Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Top

Perché la Francia è destinata all’egemonia europea

Perché la Francia è destinata all’egemonia europea

Il mondo globalizzato per come oggi è noto tende sempre più a essere assunto come una realtà ovvia, irreversibile. Esso tuttavia costituisce il prodotto tutt’altro che scontato dell’architettura securitaria plasmata dagli Stati Uniti a seguito del secondo conflitto mondiale. Congiuntura eccezionale nella storia dell’umanità, l’ordine globale americano ha avuto l’effetto straordinario di stravolgere le regole che informano le dinamiche di potere tra soggetti geopolitici. Coloro che sono stati incorporati nell’ordine, in cambio della sottomissione strategica all’egemone, hanno infatti potuto ricevere tutto ciò per cui gli Imperi tradizionali avevano da sempre lottato. A tutti i membri del sistema, fossero essi vecchi Imperi, potenze di second’ordine o addirittura ex-colonie, fu concesso libero accesso a tutte le rotte di navigazione del sistema e dunque a tutti i mercati e a tutte le risorse a esso annessi. Ciò permise di accedere ai vantaggi di un sistema imperiale globale senza doverne sostenere i costi di mantenimento. Per la prima volta nella storia non servì più combattere per ottenere prosperità e sicurezza. Il cambio di paradigma, come ovvio, ha sortito l’effetto di sospendere tutta una serie di frizioni geopolitiche normalmente considerate strutturali. Rimaste latenti per decenni, queste sono tuttavia destinate a riaccendersi nel caso di un eventuale ritiro americano dal ruolo di garante del sistema. Questa possibilità, oggi più prossima che mai, incombe minacciosa sui Paesi europei, paventando l’eventualità di un brusco ritorno alla storia. Allettando però Parigi, la quale ha sempre rifiutato di omologarsi al sistema al fine di perseguire una strategia indipendente, per quanto velleitaria. Se le regole del gioco tornassero a mutare, l’Esagono si troverebbe, per la prima volta dai tempi di Napoleone, in una posizione di potenziale egemonia continentale. Godendo di una inedita posizione di forza nei confronti dello storico rivale tedesco. Il perché in sei punti.

L’egemonia francese in sei brevi punti

Punto primo: economia. La Francia non ha mai fruito appieno dei vantaggi offerti dall’ordine statunitense scegliendo di respingere il modello basato sulla supply-side economics e il laissez-faire, il quale meglio si adatta a un’economia globalizzata. Parigi ha invece optato per il mantenimento di molta della propria produzione entro i confini nazionali, proteggendo gelosamente il mercato domestico e prestando particolare riguardo verso i settori di rilevanza strategica. Ancora oggi il modello francese si contraddistingue per il carattere spiccatamente dirigistico, ossia per la capacità dello Stato di intervenire nel mercato al fine di difendere e supportare i propri campioni nazionali, permettendo loro di competere con i grandi player internazionali e di espandere le proprie attività all’estero. In ciò inoltre si è teso a scoraggiare lo sviluppo di quel tipo di catene del valore internazionalizzate prevalenti in Germania e Cina, con l’effetto di ridurre l’esposizione del Paese al rischio di una loro interruzione. All’interno dell’ordine statunitense il modello francese è risultato, tutto sommato, piuttosto inefficiente. Per lo meno se confrontato con quello tedesco, in cui invece è stata compiuta una riconversione volta a trarre il massimo vantaggio dalla globalizzazione (economia trainata dalle esportazioni, facilità nell’accesso al credito per tramite di un mercato finanziario internazionalizzato e soprattutto rifiuto di qualsiasi responsabilità di carattere securitario). Sotto l’ordine americano Berlino ha prosperato mentre Parigi stagnava. Senza di esso tuttavia il modello francese non solo sarebbe in grado di evitare il collasso, bensì di funzionare con discreta efficienza e di porre la Francia in una condizione di superiorità relativa nel continente.

Punto secondo: demografia. La struttura demografica della Francia rappresenta un altro importantissimo punto di forza della nazione transalpina. A differenza degli omologhi europei, e in special modo della Germania, Parigi ha saputo mantenere un discreto livello di fertilità nella propria popolazione, sia grazie al contributo dell’immigrazione, eredità diretta dell’Impero, che grazie a una serie di oculate politiche pubbliche di supporto alla famiglia. Il risultato è che, al giorno d’oggi, la piramide demografica francese risulta la più sana e sostenibile del continente. Non solo infatti la popolazione è aumentata, ma essa, soprattutto, ha saputo mantenersi giovane, con immensi vantaggi per il futuro del Paese. Questi infatti non si limitato alla possibilità di sostenere il Welfare State tramite una consistente popolazione attiva, o a quella più scontata, ma comunque decisiva, di avere un numero maggiore di personale militare in caso di conflitto. I lavoratori attivi e i giovani in attesa di entrare nel mondo del lavoro infatti rappresentano la componente preponderante dei consumi in una data economia, e una loro presenza massiccia, come nel caso francese, implica la possibilità di alimentare la domanda interna. Ciò determina una maggiore indipendenza economica dai mercati internazionali, diversamente dal caso della Germania, la cui natura senescente spinge disperatamente alla ricerca di mercati di sbocco per la propria produzione domestica. La robusta domanda interna quindi non solo renderà possibile all’economia francese di rimanere stabile in un contesto di progressiva deglobalizzazione, ma potrebbe addirittura permettere di esercitare il ruolo di compratore di ultima istanza all’interno di un’eventuale sfera di influenza, garantendo così ai propri selezionati satelliti un mercato di sbocco per la loro produzione manifatturiera. 

Punto terzo: capacità militari. La Francia risulta tutt’oggi l’unica nazione continentale dotata di deterrente atomico. Anche qui il distacco con Berlino è evidente. In generale poi la Francia possiede il più importante esercito europeo e la più rilevante marina del continente. La capacità di proiezione di questi per di più non è relegata alla sfera del possibile, ma è anzi corroborata nella pratica da tutta una serie di operazioni che mantengono attivo e accrescono l’esperienza del personale francese, puntualmente impegnato nella regione del Sahel così come nel Corno d’Africa. Il mantenimento dei territori d’oltremare, distribuiti in tutti e tre gli Oceani, conferisce poi alla marina francese una proiezione virtualmente globale.

Punto quarto: sicurezza energetica. Il paniere energetico francese non è ideale, ma, anche in questo caso, in grado di porre Parigi in una posizione di superiorità relativa rispetto ai rivali europei e alla Germania. Non solo infatti la ricerca di autonomia strategica ha condotto l’Esagono a puntare sulla produzione di energia nucleare, la quale soddisfa oggi più del 40% del fabbisogno interno (e il cui contributo è destinato ad aumentare). La Francia infatti, in virtù della proiezione geografica atlantico-mediterranea, delle comprovate capacità militari e della storica presenza nella regione dell’Africa equatoriale, si trova in una posizione di vantaggio nell’eventualità di un’interruzione dei rifornimenti provenienti dalla Russia o dalla regione del Golfo. Ciò significherebbe poter accedere, in maniera più o meno violenta, alle ingenti risorse energetiche dei Paesi africani della costa atlantica. Viceversa la Germania, riluttante all’uso del nucleare e dipendente da linee di rifornimento che non è in grado di difendere, si troverebbe in balia degli eventi nel contesto caotico di un mondo deglobalizzato. Dipendente dalla benevolenza del vicino d’oltre Reno.

Punto quinto: fattore umano. Il centralismo dello Stato transalpino e il carattere assimilatore del nazionalismo francese garantiscono a Parigi un’ulteriore vantaggio strategico, ossia la grande omogeneità antropologica della propria popolazione. In tempi di prosperità diffusa il benessere economico funge da collante e pacificatore sociale nel contesto di uno Stato moderno. Quando tuttavia sorgono le difficoltà, il grado di omogeneità antropologica costituisce il fattore decisivo per garantire la tenuta dello Stato e compattare le file interne in nome di un bene superiore. In questo senso la Francia è pronta ad affrontare le sfide di un modo deglobalizzato, maggiormente competitivo e violento, anche grazie a una popolazione più giovane, dunque più incline al sacrificio. In questo ambito il confronto con la Germania è impietoso: la vocazione poststorica della popolazione tedesca, anziana e refrattaria alla violenza, si colloca nel quadro politico-istituzionale della Repubblica Federale di Germania, ossia uno Stato decentralizzato diviso da profonde differenze identitarie e dunque perennemente a rischio di subire la pressione di forze centrifughe. Degno di essere citato è anche il caso del Regno Unito, storico rivale dei transalpini, oggi vittima dei nazionalismi montanti al proprio interno (primo fra tutti quello inglese). Fragilità interne condannano all’introflessione, se non al collasso: in questo senso la Francia può godere di un elevato grado di stabilità interna, fondamentale per proiettare i propri interessi nell’arena internazionale. Con una nota a margine: permane infatti la grave incognita relativa alle enclavi etno-religiose che, nella loro esclusione sociale e marginalità economica, gettano un’ombra sulla stabilità della nazione. Già oggi espressione di una concreta minaccia interna per tramite del rischio terrorismo, la popolazione musulmana non integrata nel tessuto sociale francese rappresenta una potenziale criticità ini momenti di eventuale stress geopolitico.

Punto sesto: postura strategica. Il più grande vantaggio dell’Esagono consiste nella propria maturità strategica, conseguenza sia degli esiti del secondo conflitto mondiale che del tradizionale senso di Grandeur intrinseco alla nazione francese. Non serve spendere molte parole in tal senso: tutti i punti precedentemente elencati sono infatti plastica espressione del fatto che Parigi, a differenza di Berlino, ha mantenuto la consapevolezza dei propri interessi geopolitici negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Mentre la Germania, su abile disegno di Washington, è stata confitta in una posizione di minimalismo – addirittura pacifismo – la Francia invece ha saputo mantenere una cultura strategica e uno spiccato senso dell’interesse nazionale. L’architettura istituzionale del Paese, con una forte ruolo dell’esecutivo, consente capacità di pronta reazione. Il mantenimento di un Impero informale, la Françafrique, garantisce profondità strategica, accesso privilegiato a mercati e materie prime, nonché uno strumento per la pratica e il mantenimento dell’esercito, tradizionalmente impegnato nella regione. Anche la postura assunta nel contesto europeo, sebbene con un generale insuccesso, certifica il mantenimento di un interesse nazionale: l’Unione Europea è infatti concepita da Parigi come strumento, cassa di risonanza, e non fine in sé. Il velleitario tentativo di scartarsi dall’influenza dell’egemone americano tramite uscita della NATO nella seconda metà del XX secolo certifica al massimo grado l’autonomia strategica da sempre anelata a Parigi. Nel momento di un ritiro, più o meno parziale che sia, di Washington, la Francia avrebbe dunque gli strumenti per cogliere i vantaggi derivanti dal cambio di paradigma. Il risveglio della Germania invece sarebbe oltremodo doloroso.

Conclusioni

Oggi si è dinanzi ad un fase di disimpegno di Washington nel compito di mantenimento dell’ordine globale eretto a seguito del secondo conflitto mondiale. Quanto durerà questa fase, e in che grado aumenterà tale disimpegno, è oggetto di incertezza. Molto dipenderà dai travagli interni vissuti dal gigante a stelle e strisce. Ciò che invece è certo è che maggiore sarà tale grado di disimpegno maggiori saranno gli spazi di manovra autonoma lasciati ad altri soggetti geopolitici. In questo quadro la Francia, come si è visto, si colloca in una posizione di enorme vantaggio nel contesto europeo, tanto per i punti di forza del proprio modello, relativamente indipendente dall’ordine americano, quanto per le deficienze dello storico rivale strategico, ossia la Germania.

In tale contesto l’Italia dovrebbe prendere nota dei rapidi mutamenti di assetto nel continente: riconoscere la posizione di vantaggio relativo goduta da Parigi è imperativo. Questo perché l’Italia, per certi versi in analogia con la Germania, è destinata a soffrire enormemente nello scenario di una qualche sorta di deglobalizzazione. Roma potrebbe offrirsi come junior partner di Parigi, alleviando così una debolezza strutturale della geopolitica francese, ossia l’esposizione su più fronti: mediterraneo, atlantico e continentale. In questo senso l’Italia potrebbe prendere in appalto una serie di compiti securitari nel bacino del Mediterraneo, sgravando così Parigi di parte dei suoi oneri. In cambio Roma potrebbe godere della rendita geopolitica che deriva di diritto a ogni buon alleato, con possibilità di accesso al mercato francese (esteso all’Impero informale) ed estensione dell’ombrello securitario. Giocare da mediatrice nel confronto tra Francia e Germania permetterebbe inoltre all’Italia di accrescere il proprio peso negoziale al fine di assumere maggior importanza agli occhi dell’Esagono. Certo è che, in ogni possibile scenario, il rilancio della strategia italiana nasce proprio dal recupero di quella consapevolezza geopolitica che il Belpaese ha perduto. Anche in questo caso un avvicinamento ai cugini transalpini potrebbe solo giovare.

Classe '99, laureato triennale in Filosofia (Padova) e studente magistrale di Relazioni Internazionali (Bologna). Appassionato di geopolitica.

Post a Comment


доступен плагин ATs Privacy Policy ©

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Questo sito fa uso di cookie, file di testo che vengono registrati sul terminale dell’utente oppure che consentono l’accesso ad informazioni sul terminale dell’utente. I cookie permettono di conservare informazioni sulle preferenze dei visitatori, sono utilizzati al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e di migliorarne le funzionalità personalizzando il contenuto delle pagine in base al tipo del browser utilizzato, oppure per semplificarne la navigazione automatizzando le procedure ed infine per l’analisi dell’uso del sito da parte dei visitatori. Accettando i cookie oppure navigando il sito, il visitatore acconsente espressamente all’uso dei cookie e delle tecnologie similari, e in particolare alla registrazione di tali cookie sul suo terminale per le finalità sopra indicate, oppure all’accesso tramite i cookie ad informazioni sul suo terminale.