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Elisabetta Belloni, diplomazia e intelligence per navigare nella “Grande Tempesta”

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Elisabetta Belloni, diplomazia e intelligence per navigare nella “Grande Tempesta”

Se potessimo scegliere in prima persona l’inquilino del Quirinale per il dopo-Mattarella, non avremmo dubbi e sceglieremmo Elisabetta Belloni. La donna che per anni ha avuto in mano le redini della Farnesina, mantenendo la continuità dell’apparato ministeriale in una fase di dura crisi della politica estera nazionale, e che ora guida il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, struttura di coordinamento dei servizi segreti, dopo la chiamata di Mario Draghi, appare la figura ideale per l’incarico di Presidente della Repubblica.

Belloni, che oggi ha 63 anni, ha servito in ruoli di spicco della diplomazia italiana sotto governi di centrodestra e di centrosinistra e ha avuto una grande centralità anche nell’attuale legislatura caratterizzata dal governo M5S-Lega (Conte I), dal giallorosso Conte-bis e infine dal governo Draghi.

L’ascesa al Quirinale coronerebbe una carriera importante, iniziata dopo la laurea alla Luiss di Roma (1982) e l’ingresso alla Farnesina (1985) con un lungo periodo di gavetta e rodaggio tra Vienna e Bratislava e accelerata a partire dal 1999. Tra il 1999 e il 2004 Belloni è stata, via via, alla guida segreteria della Direzione per i Paesi dell’Europa, capo dell’Ufficio per i Paesi dell’Europa centro-orientale e capo della segreteria del Sottosegretario di Stato agli Esteri, prima di essere scelta da Franco Frattini, ministro degli Esteri del governo Berlusconi II, come Capo dell’Unità di Crisi della Farnesina. Un ruolo nel quale, ricorda Il Fatto Quotidiano, “si troverà a dover gestire anche dossier molto delicati, come il rapimento di cittadini italiani in Iraq e in Afghanistan o il coordinamento delle ricerche dopo lo tsunami in Thailandia“.

Nominata ai vertici della cooperazione allo sviluppo della Farnesina nel 2008, promossa ai tempi del governo Monti all’area Ricerca e Innovazione, nel 2015 ha coronato la carriera da funzionario ricevendo da Paolo Gentiloni il ruolo di Segretario Generale del Ministero degli Esteri. Ruolo ricoperto fino alla chiamata alla testa dei servizi da parte di Draghi, nel quale Belloni ha dovuto gestire dossier di peso: negoziazioni importanti nel Mediterraneo con Paesi come la Libia e l’Egitto, il caso Giulio Regeni, la partita europea dei Trattati, l’evoluzione dell’Alleanza Atlantica nell’era Trump, la crisi del Covid-19 e il rimpatrio degli italiani bloccati nel mondo dalla pandemia. Gentiloni e i suoi successori, Angelino Alfano, Enzo Moavero Milanesi e Luigi Di Maio, al cambio degli esecutivi hanno mantenuto ai vertici la Belloni, dandole “chiavi in mano” il controllo dell’apparato diplomatico.

Per la solidità delle sue esperienze riteniamo che Elisabetta Belloni possa essere un nome adatto per il Quirinale. Vediamo nel dettaglio come il suo nome potrebbe accontentare diverse richieste del mondo politico.

In primo luogo, Belloni è titolare di uno standing internazionale che è ormai un requisito indispensabile per essere papabili di elezione al Colle. Istituzione sempre più “geopolitica”, la presidenza della Repubblica è da tempo il centro nevralgico degli apparati italiani, e una conoscenza importante del sistema globale, che col Quirinale dialoga costantemente, deve guidare l’azione del suo titolare.

In secondo luogo, la natura diplomatica della figura della Belloni e il suo attuale coinvolgimento nel mondo dei servizi ne fanno sbiadire la natura formalmente indipendente e “tecnica”. Un giurista, un boiardo di Stato, un funzionario di lungo corso sono tecnici finché non hanno a che fare con le scelte che determinano con decisione la rotta del Paese nel mondo. Scegliere la Belloni significherebbe mettere le istituzioni al sicuro dal rischio di un “commissariamento” da parte dei tecnici più di quanto ciò potrebbe avvenire in caso di una chiamata al Colle di Draghi o di uno dei suoi proconsoli.

In terzo luogo, la fase di acuta volatilità delle relazioni internazionali e il clima di “Grande Tempesta” che va strutturandosi tra conseguenze di lungo termine della pandemia, crisi energetica, rivalità geopolitiche, rischi di una nuova ondata recessiva globale impone ai vertici dello Stato una figura capace di agire strategicamente, interloquire coi governi, tutelare l’unità della nazione. La capacità di mediazione della Belloni parla da sé.

Quarto punto, la candidatura della Belloni è tra le poche che potrebbe rispondere al physique du role indicato da più leader politici: Silvio Berlusconi ha parlato di un nome dall’alta caratura istituzionale, Giuseppe Conte ed Enrico Letta di figure capaci di unire. E secondo Domani proprio il Cavaliere, che dopo la rinuncia alla corsa al Colle ha comunque ancora in mano il pallino del gioco, non avrebbe potenzialmente pensare all’opzione Belloni, dato che “si tratterebbe di una possibile soluzione condivisa”, e che anche a Matteo Salvini e Giorgia Meloni darebbe le dovute garanzie.

Quitno punto, nel tempo dell’ipermediaticità della politica la Belloni ha dato, negli anni, una lezione sul potere e sul suo esercizio. Ne è testimonianza la solerzia con cui, sotto la sua guida, i servizi stanno lavorando a una mole di dossier importanti lontano dai riflettori: minacce securitarie dei no-vax, crisi in Libia, difesa degli asset industriali strategici, questioni energetiche, futuro della cybersecurity dopo la nascita dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn). “Il cliché italiano di un potere che appare tale solo se esibito trova infatti una netta smentita nella figura di Belloni. In lei l’idea potere si manifesta attraverso le categorie della discrezione e della laboriosità, rigorosamente declinate insieme”, ha scritto Formiche a dicembre premiandola come figura-simbolo del 2021.

Infine, ma è sovrabbondante aggiungerlo, non ci sfugge il fatto che l’ascesa al Colle di una donna sarebbe una svolta simbolica. Ebbene, la Belloni è la testimonianza del fatto che le donne in questo Paese non hanno bisogno di corsie preferenziali, di quote rosa o di retoriche stucchevoli per farsi strada. Nella nostra preferenza per la Belloni, il suo essere donna ci è totalmente neutrale: parlano per lei la serietà professionale, il curriculum, la dedizione alle istituziuoni. Caratteristiche che la rendono una vera e propria riserva della Repubblica. E che sarebbero fondamentali per un presidente destinato a guidare l’ìItalia in anni complessi.

Bresciano classe 1994, si è formato studiando alla Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali della Statale di Milano. Dopo la laurea triennale in Economia e Management nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Economics and Political Science nel 2019. Attualmente è analista geopolitico ed economico per "Inside Over" e "Kritica Economica" e svolge attività di ricerca presso il CISINT - Centro Italia di Strategia e Intelligence.

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