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Debito, la fine di un tabù

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Debito, la fine di un tabù

Una frase di Keynes a cui sono particolarmente affezionato recita:

“la difficoltà sta, non nelle nuove idee, ma nello sfuggire a quelle vecchie… ”

Accade, infatti, che certe idee, un po’ per conformismo, un po’ per interesse, si sedimentano nell’immaginario collettivo, si fossilizzano nella pubblica opinione, trasformandosi in dogmi difficili da superare. Diventano tabù, la cui messa in discussione provoca scandalo e resistenza. Eppure la verità sembra avere una caratteristica peculiare: ovvero la tendenza con il passare del tempo a fuoriuscire, a svelarsi, nonostante le forze che provino a celarla. Allora ciò che ieri faceva scandalo, oggi non è lo più.

Cosi il presidente del parlamento europeo, David Sassoli, sostiene l’ipotesi di cancellare il debito che gli stati hanno contratto a causa della pandemia e che la BCE ha acquistato attraverso le operazioni di alleggerimento quantitativo (il celeberrimo quantitative easing o QE).

La notizia è clamorosa per due motivi. Uno politico. Sassoli è esponente del Partito Democratico, lo schieramento che ha meglio incarnato il concetto di vincolo esterno, secondo il quale è preferibile legare le mani politiche dell’Italia con la politica valutaria, monetaria e fiscale eterodirettea e indipendente (il famoso “ce lo chiede l’Europa”). Come fa notare su Twitter il giornalista Ferdinando Giuliano, il partito di Sassoli, ritenne “inquietanti” le proposte contenute nel contratto di governo, Lega-5 Stelle, che prevedeva proprio l’ipotesi di cancellazione del debito italiano detenuto dall’euro sistema.

Il secondo motivo è squisitamente economico. Siamo abituati a pensare che il debito pubblico equivalga a un qualunque debito privato, secondo l’errata concezione che lo stato funzioni come una famiglia, così come siamo abituati a pensare che la moneta non si crea dal nulla (generalmente enunciata dal “non ci sono le risorse”). Siamo stati addestrati per decenni che il debito pubblico è un “fardello che graverà sulle future generazioni“, e che è virtu’ di un buon governo operare in pareggio di bilancio (che noi abbiamo messo in costituzione con la modifica dell’articolo 81) se non addirittura in surplus, in modo tale da ridurre il rapporto fra debito e reddito (il PIL). Questa è la logica situata dietro alle politiche di austerità, quelle passate alla storia come lacrime e sangue (vi ricordate la riforma Fornero, i tagli alla sanità ecc.?).

Invece adesso scopriamo che possiamo aumentare il debito, farlo acquistare dalla BCE, e perfino cancellarlo con un tratto di penna. Perché allora le lacrime e sangue?

La risposta logica è una sola: l’austerità fu una scelta politica! La conseguenza del vincolo esterno, che i trattati europei impongono.

Non ci sono, invece, giustificazioni di tipo contabile. La spiegazione apportata da alcuni che dopo la pandemia le cose sono cambiate non ha alcun senso. Non c’è alcun nesso fra contabilità ed epidemia: gli stessi principi contabili valgono oggi come prima della pandemia. La novità apportata dalla crisi sanitaria è che la decisione dei vari governi di attuare politiche di Lockdown, ha comportato una perdita immensa di PIL che poteva essere sostenuta solo uno degli attori, anzi due, presenti sulla scena: lo stato attraverso l’aumento dei disavanzi e debiti pubblici, e la banca centrale, di fatto monetizzando quel debito. Mario Draghi lo aveva chiaramente detto a fine marzo [1]:

le perdite subite dal settore privato [..] dovranno alla fine essere assorbite interamente o in parte dai governi. Debiti pubblici elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie…”

Ma come funziona?

In seguito alla crisi del 2008, le principali banche centrali del mondo, a partire dalla FED americana e prima ancora la Bank of Japan, hanno iniziato programmi di acquisto di titoli, tra cui le obbligazioni del tesoro. In pratica, l’autorità monetaria, compra titoli sul mercato secondario, i quali nel caso delle obbligazioni del tesoro, vengono emessi dai governi tramite asta sul mercato primario, dove un gruppo di grandi banche (chiamati i primary dealer) li acquistano per poi girarli sul mercato secondario (generalmente alla galassia formata da assicurazioni, fondi pensioni, intermediari vari ecc.). Qui le banche commerciali rivendono i titoli alla banca centrale, la quale li scambia con riserve bancarie, che sono la principale componente dei passivi della banca centrale, e della cosiddetta base monetaria. È importante notare che le riserve vengono create dal nulla, tramite un clic su un computer e non esiste limite tecnico alla loro produzione.

Che le banche centrali creano il denaro per finanziare gli acquisti di titoli, è stato confermato (anche se non ne avevamo bisogno) anche da Eugenio Gaiotti, Capo del Dipartimento Economia e statistica della Banca d’Italia, il quale in audizione davanti alla 5° commissione di camera e senato riunite insieme ha dichiarato:

È una decisione di politica monetaria, trattasi di emissione di moneta, che è quello che fa una banca centrale, […]  come qualsiasi banca centrale, la Banca Centrale Europea acquista titoli e crea moneta, crea proprie passività per sostenere l’economia, tutto qua.”

E cosa ne fa la banca centrale con i titoli acquistati?

Come ogni detentore di un titolo obbligazionario percepisce l’interesse pagato da chi lo emette, nel caso di titoli di stato dal tesoro nazionale, ricavandoci un guadagno. E cosa ne fa la banca centrale degli interessi percepiti sui titoli di stato? Bene, qui viene il bello: i profitti delle banche centrali, tornano ai tesori nazionali. Quindi quel titolo ha costo zero per lo stato emittente. Lo spiega in modo efficace Carlo Cottarelli qui.

Se guardiamo la situazione dalla prospettiva di un paese che detiene la sovranità monetaria, come ed esempio il Giappone, il debito emesso dal tesoro e detenuto dalla Bank of Japan, è stato emesso da un’agenzia del governo, acquistato da un’altra agenzia del governo, la quale ritornerà i ricavi di quel debito alla prima agenzia: un circolo perfetto. Che succede se quel debito venisse cancellato? Dal punto di visa economico probabilmente niente.   

Funziona cosi anche per l’euro-zona, con la singolarità date dalle caratteristiche dell’eurosistema, cioè l’insieme della BCE e delle banche centrali nazionali. Sono proprio quest’ultime ha condurre le operazioni d’acquisto, quindi nel caso Italiano è la Banca d’Italia a detenere la stragrande maggioranza degli oltre 500 miliardi di titoli italiani acquistati dall’eurosistema tramite le operazioni di QE. Nella zona euro vi sono però di mezzo i trattati, che impediscono il finanziamento diretto delle finanze pubbliche nazionali.

La proposta di Sassoli, seppur a qualcuno possa risultare scandalosa, non è per niente una novità storica. La cancellazione dei debiti è una politica vecchia quanto babilonia, ovvero precapitalistica, e il giubileo deriva proprio da questa pratica (si veda ad esempio Hudson (1993)). Essa però rappresenta oggi il crollo dei tabù: le banche centrali possono stampare moneta, finanziare la spesa pubblica degli Stati, e perfino cancellare il debito.

Ovviamente resta da vedere se la proposta avrà uno sviluppo, considerando le difficoltà di natura politica che caratterizzano la zona euro. Una cosa però è certa: il vento in economia sta cambiando, e anche in fretta.

[1] Traduzione mia tratto da: Draghi M. (2020). We must mobilize as if for war. Financial Times, 27 Marzo 2020, p. 17.

Hudson, M. (1993). The lost tradition of biblical debt cancellations. Henry George School of Social Science.   

Classe 1990. Originario di Salerno (SA), è laureato in Economia all'università degli studi di Siena, e ha conseguito un Master in Economics & Business all'università Erasmus di Rotterdam. Ha lavorato come stagista presso il Netherlands Bureau for Economic Analysis e come Trainee presso la Banca Centrale Europea.

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