Il Vaticano e la Via Crucis nel mondo in guerra: l’orrore del conflitto e lo “scandalo” della Pace
La Via Crucis del Vaticano nell’Anno del Signore 2023 non fa rumore solo per l’assenza di Papa Francesco, assente per il freddo, ma anche per il durissimo affondo dell’Ambasciatore d’Ucraina presso la Santa Sede per il fatto che la decima stazione della commemorazione della morte di Cristò prevede la presenza in contemporanea di un ragazzo russo e di uno ucraino.
Un attacco duro e impietoso, quello di Andriy Yurash, già entrato in gamba tesa l’anno scorso per la preghiera comune di una donna russa e di una ucraina alla tredicesima stazione. Nella meditazione parla per primo il giovane ucraino, originario di Mariupol: «Vedrai passerà tutto. E con l’aiuto del buon Dio tornerà la pace». Il secondo giovane, di nazionalità russa, descrive invece il timore e la vergogna di essere se stesso: «Io invece, sono un ragazzo russo, mentre lo dico sento quasi un senso di colpa, ma al tempo stesso non capisco perché e mi sento male due volte. Spogliato della felicità e di sogni per il futuro», racconta, aggiungendo della morte del fratello e del padre e del nonno dispersi nel conflitto. Inaccettabile per Yurash, secondo il quale “i suoi parenti sono andati in Ucraina per uccidere non solo il padre del ragazzo ucraino ma tutta la sua famiglia, e non viceversa”.
Frange di apparato ucraino chiedono al Vaticano una discesa esplicita in campo, non ricordando che Francesco si è schierato muovendosi sul più ostico dei terreni: quello che perora lo “scandalo della Pace”. Una parola quasi blasfema al giorno d’oggi, una parola che significa in primo luogo prospettive di futuro e sviluppo per la stessa Ucraina ma che parte dal cuore degli uomini e dalle loro menti. Lo “scandalo della Pace” è lo stesso “scandalo della Croce” che il Venerdì Santo commemora. La Croce è il simbolo di una morte apparente che prefigura la vittoria finale sul male e il peccato. Fa scandalo perché nei tempi degli imperi, delle guerre e della sopraffazione ha sempre fatto timore l’immagine della sofferenza, l’immagine di un uomo che muore ma prepara l’emancipazione dalla Morte stessa.
Nella Decima Stazione, lo ricordiamo, Gesù è spogliato delle vesti. Un simbolo forte, che prepara alla crocifissione e si trasmette all’immagini di due popoli, quello russo e quello ucraino, travolti dai venti della guerra e dell’odio. Viene tutt’altro che metaforicamente crocefissa l’Ucraina, nazione martire diventata campo di battaglia. Ma soffre anche la Russia, soffrono i suoi figli chiamati a morire dal regime di Vladimir Putin in un conflitto lontano, venendo spesso pescati nelle periferie di un impero vasto e variegato. Lo “scandalo della Croce” rimproverato da Gesù a San Pietro quando si prefigurava la Passione è immagine dello “scandalo della Pace”, la cui costruzione invoca profondissime sofferenze, ivi compresa l’accettazione che il nemico, l’hostes di oggi, può non essere in futuro più tale. Papa Francesco, da Santa Marta, guida distante una Via Crucis in cui i popoli russi e ucraini, fratelli nella storia, sono oggi fratelli nella sofferenza. E non c’è scacco più clamoroso alla retorica guerresca di Putin e del “cappellano del Cremlino”, Kiril.
Non si può affondare il colpo contro Yurash, la cui nazione è sofferente. Ma l’universalità e la grandezza del messaggio della Pace e della Pasqua passano attraverso la scomodità e i grandi “scandali”. Lo sa bene anche l’arcivescovo di Leopoli, Mieczysław Mokrzycki, che oggi ha organizzato un’importante Via Crucis all’aperto nella città dell’Ucraina occidentale, spesso bombardata per il suo ruolo di snodo strategico. Il Papa prega per noi e soffre con noi – ha confidato ad Avvenire Mokrzycki –. Auspichiamo che, anche grazie ai suoi continui appelli, la guerra possa finire al più presto”. Con una Pace giusta, vera. Una parola che oggi fa scandalo. E forse proprio per questo è la grande frontiera della Chiesa Cattolica, nata per fare scandalo quotidianamente portando il messaggio della Croce ricordando che l’umanità e l’umiltà del messaggio di un Dio fatto uomo che muore possono apparire deboli e sofferenti. Ma hanno già in pugno la vittoria finale. Al servizio degli uomini di buona volontà, indipendentemente dalla loro nazionalità. Un messaggio che certamente non possiamo definire ostile all’Ucraina martire.