L’accordo commerciale asiatico plasma il mondo multipolare
Sul concetto di “mondo multipolare” scrissi un libro uscito proprio il giorno in cui si insediava Trump alla Casa Bianca nel gennaio 2017. Il concetto ha molte interpretazioni. La mia si basava sulla semplice constatazione che un mondo a 7,8, prossimi 10 miliardi di abitanti, per ragioni quindi strettamente dimensionali, non potrà che regolarsi attraverso sistemi di sistemi regionali.
La mondializzazione, il venirsi a formare progressivo di una dimensione mondo inevitabile dato l’impeto demografico degli ultimi settanta anni (popolazione triplicata), ha segnato una prima caotica fase in cui si sono tessute relazioni tra singoli paesi o piccoli gruppi di paesi, una seconda nella quale si saltò direttamente all’idea dell’Uno-Mondo globalizzato dagli scambi economici e finanziari, per arrivare all’attuale fase in cui l’Uno-Mondo si separa in sistemi regionali più fortemente interconnessi al loro interno per poi comporre la dimensione mondo contrattando le relazioni tra i sistemi regionali ed i loro poli di maggior massa. Multi-polare sarà quindi il mondo composto da diversi poli presso cui s’addensano i vari sistemi regionali.
Questa dinamica giunge in queste settimane a segnare un punto importante con la firma del trattato di libero scambio RCEP, che unirà 15 paesi asiatici per un terzo circa sia della popolazione mondiale, sia del Pil mondiale, sia degli scambi commerciali, sia degli investimenti. La firma di domenica 15 novembre corona otto anni di trattative e mostra plasticamente come in una parte del mondo ci si unisce, mentre mai come oggi la potenza egemone cardine del precedente sistema sia divisa. In Asia ci sono speranza ed opportunità, in USA c’è paura e rabbia, questo lo Zeitgeist.
L’accordo (ancora soggetto a ratifica nei prossimi due anni) unisce per la prima volta in unico sistema paesi asiatici filo-occidentali come il Giappone e la Corea del Sud, con paesi occidentali del Pacifico come l’Australia e la Nuova Zelanda, con i 10 paesi dell’ASEAN del sud-est asiatico, con la Cina. Ognuno di essi ha anche altre affiliazioni che provengono da processi precedenti, tra cui il CPTPP che coronò un processo iniziato da Obama (TPP), poi cassato da Trump, ma infine portato a compimento da tutti gli altri eccetto gli USA. O come il New Supply Chain Pact che ne unisce altri. Ma è da vedere se questi sistemi rimarranno ora che s’è formato il quadro sistemico generale. Parallelamente è anche probabile che se l’interesse commerciale tende ad unire questi attori regionali, l’equilibrio geopolitico porterà molti di loro a contro-assicurarsi con una più stretta collaborazione militare difensiva con gli USA. Questo “bilanciamento” è tipico dei sistemi multipolari e sbagliano coloro che leggono questo accordo come anti-USA, come sbagliano coloro che si esaltano per le collaborazioni militari di alcuni di questi paesi con gli USA, come un “contro la Cina”. Questi paesi vogliono l’uno e l’altro e soprattutto non vogliono esser numerati organicamente nell’un sistema o nell’altro.
Da vedere cosa farà col tempo l’India che s’è ritirata dalla trattativa RCEP, di fatto, isolandosi (almeno sul piano commerciale). Da vedere anche cosa farà UK che con Brexit puntava a liberarsi dai vincoli europei per riproporsi soprattutto in questo quadrante dove però i giochi sono ormai fatti. Da vedere, infine, cosa farà l’UE, a questo punto il secondo più grande mercato del mondo, che unendosi al primo, potrebbe creare una nuova infrastruttura – mondo diversa dalla prima globalizzazione anni ’90. Ma è molto più probabile che la nuova presidenza USA vorrà riportare in auge una qualche forme di accordo commerciale “occidentale”, tipo TTIP, con USA-UK-EU. O forse provare da interferire sul processo di ratifica sebbene l’idea di staccare questa parte di Asia e Pacifico dalla Cina, sia molto vicina al “wishful thinking”, per semplici ragioni logistiche e geografiche. Africa, India, Medio Oriente, Russia e centro Asia e Sud America, ambite prede per estendere l’egemonia dell’un sistema o dell’altro.
RCEP, fortemente voluto dalla Cina, potrebbe anche esser il nuovo cavallo di Troia usato dai cinesi per attrarre verso l’Asia offrendo proprio un sistema plurale non semplicemente riducibile alla Cina stessa.
Pingback: La Destra post-fascista tra "autarchia dei grandi spazi" e piccole patrie
Pingback: Aukus e la corsa all'Indo-Pacifico tra Occidente e Cina