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Mattei e Gronchi: la “diplomazia del petrolio” tra Italia e Urss

Gronchi

Mattei e Gronchi: la “diplomazia del petrolio” tra Italia e Urss

I rapporti con l’Urss furono uno dei principali dossier di cui Enrico Mattei si occupò alla guida dell’Eni. Nel terzo capitolo del dossier di Sveva Bertini dedicato al grande manager marchigiano si parla proprio di quando il “Cane a sei zampe” sbarcò oltre Cortina. Forte della sinergia tra Mattei e il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.

Nel 1956 l’Egitto di Nasser, in un contesto di molteplici tensioni con Israele, procede alla nazionalizzazione della Compagnia del Canale di Suez, per rimpiazzare i fondi britannici e americani (poco tempo prima negati) volti all’innalzamento della diga di Assuan.

L’operazione avrebbe ricalcato il fallimento delle nazionalizzazioni di Mossadeq in Iran, se al ritiro del personale tecnico straniero non fosse seguita la sostituzione di tecnici ingaggiati dall’Autorità di Gestione, il nuovo ente egiziano creato al posto della Compagnia del Canale. 

In questo contesto, Mattei si impegna per il reclutamento di personale specializzato in navigazione marittima per garantire costante il flusso di merci attraverso il canale (il 41% del petrolio consumato in Italia transitava per Suez), in seguito al ritiro del personale straniero operante presso la Compagnia, poi nazionalizzata. L’Italia restava sul piano diplomatico cauta e neutra, ma sostanzialmente un ente di stato favoriva l’Egitto nei suoi progetti di emancipazione, a discapito degli interessi delle maggiori potenze occidentali.[1] Mattei fece campagna dalle colonne de “Il Giorno” riguardo la capacità della nuova Autorità di Gestione del canale allo scopo di incoraggiare gli investimenti esteri. Il Regno Unito e la Francia avevano caldeggiato la Farnesina al fine di impedire agli italiani che avevano risposto positivamente di partire, ma, la limitazione della libertà degli italiani di essere impiegati presso il nuovo ente egiziano non rientrava tra le possibilità dell’istituzione. Certo è che la risposta italiana non fu particolarmente forte: solo tre piloti furono ingaggiati, ma è necessario ricordare che la presenza europea si limitava comunque a cinque spagnoli e ventisette greci.

Dalla crisi di Suez ai rapporti con l’Urss

Non appena iniziarono le operazioni  militari, il 30 di ottobre, il Ministero degli Esteri italiano intraprese vari dialoghi diplomatici per indirizzare la risoluzione del conflitto in sede ONU e per rassicurare gli alleati occidentali della posizione a pieno sostegno della NATO.[2] D’altro canto, nonostante si fosse già riscontrato qualche disaccordo in seno all’Alleanza Atlantica riguardo la riscossione dei pedaggi del canale, l’occupazione israeliana della sponda orientale, l’arrivo delle truppe anglo-francesi su Suez, e il conseguente blocco del transito navale, portarono l’Italia a intraprendere una posizione più critica.

Era, appunto, il nostro paese a soffrire maggiormente la chiusura, con l’interruzione del trasporto di petrolio e gomma e dei proventi della logistica nei maggiori porti. L’Eni stessa, inoltre, fu direttamente colpita dalle operazioni israeliane sul Sinai poiché gli stessi pozzi petroliferi dell’International Egyptian Oil Company furono occupati e trentadue italiani furono fermati e trattenuti in custodia dai soldati israeliani. Mattei informò prontamente il Ministero degli esteri degli ingenti danni subiti e della disparità di trattamento da parte di Israele rispetto alle compagnie petrolifere britanniche e, superata la fase più spinosa del conflitto alcuni dei materiali vennero restituiti. Risulta, inoltre, necessario ricordare che, per la prima volta gli Stati Uniti e URSS si trovarono sulla stessa direzione, costringendo Francia e Gran Bretagna a concludere il conflitto.[3]

L’apice dello scontro di Mattei con le potenze occidentali, si ebbe, però, nel momento in cui l’Eni venne accusata, con il rischio di scoraggiare i suoi clienti svizzeri, austriaci e tedesco-occidentali, di acquistare petrolio indirettamente dell’URSS attraverso la copertura degli affari in Egitto. Secondo il Senato americano, infatti, nel 1961 l’Egitto avrebbe soddisfatto il proprio fabbisogno energetico attraverso la produzione di greggio, mentre, invece, ne erano state importate 1.300.000 tonnellate dall’URSS, destinate successivamente all’esportazione in Italia, che quell’anno aveva ottenuto 1.500.000 tonnellate di petrolio egiziano.[4]

L’Eni, prontamente, rispose alle accuse mostrando dati convincenti riguardo la produzione e l’import-export di greggio in Egitto ed in Italia, screditando i sospetti americani e dimostrando che si trattasse dell’ennesimo tentativo di far naufragare l’Eni, colpevole di aver portato alla luce le attività del monopolio dei grandi petrolieri.

Dagli accordi con l’URSS all’OPEC.

Sebbene l’Eni avesse dimostrato di non essere colpevole di un’occulta importazione di petrolio sovietico attraverso l’espediente degli affari in Egitto, come molti altri Paesi europei (e a sottolinearlo fu spesso lo stesso Mattei), l’ente era sicuramente autore di diversi accordi economici con l’URSS e di un avvicinamento politico a Mosca.

I primi contratti furono stipulati nel 1958, quando, in cambio di forniture di greggio a basso costo e aggirando i prezzi del cartello delle “Sette sorelle”, veniva accordata la vendita di materiali per la costruzione di oleodotti. Non si trattava, però, ancora di una svolta in chiave politica, considerando che l’Italia, come le maggiori potenze europee faceva già largo uso del petrolio sovietico, ma si trattava dell’avvio di una vivace corrispondenza  avvenuta tra il 1958 e il 1961 tra interessi russi e italiani, caldeggiata principalmente dall’ambasciatore Pietromarchi e che ebbe come importanti risultati anche visite istituzionali tra i capi di Stato delle due nazioni.

L’asse Gronchi-Mattei

Il primo importante passo verso un’apertura fu proprio nel 1960 quando Gronchi fu il primo Capo di Stato occidentale a rendere visita alle istituzioni dell’Unione Sovietica. Tra i vari colloqui, tenutisi nel febbraio a Mosca, uno degli argomenti centrali fu una nuova collaborazione tra l’Eni e l’URSS che portò presto ad una moltitudine di vantaggiosi accordi commerciali tra cui uno riguardante forniture di greggio proveniente dagli Urali in cambio di petroliere italiane prodotte da Fincantieri.

Quest’ultima intesa non andò in porto a causa delle rimostranze del Consiglio atlantico in seno alla NATO. Infatti, risultò particolarmente scomoda agli alleati americani e britannici l’amichevole apertura commerciale di un Paese del Blocco occidentale, nonché la personale stima che lo stesso Kruscev e gli altri dirigenti sovietici provavano per Mattei. Si legge, in alcuni scritti indirizzati dall’Ambasciata americana al Dipartimento di Stato, che Mattei, con il potere che esercitava attraverso l’alleanza con Gronchi e il controllo sulla stampa, risultava essere un ostacolo al compimento degli interessi americani in Italia, e iniziava ad essere percepito come un pericoloso concorrente dell’industria petrolifera americana.

Con particolare rilievo, si sottolinea la necessità di controllare l’azione di Mattei in URSS, il quale stava notevolmente contribuendo all’abbassamento dei prezzi del greggio, con l’immissione sul mercato di una notevole quantità di idrocarburi sovietici.[5] In questo modo, Mattei, con la sua politica anticoloniale e volta al ribasso dei prezzi del petrolio, si trova ad essere parte delle molteplici concause che portarono in quel periodo al crollo dei profitti delle “sorelle” del cartello petrolifero, che proprio a partire dal 1960 dovettero, inoltre, far fronte ad un nemico che avevano prima sottovalutato: l’OPEC.[6]

L’OPEC, infatti, risponderà presto all’egemonia delle compagnie anglo-americane con un cartello messo in atto dai Paesi produttori di petrolio, che erano, attraverso quest’organizzazione, uniti nella decisione riguardante la quantità e i prezzi di greggio da inserire sul mercato globale. Spesso, viene attribuito proprio a Mattei il merito di aver previsto il fenomeno OPEC nella sua lettura anticoloniale ed indipendente dei rapporti di potere che regolavano il mondo delle risorse energetiche.

3 – continua

1 – La visione globale di Mattei

2 – La sfida alle “Sette sorelle”

3 – Mattei e Gronchi: la “diplomazia del petrolio” tra Italia e Urss

4 – Mattei il democristiano

5 – La costruzione del consenso


[1] Ivi, pp. 73-75.

[2] Ibidem.

[3] Luisa Cuccu,op.cit., pp. 31-32.

[4] New York Herald Tribune cit. in Ivi, p. 97.

[5] Massimiliano Bonne, I colloqui tra l’Unione Sovietica e l’industria energetica italiana dal 1959 al 1961: la strategia di Enrico Mattei e i suoi risvolti nella politica internazionale, Ventunesimo Secolo, Febbraio 2011, Vol. 10. No. 24, pp. 159-197, Rubbettino editore.

[6] OPEC: Organisation of the Petroleum Exporting Countries.

Nata nel 1998 a Milano e cresciuta tra le colline del Monferrato, ha coseguito la laurea triennale in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l’Università degli studi di Pavia, discutendo una tesi sulla figura di Enrico Mattei. Durante il triennio a Pavia è stata allieva del Collegio Ghislieri. I periodi di scambio, prima al St John’s College presso l’Università di Cambridge, poi a Sciences Po Toulouse, le hanno dato modo di approfondire questioni attinenti le politiche dell’ambiente e il ruolo dell’energia a livello internazionale. Attualmente frequenta il primo anno di laurea magistrale in Scienze delle amministrazioni e delle politiche pubbliche presso l’università La Sapienza ed è allieva della Scuola Superiore di Studi Avanzati di Roma.

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