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L’India guarda il cielo e vuole la Luna

L’India guarda il cielo e vuole la Luna

Nuova Delhi fallisce il primo lancio verso il satellite della Terra, ma assicura che ci riproverà. E nel frattempo decolla, non metaforicamente, staccando l’ex dominatore britannico per volume dell’economia.

La sera del 7 settembre, un miliardo e trecento milioni di indiani, hanno palpitato all’unisono come un sol cuore. La missione Chandrayaan-2 che doveva mandare il lander Vikram ad atterrare sul polo sud della Luna pare sia fallita. A pochi metri dall’impatto, si sono “persi i contatti” con la sonda il che potrebbe voler dire molte cose, tutte però sintetizzabili nel “qualcosa è andato storto”. Dei sette paesi che hanno variamente tentato l’approccio lunare, solo tre (USA, Russia, Cina) sono atterrati davvero. Se non sbaglio sono stati poco più del 50% i tentativi di allunaggio riusciti.

Ma la cosa interessante di questa vicenda  era seguire i programmi televisivi indiani. Avevo una finestra di messaggi su Internet che seguiva una trasmissione tv, molto “pop” per i nostri standard che scrollava ad una velocità tale da rendere impossibile anche solo una veloce lettura dei contenuti, erano milioni e milioni di messaggi al minuto. Quando ci si cliccava sopra per fermarli e leggerli erano tutti sul filone “I’m proud of India” o “…to be indian” o giù di lì. Pochi mesi fa, Narendra Modi, primo ministro indiano, aveva fieramente annunciato che gli indiani erano entrati nel ristretto club delle potenze “spaziali” perché avevano lanciato su un satellite e poi se l’erano abbattuto dimostrando di avere capacità tecnologiche per partecipare alle future guerre stellari.

Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, prevedono per quest’anno il sorpasso dell’India alla Gran Bretagna quale quinta economia del mondo. Tra tre anni dovrebbero, secondo previsioni, superare la Germania, tra sei il Giappone. Forse anche meno. E’ già la terza economia del mondo per Pil a ParitàPotereAcquisto (PPP) da un po’. Come dimensione, l’India è il secondo paese al mondo, tra sette/otto anni supererà la Cina e diventerà il primo. Oggi sono 1 miliardo 370 milioni, l’intera UE fatta da poco meno di una trentina di paesi è poco più di un terzo dell’intera India.

La si fa un po’ troppo facile ad interpretare il nuovo corso indiano come un nazionalismo abilmente manovrato da Modi ed il suo partito. Poco più di settanta anni fa, questo sub continente era una colonia il che significa che gli utrasettantenni hanno ancora il ricordo di quando erano un popolo inferiore, dominato da gente di altri emisferi e latitudini, notoriamente propensi a farti sentire una merdina del corso evolutivo della specie. Ma poi bisognerebbe essere indiani per aver provato sulla pelle cosa significa portare quell’identità magari come migrante, in Europa o in America. O magari a Londra, a casa dei vecchi padroni. Si capisce allora la facilità con cui Modi solletica l’identità e la celebrazione dei suoi continui primati e si capisce anche l’entusiasmo con cui un’intera nazione palpitava guardando la Luna.

Al recente forum economico dei sessanta paesi orientali di Vladivostok che si è chiuso lo stesso 7 settembre, Modi ha stretto accordi per shopping militare per circa 15/30 miliardi di dollari con la Russia (cifre diverse da diverse fonti), dopo che si erano comprati varie batterie di missili S-400 che pare vadano via come il pane, ultimamente. Ma non c’è solo il militare, si parla anche di sfere di cooperazione più ampie in campo economico, culturale, tecnologico, sicurezza. Russia ed India sono amici storici e sono oggi entrambi sia nei BRICS che nella SCO. Da tempo sta andando avanti anche la trattativa per una accordo di libero scambio India – Eurasia Economic Community che dovrebbe chiudersi a fine anno. La Russia appoggia la richiesta dell’India di entrare a far parte del Consiglio di Sicurezza del’ONU e chissà che non sarà proprio la Gran Bretagna a doverle lasciare il posto.

Insomma, agli indiani non pareva vero stessero andando sulla Luna, poi non ci sono riusciti, “hanno perso i contatti” con la propria navicella. Oggi già dicono fieri che ci riproveranno a breve mentre hanno spedito i propri aspiranti futuri astronauti in Russia per fare un addestramento in vista di prossimi “indiani nel cosmo”. Ma dovremo domandarci anche noi se “non stiamo perdendo i contatti” con un mondo, l’Asia che somma più di metà del mondo. Genti e culture molto diverse dalle nostre, difficili da capire ed ancorpiù da accettare o anche solo apprezzare di cui abbiamo una fotografia sfocata, quando non ridotta a luoghi comuni molto sommari. Eppure son genti che: a) ci sovrastano numericamente di molte volte; b) dinamiche ed ottimiste verso il futuro che per loro sarà sicuramente migliore del nostro (loro partono bassi, noi alti); c) oggettivamente formanti un’area sistema in cui al netto delle interferenze americane, avranno un lungo tempo in cui evolvere progressivamente con reti di feed back positivi incrementali di tipo esponenziale. Il tutto, al di là delle cifre e dei primati quantitativi, anche come “stato d’animo”, diverso “spirito” col quale si affronta il futuro.

Giusto ieri leggevo un irritato editoriale di un arrabbiato giornalista inglese di sinistra che così inquadrava il proprio Paese: “Uno status di potenza di secondo livello sostenuta da istituzioni semi-feudali antidemocratiche – vale a dire la monarchia, il Consiglio privato, la Camera dei Lord e una magistratura che con le sue parrucche, calze, mantelli e rituali arcani è l’incarnazione perfetta di un parco a tema del 19 ° secolo mascherato da 21 ° secolo.”. Bloomberg ha provvisoriamente inserito la sterlina in un paniere di valute volatili, rischiose ed imprevedibili assieme al peso messicano e colombiano ed il real brasiliano.

Perdere contatto con la realtà, questo è il tema dell’articolo, una forma di psicosi che coglie gli individui e chissà se anche le nazioni e le civiltà…

61 anni, professionista ed imprenditore per 23 anni. Da più di quindici anni ritirato a "confuciana vita di studio", svolge attività di ricerca da indipendente.Si occupa di "complessità", nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica, culturale e soprattutto filosofica. L'applicazione più estesa è in geopolitica. Nel 2017 ha pubblicato il libro: Verso un mondo multipolare, Fazi editore. Ogni tanto commenta notizie di politica internazionale su i principali media (Rai3, la7, Rai RadioTre Mondo, Radio Blackout ed altre testate on line). Fa parte dello staff che organizza l'annuale Festival della Complessità.

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