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Constatazioni e ipotesi sulla religiosità ufficiosa dell’Occidente

Constatazioni e ipotesi sulla religiosità ufficiosa dell’Occidente

Si conclude oggi l’esteso e approfondito dossier di Alessio Pinna sulla “religione ufficiosa” dell’Occidente. Ringraziando Pinna per la disponibilità dimostrata nel condividere con noi le riflessioni tratte dal suo saggio “Una benedizione in mezzo alla terra”, vi auguriamo buona lettura presentando l’ultimo pezzo del dossier, che analizza i fenomeni principali sorti in relazione o in risposta alla strutturazione del nuovo “canone” religioso ufficioso.

Una volta preso atto dell’esistenza e della pervasività di questo processo[1] è difficile non rilevare come, a meno di eventi eccezionali almeno quanto quelli che l’hanno determinato, la trasformazione in atto sia importante, profonda e probabilmente irreversibile.  

C’è un ulteriore passo che si può fare dopo aver chiarito questi punti: analizzare i modi più o meno consapevoli di porsi davanti alla situazione presente, così da decodificare alcune fra le manifestazioni più comuni della religiosità odierna; e infine, partendo da queste, fare delle ipotesi sulle possibili evoluzioni della nostra civiltà.

Possiamo fondamentalmente ridurre la casistica a tre approcci rilevanti:

1 – rifiuto totale: è l’approccio di chi percepisce l’esistenza di un nuovo senso del Sacro e vorrebbe invertire il processo che ha portato alla sua affermazione o comunque arrestarlo;

2 – via intermedia: è l’approccio di chi accetta più o meno coscientemente l’affermarsi di una religiosità diversa da quella del passato e al tempo stesso vorrebbe preservare o riesumare degli elementi di quest’ultima;

3 – accettazione totale: attivamente è l’approccio di chi è consapevole del fatto che i costrutti religiosi del passato sono in crisi ed è già pienamente addentro a quelli nuovi; passivamente è il modus operandi e vivendi dei tantissimi che non hanno cognizione dei temi trattati ed accettando completamente lo status quo entrano inconsapevolmente a far parte delle dinamiche in atto.

Dall’inclinazione verso uno fra questi tre approcci, i cui contorni possono certo sfumare l’uno nell’altro, deriva tutta un’ulteriore serie di fenomeni, alcuni dei quali anche paradossali, di cui possiamo illustrare i più significativi. 

Non accettare la realtà odierna è per esempio la posizione intransigente di alcuni gruppi di frangia all’interno del cattolicesimo ma anche del protestantesimo tradizionale e tradizionalista. La speranza di costoro è di riportare la Cristianità al suo glorioso passato e/o verso uno scontro totale con le altre civiltà e con quella occidentale moderna che considerano abusiva. Ma proprio perché si tratta di gruppi completamente minoritari, che si rifanno a realtà in cui al contrario ciò che propugnano era sempre stato maggioritario e poiché sono essi stessi restii a porre la questione nei termini illustrati – a partire dal paganesimo, orrore!  –  è del tutto improbabile che riescano a rendere organici ed efficaci i loro intenti. Al contrario all’interno del giudaismo le voci profondamente critiche verso un’assimilazione irreversibile al cristianesimo sono maggioritarie, sia da parte di conservatori come il rabbino ortodosso Eliezer Berkovits[2] quanto di progressisti come la rabbina Danya Ruttenberg[3]. Ma come detto il processo è essenzialmente interno a quella che era la civiltà cristiana e per questo, benché queste voci siano in proporzione infinitamente più numerose, si riducono a delle logiche reazioni a quelle che sono percepite come delle più o meno sopportabili ingerenze quando non delle indebite appropriazioni culturali.

Di questa categoria, ma senza voler suggerire alcun collegamento diretto con chi si occupa di religione, fa parte anche l’agire di coloro che rifiutano completamente il presente, la realtà, come i già accennati neonazisti. In definitiva costoro sono dei nichilisti, che si pongono ai margini di una società che li rifiuta e che loro rifiutano.

La dinamica dell’approccio misto, ovvero quello dell’accettare le trasformazioni già avvenute e quelle in corso d’opera ma di volere allo stesso tempo preservare o riesumare elementi del passato, può svilupparsi nei modi più disparati. Tralasciando le ultraminoritarie commistioni all’interno del mondo giudaico possiamo notare due tendenze fondamentali: una verso la componente cristiana e  l’altra verso quella pagana.

Quest’ultima può diventare ad esempio l’atteggiamento di chi prova rigetto per la decadente componente cristiana della propria identità tradizionale, come abbiamo visto fortemente indebolita dalla secolarizzazione e dalla trasformazione, e, considerandola irrecuperabile quando non meritevole di scomparire, cerca di preservare almeno quella che considera come precedente e per questo più autentica. Si tratta in questo caso di una dinamica, conscia in alcuni intellettuali di indirizzo neopagano ma per lo più inconsapevole, riscontrabile in chi percepisce negativamente tutto ciò che identifica col cristianesimo e positivamente tutto ciò che riporta all’antico, al mitico, all’ancestrale; tale dinamica implica però la negazione di ciò che per millenni ha preservato e trasformato molti di questi elementi, specialmente quelli connessi alle tradizioni popolari, e genera quindi delle credenze artificiose e posticce, che pur essendo in continua diffusione non si concretizzano mai in dottrine strutturate e durature.

L’attitudine di chi in questo momento di crisi vuole assolutamente preservare l’elemento prettamente cristiano si sta invece sempre più materializzando in alcune delle nuove correnti protestanti di cui si è accennato, evangelici/pentecostali in primis, e ora anche in parti sempre più consistenti del cattolicesimo conservatore o sedicente tale. Ciò che determina la differenza fondamentale fra quest’area e le frange più tradizionaliste è l’essere perfettamente integrata negli sviluppi moderni della Chiesa cattolica, cosa che la rende ancora più eterogenea e contraddittoria. Dei punti di riferimento imprescindibili sono per esempio il pontificato di Papa Giovanni Paolo II e in parte quello di Benedetto XVI, detestati invece dai tradizionalisti quanto quelli dei loro predecessori successivi a Pio XII e (soprattutto) del loro successore Francesco. Un dato significativo è che sempre più questi gruppi tendono a caratterizzare il cristianesimo come fattore meramente identitario (cioè sempre meno come fede e meno che mai come fede universale), cosa che rende paradossalmente la loro azione funzionale al decadimento che pretenderebbero di contrastare e non fa altro che rivelarne ulteriormente – al di là delle posture – la fragilità intrinseca.

Rivolgendosi poi verso l’Oriente inteso in senso generico come “altro” si può rilevare come parte del cristianesimo “orientale” (ovvero quelli che per gli occidentali sarebbero i pagano-cristianesimi “altri”) stia vivendo un momento di fervore dopo lunghi tempi bui, e per questo rappresenta una possibile soluzione per chi è in cerca di un’alternativa non completamente rivoluzionaria. Vero è comunque che trattasi di confessioni relativamente minoritarie e costituite a livello etnico e/o nazionale (Chiese autocefale ortodosse, Chiesa armena, georgiana, siriaca, copta egiziana, copta etiope, etc.) mentre le espressioni del giudeo-cristianesimo, oltre a essere perfettamente ancorate alla storia propria dell’Occidente, hanno un’impostazione universalista e una proiezione mondiale.

C’è infine l’attitudine di chi accetta la realtà per come è. Certamente è questa l’attitudine più diffusa, in parte perché c’è chi la mette in pratica consapevolmente ma soprattutto perché la stragrande maggioranza della popolazione accetta passivamente e completamente lo status quo.

Partiamo da un atteggiamento non passivo ma molto vicino nella pratica a quest’ultimo: quello prodotto da certo ateismo e agnosticismo. Queste tendenze sono sempre più diffuse in Occidente ma – come abbiamo visto – in declinazioni non-nichiliste non implicano affatto la non-accettazione di quella che è in pratica la religione civile della civiltà giudaico-cristiana. In versioni estreme come l’ateismo militante o il satanismo esprimono sì una critica del sistema odierno, ma non più di quanto non affermino la negazione di quello precedente che mai avrebbe permesso la loro esistenza. Da notare il parallelismo con il rifiuto totale della modernità che è stato incluso nella prima categoria, da cui in effetti è a volte quasi indistinguibile, benché le ragioni si trovino agli antipodi.

Anche il multiforme fenomeno generalmente indicato come new age rientra, per ragioni ed esiti opposti all’ateismo, in questo gruppo. Per quanto variegato, come il neopaganesimo nasce in seno a quella che un tempo era considerata la Cristianità – e, si badi bene, non in altro contesto – in seguito alla percezione del suo stato di crisi e alla volontà di ritrovare un senso compiuto di Sacro. Ma lo si può distinguere dal neopaganesimo per la disinvoltura nell’abbandonare i costrutti del passato e al contrario includere e combinare nelle sue varianti elementi del tutto estranei a quelli propri della civiltà pagano-cristiana ovvero di nuovissima concezione o presi in prestito da altre. Queste altre sono spesso religioni orientali come il buddhismo e l’induismo, che per forza di cose – le cose che abbiamo fin qui descritto – esercitano una forte attrattiva sugli occidentali in cerca di un’alternativa all’Occidente.

All’interno di questo approccio ricade anche l’attitudine di quegli occidentali che sentono come ineluttabile il processo di decadimento spirituale della civiltà (post)cristiana e, rinunciando sia ad aderirvi che a contrastarlo, si rivolgono direttamente a un’altra tradizione religiosa codificata. A differenza di quelle dette orientali le già ampiamente trattate grandi religioni abramitiche hanno numerosi elementi in comune con il cristianesimo, e per questo possono rappresentare per un occidentale la scelta meno esotica. Il numero di coloro che si convertono al giudaismo, che contrariamente a quanto molti pensano non è cosa impossibile[4], è però infinitamente più basso di quello di coloro che passano all’islam[5], probabilmente perché richiede un lavorio indubbiamente superiore. Essenzialmente la scelta più semplice rimane quindi l’islam, ma ciò non significa che questo sia rispetto al giudaismo una semplificazione, anzi insigni studiosi occidentali di religioni come René Guenòn e Titus Burckhardt, dopo aver intravisto e denunciato la decadenza della civiltà occidentale e aver indagato alcune delle possibilità di reazione (tra cui il tradizionalismo cattolico e la libera muratoria), infine optarono proprio per l’islam. E così molti altri, di varia cultura ed estrazione, cosa che – ovviamente insieme alle conquiste del passato e alle migrazioni del presente – porta l’islam a essere già oggi la seconda religione più diffusa in Europa[6] e un fattore determinante anche nelle Americhe e in Oceania cioè nel resto dell’Occidente[7].

E ancora possiamo considerare in qualche modo connessi a questo approccio alcuni curiosi sincretismi moderni in fase di sviluppo come il chrislam, commistione speculare al giudeo-cristianesimo in verità non nuova ma codificata con tale termine in uno dei luoghi per eccellenza dove cristianesimo e islam si incontrano e scontrano, l’Africa e nello specifico la Nigeria. Interessante notare come questo particolare fenomeno sia stato nei fatti più discusso che praticato[8], quasi che qualcuno tema una siffatta comunione quanto teme un’Europa “islamizzata” cioè l’Eurabia di littmaniana e fallaciana memoria[9].

E questa seppur non esauriente elencazione delle possibilità che si presentano e prospettano non potrebbe dirsi conclusa se non riportassimo un’ultima prospettiva, meno conosciuta e al momento ancora molto di nicchia ma particolarmente attinente all’argomento trattato: quella del noachismo, un sistema di norme che per una parte della tradizione ebraica, e in particolare grazie ad alcune figure di spicco come il rabbino livornese Elia Benamozegh (uno dei più importanti codificatori moderni del noachismo come sistema complementare al giudaismo), è interpretabile come il codice etico più antico dell’umanità.

Secondo la dottrina giudaica il mondo è bipartito in yehudim, ebrei, e goyim, non-ebrei ovvero gentili; teoricamente nell’era messianica l’olam habba, il mondo a venire, sarà dei primi e i secondi saranno in qualche modo a loro subordinati. Ma esiste anche una possibilità leggermente diversa, quella appunto in cui è contemplato, per i non-ebrei, il noachismo. In questa soluzione gli ebrei rappresentano per l’umanità non tanto il popolo eletto quanto il popolo sacerdotale, e in questo senso sarebbe da intendere l’obbligo di rispettare tutte le norme prescritte da Dio ovvero le 613 mitzvot. Fra queste ce ne sono poi 7 che permetterebbero anche ai non-ebrei, cioè ai “laici”, di avere il proprio posto nell’olam habba. Queste 7 leggi sono quelle date a Noè quando uscì dall’arca successivamente al Diluvio Universale, riportate nella Torah e poi specificate nel Talmud, ovvero: non commettere idolatria; non bestemmiare; non uccidere; non rubare; non compiere atti sessuali illeciti; non cibarsi di animali vivi ovvero non compiere crudeltà verso gli animali; istituire tribunali atti a stabilire il rispetto delle suddette leggi.

In realtà da queste semplici regole generali ne conseguono logicamente altre (solitamente attestate sulla sessantina) che stabiliscono un vero e proprio codice ed è interessante notare come, se i cristiani dovessero continuare fino in fondo nel loro percorso di accoglimento delle istanze del giudaismo e dunque attenervisi, si ritroverebbero – a partire dal divieto di commettere idolatria, e quindi ad esempio dal divieto di venerare simulacri – a vivere la propria religiosità in un modo non poi così dissimile sia dal giudaismo che dall’islam. Per via del suo rigoroso monoteismo e del suo impianto semitico quest’ultimo è infatti generalmente ritenuto dai sapienti ebrei, a differenza del cristianesimo tradizionale il cui giudizio rimane controverso, compatibile col noachismo[10]. Ma l’islam oltre a contenere già ora, e dal principio, elementi in comune col giudaismo (come ad esempio l’aniconismo o la dettagliata tradizione normativa) ne ha anche altri che lo avvicinano al cristianesimo, a cominciare dalla tendenza all’universalismo ovvero all’inclusione e dal riconoscimento delle figure di Gesù e Maria.

Ovviamente questa è una prospettiva prettamente giudaica ma, a parte l’imponente operazione di diffusione operata in particolare dall’influente branca giudaica dei Chabad-Lubavitch e l’esistenza di gruppi e organizzazioni che già oggi si definiscono come noachidi[11], come abbiamo visto la direzione verso cui tende la civiltà giudaico-cristiana in toto pare essere esattamente quella del progressivo accoglimento delle suddette prospettive. Che infatti in parte stanno prendendo forma negli ordinamenti occidentali anche in modo tangibile[12].

Tratto da: Alessio Pinna, Una benedizione in mezzo alla Terra, Streetlib 2019.

5 – Fine dell’estratto

1 – La religione ufficiosa dell’Occidente: introduzione

2 – Le radici pagano-cristiane dell’Occidente

3 – La civiltà giudaico cristiana – prima parte

4 – La civiltà giudaico cristiana – seconda parte

5 – Constatazioni e ipotesi sulla religiosità ufficiosa dell’Occidente

Dibattito sull’Occidente



[1]Vedere articoli precedenti.

[2]“Judaism is Judaism because it rejects Christianity, and Christianity is Christianity because it rejects Judaism” in Disputation and Dialogue: Readings in the Jewish Christian Encounter (Ed. F. E. Talmage, 1975).

[3] https://twitter.com/TheRaDR/status/1089589999920660484 – consultato il 25/05/2019.

[4]http://www.anticorpi.info/2012/03/talmud-il-piu-controverso-dei-testi.html – consultato il 19/07/2019.

[5]https://web.archive.org/web/20180501080438/http://www.pewforum.org/files/2015/03/PF_15.04.02_ProjectionsFullReport.pdf – consultato il 19/07/2019.

[6]http://www.globalreligiousfutures.org/regions/europe  – consultato il 06/10/2019.

[7]Vedere per esempio l’influenza nella formazione della cultura hip hop e ancor prima nelle altre di derivazione afroamericana: https://www.daveyd.com/commentaryhiphopislam.html  – consultato il 23/11/2019; Fabrizio Venturini, Le Strade del blues (Gammalibri, 1984).

[8]Per esempio: https://www.exposingchrislam.com/  – consultato il 02/08/2018; https://www.allaboutreligion.org/chrislam.htm  – consultato il 03/08/2018; http://lnx.ilcristiano.it/2013/05/01/chrislam-cosa-e/  – consultato il 02/08/2018.

[9]Notare che nessuna delle due era cristiana bensì la Littman (Bat Ye’or) di religione giudaica e la Fallaci atea.

[10]http://www.wikinoah.org/en/index.php/Islam_and_Noahide_Law  – consultato il 08/10/2019.

[11]Per esempio: http://noahide.org/ ; https://www.noahidenations.com/  ; http://7for70.com/en/  ;

http://www.1stcovenant.com/index.htm  – consultati il 30/07/2019.

[12]Per esempio: https://asknoah.org/faq/have-the-noahide-laws-been-recognized-by-any-governments  – consultato il 23/09/2019.

Alessio Pinna è un ricercatore attivo nel campo degli studi sulle religioni, autore di diverse pubblicazioni e svariati articoli. È stato docente IRC nella scuola pubblica, docente di Teologia delle Religioni Non-Cristiane presso il Centro Diocesano di Teologia di Oristano e collaboratore del settimanale diocesano L'Arborense. Nei suoi lavori fa uso, oltre che della metodologia propria della saggistica, di uno stile narrativo a suo parere necessario per trattare adeguatamente materie in parte intangibili come quelle che coinvolgono la metafisica

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