Recensione dello studio “Cibo & Migrazioni” – Parte 2
Continuiamo con la recensione fatta da Andrea Pentimone del report “Cibo & Migrazioni” di MacroGeo in collaborazione con il Barilla Center for Food and Nutrition foundation (BCFN). Buona Lettura!
La dinamica ambientale è invece un’altra questione sempre più dibattuta, tanto che, come avevo già anticipato prima, «sebbene la resa generale osservata aumenti grazie allo sviluppo tecnologico, le rese non stanno migliorando ad una rapidità sufficiente a tenere il passo con la domanda prevista per il 2050 di derrate alimentari, mangimi ed energia […] Secondo le previsioni, la frequenza degli episodi di siccità da moderata a grave per periodi di tre mesi aumenterà in tutta la regione transmediterranea e rispetto al periodo storico, da due a cinque volte, mentre per il mondo l’aumento è più basso, poiché risulta essere da due a tre volte maggiore.
In particolare l’Europa mediterranea, seguita dall’Europa centrale e dal Medio Oriente, subiranno l’aumento più forte della frequenza dei periodi di siccità, che saranno da sei a sette volte più frequenti al periodo storico. I risultati in caso di siccità prolungata (sei mesi) indicano che l’Europa mediterranea e il Medio Oriente saranno le regioni più colpite, da una frequenza da due a quattro volte maggiore rispetto al periodo storico.»
L’adattamento ad un eventuale cambiamento climatico è possibile, ma non sempre, e sono proprio prolungati fenomeni di siccità e determinate concause geopolitiche di sfruttamento di mari o dighe per l’energia elettrica nella fascia del Sahel ad aver causato per esempio l’ingente migrazione di pescatori senegalesi o l’insediamento di ditte cinesi e indiane su importanti vie navali africane come il Niger e il Nilo: «In questi ultimi anni, società straniere del Golfo, indiane cinesi o di altri paesi – anche europei – hanno acquistato milioni di ettari di terreni in Africa. Ad un paese come l’Arabia Saudita non manca la terra per la produzione alimentare, ciò che manca è l’acqua. Lo stesso vale per il subcontinente indiano – dove l’acqua è stata esaurita da decenni di irrigazione insostenibile – o per la Cina.»
All’interno della stessa area africana vi sono inoltre forti disparità tra le zone considerate, a causa dei legami storici e prevalenti di alcune di queste zone con i paesi del Mediterraneo, di particolari nuovi accordi politici ed economici con potenze come Cina, India, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Italia, per la presenza di snodi di immigrazione rilevanti (oltre l’80% delle migrazioni africane sono interne allo stesso continente) come Agadez in Niger, oppure l’apporto economico rilevante operato dalle rimesse dei migranti all’estero sul PIL del paese d’origine.
«Nell’intera regione dell’Africa subsahariana, quasi una persona su quattro soffre la fame, mentre in Africa occidentale e meridionale l’incidenza è al di sotto del 10%, nell’Africa orientale è al di sopra del 30% e in Africa centrale al di sopra del 40% […] È bene ricordare che, pur contando più di duecento milioni di persone che soffrono la fame, la maggior parte degli abitanti dell’Africa subsahariana non sta morendo d’inedia. Tuttavia, la presenza di fame cronica non è sempre evidente perché l’organismo compensa la dieta inadeguata rallentando l’attività fisica e, nel caso dei bambini, rallentando la crescita.»
L’Africa è sì un continente che negli ultimi decenni ha registrato una nuova crescita economica considerevole, ciononostante «non ha generato molta occupazione», come osserva Fabrizio Maronta nella sezione da lui curata sulla concreta disponibilità e crescita delle risorse nei principali punti di snodo dei flussi migratori in Africa, «perché [la crescita] si è concentrata in settori ad alta concentrazione di capitale, come l’industria estrattiva, o i prodotti primari che non richiedono molta manodopera. In presenza di una crescita demografica rapida, ciò costituisce un problema. […]
I giovani hanno una probabilità di disoccupazione tre volte maggiore rispetto agli adulti. La metà dell’intera popolazione giovanile o è disoccupata o è inattiva, mentre il 35% è impiegato in posti di lavoro precari. La disparità di genere peggiora la situazione delle donne.» Una risorsa sempre più rara dove i periodi di siccità cominciano ad allungarsi oltre il sostenibile è ovviamente la mancanza di una risorsa preziosa come l’acqua, ancora più rara se la si sta cercando potabile. L’avvertimento è conciso e senza tanti giri di parole: «Nel 2030, un numero compreso tra 75 e 250 milioni di africani (prevalentemente nella regione subsahariana) potrebbero abitare in aree ad alto stress idrico, e ciò potrebbe generare un numero di sfollati dai 24 ai 700 milioni. Le fonti di acqua di superficie sono spesso altamente inquinate, e l’infrastruttura di tubazioni per far arrivare l’acqua dalle fonti pulite di acqua dolce alle regioni aride è costosa.»
Le rotte migratorie analizzate della zona presa in considerazione (Mediterraneo) hanno reso tutte molto evidente come l’immigrazione costituisca a tutti gli effetti un “business” che va a ricoprire zone più o meno grigie del mercato. Lo stesso traffico di esseri umani «è un’impresa complessa che si annida nelle politiche economiche locali, non necessariamente violenta, e che gode di sostanziale impunità che conta su sistemi corruttivi ben oliati.» Il transito dei migranti trasforma il territorio, altre volte essi molto spesso ricalcano antiche rotte utilizzate anticamente proprio «per il contrabbando delle derrate alimentari provenienti dal Nord e dei braccianti agricoli provenienti dal Sud».
Discutibile è secondo la sezione gestita da Luca Raineri l’attuale gestione dei flussi di migrazione: «una vera e propria bomba a tempo». Egli afferma che «se la legittimazione dell’attuale quadro normativo che esternalizza i controlli di frontiera resta discutibile, le emergenze umanitarie e le polemiche politiche derivanti da tale situazione rischiano di diventare nel lungo periodo insostenibili e di inasprire ulteriormente le tensioni esistenti e le forti divergenze sulla questione della sicurezza.».
1 – Recensione dello studio “Cibo & Migrazioni” – Parte 1
2 – Continua.