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Pankraz Vorster, l’ultimo Principe-Abate

St_Gallen_Stiftskirche_Ostkrypta_Grab_3_Pankraz_img02.jpg Vorster

Pankraz Vorster, l’ultimo Principe-Abate

Oggi Andreas Massacra ci parla di una figura molto singolare, Pankraz Vorster, ultimo principe-abate di San Gallo, in Svizzera: un personaggio la cui parabola racconta molto dell’Europa in bilico tra tradizione e rivoluzione sul finire del XVIII secolo.

Figlio di un dio minore, verrebbe da dire. Questo ritratto non è certo di un personaggio che fu di primo piano in Europa, ma in maniera forse un po’ aneddotica mostra come un persona di grande cultura e rigore morale possa non essere un accorto lettore della situazione politica. Anche la capacità di leggere la realtà, agendo con realismo all’occorrenza, deve essere un requisito delle classi dirigenti.

Il ritratto lo dedichiamo a Pankraz Vorster, ultimo Principe-Abate di San Gallo. Vorster naque a Napoli il 31 luglio 1753 dal capitano Joseph Zacharias Vorster di Wil (città nel Principato, ora Cantone di San Gallo) e dalla contessa Anna Maria Rosa Berni di Ferrara. Venne educato da uno zio che era sacerdote a Wittenbach ed entrò nel monastero di regola benedettina nel 1771, assumendo il nome di Pancrazio (come di battesimo era Francesco Antonio Ignazio Edoardo Luigi). Era un alunno molto brillante ed eccelleva in filosofia, teologia, matematica e fisica. Poi si dedicò all’insegnamento dopo aver completato gli studi e, uno dopo l’altro, nel 1780 e nel 1793, assunse la cattedra di filosofia e teologia pratica, prendendo i voti il 13 luglio 1777. A quel tempo il Principe Abate era Beda Anghern von Hagenwil: uomo mite e benvolo, che fece costruire la strada da Rorschach a San Gallo, aumentò le dotazioni scientifiche e letterarie del monastero, riformò l’esercito. Il Principato abbaziale era in una situazione internazionale poco chiara, a metà tra la vecchia Confederazione e l’Impero ed era gestito in maniera autocratica e assolutista dall’Abate che controllava l’Alte Landschaft e la contea di Toggenburg. In questo quadro, che abbiamo brevemente tratteggiato, sotto la gestione di Anghern e del suo predecessore Colestin Gugger von Staudach (l’Abate che fece costruire la magnifica attuale chiesa barocca e la famosa biblioteca) le finanze del Pricipato erano al collasso e agendo da autocrati, non avevano consentito al Capitolo un controllo sull’operato. Il giovane Vorster fece parte della fronda, organizzata da monaco e storico (e successivamente bibliotecario di San Gallo) Idefons von Arx che si oppose al vecchio Beda, per questo fu allontanato da San Gallo per andare come vice-governatore ad Eringen e Briesgau (excalvi monasteriali vicino a Friburgo) occupandosi di questioni economiche. Era il 1788 e lì oltre rimettere in sesto le finanze e curarsi della ragioneria, entrò in contatto con i fermenti politici della Confederazione. Gli echi della rivoluzione francese si erano fatti sentire anche a San Gallo: il vecchio Beda, alle proteste del Popolo della Chiesa (così erano chiamati si sudditi del Principato), rispose con pacatezza e quando le lamentele culminarono in movimenti rivoluzionari nel 1794 fece ampie concessioni e nell’accordo di Gossau del 23 settembre 1795, abolì la servitù e ridusse altri diritti feudali. Morto Beda nel maggio del 1796, il Capitolo, sentiva l’esigenza di un leader più forte contro i nuovi moti liberali e democratici ed elesse Vortser il 1 giugno del 1796: appariva un prelato serio, deciso, competente, severo e disciplinato con se stesso come con gli altri (la disciplina monastica era caduta molto durante il periodo barocco). Aveva raggiunto il suo apice, seguito subito dal suo declino: guardava ogni cosa dal punto di vista del religioso, e ciò che di conseguenza aveva riconosciuto come suo diritto e dovere, perseguiva a prescindere dalle esigenze inconfutabili di una nuova era, con ostinata perseveranza, dannosa per se stesso e per il monastero.

Dopo aver cercato di risanare le finanze principesche con prestiti temporanei, non riuscì a leggere la mutata situazione politica con la Francia alle porte: nell’estate del 1797 nuovi moti nel Principato portarono all’intervento di Zurigo, Lucerna, Svitto e Glarona e ad una interpretazione del Contratto di Gossau ancor più favorevole al popolo, secondo il quale l’Alte Landschaft poteva organizzarsi essenzialmente in modo indipendente. Solo con grande riluttanza e con espressa riserva dei diritti sovrani il principe diede il suo consenso a questi accordi su sollecitazione del Capitolo spaventato (26 settembre). Ma subito dopo l’inizio del 1798 i moti di San Gallo confluirono con la rivoluzione generale della vecchia Confederazione e il monastero fu improvvisamente privato delle forme statali tradizionali. Toggenburg, ora autonomo sotto la direzione dell’ex ufficiale giudiziario Karl Muller von Friedberg, e l’Alte Landschaft furono inizialmente costituiti come repubbliche sovrane all’inizio di febbraio e poi, dopo una breve esistenza, si fusero con gli altri territori della Svizzera orientale nello stato unitario elvetico portato dai francesi. Il Principe si rifugiò nell’exclave di Neuravensburg ma anziché cercare un accordo che potesse salvare le proprietà e il Monastero (che pur gli era stato offerto), prima protestò contro i quattro Cantoni, che avevano arbitrato su una questione sovrana, pur essendo stato lui a chiamarli in causa, e poi si rivolse a Vienna in cerca di aiuto dall’imperatore a causa della vecchia relazione di feudo praticamente insignificante tra l’abbazia e il Sacro Romano Impero. Alla notizia che una legge elvetica dell’8 maggio aveva sequestrato tutte le proprietà del monastero, il 9 giugno mandò un annuncio al popolo di San Gallo, in cui faceva una grave contraddizione: poiché il legame tra l’Abbazia di San Gallo e i quattro Cantoni era stato interrotto (che ra l’accordo con cui il Principato si era affiliato ala vecchia Confederazione) dalla rivoluzione, ritornava ad essere uno stato imperiale esente, nelle sue vecchie relazioni costituzionali con l’impero, dagli impegni confederali e pertanto doveva essere trattato come un monastero straniero.

Protestava contro qualsiasi giurisdizione del governo svizzero nel suo paese e contro qualsiasi disposizione sui beni abbaziali. I consiglieri elvetici, sapendo che il Reichstag stava pensando seriamente di incamerare tutti i beni monasteriali, avendosi visti respinti tutte le loro proposte di accordo, sancirono l’effettivo annientamento del monastero di San Gallo con una legge del 17 settembre, che dichiarò che tutte le proprietà del monastero erano proprietà nazionale. La rottura era tra istituzioni repubblicane e Abate era definitiva: quando le truppe della coalizione marciarono verso San Gallo, Vorster tornò al monastero il 26 maggio 1799 e iniziò a ricostruire il governo. Tuttavia, dovette fuggire nell’abbazia colombaniana di Mehrerau il 29 settembre, poiché la situazione si era di nuovo capovolta dopo la sconfitta della seconda coalizione antifrancese a Schanis e Zurigo. Durante i suoi 124 giorni di governo restaurò l’ordinamento giuridico precedente e non concesse amnistie, risultando ancora più inviso alla popolazione.

Nei successivi 3 anni di esilio provò insistentemente a riottenere il controllo dei suoi territori: dopo il trattato di Luneville del 1801, che concedeva alla Confederazione l’autodeterminazione, cercò di venire a patti con Napoleone prima, per rivolgersi nuovamente all’Imperatore poi, definendosi principe indipendente dell’Impero, ignorando o non volendo vedere che l’Austria non aveva in quel momento la forza di scontrarsi con la Francia, men che meno per lui. Oltretutto, a seguito di quel trattato, i Confederati avevano concesso il ritorno degli abati, con seguito monastico, di Einsiedeln e Pfafers. Persino un cattolico conservatore come Alois von Reding ostile alla Republica Confederale filofrancese (rivolta antifrancese del 1802), dopo che propose un ultimo accordo, cioé ridare i beni al monastero considerandoli immobili e non statali, dovette abbandonare ogni trattativa, perché a Vorster non bastava: o tutto o niente.

Le speranze sembrarono riaccendersi nel 1814/15, alla caduta di Napoleone, pensando che la Restaurazione comportasse il ritorno allo Status quo ante per tutti: lo zar si rifiutò di riceverlo, Francesco d’Asburgo non aveva intenzione di toccare le proprietà territoriali dei 19 Cantoni, rischiando un nuovo conflitto. Il Consiglio Cantonale di San Gallo, su pressione dei Cantoni cattolici interni inviò una lettera a Muri, dove Vorster risiedeva, in cui permetteva il ritorno della comunità monastica e dell’abate a patto di una totale separazione tra Stato e Monastero con una indennità per i beni incamerati. Ma Vorster respinse anche questa soluzione reclamando tutti i precedenti diritti. Nel 1815 gli fu concessa una pensione di 6000 fiorini dal Cantone di San Gallo che mai utilizzò per scopi personali ma che veniva quasi interamente devoluta per opere pie, assistenziali ed educative verso i più poveri. Provò a cercare anche la mediazione di Pio VII, che propose agli svizzeri la conversione dell’abbazia in un vescovato con una convenzione regolare, che però risultò essere infruttuosa. Alla fine, nel 1823, Pio VII con la Bolla “Ecclesias quae antiquitate ac dignitate praestant” il 2 luglio 1823, soppresse definitivamente il monastero per fondare la diocesi di Coira San Gallo, con due concattedrali.

Nonostante il suo rigore morale, la sua frugalità, la sua religiosità deve essere considerato il becchino di una delle più antiche istituzioni monastiche d’Europa, perché rifiutò ogni soluzione di compromesso che quasi fino all’ultimo gli venne offerta e fu una vera fortuna che il suo ex compagno di fronda Ildefons von Arx e Neopmuk Hautinger portarono in salvo moltissimi volumi della biblioteca durante gli anni delle sommosse, in assenza di un Abate troppo rigido per capire il cambiamento politico in atto. Morì nel monastero di Muri nel 1829.

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Tutti i “Ritratti” pubblicati dall’Osservatorio Globalizzazione.

Laureato magistrale in Scienze Filosofiche all'Università degli Studi di Milano, è attualmente consigliere comunale nel paese di Cesano Boscone.

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