Meloni alla Cgil traccia un solco: l’era della nostalgia è finita per sempre
“Estrema destra”: bastano due parole di Giorgia Meloni di fronte al congresso della Cgil a Rimini per fare la differenza. Il presidente del Consiglio accusa la natura “inaccettabile” dell’assalto compiuto nell’ottobre 2021 alla sede romana del sindacato e non ha problemi a indicare la matrice dell’attacco compiuto dai gruppi vicini a Forza Nuova.
“”Pensavamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse dietro le nostre spalle ma in questi mesi mi pare siano sempre più frequenti i segnali di un ritorno alla violenza politica, lo abbiamo visto con l’inaccettabile assalto da parte di esponenti dell’estrema destra alla sede della Cgil, lo ritroviamo nelle minacce di movimenti anarchici che si rifanno alle Brigate Rosse”: le parole di Meloni sono chiare e da una platea simbolica lanciano un messaggio esterno e interno.
Esterno, di ricucitura: perché lo Stato che Meloni, primo capo del governo donna e soprattutto primo capo del governo figlio politicamente della Destra post-fascista, rappresenta condanna ogni estremismo senza partigianeria. Gli anarchici, del resto, minacciano lei come la sorella della rivale Elly Schlein, a cui è stata bruciata la macchina ad Atene. L’estrema destra extraparlamentare gioca invece col fuoco inglobando movimenti contestatari e anti-tutto di varia natura e rifacendosi a una tradizione che è la stessa a cui si rifacevano i gruppi autori, come confermato da storia e giurisprudenza, delle peggiori stragi della storia repubblicana. Gli attentati di Piazza Fontana a Milano (1969), Piazza Loggia a Brescia (1974) e della Stazione di Bologna (1980) puntano verso la pista nera dell’eversione fascista. Quella stagione – fortunatamente – è alle spalle, ma delle destre estreme uno Stato deve aver timore come della Sinistra neo-brigatista. E Meloni traccia un solco chiaro.
Altrettanto importante è il monito interno, al suo partito. Per Fratelli d’Italia è iniziata l’era del governo, della responsabilità e della chiarezza e governare significa essere all’altezza del compito. Non a caso Meloni predilige, nella scelta dei vertici politici, quelle figure che la svolta dal post-fascismo l’hanno completata e che hanno conosciuto quel Movimento Sociale Italiano che, con tutti i suoi limiti, seppe non farsi contagiare dal terrorismo nero. Gli ex-Alleanza Nazionale predominano, per la maggiore esperienza politica, nell’esecutivo rispetto ai membri della tanto decantata Generazione Atreju che in nome di una ventilata riscoperta della Destra spesso hanno creato imbarazzi politici alla premier. Saluti romani al bar ripresi da telecamere, politici vestiti goliardicamente da nazisti, critiche feroci del 25 aprile possono essere passabili in partiti minoritari e al 3-4% dei voti. Non possono esserlo, invece, in una grande formazione di governo che vuole durare. Quelle due parole pronunciate da Meloni davanti alla Cgil, “estrema destra”, ricordano a tutti che l’ora della serietà è scoccata. E che Fdi vuole tagliare ogni ambiguità tra sé e tutta la galassia di destra radicale, vuole tenere al suo esterno tutto ciò che è mal conciliabile con l’ordine democratico e non ha timore, nelle intenzioni della sua leader, a presentarsi come il partito di governo di tutti. Aggiungiamo noi: sarebbe una mossa ulteriore spingere allo scioglimento di CasaPound e Forza Nuova in nome della legalità e della Legge Mancino. Ciò è nell’interesse assoluto di Meloni e Fdi per durare: perché nulla potrà essere come prima dopo l’associazione di quelle due parole, “estrema destra”, con una minaccia di fronte alla platea della Cgil
Partito avvisato, futuro assicurato. In attesa del 25 aprile in cui la destra sociale divenuta conservatrice è attesa al varco e Meloni non vuole alcun incidente. La promozione della retorica resistenziale da parte di Meloni, in forma ovattata e personale, non nasce alla Cgil. Meloni nel discorso di insediamento ha citato Tina Anselmi, democristiana, prima donna ministro e ex partigiana, e Nilde Iotti, prima donna presidente della Camera e comunista oltre che compagna di Palmiro Togliatti, come simboli della Repubblica; ha dedicato il proprio piano per l’Africa a Enrico Mattei, convinto partigiano “bianco”. Ieri, a Rimini, di fronte alla Cgil, ha citato Argentina Altobelli, politica e sindacalista che a inizio del secolo scorso contribuì alla fondazione della Federazione nazionale dei lavoratori della terra (Federterra), nata a Bologna per uniformare il movimento dei lavoratori agricoli, e fu poi convinta antifascista. Una prova di crescente riconciliazione a cui Fdi deve prestare attenzione: si è al governo dello Stato nato dalla Resistenza e nella divisione tra “Noi” e “Loro” quest’ultimo campo, quello delle minacce dello Stato, è oggi occupato dai fascisti di ogni estrazione. E nessuna nostalgia può essere tollerata.