di
un’imbarcazione realizzata con tecnologie e materiali a disposizione dei
peruviani del XIII secolo. Radunò un equipaggio di 5 uomini (6 con lui
stesso): l’amico Erik Hesselberg, navigatore ed esploratore; Bengt Danielsson,
sociologo svedese responsabile dei rifornimenti e delle razioni giornaliere;
Knut Haugland, norvegese esperto di radio, pluridecorato durante la seconda
guerra mondiale per aver intercettato molte comunicazioni tedesche; Torstein
Raaby anche egli norvegese, radiofonista; Herman Watzinger, ingegnere
norvegese esperto nelle misurazioni tecniche e comandante in seconda. Con loro
anche un pappagallo di nome Lorita. L’imbarcazione era una zattera chiamata
appunto Kon Tiki: nove tronchi di balsa lunghi 14m x 0,6m di diametro;
trasversalmente a questi, altri tronchi di balsa 5×0,3 m ad intervalli di 90 centimetri per
consolidare la struttura. L’albero maestro, di legno di mangrovia era altro
quasi 9m con una vela 4,6×5,5 m e alle sue spalle vi era una cabina di bambù
(4,3×2,4x 1,5 m). La zattera era parzialmente rivestita in bambù con le
carenature di pino, aveva un timone di mangrovia e abete lungo 6m, ed
ovviamente non aveva chiodi: il tutto era tenuto insieme da giunchi e corde di
canapa. Gli unici elementi moderni erano un sestante e una bussola per la
navigazione e una radio con le relative batterie per le comunicazioni in caso
di gravi difficoltà. Furono imbarcati anche 1040 litri d’acqua e contenitori
in bambù per raccogliere l’acqua piovana, noci di cocco, radici e alcune
razioni di rancio forniti dall’esercito USA, contando per il resto sulla pesca.
La Kon Tiki partì dal porto di Callao in Perù il 28 aprile 1947 e venne
rimorchiata dalla marina peruviana a 50 miglia nautiche dalla costa, per
evitare il traffico costiero. Una volta presa la corrente di Humboldt, il 30
luglio avvistarono l’atollo di Puka Puka delle isole Tuamotu, poi il 4 agosto
l’atollo Angatau ma per la conformazione delle isole furono impossibilitati a
sbarcare. Il 7 agosto la zattera si schiantò sul reef dell’isola disabitata
di Raroia, dopo 101 giorni e 6980 km di navigazione. Heyerdahl aveva previsto
97 giorni di mare. Dopo alcuni giorni vennero soccorsi dagli abitanti dell’atollo
vicino, per poi essere trasferiti a Tahiti.
Con questa impresa Heyerdahl diventò famoso nel mondo dell’archeologia sperimentale e dell’antropologia e aveva dimostrato che un processo di colonizzazione da est a ovest era possibile, dando quindi un elemento corroborante alle sue tesi. Per molto tempo ci fu un lungo dibattito: allo stato attuale, dagli studi di Anna Malaspinas nel 2014 (“Nuove scoperte mostrano un maggiore contatto tra gli esseri umani preistorici”, apparso sull’Independent) sul genoma di 27 persone native dell’isola di Pasqua che ha rintracciato tracce minoritarie di DNA precolombiano; e dall’articolo di Paul Wallin su Nature del 2020 (“Un antico viaggio ha trasportato il DNA dei nativi americani nelle remote isole del Pacifico”) che ha evidenziato segni di un antico DNA mitocondriale precolombiano in Polinesia, si può desumere che la colonizzazione della Polinesia fu in misura preponderante asiatica ma che ci furono contatti con popolazioni precolombiane tra il XIII e il XV secolo.
Tornando a bomba, dopo il successo della Kon Tiki, Heyerdahl trascorse due
anni, 1955 e 1956 a Rapa Nui conducendo importanti indagini archeologiche sulla
civiltà indigena dell’isola, in particolare sul trasporto e l’erezione dei
Moai. Da questa esperienza nacquero due best seller: “L’arte dell’Isola di
Pasqua” e “Aku-Aku, il segreto dell’Isola di Pasqua” in cui metteva in
parallelo le tecniche di intaglio, trasporto ed erezione delle statue di Rapa
Nui con quelle precolombiane.
Nel 1970 Heyerdahl con un nuovo equipaggio internazionale -Norman Baker (USA),
Carlo Mauri (Italia), Yuri Senkevich (URSS), Santiago Genoves (Messico),
Georges Sourial (Egitto) e Abdullah Djibrine (Ciad) sostituito poi da Kei Ohara
(Giappone) e Madani Ait Ouhanni (Marocco)- compì una seconda rilevante impresa
di navigazione ed esplorazione: attraversò l’Oceano Atlantico dal Marocco alle
Barbados con una barca costruita secondo i dettami dell’antico Egitto. La
spedizione fallì un primo tentativo nel 1969 con la barca Ra, ma riuscì nel suo
intento l’anno successivo con la Ra II. La
Ra II navigò per circa 6100 km dal Marocco alle Barbados in 57 giorni.
Heyerdahl, contro gli antropologi del suo tempo, dimostrò che sarebbero potuti
esistere contatti precolombiani tra i popoli del bacino del mediterraneo e le
popolazioni del centro e del Sud America. A tal proposito, nel 1991,
sostenne che le Piramidi di Tenerife fossero la prova che vi fu un passaggio di
uomini e idee tra Mediterraneo e Caraibi
Nel 1977 organizzò una nuova spedizione per dimostrare come dai fiumi della
Mesopotamia si potesse navigare fino alla valle dell’Indo, ma il 3 aprile
1978, Heyerdahl e il suo equipaggio internazionale, diedero fuoco
all’imbarcazione, la Tigris, a Gibuti per protesta contro la situazione di
grave instabilità nel Medio Oriente e nel Corno d’Africa.
L’ultima suggestiva teoria antropologica (1981-2001) di Heyerdahl concerneva le origini dei miti norreni. Studiando le incisioni rupestri a Gobustan (vicino Baku) e quelle norvegesi, sosteneva che il popolo di Aser, il popolo di Odino, che colonizzò la Scandinavia, fosse originario della zona tra Mar Caspio e Mar Nero, dalla quale si era mosso lungo le vie fluviali fino alla Norvegia, con imbarcazioni di pelli pieghevoli. Rivide poi questa ipotesi spostando il luogo di origine dall’Azerbaijan alla Crimea su considerazioni linguistiche. In realtà l’ipotesi, per quanto suggestiva, resta poco probabile proprio per studi di cronologia toponomastica.
Attraverso le sue spedizioni Heyerdahl cercava anche di rendere note le sue idee politiche: credeva che le persone potessero lavorare insieme, con obiettivi comuni al di là delle differenze etniche e religiose, in maniera pacifica e costruttiva in una idea di Mondo senza frontiere. Divenne vice presidente del Movimento Federalista Mondiale collaborando anche con i Collegi del Mondo Unito. Dopo la spedizione Ra II, in cui si accorse di quanto inquinato e degradato l’ambiente Atlantico fosse, si impegnò anche sul fronte ambientalista, lavorando per il Dipartimento di Stato come uno dei rappresentanti della Norvegia nelle riunioni preparatorie per la prima Conferenza sull’ambiente dell’ONU, svoltasi a Stoccolma nel 1972. Da quella Conferenza, come frutto delle sue relazioni durante la spedizione, derivò il divieto di scarico di oli usati in mare.
Morì il 18 aprile 2002 a Colla Micheri, borgo medievale frazione di Andora sito sopra Laigueglia, dove aveva una tenuta (tuttora appartenente alla sua famiglia) per un tumore al cervello.
La Kon-Tiki e la Ra II sono ospitate nel Museo Kon-Tiki di Oslo, assieme ad altri cimeli delle sue spedizioni.
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