Dal Pnrr al gas, ripartire dall’agenda Draghi. La visione di Pagani (Pd) per il voto
L’onorevole Alberto Pagani non si nasconde e in vista del voto del 25 settembre indica nell’agenda di Mario Draghi il punto di partenza per qualsiasi riflessione politica compiuta dal Partito Democratico in chiave elettorale. Col dialogo con il 51enne onorevole ravennate inauguriamo oggi la “Tribuna Elettorale” dell’Osservatorio, con cui nelle prossime settimane esploreremo visioni e programmi delle principali forze politiche
Onorevole Pagani, grazie per la sua disponibilità. Il segretario Dem Enrico Letta ha indicato l’agenda Draghi come punto di partenza del progetto elettorale del Pd. Quali sono i capisaldi che ritiene più importanti?
Con Draghi abbiamo salvato l’Italia da un disastro economico e politico, in un momento difficilissimo della nostra storia. Il Pd gli ha per questo confermato la fiducia, la destra e i Cinque Stelle non hanno nemmeno avuto il coraggio di guardarlo in faccia e di votagli contro, per farlo cadere. Noi vogliamo riprendere tutti gli impegni proposti dallo stesso Draghi al Senato: gli interventi per rimediare le distorsioni del superbonus 110, ed evitare di lasciare nei guai sia famiglie che imprese, i meccanismi per introdurre più flessibilità in uscita per le pensioni, le misure per la concorrenza, gli interventi necessari per realizzare le opere del PNRR, la riforma fiscale, la riforma del sistema dei medici di base, l’autonomia regionale differenziata. Poi ci sono le scelte che indicano una prospettiva strategica, a cominciare dalla riduzione delle tasse sul lavoro, per aiutare imprese e famiglie ed aumentare l’occupazione, all’obiettivo dei rinnovi ed adeguamenti dei contratti scaduti da anni, alla questione del salario minimo ed alla correzione delle distorsioni e dei difetti del reddito di cittadinanza, che deve aiutare chi è davvero in difficoltà, e non riempire il portafogli di chi fa lavoro nero o non ha voglia di lavorare.
Un programma ambizioso, di legislatura diremmo. E sul fronte estero?
Ci sono le scelte strategiche come l’indipendenza energetica dal gas russo, attraverso la ricerca di fonti di approvvigionamento alternativo, e quindi la politica estera deve puntare sulla ricerca di accordi in tal senso, da unire nell’agenda energetica alla realizzazione urgente dei nuovi rigassificatori, ed al sostegno più forte per spingere le energie rinnovabili. Anche in politica estera bisogna garantire continuità, soprattuto in relazione al sostegno alla resistenza ucraina e l’azione diplomatica per raggiungere una pace giusta, non per arrivare alla vittoria della Russia, come vorrebbe qualcuno.
PNRR e posizionamento euroatlantico. Si dice che la fine dell’era Draghi possa metterne in discussione questi due capisaldi. Ritiene sia così?
Andremo alle elezioni il 25 settembre e combatteremo perché non succeda, ma che si rischia questo con il governo della destra, guidato da Salvini e Meloni, è ovvio e lo capisce anche un bambino. Sono andati a braccetto con Putin fino all’altro giorno, ed ora tentano di nasconderlo solo perché capiscono che è vergognoso. Sono davvero ridicoli perché ci sono decine di loro foto, dichiarazioni ammirate, commenti che ne esaltano la leadership e che sostengono che ne avremmo bisogno anche in Italia. Risulta naturale che i nostri alleati del patto atlantico non si fidino di loro e siano preoccupati, non è un segreto che Putin abbia sostenuto e foraggiato tutti i partiti sovranisti europei, compresi la Laga e FdI, ed è comprensibile anche che si aspetti di averne un ritorno, prima o poi. Per altro mi pare che i tentativi maldestri di farlo ci siano già stati, anche se sono falliti, proprio perché c’era il Governo Draghi. E poi Salvini e la Meloni sono orgogliosamente anti europei, sono da sempre impegnati contro l’Europa e contro l’Euro e coltivano un progetto politico alternativo alla crescita degli Stati Uniti d’Europa. Non mi sembrano gli interlocutori per andare a batter cassa. Comunque che siano meno credili di Mario Draghi nei contesti europei credo che sia ovvio ed indiscutibile
Come mai a suo parere la destra ha scelto di mollare Draghi?
Salvini temeva di non arrivare alla scadenza della legislatura nel ruolo di segretario della Lega, perché dal Papeete in poi ha combinato talmente tanti disastri e sconfitte che nel suo partito stavano cercando il modo ti toglierlo di mezzo. Già ci aveva provato in tutti modo con l’elezione del Presidente della Repubblica, a scegliere qualcuno che sciogliesse anticipatamente le Camere per andare subito al voto, d’accordo con la Meloni ed anche con Conte, come era evidente. Fallito quel tentativo ha atteso la prima occasione utile per boicottare Draghi, e Conte gliel’ha servita su di un piatto d’argento. Questa volta ha convinto Berlusconi con la promessa di vincere le elezioni, distruggendo così Forza Italia, ma potrebbe avere una brutta sorpresa.
Ha citato Giuseppe Conte, da cui è partito tutto. Meditava lo strappo da tempo?
Conte è accecato dal rancore personale e dal desiderio di rivalsa perché considera Draghi un usurpatore fin dall’inizio, perché ha preso il suo posto a Palazzo Chigi, ma non poteva boicottarlo apertamente, quindi ha provato a logorarlo con mille pretesti. Non gli è riuscito fino ad ora per due ragioni: la prima è che il suo oppositore interno, Di Maio, ha svolto una funzione positiva, per impedirglielo, fino a che non se ne è andato, portandosi via quelli con maggiore buon senso. La seconda è che molti parlamentari dei Cinque Stelle non volevano andare a casa, con la certezza quasi matematica di non poter più ritornare in Parlamento. C’è chi sostiene che ci sia riuscito non appena lo scioglimento delle camere ha superato il limite dei 4 anni, sei mesi ed un giorno, cioè la soglia di maturazione dei contributi previdenziali per la pensione dei parlamentari alla prima legislatura. Non so dire se sia davvero così, anche perché i Cinque Stelle erano proprio quelli che criticavano la casta, ma se lo fosse ne sarei sinceramente disgustato
Col Movimento Cinque Stelle il Pd pare aver ormai rotto ogni prospettiva di alleanza. A chi guarderebbe come alleato? Esiste un area Draghi oltre l’autodefinito “grande Centro”?
Secondo me bisogna ripartire da tutti quelli che hanno confermato la fiducia a Draghi, ed escludere tassativamente quelli che non l’hanno fatto. Non ci possono essere ambiguità, perché gli elettori non le capirebbero ed anche perché non sarebbero giusto riabilitare deii traditori. Il PD è un partito di sinistra, progressista, e la cosa migliore sarebbe che facesse il suo compito occupando il suo spazio, quello dei ceti popolari, rappresentasse prima di tutto i più deboli, i lavoratori, quelli che hanno un diritto in meno. Però poi si dovrebbe alleare con un partito più moderato, e di centro. Ma un grande partito moderato in Italia non c’è, purtroppo. Ci sono diverse formazioni politiche più piccole, ma non un grande soggetto popolare ed organizzato. Eppure lo spazio politico c’è, perché i moderati sono fuggiti ormai tutti dalla destra. Berlusconi, ormai anziano e stanco, ha accettato di sciogliere di fatto Forza Italia dentro la Lega per Salvini, e quello che è stato il gruppo dirigente più qualificato del suo partito lo ha abbandonato. Sono andati via persino Elio Vito, la Gelmini, Brunetta, la Carfagna… tutti! Che gli resta? La sua giovane fidanzata e qualche amico intimo, che sente il dovere di essergli fedele comunque, nella buona e cattiva sorte.
Questo a suo avviso apre la strada a un travaso di voti forzisti?
Visto che sono scappati persino i dirigenti, rimettendoci il posto, sono convinto che ci sia una parte grande di elettorato, quello liberale e moderato, di maggiore buon senso, che non accetta di diventare lo zerbino dei sovranisti. A questi elettori, molti dei quali sono imprenditori, professionisti, artigiani, commercianti, dobbiamo dare una prospettiva politica nella quale possano riconoscersi, rispettosa delle loro idee ed attenta ai loro interessi, per trovare un punto di incontro e governare insieme l’Italia, come abbiamo fatto con Draghi.
Si voterà in un contesto in cui per la prima volta da tempo il tema del posizionamento internazionale del Paese sarà al centro del dibattito. È vero il paragone fatto da chi compara questa elezione a quelle del 1948 e del 1994?
Per certi aspetti lo è. In occidente le forze sovraniste e la destra estrema sono fuori dal governo quasi ovunque, per fortuna. Questo ha consentito infatti di avere una solidarietà ed una solidità di Stati Uniti ed Europa nei passaggi più difficili del passato prossimo: la condanna dell’aggressione russa all’Ucraina, Il sostegno alla resistenza, le sanzioni. Io non ci credo che se ci fosse stato un Governo Salvini Meloni l’Italia sarebbe stata uno dei Paesi più seri. Salvini ha farfugliato ogni genere di fesseria, dalle armi non letali, come se la resistenza si potesse armare con lo spray al peperoncino, alle polemiche sulle sanzioni. Ed è per questo che sono convinto che Putin non si limiterà a fare il tifo per la destra, ma impegnerà ogni mezzo a sua disposizione per farla vincere. Mi aspetto che la fabbrica dei Troll di San Pietroburgo, ad esempio, sia molto attiva sulla rete internet, con tutte le sue fake news, i profili falsi che commentano, offendono e diffondono odio. Sono i più esperti al mondo in questo lavoro perchè non lo hanno fatto solo in Russia, a favore di Putin, ma hanno sostenuto tutti i suoi amici nel mondo, dal dittatore Duterte nelle Filippine, quello degli squadroni della morte, ai fanatici complottisti QAnon, a favore di Trump, dagli indipendentisti catalani ai fautori della Brexit, da Bolsonaro in Brasile alla Le Pen in Francia.
Vede in caso di affermazione elettorale di un’area riferibile al Pd o di stallo un secondo tempo per Draghi premier?
Io credo che sarebbe il risultato più auspicabile delle elezioni: la vittoria di un fronte riformista ampio, progressista e moderato, con un programma comune e condiviso, che chiede a Mario Draghi di ritornare a Palazzo Chigi per completare il lavoro che ha dovuto lasciare a metà. Ma questa volta con due differenze rispetto al passato. La prima differenza sarebbe che avrebbe al suo sostegno una maggioranza politica, che ha condiviso un progetto ed ha chiesto la fiducia agli elettori per realizzarlo. Così finirebbe la solita manfrina del presidente che non ha un mandato popolare. La seconda è che non avrebbe nella sua maggioranza qualcuno che cerca ogni giorno di fare una polemica per danneggiarlo ed aspetta la prima occasione per pugnalarlo alle spalle, come è successo questa volta. Sarebbe una differenza cruciale, per la possibilità di cambiare davvero questo Paese. Ovviamente questa è la mia idea, il mio auspicio. Non posso sapere se Mario Draghi sarebbe disponibile ad accettare nuovamente l’incarico di Governare l’Italia per portarla fuori dai guai, o se ne ha avuto abbastanza dell’esperienza con i cialtroni e ciarlatani che ha dovuto incontrare nel suo percorso. Però glielo chiederei.
1 – continua