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Il Racconto del Potere, II Puntata- La massoneria e l’amico americano

Il Racconto del Potere, II Puntata- La massoneria e l’amico americano

Il riferimento a The Waldo Moment della puntata precedente nasceva dalla considerazione che l’alleanza con gli Stati Uniti è stata spesso usata dai ceti dirigenti italiani come leva per affermarsi nell’arena nazionale e segnalavo il possibile uso strumentale e manipolatorio di questa attitudine da parte dell’ambasciatore.

Un lascito della storia italiana al sistema politico i cui “Caractères originaux”, come li avrebbe chiamati Marc Bloch, a mio parere sono fermi alla fase premoderna. Dal XVI secolo in altre zone d’Europa iniziava il percorso degli Stati Nazionali con la liquidazione dei regimi feudali mentre da noi sopravvivevano staterelli ed altre entità autonome, fragili ed in continuo conflitto tra di loro: talvolta si appoggiavano a soggetti esteri; questi li garantivano contro gli altri italiani ricavandone vantaggi geopolitici. È stato così dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente. 

Qualche secolo fa se n’era accorto Dante Alighieri. Decisi di ricordarlo dopo aver letto un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti Gianni De Michelis: l’ex ministro socialista condannava l’interessato qualunquismo della sottomissione a potentati esteri ma contemporaneamente rivendicava la sua alleanza con il partito di Berlusconi che nei mesi precedenti aveva appoggiato l’invasione statunitense dell’Iraq.

De Michelis, Carlo VIII, I Magnaccioni

(Blog di Sabelli Fioretti; con pseudonimo “Vico Avico”; 9 Ottobre 2003)

De Michelis fa risalire l’Italia moderna alla fine del ‘400, con l’arrivo di Carlo VIII. Da allora la frase “Franza o Spagna purché se magna” sembrerebbe spiegare molto degli atteggiamenti politici italiani. Azzarderei che le caratteristiche dell’Italia moderna siano più antichi. Alcuni storici le fanno risalire al V secolo dopo Cristo quando, dopo la caduta dell’Impero romano, l’Italia diventò terra di conquista di chi si trovava a passare da queste parti (per esempio, i barbari). Non sottovaluterei nemmeno le parole di Dante Alighieri per interpretare l’Italia di allora e di oggi: ”Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” (Purgatorio VI, 76-78). Piuttosto, ora che è rimasto un solo Impero di riferimento, al posto di De Michelis mi domanderei chi siano i magnaccioni di oggi.

Ritornai sull’argomento qualche anno dopo. Immaginavo un uomo politico italiano che, ormai anziano, rifletteva sulla sua esperienza. Il titolo del post richiamava una frase pronunciata in un film di Nanni Moretti, Ecce Bombo, del 1978. All’affermazione qualunquista “Rossi e neri sono tutti uguali” il protagonista rispondeva “Ma che siamo in un film di Alberto Sordi? Te lo meriti Alberto Sordi, te lo meriti.”

Ve lo meritate Alberto Sordi

(Forum Leggere e Scrivere; 12 Settembre 2012)

Vedeva la sua vita scorrergli davanti come in un film. Qualche volta felice, talaltra meno. 

Che fare, che dire, come comportarsi? Per decenni si era posto questa domanda, il suo ruolo di responsabile politico lo aveva messo nella difficile condizione di cercare di risolvere problemi, scontrandosi con una mentalità dura a morire: il bisogno del padrone. Dal cameriere del ristorante al più importante manager d’industria, passando per le più alte cariche dello stato, sempre lo stesso atteggiamento: servile per servire.

Rileggeva libri ed articoli sull’argomento e sconsolatamente li trovava adeguati a descrivere quello che aveva visto, vissuto, sentito. Come quel libro di Corrado Augias del 2012 “Il disagio della libertà. Perché agli italiani piace avere un padrone”, con tanto di citazioni di Alvaro (“La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile”) e di Etienne de La Boetie, autore del “Discorso sulla servitù volontaria”. Ricordava anche le parole di Oliver Cromwell (1649) ai cittadini raccolti attorno al patibolo dove era stato appena decapitato Charles I. Spiegava le sue ragioni di regicida: “Non dovrete più inginocchiarvi davanti a nessun altro uomo, voi ora siete cittadini, padroni del vostro destino.”

La Storia italiana era stata differente. Sul Corriere dell’8.09.2012 Sergio Romano rispondendo ad una lettrice nella sua rubrica (Bartholomew e mani pulite il salotto di villa Taverna [la residenza dell’ambasciata statunitense in Italia]) diceva la sua sul rapporto con gli USA ed il suo ambasciatore: 

“Molti uomini politici e qualche giornalista … ingrandiscono l’influenza del rappresentante americano per meglio ingrandire sé stessi. Gli raccontano la politica italiana nella speranza di accreditarsi alla corte del rappresentante imperiale come analisti di fiducia, osservatori attenti e disponibili. Si autonominano mediatori e intermediari per cercare di aumentare il proprio peso nella politica nazionale. E finiscono inevitabilmente per suscitare nel capo della missione diplomatica americana il sentimento di un ruolo che non gli appartiene, di un’autorità che non ha e che non può esercitare. Il soggiorno romano … ha avuto spesso l’effetto … di rendere l’America molto più invasiva di quanto non sia…. Il problema non è a Washington. È a Roma.”

Altro che tragedia alla Shakespeare: sembrava una commedia all’italiana.  Sbottò ad alta voce: “Aveva ragione Nanni Moretti. Ve lo meritate Alberto Sordi!”

Nel Dicembre 2020 Matteo Renzi minacciava la crisi di governo. È difficile capire perché, ma fa parte del personaggio. Nella sua pagina Facebook tra le la foto in evidenza c’è quella in cui, ilare, da Presidente del Consiglio riceveva a Palazzo Chigi l’allora vice-presidente, ed ora presidente USA, Joe Biden. Nelle settimane precedenti lo avevo visto in TV spendersi molto per il suo “amico Joe”.

Avevo iniziato a conoscere il personaggio attraverso un articolo di Eugenio Scalfari che lo paragonava a Bettino Craxi (Un kingmaker per Bettino Renzi, L’Espresso,  3 Novembre 2011): “Aveva una grande volontà di potenza, Bettino Craxi. Voleva trasformare il partito socialista in una macchina da guerra che dissanguasse il Pci, governasse in un condominio paritario con la Dc dorotea e trasformasse la democrazia parlamentare in una democrazia presidenziale. Per condurre a termine questa operazione aveva bisogno di denaro. Denaro per conquistare il potere e potere per procurarsi denaro. Una trasformazione antropologica del socialismo: questo era al tempo stesso lo strumento e l’obiettivo. Matteo Renzi … se gli domandi un programma economico non ha risposte salvo farti intendere che la Cgil di Susanna Camusso non è nelle sue corde. Si rivolge ai poteri forti, a quel tipo di ceto medio che non ha mai votato a sinistra ma capisce che la stella di Berlusconi volge al termine e cerca alternative per avere ancora un'”Italia da bere“… Un berlusconismo purificato e una trasformazione antropologica dei democratici … Renzi sostituirà i democratici che se ne vanno con altrettanti che arriveranno. In nome del nuovo…”.

Negli anni successivi sarebbero emersi altri particolari: il ruolo di un ex agente della CIA e di Israele (Massimo D’Alema arrivò a dire: “Renzi è un agente del Mossad.”); i tentativi di dare responsabilità nel campo dell’intelligence ad un suo amico che, secondo la CIA, era vicino ai servizi segreti israeliani. Ma già il paragone con Craxi era stato rivelatore. 

La segreteria Craxi fu voluta da circoli filo-atlantici italiani in chiave anti-PCI all’indomani delle elezioni politiche del 1976. Enzo Bettiza (Il golpe delle beffe, La Stampa, 10 Dicembre 2000): “La nostra resistenza istituzionale al compromesso berlingueriano era la più delicata, la più difficile e, giustamente, la più temuta dai comunisti: volevamo vincerla con armi e mani pulite. La vincemmo nell’istante in cui Craxi, appoggiato anche dal mio lib-lab, infilò il suo scarpone d’orco nella commessura del compromesso storico che stava per chiudersi. Il Midas, il Congresso socialista di Torino, la spregiudicata battaglia umanitaria per la vita di Moro, lo scontro decisivo sulla scala mobile: furono queste le tappe dell’unico «contro golpe» possibile all’epoca in cui Mosca ci teneva sotto controllo con le sue spie e sotto tiro con i suoi missili balistici.” 

C’era qualcosa di più. A metà degli anni ’80 mi avevano detto che l’elezione di Craxi era stata “un’operazione dei servizi segreti”. Mi era poco chiaro cosa significasse. I dubbi sparirono alla fine degli anni ‘90 quando mi fu presentato un politologo statunitense, figlio di immigrati italiani, che negli anni ’70 aveva avuto ruoli diplomatici presso l’ambasciata USA a Roma ed era in ottimi rapporti con la CIA, la massoneria e con gli ambienti italo-americani tradizionalmente presenti a New York e nel New Jersey; era stato anche Visiting Professor in alcune università italiane. Mi dissero: “È lui che ha fatto l’operazione Craxi.” Avrebbe potuto interpretare il personaggio di Smiley, protagonista dei romanzi di le Carré: “… basso, grassottello, passo lento, inadeguato allo scontro fisico, poco allenato”. Gli ricordai di averlo incontrato all’Università quando ero ancora studente.

Nei primi giorni del gennaio 2014 il segretario del PD Renzi tuonava contro il governo presieduto dal PD Letta, invocando un “Jobs Act”. Nonostante le sue rassicurazioni, sembrava evidente che stava preparando qualcosa. Dopo un articolo in prima pagina di Aldo Grasso sul Corriere del 5 Gennaio 2014 (Verdini, il riformista viola che ha già abolito il Senato) decisi di scrivere un post sull’uso e l’abuso della lingua inglese. Mi ero già occupato dell’argomento nel 2006. Il centro sinistra aveva vinto le elezioni ma ancora per qualche settimana Berlusconi aveva continuato la sua campagna elettorale. Un articolo di Miriam Mafai mi aveva dato lo spunto per un intervento sul blog di Claudio Sabelli Fioretti. Ecco i due post.

Tasse e Maiali

(Blog di Sabelli Fioretti; 11 Maggio 2006)

Le battute domenicali del Presidente del Consiglio uscente sono interessanti. Ha detto “No Taxation without Representation”.

Da Wikipedia: “No taxation without representation“… is a political slogan that originated in the American Revolutionand which expressed one of the primary grievances of the American colonists for Great Britain. … many colonists believed that as they were not represented in the distant British parliament, any taxes it imposed on the colonists … were unconstitutional …”. Con ricadute anche recenti sul sistema politico statunitense: “The term has since been used by various other groups advocating for representation or protesting against taxes, such as … the Tea Party movement… [that] was an American fiscally conservative political movement within the Republican Party that began in 2009. The movement formed in opposition to the policies of Democratic President Barack Obama”.

Siccome qualcuno poteva non aver capito, ha tradotto ai microfoni di una TV (l’ho visto su Blob): “No tasse senza rappresentazione”. Avrebbe dovuto dire “rappresentanza” ma vuol dire che ha capito che stava recitando un copione. A Ballarò hanno opportunamente spiegato che la frase fu l’inizio del programma politico che portò all’indipendenza delle colonie americane dall’Inghilterra. Ma la cosa più interessante l’ho letta in un articolo della Mafai su Repubblica (8 Maggio, Il Cavaliere eversivo). Pare che Berlusconi abbia parlato di “mercimonio dei maiali di sinistra alla ricerca di una poltrona”. Ora, accade che anche questa frase è la traduzione di una espressione (“Pork Barrel”) presa dal gergo politico USA ed ha poca cittadinanza nel linguaggio politico italiano ed europeo. Suggerirei ai suoi ghostwriter di studiare meglio l’Italiano. Aiuterebbe, diciamo.

Lupi in Fabula

(Forum Leggere e Scrivere; 10 gennaio 2014)

In un articolo scritto per Repubblica (Dekoder, 10.01.2014) Dipollina riporta un titolo del TG3: “Letta dice basta agli out out.” Sarà stato un provvidenziale lapsus redazionale: “out” in inglese significa “fuori”; quindi più che ai “diktat” (sostantivo tedesco, dal latino “Dictatum”) forse Letta voleva dire “No!” a chi lo voleva buttare fuori (dal Governo). La prossima volta il titolo potrebbe essere un banale “aut aut” latino.

Lo hanno detto molte persone lungo i secoli ed i millenni ed è sempre vero: ascoltare le parole che vengono dette e gli errori commessi è sempre rivelatore, come lo sono per un cieco le increspature su un foglio pieno di caratteri Braille.

Così, in questi giorni si parla tanto di “Job Act” (“Piano del Lavoro”); alcuni dicono anche “Jobs Act” ma è sbagliato: “Job” (sostantivo “lavoro”, nel senso di “posto di lavoro”) è usato in funzione aggettivante e si deve scrivere al singolare, come lo sono tutti gli aggettivi in inglese. Però, lo capisco: se qualcuno “colà dove si puote” pronunciasse la parola “lavoro” correrebbe il rischio di essere creduto da milioni di persone ridotte alla fame, meglio allora un segnale in codice che fa tanto “out, out” (esattamente così come l’ho scritto): per dire “fuori dai c… perché ora ci siamo noi”.

Anglofilia e relativi errori (lapsus?) sono fenomeni ricorrenti nel dibattito politico-istituzionale italiano. Il Mago Monti se ne uscì con la “spending review”, nel senso di “revisione della spesa”, “tagli”. Se l’avesse chiamata “riduzione dei costi” sarebbe apparsa veramente “cheap” (“un po’ cafone”) ma soprattutto qualcuno che non conosce la lingua inglese dopo un paio di giorni avrebbe chiesto: “Scusate, ma allora dove avete tagliato? Dove avete ridotto i costi?”.

La cosa più divertente è che Mr. Monti, così “popular” (“conosciuto”, “apprezzato”) in tutto il mondo in quei giorni, pronunciava “review” mettendo l’accento sulla penultima sillaba come fosse una piana, mentre va sull’ultima perché è una tronca. Forse confondeva la pronuncia con quella di “preview” (questa sì una piana) che significa “esame preliminare”, ed infatti dopo il primo “esame preliminare” niente o quasi è stato fatto.

“En passant” vorrei dire che la prima “e” di “review” e di “preview” si pronuncia “i” e non “e” come invece fanno famosi ed italianissimi “opinion makers” (“opinionisti”, “maître à penser”) forse per trascinamento etimologico: ambedue le parole, molto inglesi, sono trasmigrate dal francese (“revoir”, “prévoir”) qualche secolo fa, quando la lingua de l’Hexagone era molto “à la page” in tutte le Corti d’Europa.

Ma ricordo casi anche più divertenti. In una campagna elettorale di qualche anno fa B. condannò “il mercimonio dei maiali” che era stato fatto dalla sinistra. L’espressione è del tutto incomprensibile a meno di conoscere il politichese (“political slang”) statunitense: “pork barrel”, esattamente “mercimonio di maiali”, significa “spesa pubblica clientelare allo scopo di ottenere in cambio consenso popolare o voti in Parlamento”, oppure più semplicemente “voto di scambio”. In tema di “metodi per acquisire voti in Parlamento”, in effetti, B. si è rivelato un vero Maestro.

Ma non è stato il solo caso di prestito USA. Altre volte le citazioni erano più difficili da individuare perché nascoste nel tono e nel ritmo del discorso (o “speech”, come nel titolo del bel film “Il discorso del Re”: “The King’s Speech”). Ricordo indimenticabili intemerate di B. contro i Comunisti che, come la “gramigna”, dovevano essere estirpati per ristabilire l’ordine ed il bene: se vi capita di sentire il discorso che alla fine della guerra in Europa il presidente Truman rivolse alle truppe che ancora combattevano nel Pacifico contro i Giapponesi (May 8, 1945: Announcing the Surrender of Germany) riconoscerete lo stesso tono e cadenza di una missione e crociata per estirpare “the evil”, il “Male”, che sembrava indicare qualcosa che andava al di là dell’umano. E io mi sono sentito rinfrancato per il fatto di aver convissuto con la Gramigna che è pur sempre meno pericolosa del Male.

Tutti questi prestiti dall’American English (l’inglese parlato negli Stati Uniti) mi fanno venire in mente un libro del quale ho scritto nel Giugno 2011 in questo forum: Philip M. Godgift, I 99 Giorni che Travolsero il Cavaliere, Fazi Editore 2011. Si parlava di un grande interesse statunitense sulle vicende politiche italiane e l’influenza su di esse di Logge Massoniche. Ecco cosa scrive il Prof. Aldo Grasso sulla “Front Page” (“Prima Pagina”, come il titolo del film) del Corriere del 5 gennaio 2014: “Sulla strana alleanza tra Matteo [Renzi] e Denis [Verdini] si fanno molte ipotesi. I due si conoscono… Non hanno bisogno di intermediari o di ambasciatori, semmai possono contare su molti amici in comune, di diverse e variegate appartenenze. Per incontrarsi non hanno bisogno di platee pubbliche, a Firenze un luogo discreto e ospitale per loro c’è sempre.”

Gotcha!” si direbbe a New York, nel senso di “Presi!”; ma anche “Bingo!”, nel senso di “Tombola!”. Oppure, nella lingua che preferisco: “Lupi in fabula de vobis narratur”.

L’espressione “Jobs Act” continuava ad essere ripetuta sui giornali ed in TV; decisi di intervenire di nuovo. Più che l’errore grammaticale mi colpiva la passiva ricezione dei comunicati dall’ufficio stampa del PD.

Il Famoso “Jobs Act”

(Forum Leggere e Scrivere; 14 gennaio 2014)

Esiste uno statunitense “Jobs Act” dove “Jobs” è l’acronimo di “Jumpstart Our Business Startups Act”, una legge firmata dal Presidente Obama (05.04.2012) per favorire il finanziamento, la creazione e la crescita di piccole imprese innovative. Certo, alla fine dovrebbe creare posti di lavoro (Jobs) ma non è un “Piano per il lavoro” (Job Act).

Prima domanda: se la proposta della segreteria del PD si riferisce ad un piano per favorire le piccole imprese e la creazione di posti di lavoro perché non dirlo in Italiano (per es. “Piano per l’occupazione e le piccole imprese”) invece di usare l’acronimo di un provvedimento USA che, a naso, in Italia potrebbe essere leggermente sconosciuto ai disoccupati e ai titolari delle piccole imprese?

Seconda domanda: chi parla di “Jobs Act” nelle segreterie politiche, nelle redazioni dei giornali, in televisione sa di cosa sta parlando?

Nelle settimane successive l’atteggiamento di Renzi sul governo si era fatto ancora più aggressivo. Mi sembrò che il cerchio si stesse chiudendo e che la sinistra tradizionale, già messa molto male, stesse capitolando definitivamente. Ripescai due personaggi che mi ero inventato qualche anno prima (“Mario” ed il suo mentore, l’anziano giornalista di sinistra “Umberto”) e scrissi una storiella poco allegra. Nel testo che segue la “conversione” pro-Napolitano di Scalfari mi era sembrata evidente dagli articoli scritti dopo un suo colloquio con il presidente, l’appartenenza massonica di Grillo e Casaleggio era una mia ipotesi; le citazioni di Umberto Eco e Noam Chomsky le avevo lette sui giornali; la correzione (“una ventina”) sulla cifra proposta da Eco (“una decina”) era il risultato del colloquio con un mio conoscente.

La Manovra a Tenaglia

(Forum Leggere e Scrivere; 1° Febbraio 2014)

“E’ una manovra a tenaglia, una nuova strategia della tensione.” Umberto parlava con la voce soffocata dal letto dell’Ospedale dove era stato ricoverato per un intervento chirurgico. Chissà se ce la farà. “Stanno utilizzando Renzi per scassare il PD e quello che rimane della sinistra italiana, e Grillo per scassare il sistema.”

Lo aiutavo nella conversazione: “È quello che sostiene Scalfari…”. “Si. Lui ha avuto un colloquio riservato con Napolitano che gli ha spiegato tutto. Da allora è diventato un Corazziere.” E mentre lo diceva, rideva gracchiando nella maschera ad ossigeno. È stato quando ha visto l’upupa nella riserva di San Rossore. Quanto lo ha sfottuto Travaglio! Fino a pochi giorni prima attaccava il Presidente, dopo lo ha sempre difeso.”

“Ma cosa intendi per strategia della tensione?” “Negli anni ’70 c’erano i terroristi neri e quelli rossi. I neri li aiutavano anche. I rossi bastava che non li arrestassero, come avrebbero potuto fare. Oppure, come è successo con le BR, arrestavano i politici come Curcio e Franceschini e lasciavano liberi di pazziare i militari come Moretti che magari prendeva ordini da qualcuno in Toscana. Carabinieri e polizia dappresso, anche a rischiare la vita, e noi in mezzo…”

“Ma chi sono questi?”. “Sono sempre i soliti, sai. E si rinnovano anche su base generazionale. Diceva Umberto Eco qualche anno fa che in Italia le cose potevano cambiare se morivano una decina di persone. Se non sono 10, saranno una ventina. Su Grillo e Casaleggio si dicevano cose strane già anni fa, di collegamenti con la massoneria, e anche Renzi, hai visto… con Verdini… sempre Fratelli sono.”

“Ma scusa, Umberto, come possono condizionare una Nazione?” “E’ la gestione oligarchica e opaca del potere economico e politico in Italia. Dalla strage di Portella della Ginestra fino alle minacce a Nino Di Matteo siamo sempre qui a chiederci chi sono … In mezzo, le stragi senza colpevoli… Servizi segreti legati alla Nato, logge massoniche che prima appoggiavano Berlusconi e ora Renzi, ambienti finanziari Anglo USA che magari scommettono sul collasso dell’Euro e puntano l’Italia che è l’anello debole.”

“E la politica?” “Mah! Quelli sono dei poveretti. Lo ha detto anche Chomsky pochi giorni fa. Non contano più niente. Tutto viene deciso a Bruxelles… Ora scusami, Mario, ma sono veramente molto stanco…”.  Lasciai Umberto con un nodo in gola. Chissà se lo avrei rivisto vivo.

Si preparava la crisi di governo che avrebbe costretto Enrico Letta alle dimissioni (14.02.2014); la senatrice Anna Finocchiaro in un’intervista (25.02.2014) a Concetto Vecchio di Repubblica dichiarò di essersi poco sorpresa dell’esito finale. 

Vecchio: “Avrebbe mai pensato che [Renzi] sarebbe arrivato a palazzo Chigi?” Finocchiaro: “Sì, io l’ho sempre pensato”. V.: “Sempre?” F: “L’ho capito nell’autunno scorso, intorno a ottobre”. V.: “E cosa glielo faceva dire?” F: “All’improvviso tutto si era fermato, bloccato. Il governo era fermo. Allora era chiaro che non poteva che finire così”.

La preveggenza della Finocchiaro mi richiamò alla mente le parole di Massimo D’Alema che qualche anno prima, di ritorno da una visita ufficiale in California, raccontava di come il Segretario Generale del Parlamento di quello Stato era una donna immigrata dall’America Latina mentre in Italia si poteva essere funzionari parlamentari “solo se si è massoni da tre generazioni.”

Il blocco di cui parlava la Finocchiaro e l’appartenenza massonica di cui parlava D’Alema erano collegati? Il 24.09.2014 Ferruccio De Bortoli in un editoriale sul Corriere (Il nemico allo specchio) avrebbe parlato di “stantio odore di massoneria”. Ma ancora più interessante era un libro che avevo recensito tre anni prima.

Evviva! (1 e 2)

 (Forum Leggere e Scrivere; 21 giugno 2011)

Philip M. Godgift, I 99 Giorni che Travolsero il Cavaliere, Fazi Editore 2011.

Ho comprato il libro per curiosità verso la letteratura, anche leggera, che parla di politica. La sensazione è di trovarsi di fronte al testo scritto da un giornalista uso a scrivere e a leggere i retroscena, quei resoconti veri, verosimili, inventati del tutto che si possono leggere sulle pagine dei giornali, o anche sul sito Dagospia. La trama, in breve: un giornalista statunitense (il “Godgift” pseudonimo del vero autore) arriva in Italia per raccontare la politica italiana ai suoi connazionali. Assiste ad uno scontro al calor bianco tra il centro-destra di Spernanzoni [Berlusconi] che indice un referendum proponendosi come il capo di una nuova Repubblica Presidenziale, ed il centro-sinistra guidato da Salernitano [Napolitano] dimessosi dalla Presidenza della Repubblica per sconfiggere la proposta politica spernanzoniana. La campagna elettorale sarà caratterizzata da attentati e morti. Il centro-sinistra vincerà le elezioni ed il giornalista USA avrà una posizione governativa nel nuovo governo guidato da Salernitano-Napolitano, per curarne i rapporti con gli USA.

La lettura mi annoiava un po’. I nomi dei protagonisti, modificati, erano del tutto riconoscibili e le trame dei retroscena prevedibili. Poi, a pag. 222: “Dove va l’Italia? Se lo chiedono la stampa nazionale ed estera. I telegiornali vicini al premier, rassicuranti, tentano di addossare la colpa dei disordini all’opposizione: “Sono i sobillatori del disordine che preparano il terreno per la rivoluzione socialista. Solo con la Repubblica Presidenziale noi possiamo riportare la pace e la sicurezza” proclama Spernanzoni sulle reti nazionali …. Ripetono i suoi uomini: “Siamo nel mirino della plutocrazia, dei salotti radical chic, dei magistrati e dei giornalisti che considerano Spernanzoni un usurpatore e non vogliono accettare le forze della Libertà che sono maggioritarie.”

Quelle poche righe ebbero su di me uno strano effetto: era come svegliarsi da un incubo (le parole deliranti scritte nel romanzo) e mi accorgevo che, invece, erano vere: corrispondevano a quelle pronunciate in televisione da Berlusconi e dai suoi alleati. Le ultime tre righe di quella stessa pagina: “Sembrerebbe quasi che la sfida che si combatte senza esclusione di colpi sia tra l’Italia dell’ordine televisivo e quella della mobilitazione popolare.”

Così, ripensando alle pagine precedenti trovo che il libro ha un merito: quello di aver raccolto il “discorso politico” italiano degli ultimi due decenni, con alcuni squarci sui luoghi di elaborazione, e di averlo messo su carta sotto forma di racconto; alcuni degli argomenti proposti e dibattuti sembrano tratti dalla sceneggiatura di un’opera del Teatro dell’Assurdo.

Andando avanti mi sono accorto anche che quasi tutte le cifre erano multipli di tre: 333 mila i dossier dell’archivio del Sen. Giuliotti [Andreotti] appena defunto, 999 le sedie per il suo funerale, 99 i giorni raccontati, “Tre anni dopo” il titolo del capitolo finale, 600 i giovani assunti a 900 euro, 33 per cento l’aumento delle risorse destinate alla scuola ed alla ricerca…

Sarà forse l’effetto delle indagini sulla P2, la P4 e le varie confraternite segrete che hanno la gentilezza di occuparsi dei nostri affari ma l’insistenza su questi multipli (il numero 3 ha un valore altamente simbolico nell’universo massonico) mi è sembrato un modo per dire in maniera cifrata quella che sembra essere la perenne caratteristica di un certo agire politico italiano di vertice: il segreto, protetto da una qualche organizzazione sconosciuta a noi comuni mortali.

Senza dimenticare che quel buontempone di Corrado Guzzanti nello sketch televisivo più riuscito del suo programma Aniene (su Sky, qualche giorno fa) raccontava di come il mafioso siciliano inizialmente troppo impegnato nei suoi affari per poter accettare un ruolo nel governo Berlusconi, obbedisce docilmente quando gli telefona il Massone Incappucciato. 

Rimane la sensazione che il libro, alla sua maniera, vuole farci il riassunto degli ultimi decenni della politica italiana e preannunciarci i prossimi: governance massonica filo-statunitense.

Evviva! (3)

(Forum Leggere e Scrivere; 26 giugno 2011)

Nel mio post del 21 giugno avevo la soluzione sotto gli occhi fin dall’inizio e non me n’ero accorto.

Dunque, l’autore si firma “Godgift”, che tradotto dall’inglese significa “Dono di Dio”. Avevo provato a fare delle ipotesi sull’eventuale cognome italiano (Donadio) ma non era venuto fuori niente, o quasi: un magistrato che si occupa di inchieste delicate, un giornalista del Messaggero. Comunque niente di significativo. Poi ho cercato qualcosa sulla Massoneria. Seguitemi nel ragionamento. Il Santo di riferimento della Massoneria è Giovanni Evangelista. Leggo su Wikipedia: “Secondo la tradizione esoterica Giovanni avrebbe ricevuto un insegnamento segreto dallo stesso Gesù e questo insegnamento Giovanni lo avrebbe trasmesso in seguito ad una Chiesa invisibile. Secondo questa concezione, il cristianesimo ufficiale, quindi, non sarebbe altro che una volgarizzazione di quell’insegnamento primitivo. Secondo la tradizione esoterica accanto ad una Chiesa di Pietro essoterica ed esteriore esiste invisibile e sotterranea una Chiesa di Giovanni, una chiesa più interiore. Non è quindi un caso che Giovanni è stato ed è il patrono di numerose società segrete. Egli è per esempio tenuto in alta considerazione dalla massoneria.”

Sull’etimologia di Giovanni, sempre Wikipedia: “Il nome Giovanni deriva dall’ebraico … composto … vuol dire letteralmente “il Signore ha avuto misericordia (o grazia)”. … Anticamente veniva imposto ad un figlio lungamente atteso e nato quando ormai i genitori avevano perso la speranza di essere rallegrati dalla nascita di un bimbo.” Quindi un “Dono di Dio”! Abbiamo la conferma che è un romanzo “a chiave” già fin dallo pseudonimo in lingua inglese che dà indicazione in forma sincretica della forza di cambiamento del sistema politico italiano: la massoneria e l’appoggio statunitense. Fosse vero, al di là della finzione letteraria, non ne sarei stupito. Suggerirei a Godgift un seguito. Il titolo potrebbe essere: “Fratelli d’Italia” ed il sottotitolo: “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”.

Evviva!

Per la chiosa avevo scelto con intento ironico il primo verso di una poesia di Giovanni Pascoli (L’Aquilone) perché evocava una malinconica nostalgia del passato. Mi sembrò più adatta di un’altra frase che avrei potuto usare, quella pronunciata da Tancredi ne Il Gattopardo (“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”) perché volevo sottolineare l’arcaicità delle organizzazioni che, come la massoneria e la mafia, si basano sull’Omertà: una regola che contraddice i principi della democrazia così come si sono affermati negli ultimi secoli. Penso che la stagnazione italiana e la difficoltà di introdurre cambiamenti significativi siano conseguenza anche di questo software sociale.

Un paio di mesi dopo Godgift fece coming out. Era Massimo Teodori, uno storico, esperto di Stati Uniti, deputato per tre legislature eletto nelle liste del Partito Radicale. Era stato un componente apprezzato della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2. Nei decenni avevo letto i suoi interventi ed ero rimasto colpito dal giudizio sempre positivo sui presidenti USA e le loro politiche interne ed internazionali, a prescindere da chi fossero i presidenti (ReaganBush SeniorClintonBush JuniorObama) e da cosa fossero caratterizzate le loro decisioni; ad esclusione di Trump sul quale ha espresso pareri negativi. Mi era sembrato in sintonia con il cosiddetto Deep State, le agenzie federali che costituiscono l’ossatura stabile dell’“Impero Americano”.

Si stava preparando la crisi di Governo che il 16.11.2011 avrebbe condotto alle dimissioni di Berlusconi. Gli Stati Uniti gradivano poco i contratti che Berlusconi aveva chiuso con Putin per la fornitura di gas all’Italia e i dispacci diplomatici rivelati da Wikileaks riferivano il parere dell’ambasciatore USA Spogli: “Berlusconi … inutile, vanitoso e incapace … frequentatore di festini selvaggi [con] i suoi compari traendo lauti vantaggi personali da molti degli accordi energetici”. Il Presidente dell’Eni, controparte italiana della russa Gazprom, era Paolo Scaroni che tra il 2017 e il 2018, è stato ai vertici amministrativi della squadra di calcio del Milan: anni delicati per il passaggio di proprietà dalla Fininvest ad altri soggetti, con capitali di incerta provenienza, forse dello stesso Berlusconi, segnale inequivocabile del rapporto di fiducia tra i due. Anche gli alleati europei erano preoccupati: Berlusconi sembrava trascorrere più tempo in notturne “cene eleganti” che a governare.

 Così si leggeva a pag. 3 di Italia Oggi del 20.08.2011 in un articolo (“E a Cortina viene fuori che era meglio Pomicino”) a firma Sergio Luciano: “Massimo Teodori … s’è rivelato ieri come autore di “I 99 giorni che travolsero Berlusconi”. Teatro del dibattito, Cortina InConTra … l’uscita più spiazzante è stata quella di Sechi: «Dopo Silvio Berlusconi, cambia tutto. Il partito carismatico va cancellato. Il grande errore di Berlusconi è stato quello di chiudere il mercato della politica, del consenso, dei candidati. Basta col parlamento dei nominati. Però, attenzione: sottovalutare Berlusconi è l’errore più grande che si possa fare. Se lo dai per morto, ti salta addosso e ti succhia anche il sangue. D’altronde, la sinistra non ha un candidato. Il centro non esiste, se c’è questo sistema politico ed elettorale. Napolitano è l’unica speranza che ha il Pd, è l’uomo che può ricostruire il partito, che era la fusione di post-comunisti e post-democristiani».  E su Napolitano converge Massimo Teodori: «Scrivendo il libro … ho voluto sottolineare come la crisi sistemica dell’Italia sia ormai a un livello tale che solo l’intervento di una figura di altissimo profilo come quella di Giorgio Napolitano potrebbe permettere di uscire dalle secche in cui ci siamo impantanati». 

L’anno dopo il Presidente del Consiglio Monti si recò in visita ufficiale negli Stati Uniti. In una conferenza stampa per la prima volta lascia uno spiraglio per un suo eventuale reincarico. Ne leggo la cronaca in un articolo a firma Rampini su Repubblica del 28 settembre 2012: “Lo sponsor americano. Casa Bianca e Wall Street fanno il tifo per Mario. È lui il vero anti-Silvio.”

Che il sistema politico italiano sia caratterizzato da un alto tasso massonico è diventato anche argomento di fiction statunitensi. Nel 2015, imperante Renzi, la CBS trasmette una puntata di Madam Secretary.

Quante se ne inventano questi americani!

(Forum TeleVisioni; 7 gennaio 2015)

“Madam Secretary” è una serie USA della CBS. Siamo alla dodicesima puntata della prima stagione (2014-15). Metacritic gli dà un fin troppo generoso 66 (su 100). Si dice che debba servire a tirare la volata alla Clinton per le elezioni presidenziali del 2016: “Elizabeth McCord è l’astuta e determinata neo Segretario di Stato americano, che deve guidare la diplomazia internazionale, le battaglie politiche e negoziazioni globali e nazionali sia alla Casa Bianca che a casa sua. La donna, ex docente universitario, ex brillante analista della CIA – ruolo lasciato per motivi etici -, è tornata in campo su richiesta diretta del Presidente in seguito alla morte sospetta del suo predecessore. Il Presidente apprezza il suo modo apolitico di ragionare, la sua profonda conoscenza del Medio Oriente, il suo talento per le lingue e la sua capacità di pensare fuori dagli schemi, anche quando non conosce gli schemi.” (da Tvblog.it)

Mi appare come un misto di “Borgen” e delle situation comedy, destinata ad un ceto medio USA tendenzialmente progressive ma con dubbi in varie direzioni. Come i prodotti disneyani che frullano le migliori fiabe addolcendo o tralasciando contenuti aspri, contraddizioni, inquietudini fornendo un cibo precotto dal sapore rassicurante: uno schifo quando si toccano argomenti delicati come il terrorismo (tutti contro gli USA), gli alleati europei (adolescenti indisciplinati e boriosi che vanno rimessi in riga), la difesa dei diritti civili nel mondo (gli USA ne sono un baluardo, purtroppo ostacolati da Russia e Cina). Molto meglio Homeland che almeno è chiaro nel dire che questo è uno sporco mondo e quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare ecc. ecc. Però, ogni tanto Madam Secretary contiene delle perle di sceneggiatura, come lo scambio di battute tra il marito della Secretary of State ed il figlio adolescente. 

Siamo al minuto 8.58 della dodicesima puntata trasmessa negli Stati Uniti il 4 gennaio 2015. Si tratta di fare i compiti a casa ed il padre raccomanda: “Jason, you’ve got to finish your Italian government paper. And it should not be about how Italy is run by a Masonic shadow government …”.

Quante se ne inventano questi Americani! 

(continua)

Il Racconto del Potere, I Puntata – Armi di distrazione di massa

Il Racconto del Potere, III Puntata – L’egemonia culturale

Il Racconto del Potere IV Puntata – Silvio Berlusconi e il delirio di onnipotenza

Il Racconto del Potere, V Puntata – La mafia, i còrsi, i narcos

Il Racconto del Potere, VI Puntata – Il ceto dirigente italiano

Il Racconto del Potere, VII Puntata – Falcone, Borsellino e gli Altri

Il Racconto del Potere, VIII Puntata – La Questione Meridionale oppure qui (link esterni)

Il Racconto del Potere, IX Puntata – L’intervento esterno oppure qui (link esterni)

Nato nel 1955, Laurea in Scienze Politiche. Al suo attivo pubblicazioni a stampa, progetti e rapporti di ricerca, missioni di lavoro in Venezuela, Russia, Ucraina, un lungo soggiorno di studio e lavoro negli Stati Uniti.

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