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Un’evoluzione improbabile della sicurezza

Un’evoluzione improbabile della sicurezza

Oggi sulle colonne dell’Osservatorio parliamo del tanto discusso tema della sicurezza, presentando un’opinione estremamente autorevole in materia: quella di Umberto Saccone, ex direttore della Security dell’Eni e attualmente amministratore unico di Ifi Advisory, nonché autore di diverse pubblicazioni in materia. Nella sua analisi Saccone invita a riflettere sulla necessità di costruire una cultura della sicurezza, necessaria in una fase storica in cui le minaccia ai nostri sistemi e alle nostre società è più multiforme che mai.

Il 23 ottobre 2018 è stata presentata in Parlamento una proposta di legge per l’impiego delle guardie giurate all’estero che fa seguito ad un analogo disegno di legge presentato  il 20 giugno 2017.

Il 3 novembre è stato approvato a Montecitorio un ordine del giorno che impegna  il governo a prevedere che, nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, il legale rappresentante dell’azienda debba designare un dirigente (Security Manager) incaricato di stabilire, mantenere, aggiornare un effettivo sistema di gestione della security assicurandogli i necessari poteri, le risorse umane e materiali per la gestione effettiva della sicurezza.

Il 7 novembre 2019 la presidente di Assiv (Associazione Italiana Vigilanza e Servizi Fiduciari), è stata audita dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera sull’impiego delle guardie particolari giurate all’estero. La presidente ha messo in evidenza come la legislazione italiana non dia la possibilità ai nostri istituti di vigilanza di lavorare all’estero, con la conseguenza che  le numerosissime aziende italiane che ivi lavorano devono provvedere, per il principio del “duty of care”, alla  protezione dei propri assets e del proprio personale rivolgendosi ad organizzazioni private straniere.

Il 12 novembre l’On. Angelo Tofalo, Sottosegretario di Stato alla Difesa, intervistato da Radio RAI ha detto “……credo che dobbiamo puntare a ottimizzare ancor di piu’ certi processi e a fare riflessioni slegate da vecchi schemi sulla sicurezza dei nostri uomini all’estero anche con pratiche che utilizzano altri paesi tipo l’utilizzo di dispositivi privati di protezione dei nostri uomini ….”. Alla domanda del conduttore: “Si riferisce ai contractors?” Tofalo ha risposto: “Anche questo si’, anche questo. Per garantire la sicurezza dei nostri uomini sarei disposto a tutto. Altri paesi lo fanno, noi dobbiamo rivolgerci a paesi esteri. Io farei tutto in casa”.

Entrambi gli aspetti fanno parte di un dibattito aperto subito dopo l’entrata in vigore del Testo Unico 81 del 2008, portato anche all’attenzione di alcune forze politiche di governo, e che a tutt’oggi non ha ancora visto una evoluzione matura.

La sicurezza dei cittadini non è un problema che può essere affrontato con approccio discontinuo, disomogeneo o peggio ancora emotivo, con progetti irregolari che nulla hanno a che fare con una metodologia strutturata e con una visione della sicurezza che tenendo conto delle mutazioni in atto sia capace di pensare a modelli nuovi in un certo senso rivoluzionari, che possono evolversi solo in chiave cooperativa.

Ormai nel mondo intero si sta ingenerando la convinzione che non ci sia giustizia e che la politica si muova solo per curare i propri interessi e gli interessi delle elite che li sostengono. Abbiamo tensioni in Egitto, Bolivia, Libano, Iraq, Cile, Ecuador, Hong Kong, Sudan e, nella stessa Europa, registriamo eventi di grande insoddisfazione in Francia con i gilet jaune  e in Spagna con l’ira catalana. È l’autunno caldo globale.

Ma la Sicurezza, si quella con la S maiuscola, è veramente nell’agenda dei nostri politici? La risposta è no.

Il 10 ottobre 2018 Julian King, Commissario Europeo per l’Unione della sicurezza, ha dichiarato: “Dall’uso di armi chimiche nelle nostre città ai ciberattacchi sponsorizzati dagli Stati, pesano sull’Europa minacce senza precedenti, alle quali i nostri concittadini ci chiedono di reagire. È giunto il momento di intensificare l’impegno per completare i lavori sull’Unione della sicurezza. Contro il terrorismo, contro le minacce informatiche o favorite dall’informatica, in cui si consuma lo scontro fra mondo virtuale e mondo reale, contro la criminalità organizzata, insieme siamo più forti. Il tempo stringe: le istituzioni dell’UE e gli Stati membri devono assumersi la responsabilità di guidare l’azione e di ottenere risultati in questo settore essenziale“.

È bene sottolineare come le emergenti minacce debbano rendere la sicurezza un tema prioritario dell’agenda politica nazionale, facendo emergere l’inadeguatezza dei sistemi tradizionali di fronte alla sfida di garantire la tutela della società da rischi nei quali si intrecciano sempre più strettamente dimensione locale e dimensione globale.

Smettiamola con un approccio superficiale. Usciamo dagli equivoci secondo i quali più forze di polizia e più soldi possano essere la ricetta giusta. Direi che è la ricetta più facile per chi non conosce il problema o per chi, in malafede, non vuole cedere potere. Ho sentito dire che non siamo Gotham City, la città immaginaria del cavaliere oscuro. Purtroppo, se non ci siamo ancora, ci saremo. Il luogo simbolico della violenza e del degrado da sogno irreale e metafisico si sta trasformando in un incubo. Nel nostro futuro vedo un luogo abbandonato a sé stesso, caotico, violento. Una città degradata dalla criminalità organizzata e dalle istituzioni rassegnate, abitata da cittadini in attesa di un miracolo che li redima. E non ci sarà nessun miracolo se non cominciamo a costruirlo già da oggi. “Anche le forze dell’ordine non conoscono il territorio come un tempo dice Antonio Del Greco funzionario di polizia intervistato da Carlo Bonini per La Repubblica il 24 ottobre 2019. E il 12 novembre 2019 Il Messaggero, con un  articolo a firma di Camilla Mozzetti e Alessia Marani, dà ampio risalto alle iniziative del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica che decreta misure eccezionali per la Capitale attraversata da un ondata criminale senza precedenti.

Ebbene siamo a Gotham City!

Costruiamo quindi un nuovo futuro con processi originali raccogliendo anche esempi virtuosi che provengono da altre nazioni. La crescita dell’insicurezza sociale e del suo particolare sottoprodotto, la fear of crime, manifesta in effetti non solo le difficoltà che i politici stanno affrontando nel mettere a punto una nuova politica criminale.  In questo contesto appare utile sottolineare come il sentimento di insicurezza possa portare, oltre che a comportamenti di autodifesa, anche a gravi comportamenti di massa, dai cambi di residenza al razzismo e la xenofobia, fino a realizzare una partizione dello spazio sociale che genera l’apartheid[1] E’ in questa ottica che il primo pensiero corra a come valorizzare il patrimonio esistente e che può e deve essere messo a beneficio della collettività con un processo ampio di partecipazione ripercorrendo alcune strade che sono state a più riprese portate all’attenzione della politica e che riproposte in forma destrutturata non possono risolvere il problema ma anzi cedere ad approcci superficiali e inconcludenti.

Si tratta di costruire, riprendendo una frase attribuita ad Aldo Moro, delle convergenze parallele. L’accostamento di due parole in antitesi, l’ossimoro, viene volutamente usata per sottolineare come pubblico e privato possono e devono convergere almeno su alcuni punti, pur mantenendo una completa coerenza con le rispettive ed anche differenti responsabilità.

La sicurezza, come ci viene raccomandato dalle Nazioni Unite, dall’Osce e dal G8, non può essere monopolio di qualcuno. Rendere efficace la partnership pubblico privata attraverso appropriati tavoli di concertazione può rappresentare una corretta pratica di governo per la gestione delle relazioni industriali, basata sul confronto e la partecipazione alle decisioni politiche per realizzare un sistema basato su scelte condivise il cui principale obiettivo è la sicurezza dei cittadini e l’assetto sociale della nazione.

La percezione di insicurezza, dovuta anche ai fenomeni di immigrazione selvaggia, sta generando conflitti sociali che non riescono più ad essere governati. Gli italiani hanno paura: non più legata esclusivamente al timore di rimanere vittima di reato, la paura è diventata uno dei tratti fondamentali del nostro tempo, alimentata dall’insorgere di un insieme di insicurezze di diversa natura. Negli anni della crisi hanno prevalso timori di carattere economico, legati alla paura di perdere il posto di lavoro e di scendere gradini nella scala sociale, poi è subentrata l’insicurezza quotidiana rispetto alla microcriminalità incombente, poi è arrivata la paura per il terrorismo internazionale e ora sembra avere il sopravvento l’allarme legato agli sbarchi dei migranti. Si moltiplicano le paure e rimane elevato il timore di essere vittima di un reato. Oltre 19 milioni di italiani (il 31,9% del totale delle famiglie) percepiscono il rischio di criminalità nella zona in cui vivono.[2]

La sicurezza è un «valore superprimario» ovvero un «bene inscindibilmente legato alla vita, alla incolumità fisica, al benessere dell’uomo e alla qualità della sua esistenza, nonché alla dignità della persona». Siamo pertanto di fronte al diritto a un’esistenza protetta, indispensabile al godimento degli altri diritti di cui l’individuo è titolare in condizioni di sicurezza. I cittadini hanno il diritto di ricevere determinati benefici dal governo come corrispettivo del pagamento delle tasse. La sicurezza, come diritto della persona, deve quindi procedere insieme con le libertà dell’individuo ed essere così concepita come un obiettivo cui deve tendere l’azione dello Stato e degli altri poteri pubblici, sempre nel pieno rispetto del nucleo essenziale degli altri diritti garantiti dalla Costituzione.

Pertanto un “che fare” olistico dove la sommatoria funzionale delle parti è sempre maggiore della somma delle prestazioni delle parti prese singolarmente.

L’energia innovativa che potrebbe scaturire dal coniugare diversi scibili consentirebbe di agire in modo mirato e specifico coniugando la sicurezza in un uno complessivo e non artificiosamente settoriale a soddisfazione di interessi di parte.


1 Criminalità e paura: la costruzione sociale dell’insicurezza

[2] Censis: 1° Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia

Umberto Saccone è Amministratore Unico della società di consulenza IFI Security e Presidente della controllante IFI Advisory. Ha trascorso 33 anni della sua vita professionale nell’Arma dei Carabinieri e nel Servizio di Intelligence Nazionale SISMi. Nel 2006 ha lasciato il Servizio per andare a ricoprire l’incarico di Direttore della Security dell’ENI, la prima società quotata in Italia e una delle big company nel settore oil&gas. Nell’aprile 2017 è stato nominato amministratore Unico della Port Autority Security dei Porti di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta. Società in house ad intero capitale pubblico soggetta a controllo analogo, coordinamento e direzione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale. Ha scritto pareri ed articoli per numerosi giornali e riviste specializzate. Autore di numerosi libri tra i quali “La security aziendale nell’ordinamento italiano”, pubblicata nel 2011 dal Sole 24 Ore e “Governare il rischio - Un sistema di security management” - pubblicato nel Novembre 2014 da Aracne Editrice. E’ anche coautore del volume “Uno sguardo sul mondo 2.0”, pubblicato nel 2013 da Elvetica Edizioni, e coeditore della norma per il tavolo “Tutela delle Infrastrutture Critiche” di UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione). Nel maggio 2019 ha pubblicato Protocollo S - Sequestro di persona - con la casa editrice Aracne. Ha insegnato presso l’Università Cattolica di Milano e l’Università degli Studi di Roma“Link Campus University”. È Commendatore della Repubblica Italiana.

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