L’anti-umanesimo del virus
Come avevamo ipotizzato in tempi non sospetti, il mantra “nulla sarà più come prima” appare sempre più come un obiettivo, piuttosto che una previsione. È L’obiettivo del nuovo management politico, trasversale gli schieramenti, e che prevede l’istaurarsi di un nuovo paradigma bio-securitario, tecnico e scientista, che potremmo sintetizzare in un termine: l’anti-umanesimo.
Infatti avevo già sottolineato altrove, come questa presunta guerra al virus, il nemico invisibile e onnipresente, altro non sia che una guerra contro gli uomini, cioè contro noi stessi. La prassi bellica si concreta nello scontro alla nostra stessa natura umana, la quale è intrinsecamente relazionale, per non dire politica nel senso Aristotelico di zoon politikon. I greci lo sapevano bene che la vera dimensione degli uomini era quella sociale, che si concretava nella polis e nelle sue leggi, dove la dimensione comunitaria sovrastava quella individuale. Gli psicologi sanno altrettanto bene quanto contino le relazioni per il nostro benessere mentale.
Con lo scoppio dell’epidemia è stato sancito un nuovo principio etico: la sopravvivenza biologica è l’unica cosa che conta e va difesa ad ogni costo. È questo il nuovo dogma scientista di quella che Agamben chiama la “religione della salute”, in cui quest’ultima non è un diritto ma un obbligo da far osservare anche con la coercizione. Una nuova fede, che va a radicalizzarsi giorno dopo giorno, e che vede l’uomo non più come un animale politico, ma piuttosto come un ammasso informe, quasi obsoleto (antiquato avrebbe detto Gunter Anders), di microbi, batteri e virus. Pertanto il pericolo biologico giustifica qualsiasi limitazione della socialità e dell’aggregazione, per non parlare delle libertà individuali e collettive. Non sono cose necessarie ci dicono; ubi maior minor cessat. Ma Pensare il contrario è peccato.
È peccato secondo la nuova morale scientista che definisce la verità quale enunciato di una struttura di potere composta da “esperti”. Questi sono i nuovi sacerdoti del tempio, coloro i quali, tramite l’occupazione militare dei presidi mediatici, determinano ex cathedra la dimensione del vero e del falso nel discorso pubblico. Compito dei sacerdoti è, anche, quello di ribadire il dogma. Quest’ultimo delegittima la politica e legittima una seconda ondata di limitazioni.
Ritorniamo così al normativismo infondato dei DPCM, dello stato di emergenza senza emergenza, dell’infodemia giornalistica. E ritorniamo al metodo del blaim the victim: si ritorna a quella consolidata abitudine di governo di addossare ai cittadini, le vere ed uniche vittime, le responsabilità di pubblica sanità. Il popolo ridotto a infante da educare, con le buone o con le cattive. Anzi, meglio le cattive, “Mazz’ e panell’ fanne ‘e figli bell” dicono a Napoli. Il nostro premier lo ha detto chiaramente: “un nuovo lockdown dipenderà dai cittadini”. E vai giù con nuove restrizioni, chiusure, coprifuochi ecc. Insomma bisogna fare un lockdown per evitare un nuovo lockdown: it makes sense! Poco conta che su queste misure non ci sia stata fornita alcuna evidenza scientifica della loro utilità, come affermato persino da un membro del potentissimo CTS. Insomma il senso è psicologico: è gestione del terrore. Bisogna innalzare nella massa, nella moltitudine, un sufficiente livello di paura; far emergere un nemico da combattere.
Precedentemente espressi il timore che la nuova normalità del distanziamento sociale sia il vero scopo e non un semplice mezzo di politica sanitaria. Gli indizi sono tanti. Per esempio, è molto probabile che dopo la pasqua quest’anno salteremo il Natale. Il celebre “zanzarologo”, ha già paventato questa possibilità. Quel che si vuole colpire con il Natale non è tanto un residuo della fede cattolica, le cui istituzioni si sono sin da subito completamente arrese e sottomesse all’immanenza del virus rinnegando la propria origine di “ekklesia”, ma piuttosto un residuo della tradizione e dell’aggregazione familiare.
Con l’estate e la breve pausa concessa a un popolo psicologicamente stremato, qualcuno aveva persino ricominciato a vivere. A incontrarsi, a vedersi, a toccarsi, a riunirsi, a ballare insieme. Sono tornati gli aperitivi, lo sport, i bar e le discoteche. Insomma qualcuno era tornato a vivere sprazzi di normalità.
Una colpa tremenda secondo chi dall’alto ha in mente una normalità completamente diversa. Via ai processi mediatici, ai giudizi morali, contro chi vive la vita. I giovani, i vacanzieri, chi va in discoteca. Comportamenti “irresponsabile” secondo la morale scientista. “Vi siete lasciati andare”, “avete abbassato la guardia”, sono gli slogan paternalistici del regime. Cosi chiudono prima le discoteche, poi i bar, poi lo sport, poi le scuole e piano piano chiude di nuovo la vita. L’ipotesi che il virus circoli nonostante i nostri comportamenti non è neanche contemplata.
Una delle cose che più mi sconvolge è che la banalità della nostra vita, composta di cose cosi consuetudinarie, semplici e apparentemente innocenti come giocare a calcetto con gli amici, o incontrarsi la sera al bar per una birra, sia diventata immorale ed illegale. Ed è incredibile come le persone non si rendono conto della china pericolosa che stiamo imbeccando. Siamo come la rana bollita: a poco a poco ci toglieranno di nuovo tutto. E se lo faranno diranno che è colpa nostra. Cornuti e mazziati!
La cosa più triste è che molti si berranno la “pappa al pomodoro” cucinata dal giornale unico del virus credendo veramente che loro, o meglio, i loro vicini, fratelli e figli siano la causa di tutto ciò. Come afferma Agamben “…la biosicurezza si è dimostrata capace di presentare l’assoluta cessazione di ogni attività politica e di ogni rapporto sociale come la massima forma di partecipazione civica”.
Se gli esempi di Trump, Berlusconi, Briatore delle decine e decine di calciatori, e sportivi non sono serviti ai più a contemplare l’idea che anche in caso di malattia si possa guarire, difficilmente lo capiranno mai, e resteranno rinchiusi in una bolla di terrore sostanzialmente mediatica.
E non si dica “ma sono solo le discoteche”, “è solo lo sport”. Perché la politica del “terapeuticamente corretto” ha varcato un nuovo traguardo biopolitico. Vuole entrarci anche in casa, vuole dirci come comportarci dentro le sacre mura del nostro domicilio, vuole persino istruirci a come fare sesso. Risulta “normale” quindi che un ministro intimi pubblicamente alla delazione nel silenzio dei vertici istituzionali. Questa invasione de la Insula nasconde anch’essa un’altra intenzione, ovvero quella di andare a colpire l’ultimo tassello di socialità e relazionalità rimasta, l’ultimo argine al nichilismo tecno-scientista, il nucleo originario di ogni individuo: la famiglia.
Beati loro che s’illudono che potranno mediare le proprie relazioni tramite dispostivi virtuali, a loro le cieche speranze prometeiche. L’unico cosa che otterranno è favorire l’ascesa di una nuova elite tecnocratica che Eric Sadin definisce come: “Un insieme che vede l’implacabile alleanza di potenze industriali ed economiche, responsabili politici, un ampia fetta del mondo universitario e scientifico e gruppi di influenza di varia natura che, con il pretesto di inserirsi nella “direzione della storia” e di rappresentare le forze progressiste, lavorano al rapido sradicamento dei nostri principi fondatori e alla diffusione di un anti-umanesimo radicale”.
La guerra al virus è una guerra totale alle relazioni e la socialità, con l’effetto di esonerare gli uomini da loro stessi; renderli assoluti ovvero privi di legami, disfare quella trama relazione che è il vero fulcro della nostra esistenza. La nostra identità è data dall’alterità. Purtroppo, o per fortuna, non siamo biologicamente predisposti a vivere da segregati. Prima lo capiamo, rigettando il dogma scientista, e meglio è. Le conseguenze di prolungati stati di stress sociale sulle popolazioni possono prendere pieghe imprevedibili. La vita merita di essere vissuta nella sua incredibile e straordinaria varietà di forme, e ogni vita degnamente vissuta conduce a rischi di ogni natura. Non possiamo lasciare che un virus influenzale, per quanto pericoloso sia, stravolga per sempre la nostra esistenza. Non possiamo considerare questa che ci stanno imponendo come la nuova normalità.
Le opinioni qui presentate corrispondono alla visione personale dell’autore, analista di lungo corso dell’Osservatorio che intende promuovere un dibattito capace di coinvolgere tutte le voci interessate a esprimere la propria opinione sul tema delle conseguenze politiche, economiche e sociali della pandemia. Chi volesse proporre di pubblicare un articolo con la propria opinione e visione in materia può scrivere ad info@osservatorioglobalizzazione.it
Fonti
Sadin, É., & Bonomi, F. (2018). Critica della ragione artificiale: una difesa dell’umanità. Luiss University Press.
Agamben, G. (2020). A che punto siamo. L’epidemia come politica (Macerata: Quodlibet, 2020).
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