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L’Etiopia nel caos: da guerra civile a conflitto regionale?

Etiopia guerra Tigray

L’Etiopia nel caos: da guerra civile a conflitto regionale?

Come era già stato scritto in un articolo precedente, nel Corno d’Africa si sta scatenando un conflitto che sta coinvolgendo in particolare una Regione dell’Etiopia, il Tigrè, ma che come si poteva immaginare si sta speditamente allargando anche verso l’Eritrea ed il Sudan.

Le truppe del governo di Abiy stanno schiacciando militarmente le truppe tigrine verso il confine eritreo, ovvero quel lembo di terra che aveva già vissuto tra il 1998 e il 2000 una sanguinosa guerra, trionfata dalle truppe del TPLF, ma con costi pesanti per le vite umane perse.

Il 14 novembre 2020, 10 giorni dopo l’inizio del conflitto, dei missili lanciati dal Tigrè hanno colpito la città di Asmara, capitale dell’Eritrea, per cercare di internazionalizzare il conflitto e magari coinvolgere qualche attore internazionale verso la causa del TPLF. Questo perché secondo il governo federale tigrino, l’Eritrea starebbe collaborando con l’Etiopia fornendo supporto logistico e militare.

Il presidente del governo federale del Tigrè, Debretsion, ha denunciato che le truppe del TPLF non starebbero adesso combattendo sul solo fronte etiope, ma che dall’altra parte si starebbero difendendo da circa 16 divisioni dell’esercito eritreo.

La rete di ONG riporta delle notizie molto preoccupanti anche sul confine sudanese. Amnesty International riporta delle testimonianze circa un massacro pervenuto nella città di Mai-Kandra, nel Tigrè, avvenuto tra il 9 e il 10 novembre. Questa “macelleria messicana” sarebbe stata portata avanti, secondo i testimoni locali, da parte delle forze fedeli al TPLF dopo l’avanzata delle truppe del Governo di Addis Abeba, particolarmente nei confronti di quelle persone che possedevano documenti attestanti la loro appartenenza alla limitrofa Regione del Amhara. Amnesty International però non è riuscita ad ottenere maggiori informazioni poiché il territorio conteso è praticamente isolato, e quindi risulta sempre più difficile ottenere notizie certe.

Quel che è certo è che come in tutte le guerre si crea un flusso di persone che scappano proprio da queste terre contese, e che queste persone diventano dei veri e propri martiri, perché non solo hanno perso i propri averi, i propri cari, il diritto di abitare nella propria terra, ma devono anche misurarsi con “la colpa” di essere diventati profughi di guerra. Molte di queste persone sono dovute scappare dal Tigrè per rifugiarsi nel confinante Stato del Sudan.

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, è estremamente preoccupata per l’aggravarsi della crisi nel nord dell’Etiopia,  soprattutto perché questo conflitto sta costringendo migliaia di persone alla fuga verso il Sudan, tra cui anche molti bambini. I dati forniti non potranno essere accurati, ma gli sfollati si aggirano tra le 30.000 e le 40.000 persone.

La situazione è veramente confusa, ed il fatto che ci siano poche informazioni a riguardo, rende ancora più caotico il quadro generale.

Il presidente federale Debretsion ha richiamato l’attenzione delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana al fine di condannare l’avanzata del Governo etiope: il presidente, da un lato ha affermato che vorrebbe instaurare un dialogo per porre fine al conflitto, dall’altro invece ha affermato che non ha nessuna intenzione di parlare col tiranno criminale Abiy.

L’ultimo episodio che possiamo segnalarvi è che il 23 novembre la capitale del Tigrè, Mekelle, sarebbe stata circondata dall’esercito etiope, che adesso si troverebbe alla distanza di circa 50 Km.

Payton Knopf, consigliere dello United States Institute of peace, sulle pagine del Financial Times paragona la situazione etiope a quella jugoslava degli anni 90, ovvero ad uno Stato di Nazioni in deterioramento, che nel caso etiope sarebbe uno Stato di etnie. Per l’Europa invece, questa situazione dovrebbe portare ad uno stato di preoccupazione, poiché gli eventuali sfollati sarebbero portati ad effettuare il viaggio della speranza verso il ricco Occidente con le vicissitudini che soprattutto l’Italia dovrebbe conoscere. La seconda ondata del Covid-19 sta distraendo fortemente sia l’opinione pubblica, sia i governanti europei. Gli Stati maggiormente preoccupati a livello economico da queste tensioni sono invece la Turchia e la Cina per la presenza di molte imprese in questi territori, mentre la Russia sta cercando di avere maggiore influenza militare in Sudan e nel Corno d’Africa attraverso la costruzione di una base militare sul Mar Rosso. Uno Stato che secondo gli  analisti politici potrebbe trarre ingenti benefici da questa guerra, e da una eventuale destabilizzazione del territorio tra Etiopia e Sudan, sarebbe l’Egitto, che potrebbe riprendersi una grande rivincita sul controllo del Nilo dopo la costruzione della diga GERDin Etiopia sul Nilo Azzurro, che aveva generato una disputa internazionale tra Etiopia, Egitto e Sudan. Nel frattempo, mentre alcuni attori sono distratti (o miopi), altri cercano di conquistare influenza in questa area geografica, e quel che potrebbe chiarire la situazione sarebbe scoprire chi starebbe finanziando o armando il TPLF, e se questo conflitto sia stato voluto proprio al fine di scatenare un inferno in una terra che non riesce a trovare pace.

Nato a Bari il 20/12/1994. Ha conseguito la laurea specialistica presso la facoltà di Scienze politiche nell'Università LUISS Guido Carli a Roma. Dopo aver ottenuto una laurea triennale in Scienze politiche presso l'Università degli studi di Bari con lode, ha completato i suoi studi presso la LUISS svolgendo un corso in Relazioni internazionali sempre col massimo dei voti. I suoi ambiti di studio prediletti riguardano prevalentemente la politica sociale europea e gli effetti della globalizzazione nel Mercato del lavoro.

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