Il Racconto del Potere VI Puntata – Il ceto dirigente italiano
Quando, per criminale trascuratezza, crollò il ponte Morandi a Genova mi sono ricordato di un post scritto nel 2012. Da qualche decennio le notizie di stampa davano informazioni sul ruolo nefasto dello IOR, la banca del Vaticano: una serie infinita di scandali, con nuove rivelazioni durante il papato di Benedetto XVI. L’anno successivo Ratzinger avrebbe “abdicato” (è il termine tecnico per le dimissioni di un papa) constatando la sua difficoltà nel portare avanti un’opera di riforma così impegnativa della Chiesa Cattolica e delle istituzioni ad essa collegate. Il nuovo papa, Francesco, avrebbe abitato in un convitto per religiosi e mangiato al self service comune sedendo ogni volta in posti differenti: secondo alcuni per evitare di essere avvelenato. In una intervista televisiva di qualche anno fa Bergoglio raccontò che dopo aver letto La Storia dei Papi di Ludwig von Pastor nulla lo avrebbe più meravigliato: detto da lui….
Mi aveva colpito il mondo che girava attorno allo IOR e lo interpretavo come il disinteresse di parte importante del ceto dirigente italiano verso quelle responsabilità che ci si aspetterebbe commisurate alle risorse gestite. Lo dissi sotto forma di racconto: un anziano giornalista ricordava un episodio della sua vita professionale.
L’abdicazione
(Forum Leggere e Scrivere; 14 Giugno 2012)
Non ricordava esattamente quando, ma una mattina di tanti anni prima uno sconosciuto aveva lasciato una busta nella cassetta della posta con un elenco di nomi e cifre. Lo portò in redazione e lo lasciò sul tavolo. Al ritorno dalla riunione non lo trovò più. Poco male, non aveva voglia di lavorarci. Il giorno dopo, nella cassetta, lo stesso plico, questa volta con molti documenti. Parte importante del ceto dirigente italiano veniva rappresentata in quell’elenco e in quelle cifre. Un giro di denari che tramite lo IOR usciva dall’Italia e si disperdeva in paradisi fiscali sempre più lontani … evasione fiscale, corruzione, riciclaggio dei ricavi del commercio della droga e delle armi ma soprattutto quelle cifre e quei nomi rappresentavano l’incapacità di prefigurare un futuro. Riuniti in logge massoniche, comitati di affari, cricche, mafie, società segrete, la banca dei preti sembrava l’esatto ombrello protettivo per quei bambini spaventati, incattiviti dall’angoscia. Avevano riempito di parenti, amici, amanti, complici i posti di responsabilità e dopo decenni di clientelismo, familismo, corruzione, nepotismo, avevano perduto la capacità di affrontare e risolvere i problemi. Era l’abdicazione al loro ruolo di leader. Non ricordava altro. Alla sua età sogni e ricordi si confondevano. Ricordava solo il titolo del suo ultimo pezzo di successo: “Fallimento di una leadership: pericolo mortale per la Nazione“.
I risultati si vedono. Caracciolo lo riferiva su Limes (7/2014): “La nostra repubblica viene percepita dai competitori come “failing, if not failed” nella diagnosi di un analista alleato.” Considerazioni simili mi guidarono nel commentare le scelte del Presidente Napolitano e mi hanno guidato nel giudicare la decisione del Presidente Mattarella di affidare l’incarico a Mario Draghi.
Commento al post di Aldo Giannuli che criticava il Presidente Napolitano
(Blog di Aldo Giannuli, con pseudonimo Caruto, 22 Luglio 2013)
Eviterò di dire che “Napolitano sta cercando di limitare i danni”; anch’io sono convinto che “ha rappresentato la Ue e la Bce presso il governo ed il Parlamento”. Forse anche qualcos’altro (detto così, a naso). D’altro canto, ha ragione Pace. Anche a me sembra incredibile che si voglia cambiare l’art. 138 in via ordinaria.
Il costituzionalista Alessandro Pace aveva criticato la proposta del governo Letta di ridurre “da tre mesi ad uno … l’intervallo intercorrente tra la prima e la seconda approvazione del testo delle leggi costituzionali eventualmente modificative della forma di governo, del bicameralismo paritario e dei rapporti Stato-regioni.”
Io però chiederei uno sforzo di fantasia e, se mi posso permettere, di elaborazione. L’ho detto in alcuni post precedenti. Gli indici economici attuali sono disastrosi: di per sé e perché sono la conseguenza coerente di trend quarantennali. Siamo sicuri che l’Italia esista (abbia la possibilità e la capacità di esistere) come entità autonoma di “Forma Nazione”?
Come indicatore di questo mio dubbio inviterei a considerare quello che è successo negli ultimi 20 anni in termini di sistema politico: siamo stati vicini al Colpo di Stato nel 1993 [gli attentati durante il governo Ciampi], da allora i gangster al comando [Marcello Dell’Utri ebbe un ruolo fondamentale nei successi elettorali che portarono ai Governi Berlusconi] ed il resto (salvo pochi anni sparsi) paralizzato o inciuciato; qualche rivoluzionario [Fausto Bertinotti] che ha fatto cadere governi decenti [Governo Prodi I] (1998); truppe mastellate ora a soccorso di governi di centro sinistra [Governi D’Alema I e II] (1998) ora killer [Governo Prodi II] (2008); un probabile candidato [Walter Veltroni] al Nobel per la Pace, prima in procinto di partire per l’Africa, subito dopo improbabile leader di centro sinistra e poi impallinato dai suoi; imprenditori collusi, riciclatori, evasori e sempre a rischiare con i soldi degli altri e la pelle di impiegati e operai; zero politica industriale; immobilità all’entrata nell’euro, sfruttando solo il vantaggio momentaneo dei tassi per non fare nulla. I partiti? “Non pervenuto”. Scomparsi; sostituiti da qualcosa (cose varie) che non ha paragoni in Europa.
Ora con tutta la simpatia per le persone (sono anch’io della partita) che vorrebbero fare la “cosa giusta”, siamo proprio sicuri quale è la cosa giusta in questo momento? Detto un’altra volta e più chiaramente: chi dovrebbe fare cosa, ora, per fare la cosa giusta? D’accordo sul discorso costituzionale ma quali sarebbero gli attori politici credibili (anche in termini di rapporti di forza) che crudelmente e violentemente sono compressi nei loro propositi ideali dall’attuale corso delle cose? Per essere chiari: l’attuale corso delle cose potrebbe anche non piacermi, ma soprattutto mi preoccupa per le ragioni che sono state dette più volte: sembra tutto già scritto (nonostante la pagliacciata dei saggi 1 e 2) e non si capisce chi l’abbia scritto, anche se si intuisce dove si voglia andare a parare: restrizione dei margini di autonomia decisionale a vari livelli. Mi preoccupa: però, di nuovo, esistono sul mercato politico attori in grado di fare diversamente partendo dalle condizioni date (che non sono nate improvvisamente una mattina d’estate)?
Nei mesi scorsi Clemente Mastella è tornato alla ribalta nazionale per qualche giorno, in occasione della crisi del governo Conte II. Poco prima di accettare l’incarico di segretario del Partito Democratico Walter Veltroni aveva dichiarato di voler andare in Africa e di impegnarsi in azione di volontariato. Il concetto di sistema politico è molto utile perché permette di includere nell’analisi attori pubblici e privati, e le loro relazioni. Il riferimento ai “bambini spaventati, incattiviti dall’angoscia” del post L’abdicazione era il frutto della conversazione con un terapeuta esperto di psicodinamiche di persone attratte da, o appartenenti a, società segrete: mi diceva che per la maggior parte sono in buona fede e cercano di proteggere sé stessi ed i propri familiari. Obbiettai che il loro comportamento rilevava politicamente ed andava contrastato. Abbiamo convenuto che usavamo epistemologie differenti perché differenti erano i campi di applicazione (politica, psicoterapia) e diversi i contesti: pubblico, privato.
La dicotomia pubblico/privato risale agli albori della polis. Ne parla a suo modo Eva Cantarella in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 12.12.2011 (Ulisse, fondatore della politica. Itaca è un modello di comunità retta da regole condivise): “È il viaggio per antonomasia, quello di Ulisse verso Itaca …per i greci … Itaca era una città reale … Una delle tante comunità in cui … si era consolidata una nuova forma di vita associativa, in cui non esistevano dei sudditi … bensì dei cittadini. In altre parole, la polis …[dove] l’uomo greco doveva ispirare le sue azioni a un’etica sociale nuova, che non poneva più in primo piano l’interesse dei singoli individui o delle singole famiglie, ma quello della collettività; e doveva rispettare le deliberazioni che la comunità prendeva nel luogo a ciò deputato, l’agorà … l’assemblea la cui presenza segnava il discrimine tra la civiltà e l’inciviltà.”
Nel 2016 un altro intervento di Cantarella mi offrì lo spunto per dare un giudizio sul modo di operare del presidente del Consiglio Matteo Renzi che si stava spendendo molto per un referendum costituzionale. Avevo seguito la sua prima conferenza stampa (12.03.2014) da capo del governo: come in una televendita prometteva una Riforma al mese. Di seguito troverete le mie impressioni sulla conferenza stampa; una mia lettera alla redazione di Repubblica a seguito di un articolo di Nadia Urbinati; ed una riflessione sull’esercizio del Potere e la sua legittimazione.
Tre anni prima Berlusconi si era dimesso evidenziando un deficit di credibilità interna ed internazionale. Il nuovo presidente del Consiglio sembrava seguire le sue orme.
In Italia questo non potrebbe succedere
(Forum Leggere e Scrivere; 13 marzo 2014)
Ieri ho visto la conferenza stampa del presidente del Consiglio e, chissà perché, mi è venuta in mente la recensione di un libro (Jon Ronson. Psicopatici al potere. Codice Edizioni 2014) scritta da Gabriele Romagnoli e pubblicata su Repubblica (Il potere dei folli. Dai dittatori ai super manager. Comandare è roba da matti, 07.02.2014):
“… indizi per riconoscere uno psicopatico… Ne cito alcuni … loquacità, fascino superficiale, egocentrismo, tendenza al grandioso, menzogna patologica… abilità nella manipolazione … mancanza di obiettivi realistici a lungo termine, irresponsabilità … Gli psicopatici piacciono, conquistano … perché vogliono piacere, conquistare. È uno dei loro tratti distintivi…. lo psicopatico va al potere perché ce lo mandano. E ce lo tengono… La cosa più incredibile è che, smascherato uno psicopatico, si affidi il potere a un altro.... Ronson racconta un caso emblematico, quello della Sunbeam, una società motoristica britannica. Negli Anni Ottanta sceglie come amministratore delegato tale Robert Buckley. Girava con una guardia del corpo armata di mitragliatrice, collezionava sculture di ghiaccio del valore di diecimila dollari, aveva una flotta di jet e Rolls Royce, manteneva il figlio in un appartamento da un milione di dollari a spese dell’azienda in crisi. Fu licenziato per aver messo a rimborso centomila dollari di vino. A questo punto lo scettro fu passato a un certo Paul Kazarian che lanciava boccali di succo d’arancia contro i collaboratori, sparava con la pistola ad aria compressa durante le riunioni e urlava cose come: «Pur di chiudere l’affare, succhiagli il cazzo a quel bastardo!». Non avendo chiuso abbastanza affari fu sostituito da Al Dunlap, un sadico dei licenziamenti, che minacciò la prima moglie con un coltello, non andò al funerale dei genitori e frodò la società falsificando il bilancio e intascando sessanta milioni di dollari…”.
In Italia questo non potrebbe succedere mai, specialmente in politica.
Su Repubblica del 29.07.2014 lessi un articolo di Nadia Urbinati (A chi tocca decidere). Coglieva un tema cruciale: “Oggi, i governi sono ancora sottoposti al controllo dei cittadini e delle costituzioni, sennonché altri sono i vincoli determinanti: quelli dettati dai mercati finanziari e dalle politiche monetarie dirette dalle banche.” Criticava la frenesia dell’ingegneria costituzionale del governo Renzi ma mi parve di cogliere come una sua valutazione di comportamento amatoriale degli attori governativi italiani di fronte alla crisi della “Forma Nazione”. A me, invece, sembrava che ci fosse un disegno politico.
Lettera spedita il 29.07.2014
Ho letto l’articolo di Nadia Urbinati su Repubblica del 29.07.2014. Penso che abbia toccato il punto della questione. Il richiamo alle armi spuntate degli Stati Nazionali dovrebbe spingere ad una certa cautela circa le mirabolanti riforme costituzionali discusse in questi giorni dal Parlamento italiano, dato che i punti di crisi sui quali intervenire sarebbero altri. Si insiste su una presunta efficienza dell’esecutivo successiva alle riforme: ma non è affatto chiaro per fare cosa. Se si volesse far fare un salto di qualità all’Italia, ed utilizzando gli strumenti già ora disponibili, si potrebbe intervenire sui progetti finanziabili con fondi europei coordinandoli con progetti di snellimento della burocrazia e della giustizia, e si cercherebbe di liberare quante più risorse per investimenti in ricerca, innovazione e istruzione: ricerche internazionali hanno inequivocabilmente dimostrato che è l’unico modo per aumentare la capacità competitiva. Approfittando del semestre europeo a guida italiana si potrebbe cercare di favorire decisioni continentali nella stessa direzione. Se ci si occupa d’altro, allora, è probabile che stia accadendo quello che è successo altre volte nella storia italiana: il tentativo dei ceti dirigenti (in senso lato) di mettere al sicuro il proprio ruolo di comando, a prescindere, nelle fasi di cambiamento. Alla fine del processo di riposizionamento dell’Italia nella divisione del lavoro a livello internazionale, i soliti noti avranno conservato o aumentato patrimonio e bottino, lasciando alla macelleria sociale il ruolo di sorgente delle risorse necessarie nel periodo di transizione.
Ci sono voluti molti secoli per affermare il principio democratico e del rispetto della legge uguale per tutti, governanti inclusi. Per l’Italia sembra invece che sia un optional.
“Non esiste la città che è di un solo uomo”
(Forum Leggere e Scrivere; 26 aprile 2016)
Eva Cantarella ha scritto un libro bellissimo, pubblicato da Feltrinelli nel 2015: “Non sei più mio padre. Il conflitto tra genitori e figli nel mondo antico.”
Si parte dai miti preolimpici e si arriva al V secolo a.C.: citazioni originali, interpretazioni di studiosi, considerazioni in soggettiva su uno dei rapporti familiari e sociali più delicati. Ci sorprendiamo a pensare che, come per i miti, gran parte del nostro immaginario affettivo era già presente ed attivo millenni fa. Riflettere sul Padre inevitabilmente porta a riflettere sulla Legge e sul Patrimonio e in ultima analisi sulla Politica.
Contemporaneamente leggevo un altro libro, un romanzo dedicato a far capire gli intrecci di Mafia Capitale aggiornati al 2015: Bonini-De Cataldo, La Notte di Roma, Einaudi 2015. Il libro, prezioso nel raccontare cosa accade dietro le quinte e la retorica della narrazione politica, è scritto benissimo; molti personaggi, in termini anche sincretici, ci illuminano sulla fauna politica operante nella nostra capitale. Il magistrato di Corte d’Assise Giancarlo De Cataldo ed il giornalista di cronaca giudiziaria Carlo Bonini sono esperti ed informati. Verso la fine ho avvertito un senso di stanchezza e mi sono domandato: possibile che scrivere un romanzo sulla politica italiana significhi scrivere sempre un romanzo criminale? Mi è venuta in mente una delle tante citazioni contenute nel libro di Eva Cantarella. Nell’Antigone di Sofocle, Creonte, alle parole (“Non esiste la città che è di un solo uomo”) del Coro e del figlio Emone che gli chiedono di riconsiderare la sua decisione sulla sorte della nipote [Antigone viene condannata a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta] afferma lapidario: “La città non appartiene a chi comanda?”.
L’affermazione della Democrazia avrebbe gradualmente corretto questa visione. Uno dei momenti di questo cambiamento è l’epoca di Thomas Hobbes, che ha sintetizzato questa nuova concezione dell’esercizio del potere nel “Leviathan”. A quest’opera è dedicato “Rileggere Hobbes oggi”, una bella monografia di Carlo Ginzburg (nel suo: “Paura reverenza terrore. Cinque saggi di iconografia politica”, Adelphi 2015) dove esamina la strana figura antropomorfa che compare sul frontespizio dell’opera originale (1651): il busto di un monarca con corona e nelle due mani una spada, simbolo del potere civile, ed un bastone pastorale, simbolo del potere religioso. La cifra più significativa si rivela ad un esame più attento: la figura è formata da numerosi visi. Un gioco grafico a significare che il potere viene esercitato in nome e per conto del popolo. Le parole scelte da Hobbes (paura, reverenza, terrore) vogliono descrivere il rapporto del cittadino della sua epoca con il potere: nel periodo di formazione degli stati nazionali, il Leviatano simboleggiava il progressivo monopolio della forza in capo allo Stato e la punizione terribile che avrebbe avuto un qualsiasi comportamento illegale.
Un modo per capire una nazione è studiare la sua letteratura. Roberto Scarpinato e Saverio Lodato propongono la loro interpretazione dell’Italia citando I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Il titolo che ho scelto per parlare del loro libro è la frase che i bravi rivolgono a don Abbondio, intimandogli di non celebrare le nozze di Lucia Mondella con Renzo Tramaglino. Oggi manca l’avvertimento mafioso ma i tassi di natalità, che in genere sono correlati alla formazione di coppie stabili, in Italia sono tra i più bassi al mondo. Si ha l’impressione che sia assente un’idea di futuro come nazione, il che ci riporta al tema iniziale di questa puntata.
“Questo matrimonio non s’ha da fare”
(Forum Leggere e Scrivere; 3 dicembre 2012)
“I Promessi Sposi” può essere letto per capire alcuni aspetti della gestione del potere che in Italia sono sopravvissuti ai secoli. Utilizzerò alcuni brani tratti da “Il ritorno del principe. La criminalità dei potenti in Italia ” (Chiarelettere 2008, 2012) un libro del giornalista Saverio Lodato e del magistrato Roberto Scarpinato, entrambi grandi conoscitori di Cose di Mafia. Vi chiedo un po’ di pazienza. Confido che la lettura vi interesserà.
“Il Metodo Mafioso come Metodo Nazionale” (pagg. 86 e segg. dell’edizione del 2012): “Il romanzo I Promessi Sposi di Manzoni descrive l’ordinarietà del metodo mafioso nell’Italia del Seicento… Potremmo dire che don Abbondio si piega ai voleri di don Rodrigo non solo perché ha timore dei suoi bravi- quelli che oggi chiameremmo i mafiosi dell’ala militare, gli specialisti della violenza- ma anche perché si trova in una condizione di assoggettamento e di omertà che deriva dalla consapevolezza del vincolo associativo che lega don Rodrigo ad altri potenti anche nel mondo ecclesiastico. Nella stessa condizione si trova l’avvocato Azzeccagarbugli cui Renzo si era rivolto nella speranza di trovare un rimedio legale contro la prepotenza, il quale rifiuta l’incarico quando apprende che avrebbe dovuto agire secondo legge contro un potente come don Rodrigo [che si comportava come fosse stato] al di sopra della legge. Don Rodrigo è pienamente consapevole che le proprie relazioni personali lo rendono indenne da conseguenze legali per il proprio comportamento criminale. Quando i bravi falliscono il tentativo di rapire Lucia nel paese natio, don Rodrigo insieme al cugino, il conte Attilio, stabilisce di intimorire il console del villaggio, di convincere il potestà a non intervenire, e di fare pressione sul conte Zio affinché faccia trasferire fra’ Cristoforo. Alla fine riesce nell’intento di rapire Lucia nel convento di Monza, dove si era rifugiata, grazie alla complicità di altri due esponenti del mondo dei potenti: suor Gertrude e l’Innominato. In un’Italia, quella del Seicento, dove non esistevano anticorpi sociali e legali contro il sistema di potere mafioso, Manzoni è costretto a far intervenire la Provvidenza perché la storia abbia un lieto fine: l’Innominato libera Lucia perché si converte colto da un’improvvisa crisi esistenziale. Don Rodrigo viene fermato dalla morte che lo ghermisce con il contagio della peste. In conclusione, la storia esemplifica come la sommatoria di potere criminale (i bravi) e di potere sociale (il vincolo associativo derivante dalla solidarietà interna al mondo dei potenti) si traduca in un abuso di potere personale che sostanzia il metodo mafioso. Un metodo con il quale milioni di italiani hanno convissuto per secoli da vittime…
Quando con il processo di unificazione nasce il primo nucleo di Stato di diritto nazionale, si verifica una divaricazione tra Costituzione formale [= le leggi approvate e vigenti] che vieta il metodo mafioso e Costituzione materiale [= il comportamento sociale e politico] che continua a considerarlo legittimo. Il metodo mafioso da palese diventa occulto. Oggi… il metodo mafioso [ha una] sua virulenza in quanto espressione fisiologica di un … codice culturale che, nato all’interno della classe dirigente, ha poi permeato nel tempo anche ampi settori dei ceti popolari … [che] hanno iniziato a praticare in proprio il metodo mafioso, affrancandosi dalla subalternità alle classi superiori e dando vita a proprie autonome organizzazioni.”
Francesco Benigno insegna Storia moderna presso la Scuola Normale superiore di Pisa: ci spiega quello che è accaduto con l’Unità d’Italia in La mala setta. Alle origini di mafia e camorra. 1859-1878, Torino, Einaudi 2015. Ecco alcuni brani di una sua intervista al Corriere della Sera (Così lo Stato arruolava i camorristi): “Importata direttamente da Parigi … L’attitudine di utilizzare criminali per controllare altri criminali. Il detto francese “fare l’ordine con il disordine” viene seguito alla lettera. E non solo nel Meridione. Nel mio libro ci sono molti esempi documentati che riguardano anche il Nord d’Italia … La prevenzione del crimine impone innanzitutto il possesso dell’informazione attraverso spie inserite nei vari strati sociali … L’uomo simbolo a Napoli è Liborio Romano, un liberale… [che] aveva gestito la transizione dal regime borbonico a quello garibaldino garantendo l’ordine pubblico grazie ad un esplicito accordo con la malavita. Accordo che continuerà con Garibaldi…poi lo Stato unitario fece lo stesso…i criminali vennero arruolati nel processo di costruzione dello Stato per proteggerlo contro i sovversivi: i repubblicani, gli anarchici e i socialisti…la camorra è stata parte integrante. … sembrava sparita, sulla carta, durante il fascismo. Poi è ricomparsa improvvisamente nel Dopoguerra. Come la mafia cresciuta con lo sbarco in Sicilia degli americani… È accertato che anche a Napoli gli alleati utilizzarono camorristi e mafiosi per garantire l’ordine. Diciamo che ci sono cose che si sono ripetute rispetto al periodo che va dal 1859 al 1878 … In alcuni documenti mi sono imbattuto in rivelazioni di pentiti dell’epoca che addossavano a frange deviate della polizia l’esplosione di alcuni ordigni durante la caccia agli anarchici … Bombe e stragi, ricorda un altro periodo buio della nostra storia [ma]… Le analogie le può fare solo il lettore. Io ho raccontato i fatti.”
La riflessione di Scarpinato e Lodato, e la ricerca storica di Benigno sono stati la necessaria premessa per il post successivo.
“Path dependence” è uno strumento utile per le analisi dei sistemi sociali e politici: le tradizioni sono indicatori della probabilità che alcuni avvenimenti si verifichino, che alcune strategie possano avere successo, per capire l’evoluzione di un settore economico. Douglass North, premio Nobel per l’economia nel 1993, lo applica in Istitutions, Institutional Change and Economic Performance, Cambridge University Press, 1990. Studioso dell’approccio delle Annales, Douglass North lo ha sviluppato ulteriormente regalandoci strumenti fondamentali. Senza aver letto le Annales (ma poi, chissà) gli statunitensi decisero di affidarsi all’aiuto dell’Onorata Società per invadere la Sicilia con uno sforzo bellico fino ad allora senza precedenti.
Una lunga trattativa
(Forum Leggere e Scrivere; 17 e 21 Agosto 2013)
Dalla presentazione editoriale: “Dalla vittoriosa cavalcata di Garibaldi aiutato dai picciotti siciliani durante la spedizione del 1860, agli omicidi impuniti d’inizio secolo che contaminano il tessuto economico-finanziario, all’alleanza col fascismo che si limitò a contrastare la manovalanza armata. Poi il patto di sangue con gli angloamericani nel 1943 per indirizzare la pace, seguito dagli omicidi e dalle stragi del dopoguerra perché la sinistra non avesse il sopravvento al Sud, fino alle tragiche vicende oggetto degli attuali processi. Difficile ammetterlo, però è così: la mafia è stata una risorsa decisiva per lo Stato italiano sin dai suoi albori unitari offrendo appoggio anche militare a chi vigilava sul controllo “democratico” del paese e talora a chi sosteneva veri e propri disegni eversivi. La magistratura non ce la può fare da sola a spaccare questa crosta spessa di bugie, inganni e depistaggi pilotati. In nome della pace e di una ragione che di Stato ha ben poco. Una pace insanguinata. Per la difesa di interessi internazionali, per il controllo del Mediterraneo.”
È un libro da leggere, da meditare, che fa preoccupare e incazzare. Rimanendo al periodo a noi più vicino, ci ricorda, per es., che nel trattato di pace firmato a Parigi dopo la seconda guerra mondiale fu inserito un elenco di nomi, rimasto segreto, che ci avrebbe fatto capire come i boss mafiosi sarebbero stati ultra-protetti ed anzi avrebbero avuto un ruolo politico e militare nei decenni successivi. Ci ricorda che il bandito Salvatore Giuliano era in realtà un ufficiale sabotatore della X Mas in missione dietro le linee e poi reclutato a fini anti-comunisti (Casarrubea- Cereghino. La scomparsa di Salvatore Giuliano. Indagine su un fantasma eccellente. Bompiani. 2013). Soprattutto, didatticamente, Fasanella ci guida attraverso brani di documenti pubblici, resi pubblici, desecretati, di inchieste private, giudiziarie, parlamentari lungo un percorso di lettura che converge verso una verità irrefutabile: la mafia appartiene al nucleo genetico del Regno e della Repubblica. Potrebbe essere altrimenti? Forse sì. Ma poi accadono cose che noi umani stentiamo a capire e ad accettare. Una delle parti più interessanti del libro è un’intervista a Reginald Bartholomew, ambasciatore USA in Italia nel periodo 1993-1999, morto nel 2012. Diplomatico di professione, fin da subito impiegato in missioni difficili in zone di guerra e di crisi internazionali armate, fu voluto dal presidente Clinton per intervenire in Italia sull’orlo di un Colpo di Stato: l’allora presidente del Consiglio Ciampi, che scampò per un pelo ad un attentato insieme al Presidente Scalfaro, parlò di P2. Come al solito la manovalanza era mafiosa e l’expertise militare: proprio quegli ambienti che in maniera clandestina e segreta avevano “garantito la democrazia” e che ora si scopriva avessero acquisito (inaspettatamente?) tendenze golpiste. Seguiamo il ragionamento di Fasanella. È basato sull’intervista all’ambasciatore effettuata nel 1999-2000, quando ormai era passato ad altro ruolo (l’intervista non fu pubblicata per un veto del Dipartimento di Stato USA) e su un colloquio del 2012 con Forgione, Presidente della Commissione Antimafia nel periodo 2006-2008: “I boss moderati come Provenzano capirono che la strategia … stragista dei Corleonesi di Riina non serviva più perché era perdente e creava nel paese un clima che non avrebbe favorito le attività delle cosche. E spinsero perché la mafia tornasse ad assumere un ruolo politico, riprendendo i rapporti con le famiglie americane, che hanno sempre privilegiato le buone relazioni con il potere rispetto allo scontro frontale. Dunque, i vecchi canali tra USA e Sicilia, che avevano funzionato già all’epoca dello sbarco alleato e nel dopoguerra, si riattivarono proprio mentre Bartholomew cercava di favorire la nascita di nuove forze” che avrebbero fatto parte del nuovo sistema politico. Il libro finisce con gli anni 1992-94 e ricorda il ruolo politico di Silvio Berlusconi, molto sollecitato da Cossiga e da Gianni Agnelli.
Si potrebbe aggiungere qualcos’altro. Si può ipotizzare che Provenzano, ambasciatore del “nuovo corso”, abbia effettuato dei viaggi in USA per accordarsi e per perfezionare i termini della partecipazione delle “nuove forze” di sua competenza, percorrendo in senso inverso quel viaggio effettuato dai boss italo-americani per favorire lo sbarco e poi l’occupazione della Sicilia e del mezzogiorno. Sarebbe interessante conoscere le “modalità organizzative” che hanno permesso a u zu Binnu di trasvolare e soggiornare in USA negli anni ’90. Considerate le attuali e peggiorate condizioni del nostro mezzogiorno, qualcosa deve essere andato storto nell’aiuto dei “cugini” americani all’Italia. Si presume che i “fratelli” siciliani ed i loro “cugini” abbiano contribuito soprattutto con massicci investimenti finanziari di riciclaggio, preferibilmente nel sud Italia, senza alcun contributo significativo al rinnovamento produttivo ed economico. È risaputo da millenni che le oligarchie tendono ad agire nel loro esclusivo interesse impoverendo e desertificando l’ambiente nel quale operano: le oligarchie criminali di più.
Il ruolo militare strategico dell’Isola nel mediterraneo è stato ricordato nella presentazione editoriale del libro. Il presidente della regione Siciliana Rosario Crocetta ha parlato di provocatori mafiosi infiltratisi nelle proteste per l’installazione del MUOS (l’importantissimo sistema di antenne militari USA) a Niscemi, tale da guastare la protesta stessa: saremmo in presenza del controllo economico e militare da parte della mafia di porzioni enormi del territorio nazionale, come da tradizione secolare. Di questo “nuovo corso” ringraziamo geniali statisti: statunitensi ed italiani.
Un paio di precisazioni. Al nucleo genetico del Regno e della Repubblica appartiene la “mafia” come modalità di governance occulta parallela a quella palese e legale. Quindi: la mafia siciliana, la camorra napoletana, la ‘drangheta calabrese. Fasanella, tramite testimonianze dirette, ci ricorda che l’impegno politico di Berlusconi fu voluto anche da quegli ambienti militari che, reclutati per combattere la guerra clandestina contro la sinistra, temevano di essere spazzati via nella fase politica che stava per aprirsi.
(continua)
Il Racconto del Potere, I Puntata – Armi di distrazione di massa
Il Racconto del Potere, II Puntata – La massoneria e l’amico americano
Il Racconto del Potere, III Puntata – L’egemonia culturale
Il Racconto del Potere, IV Puntata – Silvio Berlusconi e il delirio di onnipotenza
Il Racconto del Potere, V Puntata – La mafia, i còrsi, i narcos
Il Racconto del Potere, VII Puntata – Falcone, Borsellino e gli Altri
Il Racconto del Potere, VIII Puntata – La Questione Meridionale oppure qui (link esterni)
Il Racconto del Potere, IX Puntata – L’intervento esterno oppure qui (link esterni)
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