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La battaglia di Gabriel Boric: quale futuro per il Cile?

Cile Boric

La battaglia di Gabriel Boric: quale futuro per il Cile?

La prossima settimana ricorre il primo mese dalla vittoria di Gabriel Boric, in quel di Santiago del Cile. Nella terra di Salvador Allende e di Augusto Pinochet, due dei più rinomati personaggi politici che hanno animato la scena cilena nella seconda metà del Novecento, i risultati delle urne elettorali del 19 dicembre hanno sancito la vittoria del trentacinquenne Gabriele Boric, principale esponente della coalizione progressista del paese. Boric si professa accanito sostenitore dei valori ecologici, coerentemente con l’agenda Onu 2030, nonché difensore dei diritti umani e dell’emancipazione femminile. Il neopresidente, laureato in giurisprudenza e parlamentare dal 2014 per il partito Convergencia social (CS) alla Camera dei Deputati, uno dei due rami del Parlamento che costituiscono il Congresso nazionale, si insedierà a Palazzo La Moneda il prossimo 11 marzo. La Moneda non è solo la residenza dei presidenti cileni. Infatti, nel corso della sua storia è stata anche la sede del martirio di Allende, quando un colpo di stato appoggiato dalla Cia nel 1973 rovesciò il primo governo socialista di ispirazione marxista consegnando il paese a Pinochet. 

La vittoria del giovane progressista si pone all’interno di una più ampia visione ideologica e politica che contrappone due mondi di pensiero agli antipodi. Se da una parte la vittoria di Boric ha restituito dignità ad un popolo che ha sofferto più di altri gli strascichi della crisi pandemica, dall’altra è stata da monito per le forze della destra reazionaria e negazionista rappresentata da José Antonio Kast alla guida del Frente Social Cristiano. Kast, di origini tedesche, figlio di una coppia di migranti che si trasferì in Sudamerica nel 1951 (in particolare il padre militò nelle file dell’esercito nazista durante la seconda guerra mondiale), non ha mai nascosto le sue simpatie per l’ex dittatore Pinochet, così come per altri politici, che rappresentano la nuova destra mondiale. Pensiamo a Trump e a Bolsonaro presi come modello da Kast e da altre personalità di spicco della destra europea. Kast rispetto a Boric propugnava un’agenda conservatrice, xenofoba, antiabortista e ferocemente neoliberista in un paese che, da due anni ha visto l’economia arrestarsi dopo un trentennio di relativo sviluppo. 

In questo quadro si sono svolte le elezioni. Dopo il primo turno elettorale, al ballottaggio l’affluenza è salita di una decina di punti, permettendo a Boric di arrivare all’agognato 55%. Boric non ha goduto soltanto dell’appoggio delle classi meno abbienti e dei popoli nativi. Infatti, una parte rilevante per la promozione della sua figura nelle aree più periferiche del paese è stata resa possibile grazie al coinvolgimento della gioventù cilena e della classe studentesca. D’altronde, lo stesso Boric, durante i suoi anni universitari è stato promotore di diverse manifestazioni studentesche, come quella del 2011, nella quale denunciava le sperequazioni socioeconomiche del paese e rivendicando un’istruzione gratuita e di qualità per tutti. Il suo insediamento avrà luogo ufficialmente il prossimo 11 marzo, al compimento del trentaseiesimo anno d’età, subentrando al presidente uscente Sebastián Piñera, diventando, di fatti, il più giovane Capo di Stato della storia cilena.

La vittoria di Boric, scevra da qualsiasi tentativo di truccare le elezioni, come racconta l’autorevole Washington Post, contrasta le vicende politiche sviluppatesi recentemente in Nicaragua, dove i risultati delle ultime elezioni dello scorso novembre hanno arriso all’esponente del Frente Sandinista de Liberación Nacional (FSLN) Daniel Ortega in un clima segnato da denunce e attacchi da parte dell’opposizione rappresentata dal Partido Liberal Constitucionalista (PLC) di Walter Espinoza.

Ritornando idealmente agli avvenimenti cileni, vale la pena rammentare il primo discorso tenuto dal neopresidente in cui ringraziava tutto il popolo cileno per il sostegno e auspicando un’intesa di unione in tutta la nazione. Tra i passaggi più importanti, va evidenziato il suo richiamato impegno al ruolo della donna nel tessuto sociale e produttivo del paese e alla centralità del fanciullo come simbolo di un nuovo umanesimo che coinvolga tutte le classi sociali del paese. Lo scopo sarà quello di gettare le basi, anche attraverso l’istruzione universale alla formazione della futura classe dirigente, la quale farà da anello di congiunzione tra la società di massa e le istituzioni. Per Boric, l’impresa di sintetizzare le istanze della componente moderata della sua coalizione e le sensibilità del Partido Comunista de Chile (PCCh) sarà complicato non solo sul fronte interno, ma anche per i risvolti internazionali. In primo luogo, per l’interesse storico degli Stati Uniti sulle intricate vicende del continente americano, e il loro diretto coinvolgimento in quei paesi che hanno visto al loro interno costituirsi movimenti e partiti di ispirazione marxista. Tuttavia, Washington non si è ancora espressa ufficialmente rispetto al cambiamento epocale in Cile, segno dell’incertezza dell’amministrazione Biden ad esercitare la propria influenza nel quadro geopolitico internazionale; come dimostra la ritirata dell’esercito yankee dall’Afghanistan, in attuazione della misura già adottata da Trump.

Il cambiamento politico avvenuto nell’assetto parlamentare e presidenziale del paese è solo l’ultimo dei mutamenti che stanno interessando il Cile. Di fatti, dal 4 luglio 2021 sono iniziati i lavori di una nuova costituente, la Convenzione costituzionale che si prepara a ridisegnare la legge fondamentale cilena. La revisione della carta costituzionale sarà totale, abolendo la Costituzione promulgata il 21 ottobre 1980 ed entrata in vigore l’11 marzo 1981, durante la dittatura di Pinochet. La centralità della futura Costituzione dovrà riguardare i diritti civili e i diritti inalienabili dell’individuo, delineandosi con i principi libertari di uguaglianza tra tutti i cittadini del Cile. 

Il nostro augurio è che il Cile riesca nella complicata mission di affrancarsi dall’influenza statunitense, diventando uno stato sociale che guardi con fiducia al progresso.

Docente di lettere e storia, ha conseguito una laurea magistrale in Scienze Storiche presso l'Università degli studi di Padova, dopo essersi laureato in Storia e Scienze Sociali all'Università degli studi di Bari "Aldo Moro". Esperto in Storia Contemporanea, ha elaborato una tesi di laurea magistrale in Storia delle Relazioni Internazionali sull'Islam radicale nel contesto balcanico, durante i conflitti multietnici che devastarono la Jugoslavia nell'ultima decade del XX secolo.

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