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Il “dovere della memoria” nella riflessione di Franco Cardini

Cardini Ucraina

Il “dovere della memoria” nella riflessione di Franco Cardini

Con questa recensione al saggio “Il dovere della memoria” del professor Franco Cardini l’Osservatorio inaugura oggi la sua collaborazione con la casa editrice “La Vela”, una dinamica e giovane realtà che sta conquistando spazio nel panorama culturale italiano con lavori di qualità capaci di indagare a tutto campo le principali questioni dell’attualità e della storia. Buona lettura!

L’emerito prof. Cardini si è già caratterizzato per le sue opere di revisione storica, se per revisione si intende l’aprire uno spiraglio di interrogativi sul passato e il mettere in dubbio interpretazioni talmente consolidate da essersi calcificate e diventate banali o, peggio ancora, strumentali. Si pensi ad esempio ai suoi famosi lavori sul Barbarossa, sulle crociate e sul Medio Evo in generale, in cui lo storico reggiano getta più di un ragionevole dubbio sulla storiografia che vede il mediterraneo medievale come il luogo di un consapevole scontro tra un’Europa cristiana ed un mondo arabo-musulmano; concludendo invece, dopo un’attenta analisi delle fonti, che le persone effettivamente vissute nel Medio Evo non concepivano il Mediterraneo come un mare divisore e non avevano nutrito nessun idea di “scontro di civiltà” – interpretazione, quest’ultima, che invece aveva preso piede soltanto quando potenze extramediterranee cominciarono a valorizzare il mare nostrum in senso imperialista e commerciale e, quindi, divisorio.

Il lavoro di revisione storica è, d’altronde, pratica buona e giusta, non solo perché ognuno  ha il diritto di interrogarsi continuamente e liberamente sul  proprio passato, ma anche perché, come scrive lo stesso Cardini, se la storia non è esame e verifica continua del passato alla luce del presente ed in funzione del futuro non è nulla, se non forse una stretta prigione.

Ebbene, con il presente lavoro Cardini non si interroga sul Medio Evo, ma sul mondo contemporaneo, e lo fa partendo proprio dall’idea che quello della memoria sia un dovere; un dovere che, per essere rispettato, richiede di andare al di là dell’ambigua “computisteria funebre” o del “ricatto polemico”. Il dovere della memoria, scrive infatti Cardini, richiede di coltivare una memoria critica e consapevole, che si interroghi anche sui “se” e sui “ma” dello sviluppo storico al fine di rompere gli schematismi della facile spiegazione teleologica di chi giudica col senno di poi o delle moralizzanti e strumentali “selezioni guidate” e “smemoratezze gestite”. Queste ultime, infatti, se da una parte peccano, consapevolmente o meno, di ignorare eventi non secondari o di rendere orwellianamente alcune vittime più uguali di altre, dall’altra impediscono di riconoscere e di fermare le ingiustizie del presente. E oltre a ciò, impediscono una corretta comprensione del divenire storico che riesca a cogliere il modo in cui si è giunti al momento d’oggi, quali problematiche il nostro tempo presenti, come tali problematiche siano venute in essere e, quindi, in che modo indirizzare la propria azione politica al fine di correggerle e di evitare future ingiustizie.

Per queste ragioni la storia non può essere un tribunale di moralisti; “‘comprendere’”, specifica Cardini, “non vuol dire ‘giudicare’; bensì ‘capire in profondità’”. Una volta compreso, ognuno è poi libero di trarre dalla storia le proprie conclusioni e i propri giudizi. “La memoria” – scrive Cardini – “è la garante della nostra identità”, e siccome la memoria non può che essere selettiva, essa “deve essere vegliata, educata, razionalizzata”. La memoria va allenata e la storia costantemente interrogata nella sua complessità.

Ed è proprio con questo a mente che Cardini ne Il dovere della memoria insiste sul bisogno di comprendere in profonditàla storia: un bisogno oggi più acuto che mai poiché viviamo in un’epoca che si sta caratterizzando da una parte per l’aumento della dimenticanza storica dovuto ad un generale istupidimento coatto (con la complicità del sistema scolastico e del complesso massmediatico) e dall’altra per il moralismo storico, come dimostrato dalla recente furia iconoclasta registratasi nel mondo occidentale.

D’altronde, se la politica è il luogo dove si lotta per cercare di aprirsi a futuri alternativi e per imporre al presente un certo percorso, chiunque voglia partecipare alla lotta politica (anche solo per render giustizia alle attuali tragedie), non può che partire da una posizione di comprensione approfondita del passato; comprensione cioè che sia consapevole non solo degli eventi effettivamente avvenuti, ma anche della complicatezza del quadro generale in cui si sono sviluppati, e che perciò si interroghi anche sui possibili passati alternativi. Non è di certo una coincidenza se la nostra epoca di spoliticizzazione e di arrendevolezza nei confronti del presente e delle sue contraddizioni sia accompagnata da una diffusa comprensione molto superficiale e banale del passato e da un forte e talvolta vile moralismo. Una moralistica spiegazione facile e teleologica del passato non può infatti che risultare in una moralistico e unidirezionale sviluppo per il futuro.

Ed è certo in quest’ottica che il presente libro di Cardini si rivela molto utile. Non perché esso voglia riscrivere il passato o proporre una diversa “selezione guidata” degli eventi che secondo l’autore debbano essere ricordati, ma perché riesce in brevi e succosi capitoli a mostrare quanto la nostra comprensione della storia più recente sia spesso piuttosto smemorata e superficiale, e perché senza rendersene consapevoli non ci si può nemmeno rendere conto delle innumerevoli contraddizioni del presente e delle possibilità politiche che ci stanno davanti.

Si prendano ad esempio le recenti iconoclastie che hanno caratterizzato la figura di Winston Churchill. Le sue statue vanno rimosse? Secondo Cardini, no: “Io le statue sono per lasciarle al loro posto: anche quelle di WC [Wilson Churchill]. Sono monumenta, quindi debbono monere: anche se in quale direzione debbano farlo, sta a noi deciderlo. Non mischiamo la storia e l’etica: che hanno relazioni fra loro, ma vanno tenute distinte”.

Eppure Cardini non nasconde la propria antipatia verso il politico inglese. Seppur una vulgata in voga voglia un Churchill la cui provvidenziale guida sia stata fondamentale nel riuscire a sconfiggere una Germania assassina che marciava verso il dominio mondiale, Cardini annota invece come decennali e molto poco lungimiranti azioni del lord inglese abbiano contribuito a gettare l’Europa nei due conflitti mondiali dai quali ne è uscita declassata e umiliata, posto le basi della cronaca crisi vicino-orientale e mediorientale, non abbiano compreso che l’equilibrio tra Occidente e Unione Sovietica configurava una posizione sostanzialmente positiva per tutto il pianeta, non abbiano mai fatto nulla che avrebbe potuto aiutare l’Europa a raggiungere un ruolo di mediatrice tra le due opposte superpotenze ed abbiano sempre favorito l’egoismo politico del suo Paese e l’egoismo privato delle lobbies (come aveva fatto in Iran nel ’52, gettando quindi le basi per la rivoluzione islamica e anti-occidentale del ’79, che un’altra vulgata ritiene che invece sia dovuta all’inasprimento di un autoctono radicalismo religioso e fondamentalista). È solo in seguito di questo approfondito vaglio della persona storica di Churchill che Cardini ritiene di poter esprimere il proprio giudizio negativo sul lord inglese.

E nonostante il consapevole, approfondito ed eventualmente negativo giudizio, è d’altronde grazie ai monumenta sesi può capire a cosa sia dovuta, per esempio, la crisi vicino-orientale, la situazione di castrazione politica dell’Europa, la disseminazione di basi statunitensi nel Mediterraneo, ecc., e quindi guidare consapevolmente la propria azione in vista della risoluzione di questi ormai cronici rompicapi internazionali. Una memoria che si fondi su semplicistici e moralistici giudizi morali sullo sviluppo storico, magari fatti in una situazione di interessate “smemoratezze gestite” e “selezioni guidate”, non può invece che preludere sin da subito questa possibilità.

Ciò inoltre senza tenere in conto che sarebbe davvero ipocrita esigere l’abbattimento delle statue di quel razzista di Churchill sostenendo che egli abbia condannato 4 milioni di persone nelle colonie inglesi alla morte per fame, salvo poi chiudere gli occhi o persino difendere a spada tratta gli embarghi assassini tuttora in corso voluti dai gruppi di potere della sperequazione economica contro Stati definiti “canaglia” in seguito a processi diplomatico-giudiziari spesso sommari e arbitrari. Gruppi di potere che, magari, sono i medesimi che fanno pressione per la rimozione dei monumenta di gente a loro sgradita. L’alternativa è quindi coltivare una memoria educata e razionalizzata che, se da una parte vuole onorare le vittime del passato, dall’altra sia anche vettore di denunce forti e precise contro gli attuali Lager.

È in quest’ottica che in questo libro Cardini insiste sul dovere della memoria; memoria che però si deve fondare sulla comprensione approfondita del passato e che si sforzi di separare la comprensione storica dal giudizio etico. Questo è l’invito di Cardini ed è in questo senso che nel libro l’autore si interroga sugli eventi del secolo scorso che secondo lui ci hanno lasciato in eredità il mondo in cui viviamo oggi, come il colonialismo, le due guerre mondiali, le figure di Hitler e di Churchill, gli USA e l’URSS, la funzione storica dell’Italia nel Mediterraneo, la fraintesa e disattesa unità europea, il conflitto palestinese-sionista e la Cina. Il pregio delle pagine racchiuse in questo libro non è quello di cercare di dare un resoconto definitivo (che non si potrebbe nemmeno dare) o onnicomprensivo (impossibile, anche data la brevità dell’opera), ma è di mostrare agilmente la complicatezza dello sviluppo storico che ha portato alla situazione attuale, e quindi il come si sono generati i grandi problemi che la storia ci ha lasciato in eredità. È solo attraverso una continua, non saccente indagine della storia che è possibile aprire la porta del futuro ed organizzare la propria azione politica in vista di futuri alternativi e più giusti. Se d’altronde la memoria è garante della nostra identità, sarà meglio vegliarla, educarla e razionalizzarla, a meno che non la si preferisca smemorata, moralizzatrice e svirilizzata.

In conclusione, si può affermare che questo libro si inserisce nel percorso tracciato da due non sufficientemente rimpianti filosofi italiani: Domenico Losurdo e Costanzo Preve, i quali, nei rispettivi e pregevoli Il peccato originale del Novecento e La quarta guerra mondiale, denunciavano la strumentalità di certe moralistiche e semplicistiche interpretazioni del secolo passato; interpretazioni che, oltre a non onorare la memoria delle vittime, si rivelano anzi foriere e cause prime di ulteriori tragedie per il secolo ventuno. Certamente Cardini ha il merito di mostrare non solo che quello della memoria sia un dovere, ma anche che tipo di memoria tale dovere richieda di coltivare; pena la perdita del futuro. Per il resto, non resta che augurare a questo libro la buona fortuna.

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Marco Ghisetti è dottore in Politica Mondiale e Relazioni Internazionali e in Filosofia. Ha lavorato e studiato in Europa, Russia ed Australia. Si occupa principalmente di geopolitica, sia pratica che teorica, teoria politica e filosofia politica, con particolare attenzione per le correnti Neo-Eurasiariste e il pensiero comunitarista. Collabora con la rivista di geopolitica "Eurasia" e l'Osservatorio Globalizzazione.

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