Iran-Pakistan, una partnership strategica per l’Asia Centrale
Gli Anni Novanta avevano segnato una fase di notevole raffreddamento delle relazioni bilaterali tra Iran e Pakistan, dato che la precaria stabilità dell’ampio compromesso diplomatico raggiunto dal governo di Islamabad nell’era del dittatore Zia-ul-Haq si era manifestata apertamente in seguito all’evoluzione dello scenario afghano, caratterizzato dalla repentina ascesa del movimento talebano.
Tale linea era proseguita all’inizio degli Anni Duemila, quando lo stanziamento delle forze armate statunitensi in Pakistan e l’inclusione dell’Iran nel fantomatico “Asse del Male” di nemici dell’America individuato da George W. Bush portò Teheran a temere che il confinante Paese avrebbe potuto essere sfruttato da Washington per lanciare operazioni militari e provocare un regime change nella Repubblica Islamica[1]. Nei primi anni del conflitto afghano, Pakistan e Iran svilupparono una rivalità sotterranea a causa dei contrastanti obiettivi nello scenario afghano, prevedendo una possibile disputa per il controllo del Paese dopo il ritiro delle forze armate occidentali[2].
L’Iran, nel primo decennio del XXI secolo, ha coltivato il suo soft power in Afghanistan investendo risorse economiche nelle aree occidentali del Paese, trasformate nella zona più sviluppata del Paese grazie alla costruzione di strade, centrali elettriche e gasdotti finanziati da Teheran[3], e blandendo a più riprese il Presidente Karzai, invitato diverse volte a Teheran[4], mentre il deterioramento dell’alleanza tra Pakistan e Stati Uniti ha fornito a Islamabad il pretesto per appianare le divergenze che la separavano dalla Repubblica Islamica e cercare punti d’incontro. I primi segni del riavvicinamento si palesarono nella definizione di accordi congiunti tra Pakistan e Iran per combattere i gruppi militanti operanti nelle regioni di confine, primo fra tutti Jundallah.
Quest’ultima è un’organizzazione di combattenti beluci iraniani che nei primi anni Duemila aveva costituito basi nel Balochistan pakistano con la connivenza di Musharraf[5] e che fu attaccata pesantemente nel 2010, quando la collaborazione tra Islamabad e Teheran promossa dal generale Kayani ha portato all’arresto del leader di Jundallah Abdolmalek Rigi, giustiziato a Teheran il 20 giugno 2010[6].
Nel 2012, in un’analisi pubblicata su Middle East Quarterly, Harsh V. Pant ipotizzava che la convergenza economica avrebbe potuto fungere da volano per il ristabilimento di piene e proficue relazioni tra Pakistan ed Iran, constatando come, nonostante le tensioni di inizio millennio, l’interscambio complessivo tra i due Paesi si fosse espanso notevolmente a partire dal 2005, triplicando da 500 milioni di dollari a 1,4 miliardi nel 2009[7].
Più recentemente, lo sviluppo del Corridoio Economico Sino-Pakistano (CPEC) nel quadro della “Nuova via della seta“ e il consolidamento della relazione commerciale e politica tra Cina e Iran ha favorito i contatti volti a sviluppare un piano d’azione per il prolungamento dell’asse Pechino-Islamabad sino a Teheran per mezzo del congiungimento del CPEC a una serie di progetti destinati a essere sviluppati in territorio persiano.
L’Iran è interessato, al pari della Russia che rappresenta il suo principale partner strategico, agli sviluppi che conosceranno il piano della Belt and Road Initiative e il processo di integrazione euroasiatica, in quanto li ritiene un’utile garanzia per la tutela dei propri interessi sul proscenio internazionale. Il prolungamento del CPEC sino all’Iran, inoltre, lo porterebbe a sfociare direttamente nell’importantissima area strategica del Golfo Persico, proiettandolo a un livello superiore di rilevanza geopolitica, e a partire dal periodo compreso tra il 2015 e il 2016 “connettività” è risultata la “parola d’ordine” che ha guidato i dialoghi tra Pakistan e Iran per l’affiliazione di Teheran al CPEC[8].
I due Paesi, infatti, rimasti a lungo esclusi dalle dinamiche di integrazione e connessione, vedono grandi opportunità nella “via euroasiatica alla globalizzazione”, che ai governi di Islamabad e Teheran appare sicuramente molto più appetibile del progetto monopolare di matrice statunitense, dal quale l’Iran è rimasto a lungo escluso a causa delle turbolente relazioni con Washington e il Pakistan non si è mai conformato in maniera estesa. Non è un caso, infatti, che il governo pakistano presenti nel sito ufficiale del progetto il CPEC come “percorso verso la regionalizzazione dell’economia in un mondo globalizzato” destinato a produrre “pace e sviluppo[9]”: per la ricerca di tali obiettivi, è necessario che il contatto dei governi sia portato avanti parallelamente su altri piani diversi da quello economico.
La “connettività” che è stata al centro delle discussioni tra il premier pakistano Nawaz Sharif e il Presidente iraniano Rouhani nel corso del loro incontro del settembre 2016 in cui il leader di Teheran ha formalizzato la richiesta del suo Paese di divenire membro del CPEC[10] passa anche attraverso il riconoscimento delle identità e delle prerogative dei due Stati e dei loro popoli. In tal senso, di conseguenza, un processo ponderato di integrazione a livello regionale e, su un piano più ampio, sul piano euroasiatico potrebbe produrre ricadute di primo piano nel travagliato scenario pakistano interno e contribuire alla risoluzione di numerose problematiche che affliggono il Paese, prima fra tutte quella del dilagante estremismo: il maggiore benessere economico previsto, la definizione di un coerente posizionamento geopolitico e, di conseguenza, di un’identità del Paese sullo scenario internazionale non più dipendente dalla tradizionale contrapposizione all’India ma frutto di sviluppi strategici autonomi e, soprattutto, la dimostrazione della possibilità di un ristabilimento del vecchio vincolo con l’Iran sciita potrebbero amplificare gli effetti che la stessa realizzazione del CPEC è destinata a produrre in Pakistan.
Una maggiore convergenza trilaterale tra Iran, Cina e Pakistan potrebbe sovrapporsi, anche in assenza di un’analoga convergenza russo-pakistana, alla fortissima relazione che coinvolge in maniera bilaterale Russia e Iran e contribuire a forgiare un blocco di interconnessione euroasiatico attraverso l’intermediazione strategica dei Paesi dell’Asia Centrale. Come detto precedentemente, ciò non potrebbe che portare all’apertura di dialoghi tra i Paesi CPEC e l’India: sul possibile coinvolgimento di Nuova Delhi in un polo simile a quello delineato pesano chiaramente i numerosissimi fattori di tensione che oggigiorno separano India e Pakistan, Paesi tanto ai ferri corti quanto cruciali per qualsiasi discorso strategico tanto in chiave euroasiatica quanto in chiave indopacifica.
L’Iran, assieme alla Russia, è probabilmente il Paese che parte dalla migliore posizione negoziale per porsi come potenziale interlocutore con l’India, dato che tra i governi di Teheran e Nuova Delhi si è venuta a creare, negli ultimi anni, un’interessante sintonia. La decisione indiana di finanziare lo sviluppo del porto iraniano di Chabahar, diventata operativa nel maggio del 2016 dopo un summit bilaterale tra Rouhani e il Primo Ministro indiano Modi[11], è stata letta da alcuni commentatori come la possibile risposta di Nuova Delhi al progetto cinese di Gwadar e come una mossa funzionale alla circumnavigazione del Pakistan per le merci indiane destinate ad essere esportate verso Occidente[12], sebbene per fini commerciali l’India utilizzi già attivamente un altro importante porto, quello di Bandar Abbas[13]. Nei fatti, il caso isolato di Chabahar va letto principalmente nell’ambito dell’espansione dei rapporti economici tra Iran e India che, in una fase contraddistinta dalla volontà di Teheran di rimediare al tempo perso durante la fase di isolamento dovuta alle sanzioni internazionali, si inserisce nell’ambito dell’attiva politica diplomatica di Rouhani e del suo governo, decisi a battere tutte le piste utili agli interessi del Paese.
Un ulteriore segno della ritrovata sintonia tra Pakistan e Iran (ma anche del nuovo vento delle relazioni russo-pakistane) è riscontrabile nel posizionamento assunto da Islamabad nello scenario della guerra civile siriana che vede Mosca e Teheran alleate al legittimo governo di Damasco di Bashar al-Assad: contrariamente alla volontà della coalizione dei Paesi a maggioranza sunnita del Golfo guidata dall’Arabia Saudita, il governo pakistano ha chiarificato la sua posizione il 24 dicembre 2015, dichiarandosi contrario a qualsiasi tentativo di rovesciamento di Assad[14] e formalizzando il suo supporto de facto all’alleanza sciita guidata dall’Iran e supportata militarmente dalla Russia. Il riavvicinamento tra Iran e Pakistan comporta, in maniera decisamente automatica, un raffreddamento della storica cordialità che tradizionalmente ha unito Islamabad al regime dei Saud: la neutralità mantenuta dal Pakistan nel corso del faccia a faccia tra Teheran e Riyadh prodottosi a inizio 2016 e il rifiuto di partecipare all’intervento delle forze armate saudite in Yemen sono stati ulteriori segni della presenza di crepe superficiali nelle relazioni bilaterali tra i due Paesi[15], probabilmente destinate ad espandersi nel caso in cui i progetti di convergenza e integrazione mediati nell’ambito del CPEC e di OBOR proseguissero assieme alla sintonia e agli accordi tra Iran e Pakistan.
[1] Harsh V. Pant, Pakistan and Iran’s Dysfunctional Relationship, Middle East Quarterly, primavera 2009, pag. 43-50
[2] Ibid.
[3] Ahmed Rashid, Pericolo Pakistan, Feltrinelli, Milano, 2013, pag. 196
[4] Ibid.
[5] Ahmed Rashid, Pericolo Pakistan, Feltrinelli, Milano, 2013, pag. 195
[6] Ahmed Rashid, Pericolo Pakistan, Feltrinelli, Milano, 2013, pag. 196
[7] Harsh V. Pant, Pakistan and Iran’s Dysfunctional Relationship, Middle East Quarterly, primavera 2009, pag. 43-50
[8] Syed Sammer Abbas,Iran wants to be part of the CPEC, says Rouhani, Dawn, 22 settembre 2016
[9] Andrea Muratore, L’asse geopolitico Pechino-Islamabad, L’Intellettuale Dissidente, 22 dicembre 2016
[10] Syed Sammer Abbas,Iran wants to be part of the CPEC, says Rouhani, Dawn, 22 settembre 2016
[11] India, Iran to redevelop Chabahar Port, The Journal of Commerce, 9 maggio 2016
[12] Manish Vaid,India Takes Iran Relations Forward, The Diplomat, 21 aprile 2016
[13] Sandeep Dikshit, Undeterred India for moving ahead with Iran, The Hindu, 1 marzo 2012
[14] Mateen Haider,Syrian crisis: Pakistan against any attempt to topple Bashar al-Assad, Dawn, 24 dicembre 2015
[15] Samuel Ramani, Pakistan’s role in the Syria conflict, The Diplomat, 24 agosto 2016
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