La lobby dei Saud alla conquista di Washington
Il governo dell’Arabia Saudita attraverso molte società di lobbying, agenzie di comunicazione o associazioni che rappresentano i suoi interessi influenza oramai da tempo la politica estera americana sia da un punto di vista operativo che sotto il profilo dell’analisi politica.
Anche se se gli Stati Uniti sono lo storico alleato e protettore del Regno a partire dal Patto del Quincy nel 1945, le relazioni si sono raffreddate dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001.
Sotto l’amministrazione Obama, le relazioni si sono deteriorate in particolare a causa di una posizione americana più critica del regime e, soprattutto, più aperta alla negoziazione con l’Iran, il nemico storico dei sauditi. Per evitare di vedere l’Iran liberato dalle sanzioni internazionali ed espandere la sua influenza nella regione, l’Arabia Saudita ha cercato di influenzare la diplomazia americana. Ma come?
Generose donazioni vengono regolarmente inviate a vari think tank americani da benefattori vicini al Regno o alleati degli Emirati Arabi Uniti.
Questo è il caso dell’influente Atlantic Council, che ha ricevuto 2 milioni di dollari in donazioni nel 2015, o il Centro per gli studi strategici e internazionali, che ne ricevuti 600mila nello stesso anno. L’obiettivo è quello di creare un flusso di rapporti e analisi che seguano la linea politica saudita per diffonderli nella sfera politica della Casa Bianca e del Congresso.
La lobby saudita è tanto più efficace in quanto beneficia di una particolarità del governo degli Stati Uniti. In effetti, un fenomeno di privatizzazione e esternalizzazione di alcune funzioni governative si è verificato all’interno della amministrazioni statunitensi negli anni ’80.
Queste missioni assumono spesso la forma di relazioni e studi strategici che possono a volte diventare decisivi nei processi decisionali o legislativi del governo. Una capacità di influenzare dietro le quinte che offre agli operatori privati l’opportunità di utilizzare la conoscenza per personalizzare e influenzare una certa versione della “verità”.
La strategia di finanziamento dei think tank americani più influenti consente al Regno di piazzare le sue pedine nel processo decisionale del governo, come nel caso della reintroduzione delle sanzioni in Iran o dell’embargo contro il Qatar.
Le forti tensioni con l’Iran e la Russia – ancora una volta i nuovi principali antagonisti di Washington – consente all’Arabia Saudita di riprendere il suo status di grande alleato. E quale modo migliore per ripristinare la sua immagine che presentare l’Arabia Saudita sotto un nuovo volto, con l’ambizione di riformare la sua economia, nonché la sua società e la vita politica, sotto la guida di un giovane principe ereditario, Mohammed Ben Salman?
Questo Principe della comunicazione cerca di dare un’immagine moderna del Regno. Ciò che osserviamo è che attorno a lui gravitano molte società di lobbying straniere, spesso pagate a caro prezzo. Le azioni di questi gruppi sono centralizzate all’interno del governo saudita e cioè dal Centro per gli studi e gli affari dei media della Royal Saudi Court. Queste aziende comprendono American BGR Government Affairs, pagato fino a 500milla dollari all’anno, Qorvis Communications la cui commissione è pari a 280mila dollari al mese, Gloven Parco Group, Società di lobbying americana composta da ex membri del governo Clinton che fatturano 150mila dollari mensilmente, o Burson-Marsteller, di proprietà del più grande studio legale di marketing britannico WPP, che ha fatturato i suoi benefici a 3,6 milioni. Dal 2015, il Regno ha pagato quasi 18 milioni a 145 lobbisti registrati per influenzare il processo decisionale del governo degli Stati Uniti. In aggiunta a queste società di lobbying commissionati dal Regno non possiamo non menzionare il Stati Uniti-Saudi Arabian Business Council (USSABC) o un influente gruppo di pressione come gli Amici dell’ Arabia Saudita.
Ebbene, l’insieme di questi elementi stanno a dimostrare da un lato come lo studio della politica internazionale di una nazione non possa assolutamente prescindere dallo studio delle lobby che ne influenzano l’azione e dall’altro lato queste riflessioni stanno a dimostrare come la sovranità degli USA sia influenzata profondamente non solo da quella saudita ma anche da quella ebraica come ampiamente illustrato dal saggio La Israel Lobby e la politica estera americana scritto da John Mearsheimer e Stephen Walt nel settembre 2007.
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