La guerra in Ucraina provocherà una crisi alimentare globale?
In questi ultimi giorni si è parlato molto di quelle che saranno le ripercussioni sul mercato energetico delle vicende ucraine e delle conseguenti ricadute sull’economia europea, di cui l’Italia è parte integrante. Di altrettanto interesse sono però gli effetti che l’attuale escalation avrà sul mercato agricolo mondiale: la guerra che al momento infiamma l’Ucraina — collocandosi in una congiuntura di per sé già estremamente critica — è destinata ad innescare un aumento vertiginoso del costo dei beni alimentari, in primo luogo del grano. Se le nazioni del mondo sviluppato subiranno i rincari sotto forma di un’ulteriore spinta all’inflazione, per i Paesi in via di sviluppo si prospetta invece la minaccia della carestia. Difficile fare una previsione sull’instabilità politica che ne seguirà. Quel che è certo invece è che essa avrà diramazioni globali.
Le due direttive della crisi: aumento del costo degli input e riduzione dell’offerta
La crisi alimentare che riguarderà nei prossimi mesi il mercato agricolo mondiale sarà determinata da due pesanti contraccolpi sul lato dell’offerta: uno indiretto — già in atto prima della guerra e accelerato da essa — e uno diretto, immediatamente connesso alle vicende esteuropee.
La prima causa dell’incremento del costo dei prodotti agricoli è l’aumento del prezzo di due input fondamentali per la moderna agricoltura meccanizzata, ossia fertilizzanti e pesticidi, sintetizzati chimicamente a partire, rispettivamente, dal gas naturale e dal petrolio, il cui prezzo sale oggi vertiginosamente. Viene in mente il caso del Cerrado brasiliano: questa immensa regione, storicamente considerata improduttiva, è divenuta il centro della produzione agricola del Brasile a partire dagli anni Novanta a seguito della scoperta, realizzata dall’impresa nazionale Embrapa, della possibilità di correggere artificialmente la fertilità del suolo. Tale manipolazione del terreno ha permesso una crescita esponenziale dell’output agricolo, favorendo così l’ascesa del Brasile al ruolo di gigante mondiale dell’export agroalimentare. Da questo punto di vista, l’aumento del prezzo degli idrocarburi è sicuramente un fenomeno già in atto e determinato soprattutto dalle ripercussioni dell’emergenza covid (interruzione delle catene globali del valore e oscillazioni della domanda). Le recenti vicende ucraine, tuttavia, alimentando l’incremento del prezzo dei beni energetici, finiscono con l’aggravare la già difficile sfida posta dalla pandemia.
La seconda causa dell’imminente crisi alimentare globale è, invece, molto più diretta e di facile comprensione. Russia ed Ucraina sono, rispettivamente, il primo ed il quinto esportatore mondiale di grano, per un totale che si avvicina a circa un terzo del commercio globale. Se la guerra, come presumibile, fosse destinata a continuare, è estremamente probabile che la produzione ucraina scompaia dal mercato e quella russa divenga soggetta ad interruzioni. Una così grave diminuzione dell’offerta globale, ovviamente, comporterebbe un notevole aumento nel costo di una serie di beni alimentari di prima necessità. Oltre al grano, infatti, anche ingenti quantità di mais e olio di girasole sarebbero coinvolte in un’eventuale interruzione delle supply chains. Nella sola prima settimana di guerra i mercati mondiali hanno già assistito ad un rincaro del 13% del costo del grano e del 29% del prezzo del mais. Un trend preoccupante che è destinato a non arrestarsi nel breve periodo.
Conclusioni
Il libero accesso ai mercati mondiali reso possibile dal controllo statunitense delle principali rotte di commercio marittime — noto anche come globalizzazione — ha fatto dimenticare la precarietà di reti di approvvigionamento estremamente fragili. La crisi ucraina ricorda oggi la natura non affatto scontata dell’assetto mondiale attualmente vigente, paventando lo spettro di una grande recessione economica globale. Se per i Paesi sviluppati ciò si concretizzerà nella forma di una devastante inflazione (alimentata più in generale da un aumento del costo delle materie prime), per quelli in via di sviluppo si prospetta invece la minaccia della carestia e del collasso interno. Un illustre precedente preannuncia i probabili sviluppi dell’incombente crisi alimentare: le agitazioni che tra 2010 e 2011 incendiarono il Medio Oriente — uno dei principali mercati d’esportazione ucraino e russo — passate alla storia col termine giornalistico di “primavere arabe”, ebbero come fattore scatenante un grave calo della produzione agricola russa causato dal cattivo raccolto del 2010. Gli effetti di queste drammatiche vicende, com’è noto, non sono rimasti confinati alla regione, bensì hanno finito col contagiare l’Europa portando la guerra alle sue porte (si chieda all’Italia a proposito) e destabilizzando il continente con flussi incontrollati di profughi. Una cosa è dunque certa: lungi dal rimanere un fatto meramente regionale, il caos ucraino è destinato a riversarsi sul mondo intero.
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