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Il politicamente corretto all’assalto della Polonia

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Il politicamente corretto all’assalto della Polonia

Si fa sempre più feroce la battaglia tra istituzioni europee e attivisti LGBT vari e la Repubblica di Polonia, accusata di star creando, tra le altre cose, “zone franche LGBT”, ovvero luoghi dove le persone LGBT sarebbero “discriminate” e ridotte a “stranieri in casa propria”. È possibile controllare queste zone in quello che è stato nominato “l’atlante dell’odio”, ovvero un sito internet interattivo e costantemente aggiornato creato da attivisti LGBT dove sono mappate le zone polacche in cui tali discriminazioni sarebbero istituzionalmente in atto.[1]

Il Parlamento Europeo ha condannato la creazione di tali zone e richiesto alla Commissione di “intraprendere azioni concrete per porre fine alle discriminazioni che possono portare al bullismo, agli abusi o all’isolamento delle persone LGBTI”, cogliendo anche l’occasione per rivolgersi agli altri Stati membri, in cui, sebbene “siano in vigore misure legali contro la discriminazione, queste non sono sufficientemente attuate, lasciando le persone LGBT vulnerabili ai crimini motivati dall’odio, ai discorsi di odio e alla discriminazione”, invitando perciò tutti ad intraprendere ulteriori azioni.[2]

L’invito del Parlamento è stato accolto dalla Commissione Europea – la quale dichiara sul proprio sito che “la Commissione Europea si erge contro la discriminazione, i pregiudizi e l’odio, e per la diversità [poiché] la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere non ha posto nella nostra società”[3] –, che ha in questi giorni bloccato alcuni programmi di sviluppo alle città polacche accusate di perpetuare tali discriminazioni. Ciò ha dato il via ad un conflitto istituzionale tra Bruxelles e Varsavia. Il 30 luglio, la stessa Ursula von der Leyen si è pubblicamente dichiarata a favore della decisione della Commissione, affermando che “i nostri trattati garantiscono che ogni persona in Europa sia libera di essere chi è, di vivere dove vuole, di amare chi vuole e di puntare in alto [e che] continuerò a spingere per una #UnionediEguaglianza”.[4]

A queste pressioni istituzionali europee se ne aggiungono molte altre da parte di organizzazioni non governative, mezzi di informazione, multinazionali e privati, per interrompere le discriminazioni perpetuate da quello che è stato definito un governo “sovranista nazionalclericale”.[5] Queste pressioni sono risultate in gesti simbolici anche violenti come il vandalismo e la profanazione di chiese, monumenti e simboli religiosi e nazionali, tra cui la Madonna di Czestochowa e la statua del Cristo della Basilica della Santa Croce, e finanche accoltellamenti a preti.

La vera storia delle zone franche in Polonia

Ma in che modo nascono e in che cosa consistono queste “zone franche LGBT”? Il sintagma è stato coniato da alcuni osservatori dopo che all’inizio del 2019 alcune amministrazioni locali cominciarono a chiedere ufficialmente al governo centrale di contenere quella che vedevano essere una pericolosa propaganda ideologica. In particolare, tutto ciò è cominciato a Lubin quando l’amministrazione locale si dichiarò “autogoverno libero dall’ideologia LGBT” (“Samorząd wolny od ideologii LGBT”). Ovvero, spiegano i promotori, una zona in cui “[per quanto] non interferiremo con la vita privata delle donne e degli uomini, non intendiamo accettare i problemi esagerati e i conflitti artificiali creati dall’ideologia LGBT”.[6] In poco tempo, dichiarazioni simili sono state fatte anche da altre regioni e comuni.

Per comprendere e contestualizzare queste dichiarazioni, è importante leggerle estensivamente; specificatamente, quella di Ryki,[7] fatta il 30/04/2019, afferma:  

In risposta all’aggressiva propaganda omosessuale della teoria del genere e dell’ideologia ‘LGBT’ […] In difesa di bambini, giovani, famiglie e scuole polacche dalla depravazione sessuale e dall’indottrinamento che portano a molte patologie già presenti nei paesi occidentali, come l’accettazione della pornografia, l’aborto, la criminalità sessuale, la crisi della famiglia e molto altro […] non permetteremo ad ambienti marginali e minoritari di imporci il genere e l’ideologia LGBT importanti dall’Occidente, estranei alla nostra tradizione secolare, ai nostri valori ed alla nostra morale cristiana […] Vogliamo difendere il diritto di crescere bambini e giovani secondo le credenze dei loro genitori […] Promuovere l’omosessualità e l’educazione sessuale nelle scuole da parte delle comunità LGBT e dei loro educatori e funzionari del politicamente corretto [è ritenuto] dannoso e pericoloso non solo per le scuole e le famiglie polacche, ma [anche] per l’intero spazio della vita sociale ed il futuro della nostra nazione [Lo stesso vale per] la sessualizzazione precoce nelle scuole secondo il cosidetto standard dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Proteggeremo gli studenti delle nostre scuole assicurando che i genitori, con l’aiuto degli insegnanti, possano trasmettere responsabilmente il contenuto dell’amore umano e la bellezza della procreazione.

[…] L’accettazione dei metodi e dei trattamenti di ingegneria sociale utilizzati dagli attivisti ‘LGBT’ che, sotto i nobili slogan di libertà, tolleranza, ‘anti-discriminazione’, contrasto alla violenza ed ai discorsi d’odio, impongono programmi e ideologia che corrompono bambini, adolescenti, adulti e si traducono in un completo crollo delle norme morali e la distruzione dei modelli naturali e sani della famiglia, della scuola e della società. […]

Dichiariamo che:

[…] Ryki sosterrà i nostri principi nazionali, basati sulla fedeltà alla tradizione nazionale e statale, sull’attaccamento ai valori cristiani e sugli ideali di libertà. Lo facciamo orgogliosi della nostra storia millenaria, le cui fonti sono l’Atto del Battesimo della Polonia, il sacrificio di molte generazioni di polacchi per costruire un’identità culturale e nazionale, gli atti di indipendenza e la volontà dei più grandi polacchi. La nostra guida è e sarà la fedeltà agli insegnamenti e al messaggio del […] nostro Papa, San Giovanni Paolo II […] che disse:

la scuola deve offrire ai bambini e ai giovani l’amore per la patria, per la cultura domestica, familiare e nazionale. E deve educare lo spirito”.

Facciamo appello ai governi locali, al governo e al parlamento affinché

  1. Difendano fermamente i diritti della famiglia polacca, l’ordine giuridico e sociale sancito dal rafforzamento e la protezione legale del suo modello basato sulle persone di mamma, papà e figlio [dai] gruppi omosessuali che equiparano i loro rapporti con una famiglia normale
  2. Limitino l’influenza delle organizzazioni ideologiche che operano in contrasto con l’interesse nazionale polacco introducendo soluzioni dannose nell’istruzione polacca, nei media e nella vita pubblica che corrompono i bambini e i giovani
  3. Controllino le fonti e i metodi di finanziamento delle organizzazioni omosessuali e limitino sistematicamente il loro impatto sulla demoralizzazione, in particolare sulle generazioni più giovani
  4. Intraprendano attività e programmi per educare la società, in particolare genitori e insegnanti, sui pericoli legati all’educazione permissiva degli omosessuali e alla loro successiva adozione dei bambini

Oltre a queste dichiarazioni, vi è un’altra iniziativa accusata di creare le zone d’odio: la “Carta dei diritti della famiglia”, ovvero un documento che “sottolinea i diritti della famiglia e dei genitori garantiti dalla costituzione e offre garanzie reali per la loro osservanza”[8] proposto dall’istituto legale Ordo Iuris. Specificamente, la Carta “sottolinea i diritti della famiglia e dei genitori garantiti dalla costituzione e offre garanzie reali per la loro osservanza.”[9] In particolare, gli articoli della Costituzione di cui la Carta richiede l’applicazione sono: il rispetto del “matrimonio come relazione tra una donna e un uomo, famiglia e genitorialità (Articolo 18), il diritto alla protezione della vita familiare (Articolo 47), il diritto dei genitore di crescere i loro bambini in accordo con le loro convinzioni (Articolo 4, sezione 1) e il diritto di un bambino di essere protetto dalla demoralizzazione (Articolo 72, sezione 1).”[10] Sia il dichiararsi autogoverno libero dall’ideologia LGBT che il firmare Carta dei diritti della famiglia causano l’essere etichettati come zona dove gravi discriminazioni sono vigenti. Complessivamente, le regioni e i comuni che attualmente hanno firmato la Carta e/o si sono dichiarate libere dall’ideologia LGBT ricoprono circa un terzo del territorio polacco, principalmente la parte meridionale e orientale.

Varsavia contro il diritto internazionale?

Ora, è importante sottolineare che le leggi polacche “sono in piena conformità con il diritto internazionale [e] la legge polacca protegge già ogni cittadino, indipendentemente dal suo orientamento sessuale.”[11] Non sono cioè state approvate leggi che discriminano gli individui a seconda del loro orientamento sessuale, e le iniziative accusate di incitamento istituzionalizzato all’odio sono, appunto, principalmente dichiarazioni che non hanno valore legale. Gli stessi autori dell’atlante dell’odio, d’altronde, affermano che, nonostante né le dichiarazioni di autogoverno libero dall’ideologia LGBT né la Carta dell’Ordo Iuris “abbiano forza giuridica [essi] sono uno strumento formale di pressione informale sui dipendenti delle istituzioni pubbliche [poiché] discriminano indirettamente promuovendo uno schema familiare ristretto a scapito di altri modelli”.[12] E cioè, la cosa che ha fatto bollare la Polonia come “Paese che non è per gay” e che “attacca le comunità LGBT”, perciò dando il via a ritorsioni, pressioni e provocazioni varie, è stato proprio il “votare a favore [di] documenti che promuovono la struttura della famiglia tradizionale.”[13] È stato precisamente l’insistere, Costituzione alla mano, su una definizione di famiglia come unione di un padre, una madre e relativi figli, oltre che il voler proibire le campagne culturali “sessualmente sensibilizzanti” (che, ci informa la testimonianza di alcuni genitori i cui figli sono stati obbligati a seguirle, consistono nel mettere i bambini “davanti alla ‘varietà’ delle pratiche sessuali: sesso orale, sesso anale e molto altro”[14])

Difatti, né la Commissione o il Parlamento europei, né i vari gruppi di pressione LGBT hanno affrontato i timori polacchi secondo cui dietro “i nobili slogan di libertà, tolleranza, ‘anti-discriminazione’, contrasto alla violenza ed ai discorsi d’odio, [si] impongono programmi e ideologie che corrompono bambini, adolescenti, adulti e si traducono in un completo crollo delle norme morali e la distruzione dei modelli naturali e sani della famiglia, della scuola e della società”, o che “i problemi esagerati e i conflitti artificiali creati dall’ideologia LGBT” abbiano portato al crollo morale e sociale dei paesi occidentali. Le iniziative polacche che vedono dietro questi nobili slogan un cavallo di Troia per fare accettare anormalità e causare il crollo del tessuto comunitario nazionale, sono state condannate semplicemente reiterando per parola per parola i medesimi nobili slogan e principi accusati di introdurre surrettiziamente politiche ed ideologie distruttive.

Ma d’altra parte, come annota saggiamente Francesco Lamendola, bisogna fare molta attenzione al linguaggio ed al modo in cui viene utilizzato e proposto, poiché

“le parole non sono semplicemente i veicoli dei pensiero, ma anche le fonti del pensiero stesso, perché si pensa secondo i concetti che si hanno in mente, e se i concetti vengono definiti mediante parole ingannevoli, create apposta per confonderci e asservirci, proprio come la moneta falsa è stampata allo scopo d’ingannare chi se ne serve, allora succede che noi pensiamo secondo schemi che non sono i nostri, ma di quelli che ci controllano e ci manipolano […] Ci fanno dire accoglienza, ma si dovrebbe dire invasione. Ci fanno dire pari opportunità e quote rosa, ma si dovrebbe dire: dittatura femminista. Ci fanno dire omosessualità, ma si dovrebbe dire invece omofilia, oppure omoerotismo […] Ci fanno dire tolleranza, ma è in effetti prevaricazione delle minoranze protette. Ci fanno dire crimini d’odio, ma ciò che vogliono colpire è la libertà di pensiero. Ci fanno dire omofobia, ma il più delle volte è difesa della famiglia naturale. Ci fanno dire inclusione, ma in realtà si tratta d’inserire a viva forza qualcuno che non può o non vuole integrarsi”.[15]

Perciò, la domanda legittima da porci è se ci troviamo di fronte, da parte delle istituzioni europee e dei vari gruppi di pressione, non tanto ad una legittima discussione critica ed aperta sulla sessualità o una sanzione giusta seguita a leggi ingiuste, quanto ad una vera e propria coazione del Politicamente Corretto a implementare certe politiche, che alcune associazioni ed amministrazioni polacche hanno ricusato in risposta. In caso affermativo – e dati alla mano sembra sia così – le iniziative quali “l’autogoverno libero dall’ideologia LGBT” e la “Carta dei diritti della famiglia” si rivelerebbero essere, al netto delle contraddizioni, coraggiose iniziative di una comunità nazionale che rifiuta di piegarsi all’imposizione del Politicamente Corretto, comunità nazionale già invisa poiché rea di non aver voluto subire passivamente le migrazioni di massa progettate coatte seguite alla destabilizzazione imperialistica di ampie regioni dell’Africa Settentrionale e del Vicino Oriente (tradotto nel linguaggio del Politicamente Corretto: rea di non aver accolto i rifugiati a seguito di spontanee primavere colorate).


[1] https://atlasnienawisci.pl/

[2] https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20191212IPR68923/il-parlamento-contro-l-istituzione-di-zone-franche-lgbti-in-polonia

[3]https://ec.europa.eu/info/policies/justice-and-fundamental-rights/combatting-discrimination/lesbian-gay-bi-trans-and-intersex-equality/list-actions-advance-lgbti-equality_it

[4] https://euractiv.it/section/diritti/news/la-von-der-leyen-difende-i-diritti-lgbt-contro-la-polonia

[5] https://www.repubblica.it/esteri/2020/07/25/news/la_polonia_esce_dalla_convenzione_contro_la_violenza_sulle_donne-262870122/

[6]https://www.tvp.info/41913896/inicjatywa-samorzad-wolny-od-ideologii-lgbt-radni-z-lubelszczyzny-chca-obronic-rodzine-i-dzieci

[7] https://www.ryki.powiat.pl/aktualnosci/n,70753,powiat-rycki-wolny-od-ideologii-gender-i-lgbt.html# Mia la traduzione.

[8]https://en.ordoiuris.pl/family-and-marriage/fake-news-about-lgbt-free-zones-results-proliferation-lies-about-poland-ordo

[9]https://en.ordoiuris.pl/family-and-marriage/fake-news-about-lgbt-free-zones-results-proliferation-lies-about-poland-ordo

[10] https://en.ordoiuris.pl/family-and-marriage/local-government-charter-rights-family

[11]https://en.ordoiuris.pl/family-and-marriage/fake-news-about-lgbt-free-zones-results-proliferation-lies-about-poland-ordo

[12] https://www.ilgrandecolibri.com/en/our-atlas-of-hate-denounces-anti-lgbt-polish-municipalities/

[13] https://it.euronews.com/2020/07/30/la-polonia-non-e-un-paese-per-gay-l-attacco-alla-comunita-lgbt

[14] https://www.tempi.it/germania-scandalo-genitori-incarcerati-figli-corsi-gender-scuola/

[15] http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/storia-e-identita/storia-dei-genocidi/9343-il-tabu-innominabile

Marco Ghisetti è dottore in Politica Mondiale e Relazioni Internazionali e in Filosofia. Ha lavorato e studiato in Europa, Russia ed Australia. Si occupa principalmente di geopolitica, sia pratica che teorica, teoria politica e filosofia politica, con particolare attenzione per le correnti Neo-Eurasiariste e il pensiero comunitarista. Collabora con la rivista di geopolitica "Eurasia" e l'Osservatorio Globalizzazione.

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