Lo strano caso di Mukhtar Robow
Un ex terrorista somalo si lancia in politica ma la sua ascesa è fermata dall’arresto da parte delle truppe etiopi. Chi ha voluto impedire a Mukhtar Robow di diventare un protagonista della politica del tormentato Paese del Corno d’Afrcia?
Il giorno 13 dicembre 2018, la rapida ascesa politica di Mukthar Robow Mansur, candidato alla carica di governatore dello stato sud occidentale della repubblica federale somala, fu bruscamente interrotta dall’arresto operato da truppe etiopi presenti nella città di Baidoa, esterne alla cornice istituzionale della missione Amisom. La presenza di truppe etiopi sul territorio somalo non inquadrate nella missione Amisom, costituirebbe una prova del tentativo di Addis Abeba di espandere la propria sfera di influenza nel confinante stato somalo.
Secondo la tesi sostenuta da Radio Dalsan, un’emittente radiofonica che ha appoggiato la campagna elettorale di Robow, le truppe etiopi avrebbero torturato il candidato dopo l’arresto.[1]
Alla cattura del leader islamista, operata in modo illegale secondo lo speaker del parlamento Mohamed Mursal Sheikh Abdirahman[2], seguirono 3 giorni di violenti scontri tra i sostenitori di Robow e truppe somale ed etiopi, che causarono 12 morti.
Lo speaker parlamentare nel febbraio del 2019 caldeggiò per l’immediato rilascio del candidato governatore, sostenendo che l’arresto venne attuato in maniera arbitraria, in assenza di un dispositivo giudiziario e violando i diritti umani di un cittadino somalo.
Della stessa opinione di Abdirahman, fu Nicholas Haysom, inviato speciale per il segretario delle Nazioni Unite in Somalia, che a seguito dei dubbi espressi al governo somalo sulla legalità dell’arresto del candidato governatore, fu dichiarato persona non grata ed invitato a lasciare il paese nel più breve tempo possibile.[3]
Il cursus honorum d Robow, prima della sua discesa in politica è tutt’altro che invidiabile. Nato nel 1969 a Xudur, membro del clan Rahanweyn, dopo gli studi a Karthoum e Mogadiscio, militò nella formazione terroristica al-Itihad al-Islamiya (AIAI), combattè in Afghanistan a fianco dei Talebani e fu tra i fondatori della formazione terroristica Al Shabaab (AS), implicata nel caso del sequestro di Silvia Romano, di cui divenne uno dei leader ed il portavoce ufficiale. [4]
Entrato in contrasto con il capo dell’organizzazione Ahmed Abdi Godane, per timore di essere ucciso abbandonò i ranghi del gruppo nel 2013 e si arrese alle forze di sicurezza somale nell’aprile del 2017.[5]
Oltre alla legittima ambizione personale, altri fattori esterni potrebbero aver influito sulla decisione dell‘ex terrorista islamico di intraprendere una carriera politica. Quelle che mi accingo a formulare sono due semplici congetture, diametralmente opposte e prive di immediati e certi riscontri.
Una prima ipotesi è che dietro la discesa in campo di Robow possa celarsi anche un tentativo di AS di inserirsi nel tessuto politico del paese.
Aldilà dell’abbandono ufficiale della fazione terroristica da parte Robow nel 2013, a seguito dei contrasti con Godane, l’ipotesi di una riconciliazione dell’ex numero due di AS con gli attuali vertici del gruppo, per quanto inverosimile, non è totalmente da escludere. I vantaggi reciproci di questa rinverdita unione sarebbero notevoli. Per il gruppo terroristico si tratterebbe di un successo strategico mai raggiunto: avere un proprio rappresentante alla guida dello stato sud occidentale della repubblica federale.
Per il candidato governatore il ristabilirsi di quest’alleanza potrebbe essere fonte di appoggio, finanziamenti, sostegno e garanzia di amnistia per i trascorsi rapporti conflittuali con la compagine jihadista .
La seconda congettura, diametralmente opposta, è che l’aver consentito la candidatura di Robow abbia rappresentato il culmine della strategia di amnistia e contro-insorgenza messa in campo dal presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo, a partire dalla sua elezione nel 2017, volta a pacificare le aeree del paese dove AS aveva ancora un’effettiva influenza.
La resa di Robow alle forze di sicurezza somale nell’aprile 2017 sembrò una diretta conseguenza di questa politica, indirizzata ai combattenti di Al Shabaab che decidessero di deporre le armi ed abbandonassero la lotta armata, certificando il successo politico e simbolico della strategia di Farmajo.[6]
La luce verde concessa in un primo momento a Robow per la sua discesa in campo, seguita ad onor del vero dopo un breve lasso di tempo da infruttuosi tentativi governativi di bloccarne l’iter, potrebbe quindi essere interpretata come la punta estrema di questa strategia del presidente; una testa di ponte a mo’ di esempio per altri leader della fazione terroristica, persuadendoli ad abbandonare la clandestinità e la lotta armata per inserirsi nel tessuto sociale dello stato somalo. Uno stato capace di dare una seconda chance a chi si redime dal proprio passato violento, fino ad offrirgli la possibilità di ambire alle sfere più alte delle istituzioni dello stato.
Altro perno di questa strategia fu la promessa di fornire in appositi centri creati in alcune zone del paese, formazione, educazione e lavoro ad i soldati semplici che avessero disertato e si fossero arresi.[7]
Precedenti storici di queste tipologie di intervento, basate sul dialogo e sull’amnistia, sono riscontrabili in altri paesi con esiti positivi. È il caso delle Filippine ad esempio, dove l’accordo tra il governo e la formazione terrostica MILF (Moro Islamic Liberation Front) portò a pacificare la regione di Mindanao.[8]
Altro esempio positivo è quello dello stato algerino, dove sotto il governo Boutlefika oltre 7000 jihadisti si arresero all’autorità algerine tra il 2000 ed il 2010. Secondo l’opinione dell’esperto di terrorismo algerino Mohamed Mokkedem, direttore della testata Ennahar, le politiche di amnistia e riconciliazione incisero significativamente sulla diminuzione di terroristi in attività.[9]
Nella storia contemporanea della stessa Somalia sono presenti casi di ex terroristi che hanno raggiunto posizioni di comando e potere nelle istituzioni somale.
Zakariya Hersi, una figura chiave dell’Amniyat, la divisione di intelligence di AS, che disertò nel 2014, è oggi a capo del servizio di intelligence interno dello stato somalo. Ahmed Mohamed Islam, noto anche come Ahmed Madobe, anch’egli effettivo di AS, venne eletto nel 2013 presidente della regione del Jubaland, nella parte sud dello stato somalo.[10]
E’ legittimo chiedersi perchè un simile destino non sia toccato in sorte a Mukthar Robow e per quale motivo il governo somalo abbia fatto marcia indietro sulle proprie scelte, ordinandone l’arresto in prossimità delle elezioni. Anche in questo caso si possono solo formulare delle mere congetture ed ipotesi.
È difficile ipotizzare che questa marcia indietro sia da attribuirsi al tardivo ravvedimento del governo somalo in merito all’impresentabilità del candidato visto il suo passato di terrorista. Le pocanzi citate esperienze in patria di Hersi e Madobe ed altri precedenti illustri della storia contemporanea di altri paesi sconfesserebbero quest’ipotesi. Benchè con i doverosi e dovuti distinguo, Nelson Mandela,Yitzhak Rabin e Menachem Begin, prima di assurgere alle massime cariche del Sud Africa e di Israele, militarono rispettivamente nelle formazioni paramilitari del MK, Irgun ed Haganah, che nel corso della loro storia compirono anche attacchi terroristici in cui rimasero coinvolti dei civili.
Una seconda ipotesi è che Farmajo abbia deciso di stoppare l’ascesa per pressioni operate direttamente dalla vicina Etiopia, principale attore nello scenario del Corno d’Africa. Se da una parte quest’ipotesi potrebbe spiegare il coinvolgimento diretto delle truppe etiopi nell’arresto, altre motivazioni chiare su cosa possa aver reso persona tanto invisa ad Addis Abeba l’ex numero due di AS da richiederne l’uscita dai giochi, appare tutt’altro che chiaro.
L’ipotesi più accreditata su questo brusco freno alla campagna elettorale di Robow è forse che il presidente Farmajo ed il primo ministro Hassan Ali Khayre abbiano visto in lui un potenziale pericolo, un avversario capace, grazie al suo carisma, alla sua popolarità ed alle sue accreditate possibilità di vittoria, di ergersi a simbolo di indipendenza nel confronti del potere centrale da loro rappresentato.[11]
Quale che sia effettivamente la ragione che ha portato all’arresto del candidato governatore, secondo l’autorevole giudizio di Cristopher Anzalone, di sicuro avrà un impatto negativo nella strategia di antiterrorismo del paese somalo. L’arresto e la detenzione di Robow potrebbero di fatto avere l’effetto di dissuadere altri potenziali disertori ad abbandonare AS per evitare di fare la sua stessa fine.[12]
Nella pratica dei fatti, nonostante l’arresto di Robow, l’attività del governo somalo di persuasione di ufficiali maggiori di AS volta a farli defezionare non si è arrestata.
Nell’aprile
del 2019 Aden Abdi Mohamed noto come Aden Obe, e Food Aden Mohamoud, due
importanti ufficiali del movimento nella regione di Gedo nel sud ovest del
paese, da tempo in contatto con rappresentanti del governo federale, decisero
di disertare e di consegnarsi nella città di Bardhere.[13]
[1] https://www.africanews.com/2018/12/13/ethiopia-troops-raid-torture-ex-al-shabaab-deputy-somali-media/
[2] https://www.thesstar.com/somali-parliamentary-speaker-calls-for-immediate-release-of-mukhtar-robow-terms-his-arrest-illegal/
[3] https://www.theguardian.com/global-development/2019/jan/03/somalia-expels-top-un-official-over-interference-with-internal-affairs
[4] https://www.counterextremism.com/extremists/mukhtar-robow
[5] https://www.nytimes.com/2017/08/13/world/africa/al-shabab-abu-mansoor-mukhtar-robow-somalia.html
[6] Luca Puddu “Possibili conseguenze della crisi del Golfo sull’agenda politica del governo federale” pg. 42-44 https://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/DocumentiVis/OS_Pubb_File_Singoli_per_Area/Corno_dAfrica_Africa_Meridionale/2017/07_Puddu_OS_03_2017_ITA.pdf
[7]CFR: https://www.youtube.com/watch?v=b2cG8WgxUPk&list=FLP71IMKAxWHxpcIOEu-wopA&index=9&t=0s e
https://www.bbc.com/news/world-africa-39513909
[8] https://www.trtworld.com/magazine/what-robow-s-arrest-means-for-somalia-and-al-shabab-23957
[9] Djallil Lounnas MENARA Working Papers No. 16, October 2018 “JIHADIST GROUPS IN NORTH AFRICA AND THE SAHEL:BETWEEN DISINTEGRATION,RECONFIGURATIONAND RESILIENCE” pag.5 : https://www.iai.it/sites/default/files/menara_wp_16.pdf
[10]https://www.trtworld.com/magazine/what-robow-s-arrest-means-for-somalia-and-al-shabab-23957
[11] https://warontherocks.com/2019/01/the-saga-of-mukhtar-robow-and-somalias-fractious-politics/
[12] https://www.trtworld.com/magazine/what-robow-s-arrest-means-for-somalia-and-al-shabab-23957
[13] https://www.voanews.com/africa/senior-al-shabab-leader-defects-surrenders-somali-government locked0 Int
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