I segreti della manifattura additiva, nuova frontiera per l’industria
Abbiamo fatto due chiacchiere con Daniele Grosso, responsabile marketing Prima Additive, la parte di Prima Industrie S.p.A. che si occupa di manifattura additiva (Daniele Grosso, tra le altre cose, nasce politologo a Torino, alla cui università insegna marketing digitale). Il gruppo Prima Industrie si estende in USA, Asia, Nord Europa (sede in Finlandia), con l’Europa che conta per circa il 50% del fatturato Per la divisione Additive, invece, l’Italia resta il mercato principale, per poi espandersi, per il momento, in tutta Europa. La parte Additive, che rappresenta la parte più giovane dell’azienda, lanciata nel 2018, andrà negli USA quest’anno, vanta circa 40 persone nel suo staff, ma da sempre sviluppa il suo business in una direzione internazionale.
Si parla tanto della difficoltà nel reperire competenze (è un tema che, nella mia professione di headhunter specializzato nel vostro settore, tocco ogni giorno!). Hardware, Software, IA, scienze dei materiali avanzati per la manifattura additiva: dove vedete le criticità maggiori? E quanto pesa per voi il tema delle competenze di cybersecurity legate alle tematiche IoT? O forse quelle che mancano davvero sono le… competenze soft?
“Reperire le competenze adatte in settori innovativi come quello dell’additive manufacturing del metallo non è semplice. Il mismatch che c’è tra le competenze ingegneristiche richieste, in particolare quando si parla di fotonica e processi laser, è ampio. Per questo già da qualche anno investiamo in un percorso di master universitario in alto apprendistato insieme al Politecnico di Torino, che ci permette di formare personale altamente specializzato in una tecnologia che per certi versi è di frontiera, grazie ad una partnership con un ente come il Politecnico di Torino, che rappresenta un’eccellenza nella ricerca sulle tecnologie innovative tra cui l’additive. Questo percorso non soltanto consente a noi di avere del personale altamente qualificato, ma consente di formare persone sull’additive manufacturing che restano a lavorare nelle aziende della nostra area in questo settore, contribuendo alla creazione di una sorta di filiera dell’additive in cui l’utilizzo della tecnologia alimenta ulteriori sviluppi della stessa”.
La robotica, l’automazione e i nuovi materiali (lavorati con le vostre tecnologie) sono ormai prepotentemente entrati a far parte del discorso geopolitico, quel che forse, fino a dieci anni fa, veniva immaginato solo nella fantascienza – e nella fantapolitica. Gli USA si sono focalizzati sull’R&D, la Cina sulle capacità produttive. L’Italia e l’Europa sono davvero così indietro rispetto a USA, Cina e Giappone? Quanto peserà questo in futuro?
“L’Italia e l’Europa non hanno nulla da invidiare rispetto al resto del mondo. La cosa più importante, però, è tenere presente che bisogna trovare la propria strada tenendo in considerazione le peculiarità del sistema italiano, del suo modo di fare impresa e delle sue competenze in termini tecnologici. È opportuno trovare la propria unique selling proposition: non si può pensare di fare competizione sul prezzo ai cinesi, così come difficilmente si può competere in termini di budget con gli americani. Dall’altra parte, come italiani soprattutto, abbiamo da sempre una grande capacità di fare tanto con poco. La strada, quindi, è quella di lavorare su prodotti e servizi innovativi ad alto valore aggiunto e ad altissimo contenuto tecnologico: qui da sempre sta il vantaggio competitivo delle eccellenze della meccatronica italiana e qui può rimanere anche nel futuro”.
Semiconduttori, IA o… intelligenze umane. Quali di questi tre è, a vostro avviso, il fattore maggiormente critico per il futuro del vostro settore nel nostro Paese e nel nostro continente?
“I tre fattori sono strettamente collegati: i semiconduttori sono cruciali in tutta la catena di approvvigionamento e le intelligenze umane sono necessarie per gestire l’intelligenza artificiale. Se dovessi sceglierne una, comunque, direi le intelligenze umane: sono quelle che saranno cruciali nell’individuare soluzioni creative per sopperire alla mancanza di semiconduttori se questa dovesse continuare e sono quelle che dovranno governare l’enorme potenziale che risiede nelle applicazioni dell’intelligenza artificiale”.
La manifattura additiva: da tempo ormai non si parla più solo di prototipazione e piccoli lotti. Dove può arrivare da grande? Potrà davvero scalzare la manifattura tradizionale?
“È importante sottolineare come le tecnologie additive non sono né in contrasto né andranno a sostituirsi alle tecnologie tradizionali, anzi: nelle officine meccaniche più evolute le due tecnologie vanno a braccetto, supportandosi a vicenda e intervenendo l’una dove l’altra è meno efficiente. Ci sono settori come quello dell’aerospace, del medicale, del dentale, dell’energia o degli stampi in cui l’additive è già una componente fondamentale, altri in cui non lo sarà mai, e altri in cui ci potrebbero essere delle applicazioni profittevoli che ancora non sono state studiate. Siamo i primi a dire ai nostri clienti che l’additive non è una tecnologia sempre adatta a ogni settore e sempre conveniente, ma allo stesso tempo cerchiamo sempre di sviluppare insieme ai nostri clienti attuali o potenziali nuove applicazioni che consentano un uso sempre più ampio di questa tecnologia. L’additive, in generale, presenta vantaggi su diversi piani, in particolare sul valore aggiunto del componente: in un settore come quello dello stampaggio a iniezione della plastica, ad esempio, l’additive permette di realizzare stampi con un miglior raffreddamento, che magari possono avere un costo più elevato rispetto a quelli realizzati con le tecnologie tradizionali, ma che fanno crescere la produttività complessiva, rendendo conveniente nel lungo periodo il loro utilizzo. Allo stesso tempo, parlando di geopolitica, l’additive offre la possibilità di produrre on-demand, possibilità che aumenta la sostenibilità, ma soprattutto che ridefinisce la geografia della produzione, riducendo la necessità di spostamenti e di spedizioni internazionali. In ultimo, uno dei vantaggi dell’additive sta anche nella creazione di nuovi modelli di business: nel nostro caso, ad esempio, dallo scorso anno abbiamo lanciato il Prima Additive Marketplace, che consente a chi vuole realizzare dei componenti senza possedere una macchina di richiedere applicazioni che verranno eseguite dai nostri clienti. In questo modo, saturiamo la produzione dei nostri clienti, supportandoli nel loro business model, riducendo il tempo del ritorno sull’investimento e “servitizzando” il loro bene”.
Abbiamo parlato di criticità, ma chiudiamo parlando di potenzialità. Quali vantaggi competitivi può valorizzare l’Italia nel vostro settore, per molti aspetti uno dei capisaldi del nostro export se guardiamo alle macchine più “tradizionali”, per altri segmenti ancora così “giovane”?
“La nostra storia non è diversa da quella di tante altre eccellenze italiane e racchiude in sé gli elementi che hanno caratterizzato e che caratterizzeranno il successo dell’export italiano. Nel caso di Prima Additive, infatti, parliamo di un’azienda che è parte di un gruppo che da più di 45 anni lavora con il laser e sviluppa applicazioni industriali che prevedono il suo utilizzo. Il nostro vantaggio competitivo sta sicuramente nella nostra conoscenza della fotonica e della meccatronica che ha consentito al gruppo Prima Industrie di affermarsi negli anni tra i principali player nel suo mercato a livello mondiale. A questo si unisce il nostro “mindset”: quando Prima Industrie è stata fondata, nel 1977, si trattava di un gruppo di ingegneri che hanno creato quella che oggi chiameremmo una startup innovativa per dedicarsi all’automazione della produzione industriale. Non a caso, PRIMA è un acronimo di Progress In Manufacturing Automation. Sin dalla fondazione quest’azienda ha lavorato su tecnologie “di frontiera”. Oggi Prima Additive rappresenta un ulteriore ampliamento delle attività del gruppo e si rivolge ad una tecnologia altamente innovativa e molto promettente. La “frontiera” di Prima Additive è quindi quella di lavorare per rendere sempre più competitive le tecnologie per l’additive manufacturing del metallo e siamo sicuri che grazie alle nostre competenze e al nostro modo di agire faremo grandi cose”.