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Il Sudafrica sull’orlo del collasso

Il Sudafrica sull’orlo del collasso

Nota al mondo come il Paese più ricco e avanzato dell’Africa e come campione della democrazia nel continente, la cosiddetta Rainbow Nation è in realtà luogo di contraddizioni lancinanti. La naturale supremazia geopolitica che la geografia conferisce al Paese va infatti di pari passo con una serie crescente di disfunzionalità che rischiano di causare l’implosione dello Stato.

Geopolitica del Sudafrica

Collocato all’estremità meridionale del continente africano, spartiacque tra gli Oceani Atlantico e Indiano, il Sudafrica consiste in un grande sistema di altipiani delimitato lungo i margini da una catena di rilievi, la Grande Scarpata, che divide le zone costiere più umide da un interno secco. Nell’interno le altitudini degli altipiani permettono di mitigare il clima tropicale rendendo tali territori estranei alla piaga della malaria, caratteristica che, unitamente alla possibilità di praticare colture temperate come il mais e il grano (specificamente negli altopiani del nordest, l’Alto Veld), attrasse i coloni europei. Le coste invece, favorite dall’influsso benevolo del mare e dalla maggiore latitudine, presentano un clima mite, addirittura di tipo meditteraneo nella regione meridionale, dunque altrettanto favorevole all’insediamento umano e all’agricoltura. Assieme ad un clima favorevole all’attività antropica, la geografia del Sudafrica regala al Paese un sottosuolo favolosamente ricco. Gli altipiani interni infatti presentano una serie di importantissimi giacimenti minerari, in particolare di carbone, oro, platino e diamanti. È proprio l’industria mineraria a rappresentare la principale fonte di ricchezza del Sudafrica, in special modo della regione interna del nord-est in cui si trova la città di Johannesburg, vero e proprio heartland della nazione. La ricchezza generata in questa core region permette di sostenere e promuovere i settori finanziario, agricolo e manifatturiero nel resto del Paese, i quali rendono l’economia del Sudafrica più che discretamente diversificata. 

Centrale in questo sistema economico è la rete infrastrutturale (in special modo ferroviaria) che connette le coste all’interno, penetrando fin nei territori più settentrionali di Namibia, Angola, Botswana, Zimbabwe, Zambia e, addirittura, Congo. Tale capacità infrastrutturale, assente negli altri Paesi meno sviluppati della regione e dunque vicina al monopolio, fa del Sudafrica un nodo logistico fondamentale nel processo di estrazione, lavorazione e commercializzazione delle ingenti risorse minerarie presenti nell’intera Africa australe. Ciò produce un effetto catalizzatore delle dinamiche economiche endogene del Paese, rendendo la core region di Johannesburg il centro economico dominante della regione e le città portuali di Durban, Port Elizabeth e Città del Capo crocevia fondamentali e inaggirabili del commercio da e per l’Africa australe.

Il boom demografico vissuto negli ultimi decenni dal continente africano, favorendo una crescita interna legata all’aumento dei consumi, offre inoltre al Sudafrica la possibilità di valorizzare ulteriormente la propria posizione strategica al crocevia tra Oceani Atlantico e Indiano. In virtù della natura complementare delle economie delle due coste africane il Paese potrebbe trasformarsi in un hub logistico e manifatturiero in grado di fungere da ponte tra queste due realtà. Se infatti i Paesi collocati sulla costa atlantica hanno economie basate sull’esportazione di materie prime, in particolare petrolio, e non dispongono di sufficienti terreni coltivabili per sfamare la propria popolazione interna, quelli della costa indiana, viceversa, sono importatori netti di idrocarburi ed allo stesso tempo esportatori di prodotti agricoli. Ciò dà l’occasione ai grandi porti sudafricani di divenire scali commerciali di transito e centri manifatturieri specializzati nella raffinazione petrolifera e nel food processing.

Le contraddizioni interne

Sebbene la geopolitica sembrerebbe destinare il Sudafrica al successo tramite il naturale dominio dell’Africa australe, le contraddizioni politiche che affliggono la nazione rischiano di minarne dall’interno possibilità di successo. Per comprendere ciò è necessario mettere da parte il prisma geopolitico e passare all’analisi della politica interna del Paese. Oggi la condizione interna è talmente grave da spingere lo Stato sull’orlo dell’implosione, con una serie di problemi strutturali a livello politico, economico e razziale che hanno ormai raggiunto un vero e proprio punto di non ritorno. 

Da un punto di vista politico il problema fondamentale del Paese consiste nel monopolio del potere mantenuto dall’Africa National Congress dalla fine del regime di apartheid (1994) sino alla congiuntura attuale. L’ANC, partito del Nobel per la pace ed eroe nazionale Nelson Mandela, gode ancora oggi della rendita politica derivante dall’essere stato il partito che lottò contro il governo razzista bianco ponendo fine al suo regime discriminatorio. Il supporto quasi incondizionato della popolazione nera verso l’ANC è dimostrato dal fatto che esso, almeno fino al 2019, è uscito vincitore da tutte le elezioni nazionali con livelli di consenso superiori al 60%. Tale monopolio, distorcendo la natura democratica del sistema politico, ha fatto sì che il partito si trasformasse in un enorme sistema clientelare in cui il fenomeno della corruzione è diventato endemico coinvolgendo tutti i livelli dell’amministrazione pubblica. Questa dinamica, com’è ovvio, sta minando le fondamenta dello Stato sudafricano: importanti imprese pubbliche, come l’azienda energetica nazionale Eskom, la compagnia di bandiera SAA e l’impresa di gestione della rete ferroviaria e infrastrutturale Transnet hanno finito per essere oggetto di un nepotismo politico che na ha inficiato la situazione finanziaria. Al 2016 risale poi lo scandalo che ha rivelato alla nazione come l’influente famiglia indiana dei Gupta, a capo di un vero e proprio impero economico, fosse in grado di manipolare il funzionamento dello Stato tramite la collusione con nientemeno che il presidente del Paese, Jacob Zuma. Tuttavia, ciò che è peggio è che la dirigenza dell’ANC, una volta messe le mani su un’importante fetta della ricchezza nazionale, si è trovata a condividere gli interessi dell’élite economica bianca, optando così per il perseguimento di politiche economiche che favoriscono il mantenimento di un sistema profondamente ineguale e ingiusto. 

Conseguenza di ciò è il fatto che la disuguaglianza è addirittura aumenta dalla fine dell’apartheid, con la minoranza bianca che continua a detenere gran parte della ricchezza del Paese assieme a una ristretta élite nera. L’enorme disuguaglianza (il Sudafrica ha il più alto coefficiente di Gini al mondo, con il 10% della popolazione che detiene più del 90% della ricchezza) e gli incredibili livelli di povertà, con un tasso di disoccupazione che si aggira attorno al 30%, favoriscono a loro volta la crescita di una criminalità ormai dilagante, particolarmente insostenibile nelle grandi aree urbane. Quest’ultima poi ha avuto come effetto la crescita esponenziale dell’industria della private security, la quale, con un personale complessivo maggiore di quello delle forze di sicurezza pubblica, rappresenta oggi un freno decisivo alla criminalità alternativo alla sovranità statale. Come se non bastasse, a peggiorare ulteriormente il quadro vi è la piaga sanitaria causata dall’AIDS, della quale si stima sia affetto circa il 30% della popolazione. 

Simbolo della condizione in cui versa il Paese sono gli eventi che hanno interessato la nazione nell’estate del 2021, quando, a seguito dell’incarceramento del già citato Jacob Zuma, storico membro dell’ANC e presidente del Sudafrica dal 2009 al 2018, il Paese è stato percorso da una serie di violentissime sommosse. Protagonista di una stagione in cui il fenomeno della corruzione è cresciuto sino a diventare fuori controllo, Zuma si trova alla guida di un sistema clientelare talmente influente che esso, al momento del suo arresto, ha scatenato il caos sobillando masse di disperati che si sono abbandonate al saccheggio e alla violenza nelle principali aree urbane del Kwazulu-Natal, roccaforte politica di Zuma, e del Gauteng, cuore economico del Paese. Questa impressionante condizione di semi-anarchia, durata per ben sei giorni, ha potuto essere fermata solo per mezzo dell’intervento dell’esercito: lasciandosi dietro più di trecento morti e danni economici incalcolabili, tale drammatico evento ha rivelato al mondo la condizione esplosiva che ribolle nel Paese.

Sebbene nel 2018 l’ANC abbia spinto Zuma a cedere il posto di presidente a Cyril Ramaphosa, il quale nel 2019 ha vinto le elezioni  per l’ANC con “solo” il 58% dei voti, le prospettive per il Paese rimangono terribilmente cupe. La crescita del malcontento popolare, dettando la lenta ma progressiva erosione del supporto per l’ANC, lascia spazio per la crescita di partiti estremisti come l’EFF (Economic Freedom Fighters) di Julius Malema, movimento che reclama l’espropriazione e la nazionalizzazione delle proprietà in mano all’élite bianca. Strumentalizzando le enormi disuguaglianze economiche e il risentimento razziale nei confronti della popolazione bianca (e indiana) l’EFF si fa così campione di una serie di politiche populiste che rischierebbero di distruggere dall’interno l’economia sudafricana e che lo stesso ANC, in una condizione di minaccia alla propria sopravvivenza, potrebbe scegliere di perseguire nel tentativo di mantenere il potere a tutti i costi. Un’operazione violenta e non ragionata di espropri e ridistribuzioni in favore della popolazione nera rischierebbe infatti di causare la fuga e/o la perdita dei capitali e del know how necessari per l’amministrazione efficiente delle risorse nazionali. Particolarmente drammatica è la questione della redistribuzione della proprietà terriera, detenuta per il 70% dalla popolazione bianca: un’eventuale collasso dell’output agricolo infatti avrebbe conseguenze sulla sicurezza alimentare del Paese. Il rischio è quello del ripetersi di una dinamica analoga a quella che ha interessato lo Zimbabwe di Mugabe e, per certi versi, il Venezuela di Maduro.

Conclusione

Nonostante quella che, perlomeno in termini aggregati, è una economia ricca e sviluppata, il Sudafrica rimane una nazione percorsa da enormi tensioni economiche, politiche e razziali, le quali si sovrappongono dando luogo ad un mix estremamente esplosivo. La favorevole collocazione geopolitica nella punta del continente africano, in questo senso, non può nulla per alleviare le disfunzionalità che corrodono il Paese dall’interno spingendolo, giorno dopo giorno, verso il collasso. Il nodo fondamentale può essere condensato nella considerazione per cui il potere economico rimane nelle mani della minoranza bianca mentre quello politico risiede nelle mani di una maggioranza nera sempre più insoddisfatta che, lentamente, sta perdendo la fiducia storicamente riposta in una classe politica cooptata negli schemi della minoranza suddetta. Se nulla sarà fatto per affrontare le questioni della povertà, della disuguaglianza e della criminalità, magari cercando di promuovere politiche redistributive che conducano allo sviluppo di una robusta classe media, elemento fondamentale di stabilizzazione politica, il Sudafrica è destinato a implodere. Interessante sarà vedere in che modo lo Stato giungerà all’eventuale collasso. Potrebbe venire distrutto dall’interno da politiche populiste volte a ottenere il consenso di una massa sempre crescente di disperati da parte di una classe politica interessata al solo al mantenimento del potere. Oppure ancora, in virtù delle faglie economico-razziali che percorrono il Paese, potrebbe finire col disgregarsi in un processo estremamente violento dalle modalità balcaniche. Più probabile forse è il sovrapporsi delle due tipologie di dinamica.

Classe '99, laureato triennale in Filosofia (Padova) e studente magistrale di Relazioni Internazionali (Bologna). Appassionato di geopolitica.

Comments

  • Maria Cristina Tagliabue
    6 Gennaio 2022

    Molto interessante e allarmante, ho conosciuto una parte del paese una trentina di anni fa e mi dispiace sapere che sta ritornando al passato…

  • Steve
    13 Giugno 2023

    Davvero una critica azzeccata.Complimenti analisi perfetta…ci sono scappato da subito..1996..e l’unica cosa che non hai menzionato è la diaspora dei bianchi sudafricani…circa quasi 3 milioni

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