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Oltre Greta e il Cop26: l’ambiente tra svolte deluse e cambiamenti di sistema

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Oltre Greta e il Cop26: l’ambiente tra svolte deluse e cambiamenti di sistema

IN 30 SECONDI SIAMO ARRIVATI QUI – Cop26, Storia e Potenza.

Da pochi giorni si è conclusa la COP26, il vertice promosso dalle Nazioni Unite nel quale i paesi del mondo sono stati chiamati ad incontrarsi e trovare una soluzione alla problematica dei cambiamenti climatici.


Mai come in questi tempi il tema ambientale ha goduto di una copertura mediatica e politica tale come quella a cui abbiamo assistito durante lo svolgimento dei lavori della COP: una rilevanza che ha reso il vertice multilaterale l’evento più atteso dell’anno, riuscendo anche a ridimensionare notevolmente d’importanza e oscurare il G20 a guida italiana, appena precedente, che aveva già inserito il clima fra i nodi fondamentali sui quali i grandi leader del mondo erano chiamati a prendere posizione.

La COP26, che apriva i lavori sotto lo stigma -col senno di poi profetico- del “blablabla” pronunciato dell’attivista norvegese Greta Thumberg, ha concluso le negoziazioni fra altrettante polemiche.


Particolarmente indicativa è l’aria dismessa, al limite della remissiva commozione di Alok Sharma, Presidente della COP, che ha concluso l’incontro dichiarandosi “profondamente dispiaciuto” poiché nonostante la dichiarazione bandiera della volontà di contenimento del surriscaldamento globale sotto 1,5 gradi -condiviso quasi all’unanimità, ma senza reali impegni in tale direzione- gli accordi al termine della conferenza risultano particolarmente annacquati e mostrano sempre di più la grandezza del fenomeno dei cambiamenti climatici: enorme.


Siamo davanti infatti alla sfida più ambiziosa che l’umanità abbia mai deciso di intestarsi, qualcosa che mai prima d’ora si era visto: innescare una rivoluzione industriale, piuttosto che subirla.


Se le grandi transizioni socio-economiche del passato sono infatti risultate prodotti spontanei dell’avanzamento tecnologico dell’umanità, la transizione ecologica è la prima grande transizione, per l’appunto, che l’umanità ha deciso di condurre.


É un banco di prova enorme: l’uomo vuole governare la Storia ed il tentativo, di conseguenza, non può che essere estremamente arduo.

Risulta estremamente interessante l’intervento al Festival di Limes del Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, che non ha particolarmente brillato invece nella COP26, il quale rivestendo il proprio ruolo primigenio di scienziato e tecnologo ha evidenziato quanto la sfida climatica corra di pari passo con quella tecnologica.


Ad un aumento delle potenzialità tecniche dell’uomo, dalla fine dell’800 in poi, è corrisposto un incremento notevole di CO2 nell’atmosfera, conducendo alla profonda crisi ambientale odierna. Questo sostanzialmente per dire che la sostenibilità è proprio questo: bilanciare l’equilibrio ecologico e la naturale tensione dell’Homo Sapiens all’autoconservazione, attributo che risulta spiccare particolarmente nell’uomo rispetto ad altre specie -basti a pensare al raddoppio delle aspettative di vita dal 1750 a oggi-  e che si è concretizzato attraverso la crescita tecnologica con le conseguenze già prima esplicate.


Vale la pena infine ricordare quanto l’equilibrio fra Sapiens e Ambiente circostante sia rimasto sostanzialmente immutato per più di 100.000 anni, incrinandosi solamente con lo scoppio della rivoluzione industriale e l’innescarsi di una crescita esponenziale del progresso scientifico-tecnologico, tale da aver stravolto aspettativa di vita, diffusione e capacità fisiche in un tempo storico-biologico che se paragonato ad un ad una singola giornata, corrisponderebbe agli ultimi trenta secondi.


La scintilla della tecnologia ha quindi sostanzialmente ridiscusso totalmente il ruolo del Sapiens sulla Terra. Un dono prometeico, dopo il quale da specie sostanzialmente innocua esso ha assunto facoltà demiurgiche sull’ambiente -della “divinazzione” in terra dell’Uomo attraverso la Scienza parla brillantemente in diversi libri lo storico israeliano Yuval Noah Harari- arrivando a modificarne drasticamente l’equilibrio vitale.


Che una COP potesse bastare a trovare la soluzione ad una questione tanto grande era impossibile, essa è stata più utile all’epifania di ciò che spesso non viene preso in considerazione: la transizione ecologica in quanto fenomeno storico-antropologico assume inevitabilmente tratti geopolitici, rendendosi facilmente strumento di mediazione e conflitto fra potenze, con lo scopo di accrescere la propria influenza.


La sfida da affrontare per invertire la rotta è ben più grande, é quella di interrogarci sulle nostre stesse prerogative come umanità, sui nostri stessi limiti ( e su questo interrogativi ancora una volta la questione trova una connessione importante -ca vans sans dire- con la transizione digitale) e capire come impiegare intelligentemente i prossimi 30 secondi, possibilmente evitando la presunzione di risolvere la domanda nel battito di ciglia di una COP, comprendendo come una tale volontà di potenza nei confronti della Storia non possa concretizzarsi attraverso le contrattazioni di un vertice internazionale, neutralizzato per l’appunto dalla gravosità della realtà geopolitica, ma attraverso un vero e proprio rinnovato paradigma sociale, economico e morale.

Lorenzo Giardinetti é Consigliere del Municipio Roma VIII. Presiede la Commissione Scuola e Politiche Giovanili. É Curatore di TEDxOstiense e si occupa per diverse testate online di politica internazionale, storia, geopolitica e attualità.

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