Papa Francesco e le unioni civili: le opinioni dell’Osservatorio
Le recenti dichiarazioni di Papa Francesco sulle unioni civili hanno aperto una complessa serie di discussioni sul ruolo della Chiesa cattolica nel mondo contemporaneo. Di seguito i pareri di due dei nostri analisti sull’ennesima, sorprendente uscita del pontefice argentino.
Una discontinuità rischiosa tra Chiesa europa e Sud globale?
Di Emanuel Pietrobon
Chiesa cattolica e omosessualità, si o no? Partendo da un presupposto ovvio, ossia che siamo nel 2020 e che le minoranze sessuali non possono più essere escluse né ignorate, ne consegue che esse siano un bacino potenziale di consensi per chiunque sappia conquistarne il favore. In questo contesto di riposizionamento, anche se molto timido, si possono inquadrare alcune dichiarazioni dell’attuale pontefice che sembrano aprire un varco con i papati precedenti.
Se è vero che il sovrano della chiesa cattolica ha avuto dei toni conciliatori nei confronti delle minoranze sessuali, lo è altrettanto che ha denunciato l’esistenza di perniciose “colonizzazioni ideologiche”, come l’ideologia di genere, che trovano legittimazione proprio nel mondo intellettuale arcobaleno. Se venissero effettivamente confermate le dichiarazioni del pontefice – anche se potrebbero il frutto di manipolazioni, copia-incolla di diversi discorsi o di interventi volutamente travisati, e non sarebbe la prima volta – si tratterebbe indubbiamente di un cambio di paradigma dai risvolti epocali per il cattolicesimo.
Questo cambio verrebbe accolto con favore nei Paesi di tradizione cattolica dell’Occidente, molto
più secolarizzati, ma il rischio è di creare una frattura con le chiese nazionali e con i fedeli del Sud globale. Il punto è proprio questo: scendere a patti con il mondo per accontentare una piccola parte di fedeli, localizzati in un’area del globo sempre più irrilevante per la chiesa cattolica; o proseguire sulla scia di una tradizione bi-millenaria fondata sui testi sacri e sugli insegnamenti dei Padri e dei Dottori della chiesa.
La nuova linea del Piave di Papa Francesco
La posizione di Papa Francesco sulle unioni civili non deve sorprendere. Chi conosce la Santa Sede, i suoi tempi e gli scenari su cui si muove il pontificato di Bergoglio sa che esso non è nuovo a prese di posizioni “politiche” anche sorprendenti.
Il Papa, infatti, si sofferma molto sul diritto civile: parla di “leggi sulle unioni civili” e bisogna tenere a mente che distingue molto bene questa parola dal concetto di matrimonio. Francesco ha più volte chiarito che «non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione», come spiegò nel 2016 alla Rota romana: il «matrimonio tra uomo e donna» va distinto da altre unioni, e questa posizione è stata più volte ribadita.
Al contempo, la legge sulle unioni civili può diventare la “linea del Piave” per combattere battaglie ben più complesse e su cui la Chiesa dovrà impegnarsi appieno: permettere che quella distinzione tra “matrimonio” e unione civile, specie su temi come concepimento e adozioni, sia mantenuta ben solida nei Paesi ove è ancora permesso farlo; impedire la diffusione di abomini come l’utero in affitto; evitare la diffusione di leggi più libertarie e di pratiche dannose per le donne in materie come l’aborto.
Chi è già pronto a strumentalizzare in negativo le parole del Papa dovrebbe ricordare il fatto che pensare che sia stata la regolarizzazione delle unioni civili LGBT (laddove esse sono rimaste tali) a danneggiare la famiglia naturale da sempre difesa dalla Chiesa implica guardare il dito e non la Luna. Il vero responsabile è da ricercare nell’individualismo sfrenato e nel consumismo dovuto a un certo tipo di capitalismo moderno, cronofago e atomizzante.
Chi è pronto invece ad arruolare il Papa nel fronte dirittista, farebbe bene a leggere anche le encicliche della Dottrina Sociale della Chiesa sulla centralità dell’uomo, non solo con i suoi diritti ma anche con i suoi doveri, nella società odierna. E guardarsi bene dal chiamare in causa il Papa per legittimare gli eccessi di certe manifestazioni che con i diritti degli omosessuali hanno ben poco a che fare: quando vedrete al prossimo Gay Pride le grandi multinazionali o le imprese dalla fama più controversa provare a ritinteggiarsi la coscienza di arcobaleno, pensate che il Papa ha recentemente condannato, nella sua ultima enciclica, la logica del profitto fine a sè stessa e mascherata di umanitarismo. La Chiesa e la Santa Sede hanno tempi lunghi che superano di gran lunga il confuso vociare della comunicazione odierna.
Questo cambio verrebbe accolto con favore nei Paesi di tradizione cattolica dell’Occidente, molto più secolarizzati, ma il rischio è di creare una frattura con le chiese nazionali e con i fedeli del Sud globale. Il punto è proprio questo: scendere a patti con il mondo per accontentare una piccola parte di fedeli, localizzati in un’area del globo sempre più irrilevante per la chiesa cattolica; o proseguire sulla scia di una tradizione bi-millenaria fondata sui testi sacri e sugli insegnamenti dei Padri e dei Dottori della chiesa.
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