Davos 2021: tra multilateralismo e “Grande Reset”
È stata un’altra prima volta lo svolgersi online della conferenza di Davos organizzata dal World Economic Forum causa le restrizioni dettate dal Covid-19. La cinquantunesima edizione, infatti, è avvenuta tra il 25 e il 29 gennaio, e ha visto numerosi partecipanti provenienti dal settore privato, capi di stato e società civile discutere le più pressanti sfide internazionali che la nostra società sta vivendo. Tra i vari personaggi celebri, non ha partecipato l’ormai ex premier italiano Giuseppe Conte, il quale doveva intervenire il 27 gennaio, ma che ha dovuto assentarsi per via della recente crisi di governo. Molti altri però, da Macron alla Lagarde, dalla Thunberg a Guterres, hanno presenziato in una delle conferenze più esclusive di oggi giorno.
Dal “fronte orientale”, sia Putin che Xi Jinping hanno rimarcato la necessità di rafforzare la cooperazione tra stati e le istituzioni internazionali, in quanto, sebbene l’umanità sia intrinsecamente divisa da differenze culturali, bisogna lavorare insieme per vincere le sfide geopolitiche. Più melanconico Putin, il quale ha spiegato che senza cooperazione internazionale, “siamo destinati ad un mondo dispotico” e al “collasso dell’avanzamento globale”, in quanto la pandemia da Coronavirus ha solamente accelerato i cambiamenti strutturali che erano già esistenti. Invece di affidarsi ad un futuro del “tutti contro tutti”, secondo il Presidente russo, dobbiamo avere fiducia reciproca e puntare su una crescita inclusiva.
Xi Jinping ha ribadito con altrettanto vigore che il multilateralismo è la via da seguire, in quanto l’ordine mondiale deve essere condiviso da tutti e non “dettato dai pochi”. Sono stati molti i riferimenti velati a Washington, dato che il Presidente cinese ha condannato la condotta americana nello stabilire sanzioni economiche, e di “usare il multilateralismo solo come pretesa per agire in modo unilaterale”. Per evitare una guerra fredda, il leader cinese ha suggerito che “i forti non dovrebbero bullizzare i deboli”, un’affermazione alquanto controversa considerando la precaria situazione di Hong Kong. In ogni caso, il Presidente sinico ha suggerito la necessità di diminuire la forbice sociale Nord-Sud e di trovare l’armonia nella diversità geopolitica.
Indipendentemente dagli speakers, tema centrale della serie di conferenze è stato il “Grande Reset”, proposta avanzata l’estate scorsa dal presidente del World Economic Forum, Klaus Schwab, e il Principe Charles. Alla base di tutto c’è la considerazione che ogni crisi rappresenta un’opportunità, e che quindi anche il Covid-19 può essere visto come una finestra per ripartire più forti. Il vecchio sistema economico è infatti considerato insostenibile, e ancora prima del 2020, debiti pubblici e speculazioni finanziarie hanno fatto tremare il fragile equilibrio internazionale. C’è la necessità di riforme sostanziali, e il Grande Reset propone di fare ciò assicurandosi che – quasi – ogni stimolo fiscale e monetario includa delle condizioni a tutela dell’ambiente. Il riscaldamento climatico, appunto, rimane la più grande sfida futura per la nostra società.
Il World Economic Forum ha quindi stressato l’esigenza che i privati investano in tecnologie ecosostenibili, e che gli enti pubblici seguano gli Accordi di Parigi e impongano tasse come quella sui combustibili fossili. A tal proposito, il discorso di Ursula Von der Leyen ha ribadito l’importanza del Green Deal europeo e dell’obiettivo “net-zero” del 2050, suggerendo anche green bonds e l’investimento in tecnologie che utilizzino l’idrogeno.
Riscaldamento climatico a parte, il Grande Reset propone l’evoluzione tecnologica nell’educazione e nel lavoro, e la securitizzazione di fake news e cyber attacchi, per evitare che si ripetano scenari simili a quelli dell’assedio di Capitol Hill.
In questa pletora di sfide, Davos 2021 simboleggia che un futuro migliore è possibile, e che il momento di agire è adesso.