La “Francia mondiale” di Macron: strategia o velleità?
La Comunità Internazionale del villaggio globale, come ogni piccola comunità isolata che si rispetti, ha il suo gallo cedrone.
Emanuel Macron, superato il giro di boa del suo mandato, al volgere del 2020 si è prodotto in un cuccurucù tenorile su grandcontinent.eu, rilasciando un’intervista fiume[1] sui massimi sistemi politici mondiali, al cui centro ha posto la Francia planetaria, giustapposta sulle spalle degli smarriti Stati Uniti.
Messiur le President con un eloquio forbito da fine intellettuale ha tentato di illuminarsi ai lampi della presente e della futura immensità strategica, accreditandosi come novello filosofo politico. Tuttavia, malgrado l’impegno profuso, è lontano dall’eguagliare le vette dei “Colloqui con sé stesso” dell’Imperatore, grande filosofo stoico, Marco Aurelio.
L’anglofilo politico.eu ha prontamente recensito il poderoso sforzo teoretico del Presidente francese, appellandolo sin dal titolo[2] think-tanker chief in head. Il francese maître à penser potrebbe sembrare sminuente per una carica così alta. La prolissa retorica presidenziale, infiorettata di tanti classicismi, ha allagato e sommerso le velleità dell’inquilino dell’Eliseo sotto uno spesso strato di verbosità, al fine di nascondere l’impotenza politica e militare dell’Esagono: senza l’appoggio tattico e diplomatico degli Stati Uniti, la Francia nucleare non riesce neppure ad elevarsi a potenza regionale nel Mediterraneo, come i dossier libico, siriano e turco insegnano.
Nella prima parte del mandato la politica estera del Presidente francese, malgrado un’iperattività da globe trotter, ha inanellato una serie di insuccessi uno dietro l’altro, in parte dovuti allo scontro con l’unilateralismo di Trump, ma più spesso causati dalla propria smaccata volontà di egemonizzare il multilateralismo, sotto le mentite spoglie del piazzista internazionale: resta memorabile il tweet di Khamenei che lo ha apostrofato come “naive.”
Innegabilmente Macron è un imperturbabile incassatore; come una Sfinge ha risposto alle critiche di Lavrov sugli eccessi della Polizia francese sui gilet gialli con una ferrea volontà di proseguire il dialogo con Mosca.
Il gollismo muscolare di Macron non convincente nessuno ed è fuori tempo. La Francia non ha alleati, men che mai di rilievo. La Germania è dichiaratamente filo atlantica, perché non si fida dell’ombrellino atomico francese, al pari dei tre Paesi baltici e della Polonia, i quali affidano la propria difesa contro la Russia al pronto intervento dissuasivo degli Stati Uniti. I Paesi di Visegrad semplicemente ignorano il Presidente francese. Per molti è un filo russo occulto.
A dispetto del bollettino medico strombazzato da Macron sul coma della Nato al vertice di Londra del dicembre 2019, questa si è dotata di una corposa agenda[3] fino al 2030, approvata anche dalla Francia e pubblicata il 25 novembre 2020. Ad essere in coma cerebrale è semmai la politica estera della Francia, astretta tra la scarsità di mezzi e le priorità di Zio Sam.
Sulla base di questi presupposti Macron vorrebbe accreditarsi non solo come cocchiere della diligenza americana, ma anche come unico leader politico dell’Europa. Il nuovo Metternich con l’espressione geografica Europa intende per metonimia la Francia. Senza la Francafrique la Francia sarebbe uno stato europeo di terza fila, ma privo dell’Unione Europea, usata come moltiplicatore della propria potenza, scivolerebbe ancora più giù nelle classifiche. Non è il resto dell’Europa ad aver bisogno della Francia, quanto questa dell’Europa.
I gradi giochi politici sono stati imbastiti nel 1949, quando la Francia fece pressione sugli Stati Uniti e sulla Gran Bretagna affinché l’Italia sconfitta di De Gasperi, europeista e moderatamente filo atlantica, entrasse nella Nato per ottenere la profondità strategica nel Mediterraneo, indispensabile per raggiungere l’Africa centrale. A quel punto il piano Pleven per costituire una Comunità Europea di Difesa, pur inserita nella Nato, non aveva ragion d’essere. Infatti fu abortito dall’Assemblea Nazionale francese nel 1954. In quell’occasione fu officiato anche il funerale dell’Europa politica.
Tuttavia lo sforzo concettuale del Presidente francese merita di essere premiato. Se ad una personalità eminente come Churchill hanno assegnato nel 1953 l’ambito premio Nobel per la Letteratura a motivo dell’eccezionale contributo alla memorialistica della Seconda Guerra Mondiale, per quale recondito motivo negarlo a Macron per lo straordinario avanzamento del marketing politico internazionale?
Il neo eletto Presidente Biden e la Commissione Europea dovrebbero proporre all’Accademia delle Scienze di Stoccolma la nomination di Macron.
[1] https://legrandcontinent.eu/it/2020/11/16/macron/
[2] https://www.politico.eu/article/emmanuel-macron-think-tanker-in-chief/
[3] https://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/2020/12/pdf/201201-Reflection-Group-Final-Report-Uni.pdf
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