Il coronavirus e la guerra dell’informazione
L’attuale emergenza sanitaria è stata interessata da un imponente utilizzo dell’information warfare, ovvero sia la metodologia della ‘guerra dell’informazione'(1). Tale approccio di ‘guerra non convenzionale‘ è contraddistinta dall’utilizzo massiccio dell’informazione, della controinformazione e sopratutto della propaganda.
In questo ambito è fondamentale la proliferazione di ‘mezze verità’ nonché delle ben note ‘fake news’ e, in modo comunque minore, delle vere e proprie bufale(2). Nel contesto dell’emergenza legata al Covid-19 vi è stata una notevole ‘intersezione’ tra l’information warfare e il dilagare della cosiddetta infodemia(3).
La stessa iniziale ondata di ‘infodemia’ mediatica relativa al Coronavirus ha contribuito a creare un terreno fertile per la proliferazione dell’information warfare, sia in modo soft che in maniera diretta.
In questo breve pezzo accennerò alla tematica dell’infodemia, mentre la ‘guerra dell’informazione’ sarà trattata eventualmente in un prossimo articolo.
Tra negazionismo, minimizzazione e panico: come l’infodemia ha contraddistinto il ‘primo approccio’ mainstream al Covid-19
Come già ricordato nelle prima parte dell’articolo, inizialmente il mondo dei media è stato contraddistinto da una vera e propria ‘ondata’ di infodemia.
Aprendo una breve parentesi, bisogna specificare che tale termine è stato coniato dal politologo David J. Rothkopf e descrive l’eccessiva proliferazione di news contraddittorie e dubbie(4).
Nell’ambito della copertura mediatica dell’attuale pandemia c’è da dire che, stando a quanto sostenuto dal sociologo della comunicazione Andrea Fontana in un appello riportato da Formiche.net il24 febbraio 2020(5), nella stessa Italia abbiamo assistito ad una vera e propria ‘epidemia cognitiva’.
Ovviamente non è stata solo l’Italia ad essere stata interessata da questa dinamica e, d’altronde, il ‘primo approccio’ dell’apparato mediatico mainstream al Coronavirus è stato decisamente contraddistinto da questo modus operandi.
Difatti, nelle prime settimane la tematica del Covid-19 è diventata l’ennesimo tema di ‘scontro’ e di contrapposizione tra schieramenti “scettici” e/o “negazionisti” e “allarmisti”.
Da una parte alcuni media hanno amplificato le tesi che minimizzavano o negavano il Covid-19, visto come una ‘mera influenza’, e dall’altra altri media ‘pompavano’ le teorie che evocavano scenari eccessivamente ‘catastrofisti’.
In linea di massima, da un lato si promuoveva un clima ispirato al ‘lassismo’ e dall’altra si alimentava eccessivo panico contribuendo a creare uno stato di ‘tensione’ e ‘confusione’ presso i cittadini e la società in generale.
Tuttavia, bisogna pur riconoscere che ultimamente l’approccio mediatico è notevolmente cambiato e si è assistito alla promozione di un approccio per così dire ‘unitarista’ teso, almeno teoricamente, a portare maggiore chiarezza sul Covid-19 e i suoi reali effetti.
Tra ‘confusione sociale’, information warfare e nuova Guerra Fredda
L’emergenza Coronavirus ha messo, almeno inizialmente, a dura prova la credibilità e il prestigio dell’apparato massmediatico mainstream e di determinate e fondamentali istituzioni.
Anche la stessa comunità scientifica mondiale non è stata esente da criticità, se si pensa al fatto che sino a poche settimane fa assistevamo pure a ‘battibecchi’ tra alcuni importanti virologi e al fatto che anche l’Oms si è contraddistinta nella diffusione di informazioni contraddittorie ( ad esempio, pensiamo alla questione delle mascherine).
Comunque sia, ciò che è certo è che inizialmente si è creato un clima socio/politico d’incertezza e ‘confusionario’ particolarmente suscettibile ad eventuali ‘sommovimenti’.
D’altronde uno stato ‘confusionario’ e, di conseguenza, particolarmente ‘ansiogeno’ diventa particolarmente ‘interessante’ anche per diversi apparati come possono essere i servizi segreti, almeno quelli ‘deviati’.
Difatti queste situazioni d’emergenza possono essere utilizzate e alimentate, come riporta lo storico e direttore dell’Osservatorio Globalizzazione Aldo Giannuli, facendo leva sullo stato di estrema ansia diffusa(6).
Oltre a ciò, bisogna dire che queste situazioni possono diventare particolarmente fertili per l’azione di determinati attori politici e militari ma anche economici (ad esempio gli speculatori finanziari).
C’è anche da dire che lo stato di indotta ‘confusione sociale’ potrebbe venire utilizzato anche per creare ulteriori divisioni e, geopoliticamente, per portare avanti determinate agende.
In quest’ultimo caso, è utile fare nuovamente riferimento al concetto di “information warfare” e ad un suo più che plausibile utilizzo nell’ambito dell’attuale emergenza Coronavirus.
Emergenza Covid-19 che, bisogna ricordare, è arrivata nel mezzo di una ‘nuova Guerra Fredda’ che sta interessando le forze della NATO e la Cina da diversi anni.
Tenendo conto di quest’aspetto, non è peregrino ipotizzare che le reciproche accuse tra Cina e Stati Uniti e la diffusione (non tanto la creazione) di determinate ‘notizie false’ siano collegate a questo scenario.
NOTE
(1) https://www.sciencedirect.com/topics/social-sciences/information-warfare
(2) https://www.informazioneconsapevole.com/2018/11/la-differenza-tra-una-fake-news-e-una.html
(3) http://www.treccani.it/vocabolario/infodemia_%28Neologismi%29/
(4) https://www.wsj.com/articles/infodemic-when-unreliable-information-spreads-far-and-wide-11583430244
(5) https://formiche.net/2020/02/infodemia-epidemia-coronavirus/
(6) https://osservatorioglobalizzazione.it/osservatorio/complotti-e-paure-nella-societa-dellansia/
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