Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Top

Deir Yassin, una carneficina indimenticabile e la tragedia del popolo palestinese

Deir Yassin

Deir Yassin, una carneficina indimenticabile e la tragedia del popolo palestinese

Il 9 aprile del 1948 si consumò una delle stragi più cruente della storia mediorientale: il massacro di Deir Yassin, operato da militari sionisti dell’Irgun e della Banda Stern contro i cittadini del villaggio arabo nel quadro del conflitto civile nel mandato britannico in Palestina che precedette la proclamazione dello Stato di Israele. Lo strazio dato dell’episodio ha plasmato fortemente la memoria storica palestinese, a tal punto che ancora oggi sono i richiami nel discorso patriottico di Palestina a quella gioventù ormai andata di Deir Yassin. Molti storici ritengono che l’evento sia stato il cuore simbolico della Nakba, il grande esodo, la catastrofe che ha spinto un popolo intero verso una diaspora pluridecennale.

Deir Yassin era un piccolo villaggio, a ridosso di Gerusalemme, che allora contava circa 600 abitanti; una terra pacifica, ma in una posizione strategica. Difatti, l’insediamento faceva parte di una lunga lista di villaggi arabi da conquistare, in modo che l’Haganah avanzasse verso Gerusalemme.

Del massacro colpisce non solo il dato numerico – tra le 107 persone accertate e, secondo altre fonti, fino a 250 –  ma la demografia delle vittime. Non solo buona parte delle persone barbaramente uccise dai soldati sionisti erano donne e bambini, ma solo 11 abitanti assassinati erano armati. Si trattò dunque di una vera e propria carneficina contro individui inermi.

Robert Fisk ne Il Martirio di Una Nazione parla del ricordo di Deir Yassin come qualcosa di indelebile dalla mente dei palestinesi, considerato che ormai di tale villaggio non rimane più nulla.

Completamente raso al suolo, ció che rimaneva dell’insediamento venne utilizzato per costruire il Kfar Shaul Mental Health Center, un ospedale psichiatrico israeliano. Lo storico palestinese Walid Khalidi così scrisse:

Molte delle case del villaggio sulla collina sono ancora in piedi e sono state incorporate in un ospedale israeliano per malati di mente che è stato stabilito sul sito. Alcune case al di fuori del recinto del parco ospedaliero sono utilizzate per scopi residenziali e commerciali o come magazzini. Fuori dal recinto sono presenti carrubi, mandorli e ceppi di ulivi. Diversi pozzi si trovano all’estremità sud-occidentale del sito. Il vecchio cimitero del villaggio, a sud-est del sito, è trasandato e minacciato dai detriti di una circonvallazione costruita intorno alla collina del villaggio. Un alto cipresso si trova ancora al centro del cimitero.

Molti storici sono concordi dunque che la Nakba, ovvero l’esodo di 700.000 palestinesi, sia cominciato davvero proprio a partire da Deir Yassin: la strategia del terrore consisteva nello spingere gli abitanti dei villaggi vicini ad abbandonare le loro case, terrorizzati dalle voci di esecuzioni sommarie e macellerie a cielo aperto.

Per anni, d’altra parte, la propaganda israeliana ha sostenuto che i leader arabi attraverso i propri altoparlanti abbiano volutamente ingigantito il massacro per spingere la propria popolazione verso territori più sicuri, distanti dalle operazioni belliche.

Per la verità fu invece proprio nel 1969 il Ministero degli Esteri israeliano a sminuire il massacro con un dépliant in lingua inglese che mirava a ridicolizzare la portata dell’evento. Ancora oggi nei libri di storia d’Israele si cerca di parlare di esodo “volontario” da parte dei 700.000 palestinesi, in modo tale da moderare i sensi di colpa del lettore. Addirittura c’è chi ebbe la faccia tosta di dire che gli israeliani chiesero ai palestinesi di rimanere, ma loro vollero andarsene volontariamente.

Lo storico ebreo Ilan Pappe non ha esitato ad utilizzare l’espressione “pulizia etnica”:

Come irruppero nel villaggio, i soldati ebrei crivellarono le case con le mitragliatrici, uccidendo molti abitanti. Le persone ancora in vita furono radunate in un posto, ammazzate a sangue freddo, i loro corpi seviziati

Nonostante formalmente arrivarono alcune parole di condanna da alcuni membri dell’Haganah, nessuno, anche a distanza di decenni, degli esecutori materiali del massacro di Deir Yassin fu processato, condannato o punito.

Capiamo come tra le ombre di Givat Shaul, quartiere di Gerusalemme ovest, un tempo sorgeva un tranquillo villaggio, cancellato da una immane furia omicida. Lo si può dedurre anche dal racconto di Mordechai Gichon, facente parte delle Haganah:

A me sembrava un pogrom. Se attacchi una postazione militare e ci sono cento uccisi, non è un pogrom. Ma se vai in una comunità civile, quello è un pogrom. Se si uccidono civili, è un massacro

Correvano come gatti raccontò invece il capo dell’operazione, Yehoshua Zettler, il comandante di Gerusalemme di Lehi, mentre descriveva gli arabi in fuga dalle loro case.

Shraga Peled, che al momento del massacro era parte del servizio di informazione dell’Haganah, fu mandato al villaggio con una macchina fotografica per documentare ciò che era accaduto.

Riporto le sue parole: 

Quando arrivai a Deir Yassin, la prima cosa che vidi fu un grande albero a cui era legato un giovane arabo. L’albero era bruciato. Lo avevano legato all’albero e bruciato. L’ho fotografato

Coloro che si affacciano, turbati, alle porte vengono freddati all’istante. Intere famiglie vengono decimate. Corpi di innocenti cascano a terra ricoperti di cenere e di sporcizia.

La seguente comunicazione, che fornisce ancora altri dettagli dell’attacco ebraico al villaggio arabo di Deir Yassin il 9 aprile, è stata inviata dal sig. Fletcher-Cooke alla delegazione del Regno Unito alle Nazioni Unite il 20 aprile 1948.

Mio caro Bunche, Vi rimando al paragrafo 2 del Rapporto sull’incidente del 9 aprile, in cui si è fatto riferimento all’attacco da parte degli ebrei al villaggio arabo di Deir Yassin.

Le seguenti informazioni supplementari sono ora disponibili in merito a questo incidente: –

(1) Si ritiene che l’operazione sia stata un’impresa congiunta Organizzazione Militare Nazionale – Gruppo Stern intrapresa con la conoscenza dell’Haganah

(2) La morte di circa 250 arabi, uomini, donne e bambini, avvenuta durante questo attacco, è avvenuta in circostanze di grande ferocia.

(3) Donna e bambini sono stati spogliati, messi in fila, fotografati e poi massacrati da spari automatici ei sopravvissuti hanno raccontato bestialità ancora più incredibili.

(4) Coloro che furono fatti prigionieri furono trattati con brutalità degradante.

(5) Sebbene l’Haganah non possa negare di aver dato fuoco di copertura ai terroristi responsabili di questo oltraggio, l’azione nel suo insieme è stata condannata dalla stampa ebraica e denunciata dal Gran Rabbinato.

(6) A causa di altre preoccupazioni, le forze di sicurezza non erano in grado di agire prima del 14 aprile, giorno in cui fu organizzato un attacco aereo a Deir Yassin.

(7) Il 13 aprile divenne chiaro che l’Haganah aveva preso il controllo del villaggio dai terroristi e l’operazione fu, quindi, sospesa.

(8) Il governo della Palestina ha riferito il 14 aprile che non era ancora stato possibile entrare a Deir Yassin e che un ufficiale di polizia ebreo inviato per indagare non era stato autorizzato dall’Haganah a procedere oltre Givat Shaul.

(9) Si dice che un rappresentante della Croce Rossa Internazionale che ha visitato Deir Yassin l’11 aprile abbia affermato che in una grotta ha visto i corpi ammucchiati di circa 150 uomini, donne e bambini arabi, mentre in una roccaforte c’erano altri 50 corpi. trovato.

Cordiali saluti,

(firmato) J. FLETCHER-COOKE

Dr. Ralph J. Bunche,

Segretario principale delle Nazioni Unite

Commissione delle Nazioni sulla Palestina

Nazioni Unite, Lake Success.

Non posso che concludere con una nota frase di Mahmoud Darwish, per questo anniversario di Deir Yassin:

Se gli ulivi conoscessero le mani che li hanno coltivati, il loro olio si trasformerebbe in lacrime

Fonti

Yahia Al Mimi è nato a Pavia il 2/3/1999. Scrittore e teorico, studia Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Genova. Autore di “Storia di Miraggi Interplanetari e Interspecie” - racconto segnalato e inserito nella raccolta “Terra Viva” (2017) - e di “Over The Politics. Populismi, sovranismi e regionalismi nel mondo globale” (Santelli, 2020), si occupa di tematiche inerenti al socialismo, al bioregionalismo e all’adattamento del pensiero di Mouffe-Laclau alle realtà mediterranee. Fa parte di Foreign Friends of Catalonia e indaga la dimensione agonistica del Politico, reinventando il concetto di “democrazia radicale”.

Post a Comment


доступен плагин ATs Privacy Policy ©

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Questo sito fa uso di cookie, file di testo che vengono registrati sul terminale dell’utente oppure che consentono l’accesso ad informazioni sul terminale dell’utente. I cookie permettono di conservare informazioni sulle preferenze dei visitatori, sono utilizzati al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e di migliorarne le funzionalità personalizzando il contenuto delle pagine in base al tipo del browser utilizzato, oppure per semplificarne la navigazione automatizzando le procedure ed infine per l’analisi dell’uso del sito da parte dei visitatori. Accettando i cookie oppure navigando il sito, il visitatore acconsente espressamente all’uso dei cookie e delle tecnologie similari, e in particolare alla registrazione di tali cookie sul suo terminale per le finalità sopra indicate, oppure all’accesso tramite i cookie ad informazioni sul suo terminale.