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La pandemia e la crisi dell’ordine sociale

La pandemia e la crisi dell’ordine sociale

Ai fini dell’interpretazione e della comprensione delle dinamiche proprie dello scenario derivante dall’emergenza sociale scaturita dalla diffusione del Covid-19 è quanto mai utile un’analisi sociologica al fine di evidenziare le prospettive e gli scenari possibili nella fase post-emergenza. Di questo parla un nuovo, giovane collaboratore, Lorenzo Villani, che oggi esordisce sul sito. Nell’ottica dell’autore, usare la nozione di anomia nell’accezione durkheimiana risulta dunque funzionale per giungere ad uno degli scenari possibili.

Il Covid-19, e la conseguente crisi    generatasi dalla sua diffusione, hanno messo in luce le contraddizioni e le criticità della moderna società post-industriale.

La situazione finanziaria mondiale rimane ancorata ad un immobilismo che rende difficile qualsiasi prospettiva di positività rivolta verso il futuro.

Ma cosa si intende con la parola “futuro” alla luce delle condizioni politico-sociali emerse da tale emergenza?

L’incertezza della classe dirigente, italiana e globale, lascia preludere un’indeterminatezza che non intende riguardare solo il breve periodo. Un articolo pubblicato su Forbes dal titolo “Come sarà la nostra vita dopo il corona virus – nulla rimarrà uguale“, in un’ottica globale, evidenzia le criticità di una società prossima alla decadenza.

Prendendo in esame gli avvenimenti che si susseguono in queste ore negli Stati Uniti, in relazione ai fenomeni sociali generatesi dall’emergenza, è possibile osservare come l’individualismo, proprio della concezione neoliberista dell’ordine sociale, sia mirato verso la salvezza dell’individuo in quanto singolo, neutralizzando le opposte concezioni di comunità e collettività.

Ma se la concezione individualista dovesse venire meno?

La società del tardo capitalismo (come indicata da Marcuse) sarebbe pronta ad un radicale cambiamento mirato alle sue radici?

Durkheim offre spunti di riflessione utili al fine di prevedere le potenziali prospettive sociali che potrebbero interessare la società contemporanea.

Il quadro sociale generale è chiaro: l’ordine normativo che ha caratterizzato e regolamentato fino ad oggi la nostra quotidianità, sia in termini politici che relazionali, è prossimo al decesso.

In altri termini, il mondo come lo conosciamo è destinato a cambiare volto. Le prossime sembianze che assumerà la società sono indefinite. Ed è tale incertezza che rievoca la nozione di anomia elaborata da Durkheim.

Letteralmente il termine “anomia” vuol dire “privo di leggi“. Le norme cui tale dimensione fa riferimento sono quelle necessarie alla regolamentazione dell’azione individuale, e, nel complesso, dello svolgimento di essa in ambito sociale.

L’assenza totale di norme genera stati di confusione e indeterminatezza nel tessuto sociale. Fattore, questo, che può condurre a fenomeni di mobilitazione delle coscienze, ossia vere e proprie ondate emotive che travolgono la collettività nella malinconia, insicurezza, o, sul piano generale, nel più vasto spettro dei sentimenti collettivi.

È da precisare che con il termine “norme” si fa riferimento non solo all’elemento legislativo, ma anche a tutta l’impalcatura sociale che conferisce ordine e sicurezza ad una comunità. Ma l’assenza di un codice normativo non è sufficiente a descrivere le condizioni necessarie che consentono l’emersione del pericolo anomico, va infatti aggiunto che alla carenza della regolazione normativa si accompagna l’annullamento di una regolamentazione morale. Fattore, quest’ultimo, meramente individuale, che pur interessando la dimensione soggettiva dell’individuo riesce ad emergere nell’intero sistema sociale in rapporto alla diffusione dell’anomia in ogni segmento della società.

« La coscienza collettiva è l’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una società. Questo insieme ha una vita propria, essa non esiste che attraverso i sentimenti e le credenze presenti nelle coscienze individuali. Ma evolve secondo leggi proprie ››

(Émile Durkheim, La divisione del lavoro sociale)

Il pericolo dell’anomia è presente perennemente nelle società moderne, ed è proprio la minaccia della sua emersione che porta a formulare ipotesi circa il suo superamento.

Durkheim, circa un secolo fa, nell’intento di elaborare metodologie mirate all’eliminazione di tale fenomeno, giunse ad accreditare il merito dell’ordine sociale all’elemento della solidarietà, vista come strumento di difesa e di intensificazione delle relazioni sociali. La solidarietà è un concetto che nella teoria durkheimiana si riscontra in molte opere, prime fra tutte i saggi sulla divisione del lavoro, il cui contenuto è centrale per comprendere l’importanza della condivisione e della solidarietà.

Secondo Durkheim, l’anomia  è quindi una condizione di cambiamento che si colloca a metà strada tra la realtà vissuta dal singolo, con le relative esperienze e opinioni soggettive, e l’apparato normativo di una società. Ai fini della nostra analisi va poi aggiunto che la condizione anomica può esprimersi su due versanti principali: l’anomia acuta, che si concretizza in un cambiamento improvviso e l’anomia cronica, derivante da un mutamento perpetuo.

La nozione di anomia durkheimiana ha subito un’evoluzione soprattutto nella seconda metà del ‘900, in rapporto alla sociologia funzionalista e le influenze della sociologia economica. Sono diversi infatti i sociologi che si sono impegnati nel compito di delineare una concezione del pericolo anomico sempre più fedele agli sviluppi e ai cambiamenti che la società post-industriale ha affrontato nel secolo scorso. Parsons, ad esempio, vede nell’anomia « l’antitesi di una completa istituzionalizzazione, ovvero il crollo completo di un ordine normativo ››. Definizione, questa, che rimane assai fedele alla tesi di Durkheim, continuando dunque ad individuare nell’ordine normativo il nucleo dal quale ha origine l’ordine sociale.

Più complesso è invece lo stesso concetto nell’ottica di Merton, il quale affida all’anomia un significato inedito. Sarà infatti nel contesto statunitense della seconda metà del ‘900 che l’analisi funzionalista di Merton, frutto di un lavoro derivante dalle categorie di studio delle teorie di medio raggio, condurranno il concetto di anomia ad assumere un volto nuovo. Essa infatti rappresenterà, nella fase della rivoluzione sociologica statunitense, uno scompenso, costituito al suo interno da ostacoli, che si colloca fra gli scopi esistenziali di ogni individuo forniti dalla cultura sociale e i mezzi legittimi che consentono il raggiungimento di questi ultimi.

L’homo duplex di Durkheim è una nozione utile per completare il ragionamento sull’ordine sociale.

Tale concetto fa riferimento alla dualità umana propria della struttura individuale di ogni attore sociale, il quale poi, per citare Weber, agisce come un atomo inserito in una dimensione ben più ampia composta da entità a lui simili.

L’individuo dunque si configura come un’entità composta da una ramificazione che si orienta lungo due versanti. Il primo versante comprende la mera individualità e singolarità del soggetto, la seconda rappresenta il riflesso del sistema sociale in cui egli vive, tale sistema lo influenza e lo cambia progressivamente.

Il rapporto fra sistema sociale e individuo è complesso: quest’ultimo dal reticolo di relazioni in cui è immerso eredita caratteristiche, vincoli, criteri di giudizio, gusti.

L’homo duplex sacrifica dunque una parte sostanziale di se stesso, consente cioè al sistema sociale di egemonizzare una quota della sua individualità, per una sola ragione: il tentativo di garantire l’ordine sociale in cui vive.

 « L’uomo si muove fra due poli opposti: la sua natura individuale o profana, e la sua natura sociale o sacra. Come individuo, l’uomo cerca di perseguire un proprio fine particolare; come membro della società è portato a perseguire fini generali collettivi. ››

(Durkheim, Il Suicidio. Studio di sociologia).

La rappresentazione sociale che emerge dallo studio dell’opera durkheimiana risulta dunque collocarsi in una sfera contraddittoria della natura umana. Trattasi di un ambito le cui fondamenta presentano una serie di equilibri che garantiscono un ordine sociale sempre più precario.

La rivalutazione strutturale degli apparati normativi vigenti nel sistema sociale è un’operazione necessaria al fine della salvaguardia di  comunità prive di meccanismi di difesa e autoconservazione.

Laddove dunque l’ordine sociale dovesse soccombere ci troveremo dinanzi ad una collettività priva di una propria parte costituente.

Una collettività, dunque, composta al suo interno da atomi la cui caratteristica comune è la mancanza unanime di una parte essenziale di sé stessi: la parte dell’ordine sociale e, in termini più generali, del sistema sociale.

Per cui, in un panorama relazionale che offre una pluralità sempre più vasta di individui privi di una propria parte essenziale, il fenomeno dell’anomia potrebbe divenire il principale governante dell’ordine sociale e, coerentemente con la sua propria natura, mirare all’eliminazione di quest’ultimo.

Classe '98, nato a Napoli, attualmente residente a Firenze. Studio Scienze Politiche presso l'Università degli studi di Firenze. Ambisco all'osservazione delle dinamiche contemporanee, del conflitto sociale e delle diseguaglianze, adottando la "mentalità sociologica come strumento di liberazione

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