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Jakob Moleschott: medico, filosofo e politico

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Jakob Moleschott: medico, filosofo e politico

Una delle critiche rivolte a Regione Lombardia durante la recente emergenza della Covid-19 è stata quella che una sanità incentrata su grandi hub ospedalieri e che ha come sfondo una concezione privata della salute, si è mostrata inadeguata laddove una emergenza epidemica avrebbe richiesto una capillare diffusione di presidi territoriali, secondo una idea che vede la sanità come questione pubblica. Nella fattispecie, l’implementazione della prima concezione ha determinato, per le scelte squisitamente politiche di Regione Lombardia, il decadimento repentino della seconda.

Pertanto il “ritratto” della settimana lo dedichiamo ad un medico olandese che al nostro paese ha invero dedicato tempo de energie, e che aveva una idea pubblica, in tutti i sensi, della sanità. Presentiamo il medico, filosofo e politico Jakob Moleschott.

Jakob Moleschott nacque a Boscoducale, nel Brabante settentrionale, il 9 agosto 1822, da una famiglia di tradizione cattolica sebbene il padre, Johannes, anche egli medico, fosse non credente (al contrario della madre timorata di Dio). Cresciuto intellettualmente con la biblioteca paterna, studiò al liceo classico di Kleve, padroneggiando francese, tedesco, greco e latino. Dopo il liceo, malgrado il padre volesse per lui gli studi giuridici, optò per medicina, scegliendo la storica e prestigiosa università di Eidelberga, dove regnavano sovrane la chimica fisiologica di Gmelin e l’anatomia comparata di Bischoff. Qui maturò l’idea secondo cui chiarire un fenomeno fisiologico voleva dire derivare la sua necessità dalle leggi fisiche e chimiche. Ad Eidelberga entrò in contatto anche con le idee filosofiche di Strauss e di Feuerbach. Viaggiò poi per studio a Berna e Zurigo dove iniziò ad interessarsi di politica, in particolare al liberalismo prima e al socialismo poi, conoscendo anche il grande fisiologo Ludwig von Liebig. Nel 1846, dopo la laurea e la vincita di prestigiose borse di studio, ottenne nel 1846 l’abilitazione professionale, esercitando ad Utrecht ma continuando anche ricerche di laboratorio private e lo studio della filosofia moderna, in particolare Spinoza e Feuerbach. Deluso dall’asfittico ambiente olandese, il venticinquenne Moleschott riuscì, grazie ai suoi vecchi contatti, ad ottenere la libera docenza prima  in anatomia comparata successivamente in fisiologia sperimentale ad Eidelberga. In fisiologia fu tra i giovani ricercatori che fecero tramontare la vecchia e speculativa Naturphilosophie, introducendo il metodo sperimentale nella disciplina e il suo corso risultò uno dei più seguiti. Quelli vicini al 1848 furono anche anni di fermento politico e intellettuale e lo studio della filosofia, portò Moleschott ad elaborare la sua propria teoria.

Essa vide la luce nel 1852, con l’opera “Cricolazione della Vita” divisa in 20 lettere, ciascuna trattante un tema specifico. Secondo Moleschott i risultati raggiunti dalle scienze sperimentali giustificano una nuova visione cosmologica e antropologica. I suoi livelli privilegiati di lettura sono quelli fisici, chimici e fisiologici e su questa accezione fonda il suo materialismo scientifico, nel quale lega scoperte scientifiche e assunti filosofici: il principio di conservazione della massa indica l’eternità della materia; quello di conservazione della forza indica che questa null’altro è che una proprietà della materia. La materia è il punto di partenza eterno e dotato di forze che sono presenti a livello fisico, chimico e biologico. In questo ultimo livello, per Moleschott, non esiste spirito o anima ma la cosiddetta forza vitale è un prodotto di conversione di altre forze materiali e tale capacità di trasformazione intrinseca della materia è chiamata “vita”. La vita è in continua e perenne circolazione perché tra vita e non-vita non vi è cesura alcuna: mondo organico e mondo inorganico sono parti continue dello stesso mondo materiale, in un ciclo continuo e metamorfosi perenne di riduzione e sviluppo. Del pari porta avanti anche una più debole riflessione sul sapere scientifico che viene concepito naturalisticamente come un organismo che cresce e matura poi in sapere filosofico. In questa chiave di lettura, nelle lettere XVIII e XIX , riduce intelletto e volontà a composizione materiale e morfologia cerebrale che si modificano in modo del tutto deterministico, anche in maniera impercettibile a contatto con i movimenti e le influenza della materia esterna recepiti tramite gli organi sensori. Nessuno spirito, nessun libero arbitrio, nessuna volontà libera, mutamento completo della concezione della responsabilità e della fondazione del diritto: bene è ciò che risponde alle esigenze della specie e ai bisogni dell’uomo, legale è ciò che sorge dall’istinto della propria conservazione.

Il libro andò a ruba soprattutto tra i giovani e fu messo al bando in Austria, nel Baden e in Baviera e Moleschott venne diffidato dal diffondere le sue idee, pena la revoca della docenza, anche perché le idee materialistiche e deterministiche scuotevano non poco l’ambiente universitario e negavano ogni legittimità alle numerose cattedre di teologia e al conservatorismo dogmatico che ancora imperava nelle scienze biologiche. Il materialismo scientifico era una sfida alla civiltà feudo-borghese della Germania del tempo, avendo come compagni di viaggio le classi del lavoro e della tecnica: con il materialismo le classi produttive avevano strumenti conoscitivi adeguati per inquadrare complessivamente la realtà, sostituendo le vecchie verità fondate sulla religione con le nuove, fondate sulla scienza. La lettera XX della “Circolazione della Vita” è infatti quella gravida di conseguenze politiche perché vi si sostiene che lo studio socialista dei bisogno sociali appartiene all’avvenire del mondo visto che ogni movimento della forza/materia tende alla distribuzione equilibrata sul medio-lungo periodo. La scienza a differenza della religione garantisce progresso per uscire dalla miseria e libero accesso allo sviluppo culturale di tutti.

La situazione per Moleschott si fece insostenibile e a 30 anni emigrò a Zurigo divenendo titolare della cattedra di fisiologia all’università. Qui incontrò Francesco De Sanctis e il suo materialismo retorico, con il quale vi era affinità personale e intellettuale. Fu così che, grazie alla intermediazione di De Sanctis, Filippo De Boni, su mandato di Cavour, propose a Moleschott una cattedra in Italia, a Torino, nel nuovo paese da poco unificato e bisognoso di intelletti vivaci e di fama per svilupparsi culturalmente: nel conflitto, che vede opposti in Italia Stato e Chiesa, un professore materialista come Moleschott era un’arma preziosissima di rinnovamento della cultura italiana. Nel 1861 iniziò la sua docenza a Torino, mantenendo il connubio tra lezione frontale e laboratorio sperimentale: sperimentalismo come metodo operativo, meccanicismo come criterio esplicativo, determinismo come sfondo filosofico e ingranaggio motore.

Moleschott era ben conscio che il suo modo antitradizionale di insegnare era funzionale anche all’obiettivo della nuova classe dirigente italiana, che voleva formare gli statisti del futuro su basi diverse da quelle precedenti, tanto che in ogni sua prolusione sosteneva con forza il suo materialismo scientifico radicale. Non che Moleschott non avesse avversari nel mondo accademico e filosofico (Camillo de Meis, Maurizio Bufalini, Silvio e Bertrando Spaventa, Niccolò Tommaseo) che ne contestavano metodi e fondamenta. A livello polemico Moleschott tenne testa, supportato dal ministero e anche dalla vis retorica del De Sanctis.

Ora arriviamo ad allacciarci alle considerazioni iniziali. Il 1865 fu anno di colera per l’Italia: la malattia colpisce soprattutto le periferie più degradate delle città dove vive ammassata la moltitudine delle classi meno abbienti, complice una rete idrica e fognaria del tutto inadeguata se non assente con pozzi d’acqua adiacenti alle latrine e numerose infiltrazioni di liquami. All’epoca il vibrione del colera non era stato identificato e isolato e, oggi come allora, il complottiamo si fece strada e venivano accusati di volta in volta i ricchi, i politici o i medici (per lucrare sulle cure) di diffondere il morbo. Moleschott scienziato, insegnante e divulgatore, scrisse di getto, nel 1865 , pubblicato a inizio anno successivo, “Consigli e conforti nei tempi di colera”: era un piccolo volume divulgativo in cui cercava di informare tutti coloro che sapevano leggere e scrivere sui pericoli e sulle azioni igienico-sanitarie da intraprendere per prevenire il contagio. Il taglio divulgativo fece sì che l’opera contenesse anche consigli moraleggianti. Lo scritto conteneva nozioni indispensabili che portavano le conoscenze scientifiche a livello dl senso comune promuovendo la formazione di una coscienza sanitaria popolare.  Per il socialisteggiante Moleschott la salute era infatti, oltre che un diritto, una questione pubblica. In questo senso venivano raccomandate: pulizia degli ambienti domestici, una dieta meno pesante, una diminuzione dei contatti con altre persone, attenzione da porre ai primi sintomi (dissenteria su tutti).  

Divenuto cittadino italiano, venne nominato senatore del Regno nel 1876 e in questa veste intervenne più volte a sostegno del senatore Maggiorani che voleva istituire  un corpo di ispettori sanitari scelti fra gli igienisti, da assegnarsi alle province come vedette di salute pubblica ed fu fautore, insieme a De Sanctis dell’introduzione della ginnastica nelle scuole, sia perché benefica a livello fisico- metabolico sia perché favoriva la cura e l’igiene personale degli studenti. Ad inizio 1880 fu tra i più accesi sostenitori della abolizione della tassa sul macinato con la contemporanea sostituzione del grano al mais, poiché una alimentazione a base di granturco rendeva, soprattutto se conservato in maniera non ottimale, più esposti a malattie come la pellagra: “Nessuno più di me può essere geloso del pareggio dello Stato, ma vi ha per me una cosa che va al di sopra di quel pareggio, ed è il pareggio dell’organismo umano”. Nei dibattimenti per la riforma sanitaria del 1886, si batté aspramente perché venissero inclusi i medicinali nella assistenza gratuita per i poveri e affinché l’igiene fosse insegnamento disciplinare distinto dalla medicina legale, sottoposto alla programmazione di un Consiglio Superiore di Sanità.

Nel 1892, dopo essersi spostato alla Sapienza nel 1879 come ordinario di fisiologia, si congedò da professore e si spense all’alba del 20 maggio 1893 a causa di una infezione setticemica, contratta curando un paziente malato di erisipela.

  1. Edgar Morin: il filosofo della complessità.
  2. Sultan Galiev: il protagonista dimenticato della Rivoluzione Russa.
  3. Giacomo Brodolini, il padre dello Statuto dei Lavoratori.
  4. Pankraz Vorster, l’ultimo Principe-Abate.
  5. Jakob Moleschott: medico, filosofo e politico
  6. Derek Freeman: un antropologo tra natura e cultura.
  7. Leslie Groves: da West Point al Progetto Manhattan.
  8. Walter Bonatti, l’ultimo gigante dell’avventura.
  9. Ciccilla, una brigantessa tra storia e letteratura
  10. La strada del coraggio di Gino Bartali

Tutti i “Ritratti” pubblicati dall’Osservatorio Globalizzazione.

Laureato magistrale in Scienze Filosofiche all'Università degli Studi di Milano, è attualmente consigliere comunale nel paese di Cesano Boscone.

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