Aristide Briand, il visionario della diplomazia
In un mondo globalizzato e multipolare la diplomazia, con la sua storia e le sue prassi, diventa una disciplina fondamentale, e la politica estera assurge a campo strategico di azione politica ed economica. Non potevamo non dedicare un “Ritratto” ad un diplomatico e politico di razza.
Aristide Pierre Henri Brinad nacque il 28 marzo 1862 a Nantes, al 12 di rue du Marchix. La famiglia era di modeste possibilità, i suoi genitori, Pierre-Guillaume Briand e Madeleine Bouchaud, erano locandieri ma la situazione economica cambiò quando nel 1864 ebbero in gerenza il Grand Cafè di Saint Nazaire, gestendo poi altri locali. Dopo aver studiato al collegio di Saint Nazaire, frequentò il Liceo di Nantes, facendo amicizia con Jules Verne. Era uno studente brillante in inglese, retorica, latino e greco e pur non passando molto tempo sui libri aveva buona memoria. Dopo la laurea in legge nel 1886 e l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati di Saint-Nazaire, si avvicinò all’anarco-sindacalismo, al giornalismo e alla politica. Pur avendo uno studio di avvocato e notaio, non puntò mai su quella occupazione. La prima testata per cui scrisse, ricoprendo anche il ruolo di direttore politico, fu l’Ouest Républicain e contemporaneamente si accostò al socialismo radicale, venendo eletto nel 1888 alla carica di consigliere comunale a Saint Nazaire. Dimessosi l’anno seguente per tentare, senza fortuna, la corsa al parlamento, collaborava nel frattempo con le testate più dichiaratamente socialiste: Le Peuple, La Lanterne, La Petite République e fondando, con Jean Jaurès, L’Humanité. Esercitando la professione di avvocato in processi e cause sindacali, tentò altre due volte l’elezione alla camera (1893 e 1898) prima di diventare segretario generale del Partito Socialista nel 1901, carica che mantenne per 3 anni. In questa veste riuscì a convincere i sindacalisti francesi, nettamente divisi, ad adottare lo sciopero generale come tattica politica al congresso dei lavoratori a Nantes. La quarta volta fu quella buona e nel 1902 fu finalmente eletto in parlamento come deputato nel collegio della Loira.
A quarantuno anni iniziò la sua irresistibile ascesa politica. Mito dello sciopero generale, anarco-sindacalismo, certo… ma sapeva essere pragmatico a sufficienza per capire che nella Terza Repubblica più che in altri contesti, la democrazia era l’arte del compromesso. Su suggerimento di Jaurès divenne relatore della Commissione dei trentatrè, o commissione Buisson-Briand, che doveva stilare una legge sulla separazione tra Stato e Chiesa, i cui rapporti erano ancora regolati dagli accordi tra Napoleone e Pio VII nel 1801. In parlamento c’era forte attrito tra socialisti e radicali da un lato e cattolici e conservatori dall’altro. Qui emerse il talento diplomatico e oratorio di Briand, che capì che era necessaria una mediazione, anche decisa, per evitare un conflitto sociale esteso. Era ben consapevole che far votare la legge era una cosa, farla rispettare un’altra, e che una legge sulla separazione votata solo dalla sinistra e rifiutata dai cattolici sarebbe stata inapplicabile sul campo. La legge passò nel 1905 (341 -233 alla Camera e 181-102 al Senato) e separò, nelle rispettive autonomie, Chiesa e Stato (rimanevano alcune cappellanie a carico dello stato e 87 cattedrali concordate come beni artistici e poste sotto la tutela del Ministero delle Arti).
Il successo ottenuto come relatore della legge gli dischiuse le porte del governo Sarrien nel 1906, come ministro della Pubblica Istruzione e della Cultura. Ciò coincise con lo spostamento verso il centro e la rottura con Jaurès e gli altri socialisti culminata con l’espulsione dal partito: Briand sosteneva che i socialisti dovessero cooperare con i radicali in tutte le questioni di riforma. Dal 1906 al 1913 Briand fu costantemente al governo: nel 1908 lo vediamo Ministro della Giustizia nel primo governo Clemenceau, cercando di ottenere l’abolizione della pena di morte. Dal 1909 al 1913 (Briand I, II, III e IV), eccezion fatta per il governo Poincaré nel 1912/1913 nel quale fu Ministro della Giustizia, ricoprì la carica di Presidente del Consiglio e Ministro degli Interni. In questi anni si consumò anche la rottura con il mondo del sindacalismo, utilizzando i militari per vanificare lo sciopero dei ferrovieri del 1910. Lo scontro fu durissimo, senza esclusione di colpi ma lo sciopero terminò dopo una settimana. Non essendo iscritto a un partito politico, ad ogni elezione sopravvisse da indipendente grazie ai suoi legami con la società civile, alla sua maestria procedurale, al suo talento in oratoria e alla sua comprensione delle persone, specialmente dell’uomo comune. Dall’ottobre 1915 al marzo 1917, contrario alla guerra, si ritrovò di nuovo Presidente del Consiglio (V e VI) tenendo per sé il dicastero degli Esteri: rafforzò l’alto comando francese, contribuì ad ottenere un nuovo alleato nell’Italia; ma la non brillante iniziativa bellica francese in Macedonia, fortemente sostenuta da Briand stesso, lo portò alle dimissioni, venendo sostituito da Clemenceau, del quale non condivideva la dura linea diplomatica. Briand non fu membro del governo Clemenceau che condusse i negoziati per la Francia a Versailles dopo la guerra.
Dal 1920 al 1932, anno della sua morte, si può dire che fu il signore della diplomazia internazionale, cosa a cui non corrispose un minor impegno politico in patria. Fu presidente del consiglio per altre 5 volte -1921 (VII), novembre 1925-luglio 1926 (VIII, IX e X), luglio-ottobre 1929 (XI)- tenendo per sè gli Esteri. Il suo ruolo fu determinante in almeno tre occasioni.
La prima fu la sigla degli Accordi di Locarno nel dicembre del 1925. Fu un patto che segnò l’inizio di un breve ma intenso periodo di distensione, con la smilitarizzazione della renania e l’obbligo di ricorrere all’arbitrato in caso di controversie. Gli artefici del Patto furono Briand e Stresemann, i garanti Italia e Gran Bretagna. La pace di Versailles arrivava così, agli occhi dello statista francese, al suo compimento, normalizzando le relazioni europee. La Germania accettava i confini scaturiti dalla Prima Guerra Mondiale e in cambio veniva riammessa come interlocutrice internazionale, entrando nella Società delle Nazioni. Fu Briand a tenere le redini della conferenza, convincendo Austen Chamberlain e Mussolini della bontà del suo concetto di patti di sicurezza collettivi e regionali. Per questi accordi, che coinvolgevano anche Belgio, Cecoslovacchia e Polonia, Briand e Gustav Stresemann furono insigniti del Nobel per la Pace nel 1926.
Contemporaneamente, come Presidente del Consiglio della Società delle Nazioni, intervenne per risolvere pacificamente l’incidente di Petritch tra Grecia e Bulgaria, nato da una scaramuccia o incomprensione di frontiera, in cui rimase uccisa una guardia di frontiera ellenica. La Grecia, in risposta, aveva invaso la Bulgaria, occupando la città di Petritch dopo aver vinto la debole resistenza bulgara, con il rischio di un’escalation. Briand, in cambio di aiuti economici, dell’invio di un piccolo contingente di pace italo-anglo-francese alla frontiera e del ritiro delle truppe, ottenne un risarcimento di 30 milioni di lev per la Bulgaria.
Il terzo successo diplomatico internazionale fu la firma del Patto Briand-Kellog nel 1928, che può considerarsi un’estensione del concetto di sicurezza regionale di Locarno. Propose nel 1927 che Francia e Stati Uniti si unissero nella rinuncia alla guerra come “strumento di politica nazionale” ricercando la soluzione con mezzi pacifici. Frank Billings Kellogg, segretario di stato statunitense, ribatté con il suggerimento di un trattato bilaterale eventualmente estendibile ad altri firmatari. Fu firmato subito da 15 nazioni e fino al 1939 aderirono 63 stati; ma il Trattato firmato al Quai d’Orsay il 27 agosto del 1928 aveva il grave difetto di non prevedere un meccanismo sanzionatorio, di escludere quei paesi che non avevano sottoscritto il Patto (per un motivo o per l’altro) e di non normare o definire la “legittima difesa” di uno Stato. La tutela dell’interesse nazionale venne quindi subito ascritta alla categoria della legittima difesa, vanificando il Patto.
L’ultima intuizione in politica estera fu il Memorandum Briand (Memorandum sull’organizzazione di un sistema di unione federale europea), scritto a seguito del discorso tenuto dal diplomatico francese il 5 settembre 1929 alla Società delle Nazioni, con il quale proponeva di coordinare gli orientamenti economici e politici di 27 paesi europei: Germania, Albania, Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Spagna, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Regno Unito, Svezia, Svizzera, Cecoslovacchia, Regno di Jugoslavia. Di fronte a un pericolo di una nuova guerra mondiale si prospettava una minore complessità doganale e soprattutto una coordinazione politica federale, che sorpassasse la semplice unione economica, da attuarsi sotto l’egida della Società delle Nazioni. L’impero britannico si sfilò immediatamente e il progetto non vide mai la luce.
Visionario della diplomazia che immaginò soluzioni a lungo raggio di là da venire (allora come oggi) oppure miope che non aveva capito come erano (e forse sono) le relazioni internazionali e rapporti di forza? Quale che sia la risposta, la sua costruzione di politica estera interbellica morì con lui il 7 marzo 1932, appena due mesi dopo essersi dimesso da Ministro degli Esteri del governo Laval.
60 – Oscar Romero, la coscienza del Salvador
61 – La potenza del caos: il pensiero dimenticato di Ernest Coeurderoy
62 – Pasquale Massacra, pittore e patriota
63 – Hans Kung, il cattolico impertinente
64 – Aristide Briand, un visionario della diplomazia
Pingback: I "ritratti" dell'Osservatorio Globalizzazione - Osservatorio Globalizzazione
Pingback: Giuseppe Montezemolo, partigiano e martire delle Fosse Ardeatine