La visione globale di Enrico Mattei: tra realismo e “terza via”
Nelle scorse settimane l’Osservatorio ha raccontato la figura di Enrico Mattei sia attraverso un dialogo con l’analista Alessandro Aresu sia parlando del suo innato fiuto per l’analisi della complessità dei problemi internazionali. Da oggi, con la pubblicazione della prima puntata del dossier di Sveva Bertini intitolato “Enrico Mattei, l’epopea di un italiano” inizieremo a analizzare a trecentosessanta gradi il pensiero politico di Mattei nella sua organicità, il suo rapporto col potere italiano coevo e con la più impetuosa stagione di sviluppo della storia unitaria del Paese.
L’Eni, istituita con la legge 136 del 1953, fu, fin dagli albori, la sede in cui venivano realizzate le forti e controverse idee del suo primo Presidente. Già all’epoca, la stampa sia interna che internazionale considerava le direttive di Mattei come une vera e propria “politica estera”, spesso autonoma, se non contraria, a quella nazionale. Se si vuole interpretare il pensiero di Mattei attraverso la lente delle relazioni internazionali, non si può, a mio avviso, tralasciare di individuare due direzioni apparentemente divergenti: il Realismo ed il Neomarxismo.
Il fine primario, ereditato dallo spirito di lotta partigiana, era per l’imprenditore marchigiano, il bene comune dello Stato italiano nella sua interezza, precisamente l’interesse nazionale. Riguardo a ciò, la sua visione rientrerebbe tra le caratteristiche che definiscono il realismo classico. La centralità dello Stato può essere ben rappresentata dall’atto fondativo dell’Eni come ente pubblico e dalla volontà di Mattei di rendere la holding pubblica il braccio operativo dell’Italia, al fine di garantire la sicurezza energetica, che negli anni del boom economico si è scoperta essere fondamentale.
Un realismo critico degli Stati Uniti
Un altro aspetto comune alla dottrina realista è la mancanza di fiducia negli organismi internazionali, come ben denota una frase della pellicola di Rosi fatta pronunciare a Mattei: “ Nel Sinai durante la guerra del ‘56 c’erano i miei uomini a difendere i pozzi di petrolio e sul loro braccio c’era scritto Eni e non Onu”, nonché nelle alleanze rigide con altri Paesi, come imponeva la logica della Guerra fredda. Egli, infatti, percepiva la scena internazionale come anarchica, svincolata dai rapporti di potere che sembravano, allora, ancorare l’Italia a Washington; l’unica regola da lui ammessa era quella della corsa allo sviluppo, a cui si poteva accedere solo mediante la disponibilità di risorse energetiche stabili e a basso costo, dunque la legge della “guerra per il petrolio”.
A lui particolarmente invisa era l’alleanza con gli Stati Uniti, che nella sua percezione era sinonimo di asservimento al dominio dei grandi petrolieri americani, con il solo misero vantaggio di aver accesso alla bandiera dell’Occidente civilizzato e anticomunista.
Sono, dunque, le lotte per le risorse, non vaghi ideali di pace, libertà, e democrazia, a creare le trame delle relazioni internazionali, secondo Mattei, è l’energia che muove lo sviluppo dei popoli e può emanciparli, portando nuovi assetti globali. Per questi motivi, attraverso l’Eni, ottiene petrolio a prezzi vantaggiosi dall’URSS e da Paesi Medio-orientali a discapito dei grandi petrolieri americani, inglesi e francesi, destando molti sospetti all’interno della Democrazia Cristiana, nonché timori nell’amministrazione Oltreoceano.
Per Mattei, quel che conta non è l’identità dell’alleato, ma il vantaggio che ne ricava l’Italia in termini di sviluppo e potenza: egli vede per questo Paese un futuro non di “reietto” tra gli occidentali, posizione alla quale l’Italia era stata relegata dalla fine della Seconda guerra mondiale, ma di brillante primus inter pares sullo scenario mediterraneo.
Il “neomarxismo” e la terza via di Mattei
Ed è a questo punto che subentra la seconda interpretazione, quella neomarxista, che invece di divergere dalla prima, come potrebbe sembrare ad un primo sguardo, la concilia e la completa, “umanizzando” quello che potrebbe apparire puro arrivismo nazionalista. Mattei compara l’amara sorte di emarginazione toccata all’Italia, con quella dei Paesi del Terzo mondo, ricchi di risorse, delle quali vengono depredati dai Paesi occidentali, senza che questi ultimi ne favoriscano in termini di sviluppo economico e sociale. La sua visione, esplicitamente antimperialista, mira a fare dell’Eni l’interlocutore privilegiato di tutti quei popoli oppressi dai “signori del petrolio” anglo-americani, favorendo condizioni economicamente vantaggiose ai governi locali, progetti di sviluppo, formazione e lavoro per la popolazione.
Egli, scegliendo di porsi al di fuori dell’ottica delle superpotenze, e optando per la via dell’interesse nazionale, accompagnata dal dialogo in condizioni di parità con i Paesi della Periferia del Mondo, delinea una politica estera vicina al Movimento dei Paesi non allineati e al Neomarxismo di Wallerstein.
L’andamento delle relazioni tra Stati, infatti, non è, quindi, dato da alleanze che portano ad un equilibrio di potenza, né dall’istituzione di organizzazioni internazionali in grado di gestire il sistema-mondo, neanche, ancora, all’interconnessione degli scambi, ma dalla nuova logica delle risorse nel sistema geografico “Nord” e “Sud” del mondo.
Da una parte i Paesi occidentali del “Nord”, dall’altra i Paesi del “Sud”, periferia del mondo economico, dove i primi continuano a perpetrare una struttura di scambi di tipo coloniale, sfruttando le materie prime e la manodopera a basso costo dei secondi senza offrire, in cambio, adeguate ricompense alla popolazione e piani di sviluppo. In modo lungimirante, Mattei comprese il processo di decolonizzazione, cogliendo fin da subito le necessità di questi Paesi e le prime scintille del nazionalismo arabo, che di lì a poco avrebbero creato molti problemi alle compagnie occidentali che intendevano continuare ad attuare questa forma di imperialismo economico.
L’imprenditore capì che tendendo la mano ai Paesi mediterranei e ottenendone la fiducia, la lotta contro il monopolio delle “Sette sorelle” sarebbe stata meno ardua anche per l’Eni. Il pensiero di Mattei riveste l’ottica politica del realismo di una nuova lungimiranza: l’importanza delle risorse per uno Stato deve essere accompagnata da una solida partnership con i Paesi che le posseggono.
Una nuova risorsa: il petrolio.
“E’ assai probabile che il Novecento venga in futuro ricordato non solo come il secolo delle guerre, delle ideologie, dei diritti umani o dell’emancipazione femminile, ma anche come il secolo del petrolio”.[1] Con questa frase indicativa Alberto Tonini, studioso del Medio Oriente, dà avvio al libro che ha per oggetto il rapporto tra Mattei e le multinazionali del petrolio. Sebbene le prime perforazioni che condussero alla scoperta di giacimenti petroliferi deve datarsi alla seconda metà dell’Ottocento negli Stati Uniti[2], fino all’alba della Seconda Guerra Mondiale il carbone era ancora la risorsa chiave per il settore energetico e industriale e “fondamentale per i calcoli diplomatici delle grandi potenze”.[3]
Tuttavia, già nel 1914 Winston Churchill comprese l’importanza di questa nuova fonte di energia, riuscendo a far convertire la marina militare al petrolio come mezzo di propulsione e “convincendo il governo britannico ad acquisire la maggioranza assoluta”[4] dell’Anglo Persian Oil Company, compagnia, tra le maggiori al mondo, presente in Iran ed interamente britannica.
Dunque la Gran Bretagna si trovò avvantaggiata nella comprensione dell’entità del petrolio quale risorsa fondamentale alla sicurezza nazionale e agli equilibri di potenza nelle relazioni internazionali, anche se, nello stesso periodo gli Stati Uniti figuravano come i maggiori produttori di greggio, raggiungendo la quota del 63% della produzione mondiale nel 1940. Fino alla Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti erano autosufficienti per quanto riguarda l’estrazione di questa nuova fonte di energia, ma è proprio attraverso lo sconvolgimento portato da un conflitto globale di tale portata che i dirigenti USA si resero conto di come fosse essenziale il petrolio negli equilibri geopolitici e di quanto fosse necessario non dipendere dalla sola produzione nazionale, che iniziava a scarseggiare.
Fu così che gli Stati Uniti dovettero volgere il loro sguardo oltre le riserve petrolifere messicane e venezuelane, precisamente verso quelle medio-orientali. Infine, considerando le ragioni che portarono il Novecento a divenire “il secolo del petrolio”, non si possono omettere i notevoli vantaggi che quest’ultimo presenta rispetto al “vecchio” carbone; essendo meno pesante e voluminoso del carbone, i costi di trasporto sono estremamente ridotti, così come i costi di estrazione e produzione.
Inoltre, l’industria del petrolio ha metodi di lavorazione più lineari, che necessitano di una minor quantità di manodopera e di una minor quantità di capitale, essendo gli impianti generalmente più piccoli. Passando alle caratteristiche del materiale in quanto tale, il petrolio è meno inquinante e può dar luogo ad una moltitudine di prodotti finiti attraverso i polimeri.[5]
Come si può evincere dai dati riportati dal sommario statistico dell’Eni, la percentuale d’uso del petrolio per la produzione di energia nel mondo è passata dal 10,7% del 1920, al 32,4% del 1960, mentre l’utilizzo del carbone diminuiva al 50,9% dal 85% del 1920.[6] Il petrolio si stava affermando, dunque, come risorsa principe, e sarebbe successivamente diventato il principale propulsore del “boom economico”, il “miracolo” in Italia, nel Secondo dopoguerra, prima di essere responsabile della crisi petrolifera degli anni ‘70.
1 – La visione globale di Enrico Mattei
2 – La sfida alle “Sette sorelle”
3 – Mattei e Gronchi: la “diplomazia del petrolio” tra Italia e Urss
5 – La costruzione del consenso
[1]Alberto Tonini, Il sogno proibito. Mattei, il petrolio arabo e le ‘sette sorelle’, Edizioni Polistampa, Firenze, 2003, p. 1.
[2]Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/l-era-del-petrolio_%28XXI-Secolo%29/#:~:text=Il%20carbone%20%C3%A8%20stato%20sostituito%20con%20petrolio%20ed%20elettricit%C3%A0.&text=Il%20petrolio%20%C3%A8%20diventato%20il,miliardi%20di%20tonnellate%20all’anno.
[3] Leonardo Maugeri, L’arma del petrolio. Questione petrolifera globale, guerra fredda e politica italiana nella vicenda di Enrico Mattei, Loggia de’ Lanzi, Firenze, 1994, p.15.
[4] Ibidem.
[5] Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/l-era-del-petrolio_%28XXI-Secolo%29/#:~:text=Il%20carbone%20%C3%A8%20stato%20sostituito%20con%20petrolio%20ed%20elettricit%C3%A0.&text=Il%20petrolio%20%C3%A8%20diventato%20il,miliardi%20di%20tonnellate%20all’anno.
[6] Eni, Energia e Idrocarburi, sommario statistico, Milano, 1968.
Daniele
Salve,
Io sono di Civitella Roveto ed Enrico Mattei trascorse molti periodi dell’infanzia da noi. Il padre Antonio è nativo prorio del mio paese. Da noi è “venerato” come un Santo. Ci sono edifici e vie intitolate a Lui.
Saluti.
Daniele
Salve,
Io sono di Civitella Roveto ed Enrico Mattei trascorse molti periodi dell’infanzia da noi. Il padre Antonio è nativo prorio del mio paese. Da noi è “venerato” come un Santo. Ci sono edifici e vie intitolate a Lui.
Saluti.
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