Lupi travestiti da Agnelli
Nelle ultime giornate ha destato scalpore la notizia secondo cui Fiat Chrysler Italy, sarebbe pronta a usufruire delle garanzie sui prestiti alle imprese del cosiddetto “Decreto Liquidità”, aprendo una trattativa con Sace e Intesa San Paolo per un prestito da 6,3 miliardi di euro.
Politica, mondo mediatico e settore economico sono stati attraversati da striscianti voci critiche contro la richiesta del gruppo automobilistico. Sotto accusa, in particolare, un atteggiamento ritenuto ipocrita da parte dell’ex Lingotto, che avrebbe richiesto aiuto allo Stato italiano dopo aver eluso negli ultimi anni la fiscalità nazionale con lo spostamento della sede della capogruppo Exor in Olanda.
Tra i critici più severi da sinistra l’onorevole di Sinistra Italia Stefano Fassina e da destra il giornalista Marcello Veneziani, che hanno accusato il gruppo della famiglia Agnelli di ipocrisia e di un atteggiamento sfrontato e spericolato. Su Twitter il renziano Luigi Marattin, principale alfiere politico del liberismo in Italia, ha difeso la decisione, sottolineando che a chiedere il prestito è una società di diritto italiana, Fca Italy, e minimizzando lo spostamento in Olanda della sede fiscale della capogruppo: ” nella prima (e per fortuna unica) Legge di Bilancio del governo Lega-M5S si sono abbassate le tasse al 7% per i pensionati stranieri che portino la residenza in un comune del Sud”.
La difesa di Marattin appare labile e estremamente fumosa. Come può essere possibile paragonare con serietà una manovra sulle pensioni a una scelta politica voluta, come quella dell’Olanda, che giocando sull’elusione fiscale ha attratto capitali dall’estero per miliardi di euro? Come sottolinea Valori, ” Exor, la finanziaria di casa Agnelli è emigrata in Olanda nel 2016. Un’operazione tout court che ha comportato anche il trasferimento della sede fiscale (quella di FCA resta invece a Londra) e che garantisce tuttora importanti vantaggi alla società e ai suoi storici azionisti: la possibilità di rafforzare il controllo proprietario (grazie al sistema del voto rafforzato previsto dalla normativa olandese) e un significativo risparmio fiscale sulle plusvalenze (che nei Paesi Bassi non sono tassate)”. Logico che il gioco delle tre carte appaia, in questo caso, più lampante: i miliardi di euro che Fiat Chrysler Italy chiede ora di prestito potrebbero essere garantiti da risorse statali ridotte dalla fuga dal fisco italiano di gruppi come la capogruppo Exor o i suoi simili. Indipendentemente dall’occupazione e dall’indotto questo è un dato di fatto ineludibile.
Risulterebbe utile, perlomeno, che Fca pubblicasse il country-by-country report, un bilancio che ufficializzi il bilanciamento di produzione, fatturato, attività economica e esposizione fiscale tra i Paesi in cui una multinazionale opera. ” Attualmente i country-by-country reports sono trasmessi all’Agenzia delle entrate, ma non vengono resi pubblici (gli stessi parlamentari e ministri non possono avervi accesso)”, ha fatto notare il responsabile economia del PD, Emanuele Felice. “Una volta che conosciamo i country-by-country reports, il Governo potrà valutare la “responsabilità fiscale complessiva” dell’impresa che chiede la garanzia pubblica (anche quella della Fiat, che attualmente non conosciamo); e in base a quella, decidere se concederle o meno la garanzia. In piena trasparenza”. Ma Exor/Fca e trasparenza, negli ultimi anni, sono stati pianeti separati.
Di fronte a queste constatazioni, è logico capire perchè, anche se corretta in punta di diritto, la manovra della famiglia Agnelli-Elkann, messa in campo nella fase più dura della pandemia di coronavirus, abbia suscitato un muro di polemiche senza precedenti. I proprietari di Exor appaiono, ora più che mai, come lupi travestiti da Agnelli, la manovra fiscale “corsara” ha più importanza del mantenimento di oltre 55mila dipendenti del gruppo nel territorio nazionale. Questo perchè il piano strategico del gruppo oramai parla di un baricentro spostato sempre più fuori dai confini nazionali. Gli Agnelli appaiono interessati all’Italia solo quando si apre l’occasione di una garanzia pubblica, e sorgono addirittura dubbi sulla reale capacità di Fca Italy di aderire alle richieste del Decreto liquidità, per il quale condizione chiave è che le risorse siano utilizzate esclusivamente per stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali localizzati in Italia (pagamenti verso fornitori, rete di vendita e per gli investimenti a medio/lungo termine necessari alla prosecuzione dell’attuazione del proprio piano industriale e ad esclusione di acquisizioni di partecipazioni sociali).
La reazione è fortemente emotiva, e altro non potrebbe essere in una fase in cui l’industria italiana rischia uno schianto senza precedenti, soprattutto nel settore delle imprese manifatturiere artigiane. “La nostra posizione”, spiega la Cgia di Mestre in una nota, “è molto critica anche con le altre grandi imprese presenti nel nostro Paese. In particolar modo con Fca. Se la notizia fosse confermata Fca Italia starebbe per ricorrere alle misure introdotte dal decreto liquidità. Speriamo che alla fine prevalga il buon senso. Sarebbe inaccettabile che un grande gruppo industriale che ha deciso, di spostare, legittitamente, la sede legale nei Paesi Bassi, chiedesse, con la controllata Fca Italy, un finanziamento avvalendosi delle garanzie pubbliche dello Stato che ha, invece, abbandonato. Sarebbe una cosa insopportabile che il governo italiano non dovrebbe consentire”.
Al contempo, Next fa malignamente notare l’allineamento dei nuovi membri della galassia editoriale del gruppo Exor, Repubblica e la Stampa, alle richieste economiche del gruppo automobilistico. I lupi travestiti da Agnelli trovano sempre i loro cantori: e questo ci conferma perchè la prima responsabilità sia morale, non economica. L’insostenibilità del modello fondato su elusione fiscale e delocalizzazioni appare sempre più lampante quando emergono, in situazioni di crisi, enormi asimmetrie tra le possibilità aperte alle multinazionali e quelle delle imprese di rango e taglia minore.