Mediobanca-Mps, Meloni sostiene la scalata romana a Milano?
Una mossa inattesa scuote il panorama finanziario italiano: Monte dei Paschi di Siena (Mps) ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) del valore di 13,3 miliardi di euro per acquisire il controllo di Mediobanca, storico protagonista del sistema finanziario del Paese. Questo annuncio rappresenta un punto di svolta per un istituto come Mps, da anni impegnato nel suo rilancio sul mercato, favorito dal progressivo disimpegno dello Stato, ancora oggi azionista con una quota significativa dell’11%.
L’operazione, lungi dall’essere un semplice movimento strategico, si inserisce in un complesso gioco di potere orchestrato dagli azionisti influenti Delfin (famiglia Del Vecchio) e Francesco Gaetano Caltagirone. I due, con posizioni rilevanti sia in Mediobanca che in Generali, sembrano avere come obiettivo finale il controllo del colosso triestino, cuore della finanza assicurativa italiana. La loro alleanza con Mps, divenuto il “cavallo di Troia” per questa scalata, getta nuove ombre sui delicati equilibri del mercato nazionale.
Generali e il faro politico: uno snodo cruciale
La contesa si estende fino a Generali, dove l’attuale amministratore delegato Philippe Donnet cerca la riconferma nel 2025. L’interesse di Mps per Mediobanca va letto anche in chiave strategica: controllare Piazzetta Cuccia significherebbe rafforzare la propria influenza sulla compagnia assicurativa, mettendo sotto pressione l’italianità del “Leone di Trieste” a fronte delle collaborazioni già strette con partner internazionali come Natixis. Non è un caso che la premier Giorgia Meloni e il suo governo osservino con cautela l’evoluzione degli eventi: Generali rappresenta uno degli asset più strategici per il Paese.
Ecco una riformulazione più sintetica e focalizzata, che mantiene il contenuto essenziale ma rielabora profondamente il testo:
Terremoto nella finanza italiana: Monte dei Paschi lancia un’Ops su Mediobanca
Una mossa inattesa scuote il panorama finanziario italiano: Monte dei Paschi di Siena (Mps) ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) del valore di 13,3 miliardi di euro per acquisire il controllo di Mediobanca, storico protagonista del sistema finanziario del Paese. Questo annuncio rappresenta un punto di svolta per un istituto come Mps, da anni impegnato nel suo rilancio sul mercato, favorito dal progressivo disimpegno dello Stato, ancora oggi azionista con una quota significativa dell’11%.
L’operazione, lungi dall’essere un semplice movimento strategico, si inserisce in un complesso gioco di potere orchestrato dagli azionisti influenti Delfin (famiglia Del Vecchio) e Francesco Gaetano Caltagirone. I due, con posizioni rilevanti sia in Mediobanca che in Generali, sembrano avere come obiettivo finale il controllo del colosso triestino, cuore della finanza assicurativa italiana. La loro alleanza con Mps, divenuto il “cavallo di Troia” per questa scalata, getta nuove ombre sui delicati equilibri del mercato nazionale.
Generali e il faro politico: uno snodo cruciale
La contesa si estende fino a Generali, dove l’attuale amministratore delegato Philippe Donnet cerca la riconferma nel 2025. L’interesse di Mps per Mediobanca va letto anche in chiave strategica: controllare Piazzetta Cuccia significherebbe rafforzare la propria influenza sulla compagnia assicurativa, mettendo sotto pressione l’italianità del “Leone di Trieste” a fronte delle collaborazioni già strette con partner internazionali come Natixis. Non è un caso che la premier Giorgia Meloni e il suo governo osservino con cautela l’evoluzione degli eventi: Generali rappresenta uno degli asset più strategici per il Paese.
Roma contro Milano?
L’offerta lanciata da Mps pone numerosi interrogativi, sottolineati da Andrea Muratore su InsideOver, che innanzitutto ricorda il dualismo tra il gruppo milanese e il Leone di Trieste: “nel bilancio per il 2023 Mediobanca ha registrato ricavi per 3,6 miliardi di euro e un maxi-utile di 1,2 miliardi legato per oltre l’83% (più di un miliardo) ai proventi delle partecipate, ovvero Generali e in secondo luogo Compass. A ciò si aggiunge il capitale relazionale che però è intrinsecamente legato alla capacità del gruppo di giocare da attore di mercato e di sistema e potrebbe esser messo a repentaglio qualora tornassero logiche definite salottiere e romanocentriche“, nota Muratore.
I rischi per il sistema e i costi per i contribuenti del deal Mediobanca-Mps
Nonostante il potenziale consolidamento, il valore intrinseco di Mediobanca è fortemente legato al suo attuale posizionamento di mercato, frutto della lunga gestione di Alberto Nagel, e alla partecipazione strategica in Generali. Tuttavia, la credibilità dell’Ops dipende dalla capacità di raccogliere il capitale necessario per l’operazione, stimato in un aumento di 4-5 miliardi di euro. Tale cifra, oltre a gravare sugli azionisti di Mps, includerebbe in ultima istanza anche una componente a carico del contribuente italiano, già coinvolto nel salvataggio dell’istituto senese.
Questa situazione solleva dubbi non solo sulla sostenibilità dell’operazione, ma anche sul suo reale beneficio per il sistema finanziario italiano. Serve davvero trasformare conflitti tra pochi attori industriali e bancari in manovre strategiche che rischiano di mettere a repentaglio l’equilibrio complessivo del mercato?