Il Racconto del Potere VII Puntata – Falcone, Borsellino e gli Altri
Un libro chiarisce quello che è accaduto in Italia a partire dalle stragi dei primi anni ’90. Gli autori sono Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione Stragi dal 1994 al 2001, e Giovanni Fasanella, uno dei consulenti di quella commissione. Lessi il libro l’anno della pubblicazione (2005) e lo segnalai in qualche mio post; mi colpiva lo scarso rilievo che gli veniva dato dall’informazione stampata e televisiva. Decisi di citare alcuni passaggi in occasione di uno degli ennesimi anniversari della morte di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e le loro scorte. Ah! Dimenticavo: il magistrato Roberto Scarpinato ha più volte affermato che i mafiosi hanno detto tutto quello che sapevano e che ora lui si aspetta che ci sia un collaboratore di giustizia proveniente dalle Istituzioni; ma, aggiunge, chi cerca di saperne di più rischia tuttora la vita.
Falcone, Borsellino e gli Altri
(Forum Leggere e Scrivere; 22 luglio 2020)
Pagg. 127-129: Pellegrino: L’assassinio di Falcone e Borsellino va inserito nello stesso contesto della crisi del sistema dopo la fine della Guerra Fredda … La mano di quei due omicidi è sicuramente mafiosa. Sulla mente avrei qualche dubbio. Secondo un’ipotesi accreditata negli ambienti politici, con l’eliminazione di due magistrati di quello spessore, di quella intelligenza e con il loro bagaglio di conoscenze, vennero tolti dalla scena due personaggi pericolosi che avrebbero potuto mettere a fuoco il ruolo della mafia durante la guerra fredda. Non dimentichiamo che per lo sbarco in Sicilia gli americani si servirono della mafia. E dopo la guerra strinsero un patto ancora più forte con i boss. La mafia ha avuto in Sicilia lo stesso ruolo che Gladio e le altre strutture clandestine ebbero nel resto del paese. Fasanella: Falcone e Borsellino potevano dunque costituire una minaccia per quei settori che nella guerra fredda avevano utilizzato anche la mafia? P.: Costituivano una minaccia per chi non voleva che, crollando il sistema della guerra fredda, venissero alla luce tutte le complicità e le protezioni accordate ai livelli internazionali. Falcone venne ammazzato proprio mentre noi stavamo eleggendo Scalfaro alla presidenza della Repubblica. F.: Quindi, se qualcuno fece arrivare un segnale alla mafia, lo fece perché sapeva che cosa sarebbe accaduto dopo l’elezione di Scalfaro? È questo quel che vuol dire? P.: Qualcosa del genere può essere effettivamente accaduta.
Oscar Luigi Scalfaro era stato Ministro dell’Interno dal 1983 al 1987. Secondo alcune ricostruzioni il Presidente Scalfaro è stato il “regista della trattativa Stato-mafia”. Il progetto politico era di ammorbidire le misure cautelari per i condannati nel maxi-processo di Palermo, far cessare la strategia stragista di Totò Riina e tornare alla convivenza col fenomeno mafioso. Secondo quello che mi dissero alla fine degli anni ’90, il politologo statunitense citato nella seconda puntata a proposito dell’”operazione Craxi” aveva detto: “Sarà un buon presidente”.
F.: E le stragi del 1992-93? P.: Quelle furono le reazioni della mafia militarizzata dei corleonesi alla rottura del patto strategico con l’oltranzismo anticomunista durante la guerra fredda e al “tradimento” da parte del potere politico che per decenni aveva tenuto un rapporto tutto sommato ambiguo con le cosche storiche. Quando però si resero conto che con le bombe non avrebbero ottenuto alcuno risultato, cambiarono strategia e usarono i pentiti. F.: I pentiti? P.: I pentiti, certo. Se si esaminano i documenti dei processi, si scopre che le prime dichiarazioni di mafiosi e camorristi pentiti contro Andreotti e Gava furono raccolte praticamente negli stessi giorni in cui, dopo il discorso di Scalfaro, le Camere cominciarono a concedere le autorizzazioni a procedere. Quando ho accertato questa contemporaneità ne sono rimasto annichilito. Era come se improvvisamente mafia e camorra avessero capito che la politica non si sarebbe più difesa dall’attacco giudiziario e avessero deciso di inserirsi nel gioco. F.: Ma che partita potevano giocare mafiosi e camorristi? P.: Una partita più sottile di quanto non si sia mia pensato e di cui soltanto adesso cominciamo a renderci conto. I pentiti della prima generazione, i Buscetta e i Mannoia, erano tutto sommato attendibili, perché avevano parlato del rapporto tra mafia e politica in termini realistici descrivendo quella zona grigia in cui gli interessi dell’una e dell’altra durante la guerra fredda finivano per incrociarsi. Tutti quelli della seconda generazione invece erano pentiti che agivano su un preciso mandato dei loro capi. Come Di Maggio che si inventò la storia del bacio di Andreotti a Riina. E la magistratura che li sollecitò e strapagò, credendo a una serie di notizie non vere, si fece strumento di una trappola mafiosa. F.: Una trappola, lei dice? P.: Con i pentiti a comando, la mafia ottenne due risultati: nell’immediato la punizione dei politici che avevano tradito il vecchio patto, bruciandone le carriere; in una prospettiva più lunga il fallimento dei processi che si conclusero tutti con l’assoluzione e la crisi dell’istituto dei pentiti.
Mentre Pellegrino e Fasanella lavoravano al libro, figure istituzionali e mafiosi si davano da fare per continuare la nobile tradizione. Nel 2002 la persona che mi ha ispirato la figura dell’anziano giornalista Umberto mi aveva detto: “In Sicilia mafia e servizi segreti sono la stessa cosa.”
I Padrini dell’Antimafia
(Forum Leggere e Scrivere; 30 marzo 2019)
È stato pubblicato un libro di Attilio Bolzoni (Il padrino dell’antimafia. Una cronaca italiana sul potere infetto, Zolfo editore, 2019): è uno splendido esempio di come lavora un giornalista d’inchiesta.
Calogero Antonio Montante, detto Antonello, pupillo del boss Arnone (consigliori di Madonia, a sua volta n. 2 di Totò Riina negli anni ’90) per più di un decennio è stato l’emblema della nuova imprenditoria siciliana e per alcuni anni Vicepresidente della Confindustria nazionale con delega alla “Legalità”, nonché presidente di Unioncamere Sicilia, consigliere di amministrazione del Sole 24 Ore, componente del consiglio di territorio di Unicredit Sicilia, membro del comitato locale di vigilanza della Banca d’Italia di Caltanissetta. Dal Maggio 2018 è agli arresti [poi condannato a 14 anni di reclusione] perché si è scoperto che era al centro di una rete di spionaggio illegale: “Lo chiamiamo “sistema Montante” per comodità ma è riduttivo, in realtà è un sistema che si innesta su altri sistemi criminali e para-criminali già esistenti, è la stratificazione di organismi infetti che ciclicamente si riproducono in Italia supportati da complicità negli apparati.” Grazie ai suoi buoni rapporti con investigatori della DIA, servizi segreti, ufficiali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, poliziotti, Ministri della Repubblica, deputati e senatori di tutti i partiti, giornalisti, Presidenti della Regione Sicilia faceva affari, favoriva imprese amiche e mafiose, minacciava e neutralizzava avversari, dossierava tutto e tutti e, alla bisogna, ricattava. Una “occupazione militare di tutte le posizioni pubbliche” ed una rete di alleanze, complicità e ignavia che ha coinvolto centinaia di persone. Ha anche cercato di neutralizzare dall’interno il fronte antimafia. La strategia, in parte riuscita, è stata di avvilupparlo in una rete di possibili finanziamenti e di accompagnarlo con personaggi ambigui. Montante era un Pupo o un Puparo? Crocetta, ex Presidente della Regione Sicilia, accusato di essere nelle sue mani, in un servizio di Report (puntata del 12.11.2018) diceva al giornalista Biondani: “Pensavo che fosse uno dei Servizi”. Secondo un testimone Montante era una creatura ed un investimento dei Servizi Segreti, avendo ereditato un meccanismo oliato, in essere da decenni.
La data di inizio è il 2001-2002, quando Zonin (quello della Banca Popolare di Vicenza) fonda in Sicilia Banca Nuova, un Istituto di Credito nato da un progetto dei servizi segreti italiani. La Banca ha assolto alle funzioni di “Sistema”: creava la classe dirigente distribuendo le risorse necessarie per sostenerla. Diventò la maggiore banca del Sud. Vi avevano i conti correnti i servizi segreti italiani e la CIA, Montante, la famiglia Ciancimino, il ministro Alfano e la moglie, il presidente del Senato Schifani, la Finmeccanica (quella delle armi, ora Leonardo), l’Assemblea Regionale Siciliana; gestiva parte dei Fondi Europei. Totò Cuffaro e Gianni Letta hanno partecipato ad alcuni Consigli di Amministrazione. [Salvatore Cuffaro, senatore, presidente della Regione Siciliana dal 2001 al 2008, è stato condannato definitivamente a sette anni di reclusione per favoreggiamento personale verso persone appartenenti a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Gianni Letta è stato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nei governi Berlusconi con delega ai servizi segreti]. Lì Montante incontrava regolarmente Pollari, Direttore del servizio segreto militare (Sismi) dal 2001 al 2006. Pollari, andato in pensione con il grado di generale di Corpo d’armata, è stato poi membro della IIa sezione consultiva del Consiglio di Stato fino al 2016. Presso lo stesso edificio romano aveva l’ufficio Pio Pompa che dossierava tutto e tutti (soprattutto i magistrati che si occupavano di Berlusconi) scoperto da Armando Spataro che stava indagando sul caso di Abu Omar. In quella inchiesta fu scoperto anche un ufficio palermitano del SISMI che aveva il compito di spiare i giudici antimafia. Pollari disse di non sapere nulla e nei mesi scorsi ha smentito le ricostruzioni del testimone intervistato da Biondani.
La Direzione della Banca era un via vai di funzionari dell’Ambasciata degli Stati Uniti, e di agenti segreti italiani e della CIA. Qui venivano scambiate le informazioni sulle indagini della magistratura, utili per avvisare opportunamente gli indagati. Bolzoni spiega come avveniva: usando le informazioni di un software in uso all’autorità giudiziaria. Presso la Banca aveva i conti anche la sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Palermo, quella che gestisce i beni sequestrati alla mafia; l’allora dirigente della sezione, Silvana Saguto, è stata espulsa dall’Ordine giudiziario. [Poi condannata a 8 anni e mezzo di reclusione perché “a capo di un sistema perverso e tentacolare”. Un sistema del quale facevano parte magistrati, avvocati, prefetti, vertici delle forze dell’ordine, professori universitari, commercialisti].
Il Ministero dell’Interno non si costituirà parte civile nel processo che vedrà imputati un buon numero di funzionari: dicono che la Presidenza del Consiglio si è opposta. Il Governo del Cambiamento segue l’andamento usuale da Portella della Ginestra in poi. La prossima volta che qualcuno mi parlerà di deviazioni nelle istituzioni e nei servizi segreti risponderò: “E chi li devia? L’ANAS? Quella che mette il bitume sulle strade?”
Ancora più chiaro è il giudizio di Francesco Pazienza, piduista ed ex agente segreto italiano intervistato da Giuseppe Pipitone. Domanda: “Esistono i servizi deviati?”. Risposta: “Ma deviati da chi? Da che cosa? Esistono i servizi. Tutto il resto è una cazzata giornalistica.” (FQ MillenniuM; Ottobre 2019, pagg. 16-23). In un articolo su Domani del 26.10.2020 Claudio Fava, attuale presidente della commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana, spiega che il “Il «sistema Montante» sopravvive al suo creatore”: “[Al sistema]… servivano spioni… come il direttore dell’Aisi, Mario Parente, oggi indagato dalla procura di Caltanissetta per false informazioni al pubblico ministero in un’indagine parallela a quella su Montante. La gup Graziella Luparello, che aveva condannato Montante un anno fa, ha inviato alla procura di Roma i verbali delle testimonianze del capo dell’Aisi e del suo vice, Valerio Blengini. «Mentono sapendo di mentire», ha scritto la giudice nelle motivazioni della sentenza su Montante. Parole gravi ma inefficaci: nel giugno scorso Mario Parente è stato riconfermato per la terza volta alla guida dell’Aisi dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.… il Richelieu che ha tenuto a battesimo il governo di Rosario Crocetta, che ha sponsorizzato per anni le gesta del cavalier Montante, che ha accompagnato i padroni dei rifiuti alla conquista della regione è un ex senatore della Repubblica: Beppe Lumia. Riceveva nella stanza accanto a quella del governatore, decideva i nomi degli assessori, vigilava sul mito anti-mafioso di Confindustria Sicilia. Da allora, poco è cambiato all’ombra di quei palazzi. A parte il cavalier Montante, che la sta pagando per tutti …”.
Oggi come ieri; anche a sentire le dichiarazioni che trovate alla fine del testo seguente che riguarda gli anni ’90.
Atlantide: sgradevoli verità
(Forum TeleVisioni; 26 novembre 2020)
Pietro Riggio, ex guardia carceraria, ex affiliato a Cosa Nostra, sta testimoniando davanti ai magistrati. Ne ha parlato Andrea Purgatori ad Atlantide, La7, mercoledì 18.11.20; ospiti il magistrato Nino Di Matteo ed il giornalista Saverio Lodato.
Riassumo: “un rapporto di amorosi sensi tra carabinieri e mafiosi”; un agente della CIA che lavora nella squadra che cerca Provenzano, il quale però viene catturato solo nel 2006, dopo 40 anni di latitanza; Luigi Ilardo, che partecipava alle riunioni dei vertici mafiosi, ucciso su richiesta di uomini dello Stato per punizione (aveva fornito le indicazioni per la cattura di Provenzano nel 1996: blitz annullato all’ultimo momento) e perché stava per rivelare i rapporti tra mafia, istituzioni, massoneria, destra eversiva, ‘drangheta e di come alcuni delitti eccellenti erano “stati chiesti dalle istituzioni”; nel 2000 un attentato al giudice Leonardo Guarnotta avrebbe dovuto essere eseguito dai servizi segreti “per fare un favore”: Guarnotta, in collegamento da Palermo, ricorda che stava conducendo il processo a Dell’Utri, il quale pare abbia suggerito a Riina quali obiettivi colpire con le bombe del 1993/94; confidenze di un agente dei servizi segreti che ha partecipato alla fase esecutiva della strage Falcone: “Giovanni Brusca crede ancora che sia stato lui a premere il bottone …”; il latitante Matteo Messina Denaro protetto dai suoi segreti sulle stragi del 1992/93.
Sull’Espresso del 15.11.20 Abbate scrive delle indagini sugli attentati del 1993/94: è sempre stata vista una giovane bionda (sempre la stessa?) attorno alle bombe che sarebbero scoppiate: i magistrati indagano su una donna di Gladio. Due anni fa sono state trovate le impronte di una donna in alcuni reperti sulla collinetta prospiciente il tratto di autostrada saltato in aria a Capaci (1992) e ricordo le strane dichiarazioni televisive (1993?) di una giovane donna che disse di non aver mai collaborato con il ROS dei Carabinieri: era il periodo di Lady Golpe (la moglie di un generale dei servizi affermava che il marito stava preparando un colpo di stato).
In una intervista televisiva di qualche settimana fa il Generale Giuseppe Governale, fino al Settembre 2020 responsabile della DIA: “Il governo non solo non ha risolto il problema della mafia: non l’ha neanche affrontato!”. Guarnotta, richiesto di un parere sulle dichiarazioni di Pietro Riggio: “La mafia è qui da 150 anni perché è un Anti-stato dentro lo Stato.”
Altro che coppole e lupara: la mafia è gestione talvolta violenta, sempre oligarchica e segreta del potere politico ed economico.
Rimane da spiegare la presenza ubiqua di agenti della CIA. Il rapporto con i servizi segreti italiani ha origini precise. Lo spiega Sergio Flamigni nella Presentazione a “Sovranità limitata. Storia dell’eversione atlantica in Italia” (1991) di Antonio e Gianni Cipriani; pag. I e II: “… gli americani gestiscono il servizio di controspionaggio italiano per cinque anni, dal 1944 al 1949; quando l’Italia aderì al patto atlantico venne costituito il Sifar… che funzionerà sempre subordinato ai servizi americani. I servizi segreti italiani hanno avuto fin dalla nascita il compito istituzionale occulto di essere strumenti di limitazione della sovranità e della democrazia… Non si è mai trattato di deviazioni.”
Certo, si tratta di roba passata, di quando c’erano i comunisti. Ma allora come interpretare le recenti parole di un ex agente del Sismi, Paolo Salvatori? Viene intervistato in occasione della pubblicazione di un suo libro nel quale racconta la sua esperienza nell’antiterrorismo (Spie? L’intelligence nel sistema di sicurezza internazionale, 2018). Giulia Villoresi per Venerdì di Repubblica (4 maggio 2018) gli chiede un giudizio sui servizi segreti delle altre nazioni; la risposta per la CIA è: “Sovrana. Oltre a condurre le proprie operazioni, presiede a quelle di quasi tutte le agenzie che condividono gli stessi valori.” Presumo si riferisse alla lotta al terrorismo e, in genere, a tematiche internazionali. Luciano Violante è intervenuto (Repubblica, 28.12.2020) riassumendo le vicende che hanno portato all’attuale assetto istituzionale (Sui Servizi la delega spetta al premier) spiegando che la catena di comando è italiana dalla riforma del 1977. Qualche piccolo problema potrebbe esserci per l’assenza di chiarezza sulle stragi dagli anni ’40 in poi. Ricordo che quando nel 2008 cadde il Prodi II girò voce che parte importante di quella crisi fosse stata la contrarietà di alcuni ambienti all’ipotesi del governo di rendere tassativo il limite massimo di 30 anni per il segreto di stato a partire dalle vicende relative e non dall’approvazione del progetto di legge in discussione. È andata perduta un’occasione preziosa per conoscere vicende che hanno minacciato la democrazia italiana.
Sembrava avere conferma l’importanza, per gli equilibri politici interni, delle alleanze internazionali e dei segreti ad esse collegate. Scrissi un post in occasione della campagna elettorale per le elezioni (13-14 aprile 2008) che avrebbero portato al Berlusconi IV. Parlai di un particolare che mi aveva colpito l’anno precedente in occasione della crisi di governo che invece era stata risolta. Il 24 febbraio 2007 il Presidente del Consiglio Prodi rilasciava una dichiarazione pubblica dopo un’udienza al Quirinale con il presidente Napolitano che aveva respinto le sue dimissioni: indossava un vestito grigio ed una cravatta azzurra; quei colori, per lui inusuali, mi ricordarono la NATO. Erano in discussione tematiche internazionali: il ruolo dell’esercito italiano nelle forze alleate operanti in Afghanistan ed il controverso raddoppio della base statunitense a Vicenza, poi realizzato. Erano state scoperte delle cariche esplosive a scopo intimidatorio (non potevano esplodere) a danno di due sottosegretari sardi, uno all’economia e l’altro alla difesa, conterranei del ministro della difesa Arturo Parisi. Pier Giorgio Pinna su Repubblica (Separatisti o neo anarchici il mistero sugli eredi delle Br; 17.01.2007) faceva il riassunto delle puntate terroristiche precedenti mostrandosi parecchio perplesso. Prodi, comunque, era abituato agli avvertimenti. Nella prima puntata ho ricordato come nel 2003 la moglie avesse rischiato di perdere la vista per lo scoppio di una lettera esplosiva destinata al marito che in quei giorni da Presidente della Commissione Europea aveva espresso la sua contrarietà all’invasione dell’Iraq; l’articolo di Repubblica che riferiva l’accaduto sottotitolava: “Non si escludono nessi con gli ordigni esplosi giorni fa vicino casa dell’ex premier e rivendicati dagli anarco-insurrezionalisti”; ed io aggiungevo: “forse gli stessi che in quei mesi mettevano bombe in Sardegna con esplosivi del tipo in uso tra le forze armate.
Qui di seguito un intervento del 2013 nel quale cito fonti di stampa che sembravano confermare l’ipotesi formulata nel 2008. Spiego anche il raccontino sulla Maga Nerina.
La Maga Nerina e la cravatta di Prodi
(Forum Leggere e Scrivere; 4 marzo 2013)
In un articolo su Il Fatto Quotidiano del 2 marzo 2013 leggo un articolo di Marco Lillo sul Sen. De Gregorio (ex IDVpoi PDL). Il titolo è: “De Gregorio: “Ho silurato Prodi con gli Americani”. In un verbale pieno di omissis l’ex senatore svela la trama atlantica”. E in un lancio dell’Agenzia Ansa: “Promisi all’ambasciatore Ronald Spogli il mio appoggio alla richiesta di aumentare le truppe in Afghanistan”, ha detto Sergio De Gregorio.” Dunque era vero. Me lo aveva già detto la Maga Nerina nel 2008. La storia è questa. Tra i post che inviavo al blog di Sabelli Fioretti alcuni facevano parte di una mini-saga che mi ero inventato per commentare notizie e fatti di cronaca: ero Mario Strada, il Capo di una molto improbabile ciurma di Pirati del Borneo; c’era la Piratessa Kabila, la mia fidanzata dai lunghi capelli neri di corvo; la Maga Nerina che faceva e diceva cose incredibili, in tutto e per tutto simile al personaggio di Lisbeth Salander di Millennium; il nostromo Georg, eccezionale mio collaboratore, novantenne, già comandante di U-Boot e collaboratore clandestino dei servizi segreti alleati durante la II guerra mondiale; la sua fidanzata malese Malinka, da lui messa incinta, di meno di 30 anni; ed infine un addetto alle comunicazioni, il cinese Chai Kin che, ovviamente, non capiva bene l’italiano provocando una serie infinita di equivoci. Durante la campagna elettorale per le politiche del 2008 la ciurma seguiva con attenzione in streaming un comizio di Walter Veltroni da pochi mesi segretario del PD.
Ecco il testo del 2008.
LA CRAVATTA DI PRODI
(Blog di Claudio Sabelli Fioretti; 21 Marzo 2008)
Da Mario Strada, in navigazione nello Stretto di Makassar.
“Al lavoro! Rammolliti.” “Ma Capo, stiamo seguendo il comizio di Veltroni via Internet, su Nessuno TV.” “E che sarà mai…”. “Non è vero” disse la Maga “Walter ha fatto accostamenti interessanti. Ha messo insieme in un’unica sceneggiatura l’ingresso nell’area Euro del 1998 voluto da Prodi e Ciampi contro il parere del centro-destra, la crisi della lira del ’92 provocata dalle speculazioni di Soros, l’assassinio di Falcone e Borsellino, il caso Moro.” “E vabbè, il solito spot nostalgico di Walter.” “No!” esclamò la Maga, improvvisamente seria. La ciurma ascoltava assorta. “Forse sarebbe stato più chiaro se avesse ricordato anche il colore della cravatta di Prodi.” Non capivo. “Sì, al Quirinale dopo il colloquio con Napolitano, dopo la soluzione della crisi del Febbraio 2007 sulla politica internazionale. Quella volta Prodi fece un discorso in diretta televisiva e solo quella volta, indossava un completo grigio e sfoggiava una cravatta di un bell’azzurro NATO.” Cominciavo a capire. Nei giorni precedenti il Wall Street Journal aveva dato l’ultimatum al Governo Prodi. Certo, ci voleva una donna per leggere i colori. La guardai negli occhi neri di brace. Mi ricordai il suo nome: Nerina.
Nelle prime settimane del 2007 il giornale statunitense aveva espresso perplessità sulla politica internazionale del governo italiano. Si può dubitare delle affermazioni del sen. De Gregorio; rimane il fatto che con le dimissioni di Prodi la prospettata riforma del segreto di Stato fu bloccata. La mia idea è che i segreti legati alla collocazione internazionale dell’Italia possano costituire un alibi per cialtroni, mascalzoni e reti di alleanze di varia natura che ne approfittano per i propri interessi, offrendosi alla bisogna in un clima di ricatti incrociati che conducono ad una generalizzata omertà nel sistema politico.
Sotto trovate il parere di Fasanella che ha risposto alle mie domande avendo maturato un giudizio a seguito della sua esperienza come consulente della Commissione stragi e di ricerche successive.
Per Fasanella: Qual è la reazione ai suoi libri?
(Forum Leggere e Scrivere; 21 novembre 2011)
Caro Fasanella, trovo che il suo lavoro sia prezioso. Quello che mi suscita tuttora preoccupazione è una sorta di silenzio generalizzato del sistema politico italiano e, in genere, di tutti i ceti dirigenti italiani, attorno al tema della sovranità (limitata?) dell’Italia. Quasi fosse una condizione acquisita o addirittura fonte di possibile privilegio: escluderei il timore di rappresaglia fisica, molto più probabilmente si tratta del pericolo di perdere occasioni di affari e posizioni di potere. Quando ha tempo, potrebbe considerare la possibilità di scrivere un libro o un articolo di “secondo livello”, ragionando sull’accoglienza dei suoi testi, magari solo dei più fortunati. Ha già parlato delle reazioni di Cossiga. [“Cossiga … aveva giudicato “limpido” Segreto di Stato e “affascinante” Il misterioso intermediario; ma assai più lusinghieri erano i giudizi da lui espressi in privato”]. Ma cosa dire del resto di coloro che hanno posizioni di potere economico, politico, intellettuale? Sarebbe un bel test del grado di patriottismo, in tempi in cui tutti si riempiono la bocca di “sobrietà, solidarietà, difesa della coesione nazionale, difesa degli interessi nazionali”, ecc. Leggendo qua e là, tra le righe e non solo tra le righe, leggiamo che oggi c’è un attacco all’area euro e tutti dicono (secondo me a ragione) che si rischia il tracollo finanziario ed il disastro istituzionale. Magari, qualche riflessione in più su quello che sta accadendo, e perché, potrebbe far capire quali siano i giochi di potere di cui siamo oggetto. E i cosiddetti “ceti dirigenti” se fossero più chiari sarebbero anche più credibili quando chiedono sacrifici per tutti, essendo l’alternativa sacrifici per tutti e vantaggi (se ci saranno) a bocce ferme (quale che sia l’esito della crisi finanziaria in corso) per i soliti noti che avranno avuto ragione a rimanere ambigui e silenti.
Reazioni…
(Giovanni Fasanella; Forum leggere e scrivere; 12 Dicembre 2011)
La sua domanda sulla reazione ai miei libri è molto insidiosa: il rischio è di sprofondare nel vittimismo o nell’eccesso opposto. Tuttavia, le risponderò con molta sincerità: mi sono fatto molti nemici perché ho toccato troppi nervi scoperti della nostra storia recente. L’ostilità maggiore l’ho riscontrata in alcuni settori politici, del mondo intellettuale e dell’informazione. Né gli ex comunisti né gli ex fascisti hanno coraggio e onestà intellettuale per ammettere che il terrorismo è il prodotto degenerato delle loro ideologie e delle loro culture. E poi c’è una “lobby” di intellettuali e giornalisti che durante gli anni di piombo appartenevano a un’area di contiguità con la lotta armata e non hanno piacere che si scavi nella loro storia. Sono soprattutto ex di Lotta Continua e Potere Operaio che durante gli anni di piombo erano culturalmente o ideologicamente “contigui”, e poi hanno saputo riciclarsi “ripulendo” il proprio passato nei salotti della grande borghesia. Può immaginare… Ma l’ostilità, lo riscontro continuamente, diventa ancora più rabbiosa quando, stabilita la radice endogena del terrorismo, della sua ideologia e della sua cultura, si cerca poi di ricostruire anche i contesti internazionali che lo hanno favorito. Quello è un vero tabù, e guai a violarlo… Le devo dire la verità: avrei mollato, se non avessi avuto anche un motivo personale per approfondire le ricerche. L’esperienza degli anni di piombo mi ha molto segnato. Capire, quindi, è molto di più di un semplice interesse professionale: è un’esigenza “terapeutica”. Le reazioni ostili, subdole o aperte che siano, dunque, non mi spaventano. Anzi, alimentano ulteriormente la mia voglia di scavare.
Per Fasanella: cosa pensa delle memorie di Pecchioli?
(Forum leggere e scrivere; 13 Dicembre 2011)
Le chiedo un parere su Tra misteri e verità di Ugo Pecchioli (Baldini e Castoldi 1995; a cura di Gianni Cipriani). Considerata la caratura del personaggio (“Ministro dell’Interno” del PCI) mi sarei aspettato i fuochi artificiali. Invece, di interessante c’è solo la ricostruzione dell’ambiente resistenziale torinese e un inedito (per me) episodio riguardante i Quaderni dal Carcere di Gramsci che Pecchioli rischiò di perdere in un banale trasporto automobilistico quando erano ancora in copia unica. C’è anche un accenno ad alcune minacce ricevute dalla Falange Armata nel 1993 quando Pecchioli era Presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi. Per il resto, zero. Eppure ne avrebbe avuto da raccontare. Secondo lei perché queste memorie così poco interessanti in un’epoca, 1995, quando si presume si potesse ormai essere molto più espliciti? O, forse, non si poteva essere molto più espliciti? Ecco il passaggio dove si accenna alle minacce della Falange Armata (pagg. 185/186): “L’8 giugno 1993 … fui eletto presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi … La cosa singolare è che il 9 giugno 1993 subito dopo la mia elezione e una conferenza stampa sulle grandi linee della riforma dei servizi, arrivò al direttore dell’Ansa di Bari un messaggio della Falange Armata che suonava così: “Il comunista Pecchioli ha cominciato nel modo peggiore a seguire una rotta che possiamo giurargli gli risulterà assai accidentata.” Era un avvertimento intimidatorio. La cosa singolare è che venni informato di questa minaccia soltanto alcuni mesi dopo, quando il giudice Pietro Saviotti, che seguiva l’inchiesta sulla Falange Armata, mi pregò di andare da lui…. telefonai al Viminale e chiesi che mi spiegassero le ragioni di quel silenzio… una spiegazione convincente non la ebbi…. non ho mai capito perché non fui messo al corrente … di quell’avvertimento.”
Le memorie di Pecchioli
(Giovanni Fasanella; Forum leggere e scrivere; 15 Dicembre 2011)
Ho letto quel libro e condivido il suo giudizio: considerato il ruolo di Ugo Pecchioli, ministro dell’interno ombra del Pci all’epoca del caso Moro, interlocutore del generale Dalla Chiesa e di capi dei nostri Servizi, sono rimasto anch’io molto deluso. Ma quando ne parlai con un mio amico ex Pci che conosce molto bene le vicende di quel partito, mi disse che, pochi minuti dopo la sua morte, uomini dei Servizi si presentarono a casa di Pecchioli e prelevarono il suo archivio. Il ministro dell’interno ombra, proprio per il suo delicatissimo ruolo in vicende drammatiche della storia del nostro Paese, era considerato alla stregua di un uomo di Stato. E una legge non scritta, ma ferreamente applicata, vuole che i segreti degli uomini di Stato non appartengano agli uomini ma allo Stato… Qualcosa del genere accadde a un ministro dell’Interno vero come il democristiano Paolo Emilio Taviani. Quando nel 2000 uscì da Einaudi Segreto di Stato, il libro che scrissi con Giovanni Pellegrino, Taviani volle incontrare l’ex presidente della Commissione stragi. Era molto malato (sarebbe morto pochi mesi dopo) e Pellegrino andò a trovarlo a casa sua, a Roma. Taviani gli disse che la ricostruzione degli anni di piombo e del loro contesto fatta in Segreto di Stato era estremamente precisa. E aggiunse che lui stesso ne avrebbe parlato nelle sue memorie, rivelando altri particolari “sconvolgenti” sulla strage di Piazza Fontana. Le memorie di Taviani uscirono postume dal Mulino ma non c’era nulla di tutto quello che l’ex ministro democristiano aveva raccontato a Pellegrino nel corso di un colloquio durato alcune ore. Qualcuno le aveva accuratamente “depurate”.
Il 21 marzo 2004 durante una partita di calcio a Roma si diffuse la voce falsa che fuori dallo stadio Olimpico una macchina della polizia aveva ucciso un bambino. La tifoseria più violenta andò fuori controllo e la partita fu sospesa. Qualche mese dopo scrissi a Italians il forum gestito da Beppe Severgnini.
Ultras: perché lasciare che si finanzino?
(Forum Italians; 25 gennaio 2005)
Qualche mese fa, dopo che il derby Roma-Lazio dell’Olimpico fu sospeso per la ventilata morte di un bambino (per fortuna, non era vero) il giornalista Gigi Moncalvo intervenne in una trasmissione televisiva («Otto e mezzo») e riferì una circostanza che, se fosse vera, sarebbe grave e inspiegabile. Diceva che le tifoserie delle due squadre romane erano controllate da un’organizzazione di estrema destra [Forza Nuova]: la stessa che a Bari è stata oggetto di interventi di polizia e della magistratura per minacce a Luciano Canfora (era coinvolto anche un poliziotto). Le due tifoserie, diceva Moncalvo, sono in realtà alleate contro tutti gli altri, polizia in primis. Alla loro dirigenza è concesso di gestire il «business» dei biglietti di accesso allo stadio, e tramite ciò, finanziarsi. Mi pare di ricordare che i dirigenti di questa organizzazione sono stati coinvolti anche nell’attentato al quotidiano «il manifesto» (nel 2001). La questione curiosa è che questi dirigenti, come riportarono alcuni giornali, erano vecchie conoscenze dell’estremismo di destra e avevano soggiornato in Gran Bretagna per qualche anno gestendo un’agenzia di viaggio e, cosa ancora più curiosa, in contatto con i servizi segreti britannici. Se queste notizie fossero confermate e questi dirigenti hanno ancora quei contatti, sono da considerare ancora «tifosi»? Perché lasciare che si finanzino se poi si sospetta che mettono le bombe, minacciano professori universitari, fanno il saluto fascista e via dicendo?
Negli anni successivi altre notizie di stampa hanno confermato l’indisturbata residenza inglese di elementi di Forza Nuova. Nel romanzo La notte di Roma (2015) di De Cataldo e Bonini viene descritto quell’ambiente dell’estrema destra italiana a Londra: c’è anche un personaggio con grandi disponibilità finanziarie. Viene da pensare alla rete inglese in Italia di cui parla il libro di Fasanella e Cereghino Il Golpe Inglese. Da Matteotti a Moro: le prove della guerra segreta per il controllo del petrolio e dell’Italia che testimonia tramite documenti ufficiali fino al 1976 gli interventi ripetuti a danno degli interessi italiani, con alcune ipotesi sul rapimento di Aldo Moro. Del libro ho scritto su Leggere e scrivere; ecco i link per chi fosse interessato: 1) 29 settembre 2011; 2) 4 ottobre 2011/1; 3) 4 ottobre 2011/2. Sembrano avvenimenti lontani nel tempo. Eppure… Il 27 ottobre 2020 viene data notizia che “Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha presieduto oggi, al Palazzo del Quirinale, la riunione del Consiglio Supremo di Difesa.” Ordine del giorno: le implicazioni internazionali della pandemia, tra cui “il terrorismo transnazionale”. La notizia mi incuriosì; una pandemia può essere motivo di crisi internazionali ma uno si domanda: “Cosa, in particolare?”. In quei giorni in alcune importanti città italiane si erano svolte manifestazioni di persone in difficoltà economiche, spesso con problemi di ordine pubblico costringendo la polizia ad intervenire; in mezzo a loro, in tutte le manifestazioni, Forza Nuova; il 5 settembre il suo leader Roberto Fiore aveva dichiarato: “Questa battaglia per noi è strategica. A eventuali nuovi lockdown risponderemo con la disobbedienza civile e anche incivile.” Così Carlo Verdelli scriverà sul Corriere della Sera del 31 ottobre 2020: “… si mischiano la rabbia delle periferie e il calcolo destabilizzante di gruppi di destra fuorilegge e di agitatori manovrati anche da lontano, per esempio da capitali che hanno tutto l’interesse che l’Italia e l’Europa implodano… estremisti di professione, mercenari al servizio di Paesi iena che fiutano l’occasione di addentare una preda indebolita…” . Anche le difficoltà di reperimento del vaccino AstraZeneca fa parte di questo conflitto a bassa intensità. La casa farmaceutica ”… si era impegnata con l’Ue per 120 milioni di dosi nel primo trimestre, poi ridotti nelle promesse a 30 milioni, e finora consegnati a malapena 18 milioni”. Nel consiglio di amministrazione dell’azienda è presente il governo di sua maestà britannica. Così scrive Verderami sul Corriere della Sera del 12 aprile 2021: “Dopo Draghi anche Giorgetti si mette a chiamare le cose «per quello che sono» … si sta combattendo «una guerra geopolitica» su cui «si gioca il concetto di sovranità» … il capo della delegazione leghista al governo dice pubblicamente quel che fonti dell’intelligence descrivono come «la guerra degli approvvigionamenti» per le dosi di siero, che sta mettendo a dura prova la solidità delle istituzioni comunitarie e la solidarietà tra i Paesi dell’Unione, esposti alla carestia di fiale vaccinali.”
Poco sopra nel post (Atlantide: sgradevoli verità) sulle rivelazioni di Pietro Riggio si faceva riferimento all’assassinio di Luigi Ilardo, un mafioso “ucciso su richiesta di uomini dello Stato per punizione perché stava per rivelare i rapporti tra mafia, istituzioni, massoneria, destra eversiva, ‘drangheta”. Si può ipotizzare che quelle reti di complicità siano un “governo ombra” della Calabria. Alcune inchieste dei magistrati di Reggio Calabria e Catanzaro stanno cercando di fare chiarezza; i processi sono in corso.
L’operazione “Rinascita Scott”
(Forum TeleVisioni; 15 marzo 2021)
PresaDiretta, Rai 3, 15.03.2021 ore 21.20: “A PresaDiretta una grande inchiesta di impegno civile. La Procura di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, ha portato a segno una delle più grandi operazioni contro la ‘ndrangheta nella storia della lotta contro la criminalità organizzata. L’operazione “Rinascita Scott” ha acceso i riflettori su una mafia ancora sconosciuta e fino a oggi mai aggredita dallo Stato, rivelando le complicità di quella terra di mezzo che ha consentito alla mafia più potente del mondo di diventare un vero e proprio stato parallelo.”
All’inizio si parla del controllo fisico ed economico dei territori calabresi da parte dei manovali della violenza e dei loro capi che dal nulla sono diventati ricchissimi con risorse economiche “illimitate” anche grazie al traffico di droga. Poi ci si chiede come sia stato possibile che per decenni magistrati e forze dell’ordine siano rimasti inerti a fronte delle denunce dei danneggiati, dei parenti delle vittime, con situazioni che sembrano tratte da un tragico teatro dell’assurdo. E arriva la risposta.
Raiplay, dal minuto 1.23.20 al minuto1.25.03: Gratteri: “La ‘drangheta ha capito che doveva entrare nella stanza dei bottoni; [ha costituito] la “Santa” così lo stesso soggetto può far parte della ‘drangheta e di una loggia massonica (noi aggiungiamo “deviata” così non ci possono denunciare) dove si decide il destino di un territorio …non chi deve vincere l’appalto ma se l’opera pubblica deve essere costruita.” Iacona: “Ma, dice Gratteri, quando tocchi la massoneria “deviata” tocchi il fuoco.” G.: “Là dentro troviamo un mondo …. i quadri della Pubblica Amministrazione. Là dentro troviamo il Potere. Troviamo burattinai. Andare ad investigare … questi mondi è pericoloso, mettiamo a repentaglio la nostra carriera … la nostra vita perché il gioco è pesante … E noi sappiamo … che non dimenticheranno … che non perdoneranno l’aver osato … avvicinarsi.”
In finale, il dott. Santoro, medico in pensione e massone, in un’intervista ammette di aver fatto da tramite per “aggiustare” dei processi. È convinto che dopo di lui il Sistema continuerà perché altri prenderanno il suo posto. Colpisce anche il tono di un avvocato, intervistato al telefono, accusato degli stessi reati. Il telespettatore si domanda: c’è stata una guerra di potere interna alla massoneria “deviata” che ha cambiato gli equilibri interni?
Nel 2016 Rai 1 aveva trasmesso una fiction dalla fattura incerta; la ‘drangheta vi aveva un ruolo fondamentale.
Il Sistema
(Forum TeleVisioni; 19 maggio 2016)
La serie è stata uno spottone per magnificare l’efficienza e l’integrità della Guardia di Finanza e del Gico in particolare, seppure con qualche comprensibile ma imperdonabile debolezza maschile. L’insieme è godibile; soprattutto fa capire i meccanismi del malaffare e i legami tra le varie malandrinerie: colombiani trafficanti di cocaina; mafiosi siciliani furbissimi in ultradecennale latitanza; appalti truccati a destinazione del bottino da reinvestire e riciclare; avvocati irreprensibili e famosi a supporto; onorevoli deputati calabresi affiliati ‘dranghetisti e ’ndrine al seguito; imprenditori che accettano di trasformare le loro aziende fallite in cartiere di fatture false; bancari corrotti; esperti finanziari plurilaureati anche all’estero in grado di far scomparire e ricomparire ripulite masse enormi di contante; manovali dell’assassinio. Il difetto vero è una certa macchiettizzazione dei personaggi: spesso stereotipati, fumettistici, poco credibili: per es., può una Capitana del Gico, peraltro maga del Judo, essere sempre sull’orlo di una crisi di nervi per amore, soprattutto con una Beretta 92 sempre in mano, colpo in canna e cane alzato? Il personaggio più simpatico è il cattivone pluriomicida, curiosamente soprannominato il Rosso, nonostante sia un fascistone con tanto di tatuaggi: misteri della sceneggiatura!
Il dott. Gratteri è stato criticato per aver scritto la Prefazione a Strage di Stato. Le verità nascoste della Covid-19. Gli autori, un altro magistrato ed un medico, hanno posizioni negazioniste; in altra sede il medico-autore aveva denunciato il controllo del mondo da parte di “lobby ebraiche economiche, farmaceutiche, finanziarie”. Il Procuratore ha ammesso l’errore di non aver letto il libro prima di scrivere la prefazione e si difende sostenendo che negli uffici che dirige le disposizioni anti-Covid sono rigidamente rispettate, tutti sono stati vaccinati, di aver solo ribadito che l’epidemia può diventare l’ennesima emergenza sfruttata dalla criminalità organizzata per accrescere potere e consensi. Mi aspettavo un passo falso di Gratteri, mi chiedevo solo quando: 30 anni sotto scorta, sempre minacciato di morte, è impossibile indovinarle tutte. Dopo il primo articolo de Il Foglio, altri sono intervenuti per censurare il comportamento del procuratore. La critica che mi ha interessato di più è stata quella di chi ha invocato un esame psicoattitudinale per i magistrati, una sorta di certificato di sanità mentale. Potrei essere d’accordo e chiederei di estenderlo ad altre categorie professionali con compiti delicati. Ma è un terreno scivoloso. Ricordo quello che mi disse uno psicoanalista esperto di associazioni segrete: “Gli affiliati negheranno sempre; se messi in difficoltà diranno che sei fissato e ti consiglieranno di farti curare da uno psichiatra.”
II processi si svolgeranno e saranno accertati gli illeciti; consapevoli che responsabilità penale e responsabilità politica possono differire. Da decenni la Calabria ha servizi sanitari costosissimi e inefficienti, poche inchieste della magistratura, un controllo spesso asfissiante delle attività economiche da parte di consorterie varie e improvvisamente si levano proteste per la Prefazione ad un libro?! Ecco cosa scrive Alessia Candito di Repubblica sugli autori delle minacce a Gratteri: “L’ipotesi è che si tratti … di un intero sistema di potere, ramificato in ogni ambito, dalla politica alla magistratura, che ha compreso di essere sotto l’attacco incrociato delle due procure antimafia calabresi, che ormai lavorano in stretta sinergia.”
Alla fine degli anni ’70 lessi un articolo su Panorama nel quale si sosteneva che Edward Luttwak si stava adoperando per far emigrare negli Stati Uniti dei giovani estremisti di sinistra in odore di terrorismo. Mi ricordai di quella notizia alla fine degli anni ’90. Un collega palestinese di un corso di PhD in Political Science del Graduate Center della City University of New York aveva scritto una tesina sulla “Questione Meridionale” italiana. Gli chiesi la cortesia di farmela vedere; rimasi di stucco quando lessi: “I terroristi di sinistra sono diventati mafiosi.” Negli anni seguenti venni a sapere che un buon numero di quei giovani emigrati 20 anni prima aveva ricevuto assistenza dai tradizionali circoli italo-americani sparsi negli stati di New York e New Jersey, acquisendo anche ruoli di responsabilità. Alcuni si stavano adoperando per tornare in Italia ed impegnarsi in organizzazioni di sinistra, aiutati da quelle stesse associazioni che li avevano amorevolmente accolti.
Nella prossima puntata parlerò della Questione Meridionale. Cercherò di dimostrare che è una questione nazionale perché ci dice molto della qualità dei ceti dirigenti italiani e può essere utilizzata come indicatore per valutare le probabilità di sopravvivenza della “Nazione Italia”. Inizierò citando un articolo di Dario Fabbri (Se solo la Sicilia fosse Italiana) pubblicato sul n.2/2021 di Limes: “La più strategica delle isole mediterranee è fuori dalla nostra sovranità, controllata dagli americani.”
(continua) anche qui (link esterni)
Il Racconto del Potere, I Puntata – Armi di distrazione di massa
Il Racconto del Potere, II Puntata – La massoneria e l’amico americano
Il Racconto del Potere, III Puntata – L’egemonia culturale
Il Racconto del Potere IV Puntata – Silvio Berlusconi e il delirio di onnipotenza
Il Racconto del Potere, V Puntata – La mafia, i còrsi, i narcos
Il Racconto del Potere, VI Puntata – Il ceto dirigente italiano
Il Racconto del Potere, VIII Puntata – La Questione Meridionale oppure qui (link esterni)
Il Racconto del Potere, IX Puntata – L’intervento esterno oppure qui (link esterni)
Pingback: Il Racconto del Potere VI Puntata - Osservatorio Globalizzazione
Pingback: Il Racconto del Potere V Puntata - Osservatorio Globalizzazione
Pingback: Il Racconto del Potere III Puntata - Osservatorio Globalizzazione
Pingback: Il Racconto del Potere IV Puntata - Osservatorio Globalizzazione
Pingback: Il Racconto del Potere, I Puntata - Osservatorio Globalizzazione