Tutte le strade portano a Berlino Est: la rete terroristica della Stasi
È difficile negare che i contributi storici Gianluca Falanga allo studio della Stasi siano, sotto il profilo storico, contributi fondamentali per comprendere non solo la storia della Germania Est ma soprattutto per comprendere in modo più preciso la storia della guerra fredda. Infatti,i contributi storiografici di Falanga permettono – fra l’altro – di osservare con grande lucidità l’altra faccia della luna e cioè quella faccia che gli studi storici “a sinistra” come quelli di De Lutiis, Flamigni, Cipriani non hanno voluto – o potuto – rilevare. In modo particolare il saggio di Falanga “Al di là del muro. La Stasi e il terrorismo” (Editore Nuova Argos , 2019) ci consente in prima battuta di formulare alcune considerazioni di natura generale.
Il terrorismo internazionale nel contesto della Guerra Fredda
In primo luogo ci consente di sottolineare come le riflessioni della filosofia della politica e della del filosofia diritto sulla natura dei regimi politici e sulla loro comparazione siano vere e proprie elucubrazioni autoreferenziali lontanissime dalla possibilità di fare comprendere al lettore la dinamica conflittuale della realtà storica, in tutta la sua inaudita crudeltà.
In secondo luogo, ponendo a confronto le conclusioni alle quali giunge Falanga con quelli della storiografia italiana sulla strategia della tensione, non si possono non osservare incredibili analogie sull’uso del terrorismo-sia di estrema destra che di estrema sinistra-come strumento politico per destabilizzare i propri rivali politici.
Da un lato la CIA, l’Intelligence inglese, la Nato e l’Intelligence italiana (fra l’altro) in funzione anticomunista e dall’altro lato KGB, Stasi, servizi ungheresi e cecoslovacchi (fra l’altro) in funzione anticapitalistica.
In terzo luogo, l’uso dei movimenti estremistici e del terrorismo da parte di entrambi gli schieramenti ha reso la guerra fredda – se mi si passa la battuta – meno fredda e molto più calda di quanto ci sia disposti ad ammettere.
In quarto luogo, come d’altronde in tutte le guerre sia di tipo tradizionale che di tipo asimmetrico, vi sono state innumerevoli vittime civili – assai spesso innocenti – che hanno pagato con la loro vita una guerra che non gli apparteneva. Sono cioè state le vittime dei “giochi” di guerra delle oligarchie politiche, militari e di intelligence dell’est e dell’ovest da un lato e dei terrorismi di varia natura politica dall’altro lato. Drammatica analogia questa se consideriamo, in linea teorica, le differenze che dovrebbero esserci fra i regimi democratici e quelli totalitari.
Insomma, com’era prevedibile, almeno per chi conosce la storia nella sua durezza, i nobili principi sia delle democrazie occidentali che del marxismo-leninismo ci sono dovuti piegare ad una spietata realpolitik.
Dopo queste brevi considerazioni vediamo di condurre il lettore ai contenuti specifici del saggio.
Il terrorismo nella strategia della Stasi
Secondo l’approccio strategico della Stasi il terrorismo nel suo complesso – palestinese, di estrema destra e di estrema sinistra – doveva essere interpretato secondo precisi criteri: doveva essere ostacolato se rappresentava un pericolo per la sicurezza della Germania orientale; doveva essere tollerato o addirittura favorito se danneggiava le potenze capitalistiche occidentali.
Pensiamo, ad esempio,agli attentati contro le infrastrutture della Nato in Europa occidentale oppure a quelli contro obiettivi statunitensi promossi anche dalla organizzazione di Abu Nidal. Insomma la Stasi seguiva un antiterrorismo di tipo selettivo perché il terrorismo internazionale era uno strumento formidabile al livello di destabilizzazione politica ed era utile per esercitare una rilevante pressione politica sull’Occidente. Tuttavia, nonostante la prudenza con la quale la Stasi si approcciò al terrorismo, il regime politico di Honecker si lasciò spesso trascinare nell’intreccio di trame del terrorismo mediorientale finendo per trasformare Berlino est in una sorta di avamposto logistico di quello internazionale. Tanto è vero che nel corso degli anni ‘70 Berlino est divenne l’ostello dei più spietati capi militari del terrorismo arabo-palestinese: dai leader di settembre Nero a Carlos, da Abu Daoud ad Abu Nidal, leader accolti da alti dignitari del regime della Germania dell’est come ospiti di Stato e assai spesso alloggiati nei migliori hotel della capitale oltre a essere protetti dal controspionaggio e da speciali unità di sicurezza della Stasi. In modo particolare la divisione XXII della Stasi ebbe una particolare confidenza con i più noti membri del terrorismo internazionale degli anni ‘80 e ,fra questi, con i capi dell’Armata Rossa giapponese ma anche con esponenti del terrorismo neofascista legati alla resistenza palestinese come Udo Albrecht e Odfried Hepp.
Ebbene, alla luce di queste considerazioni, è evidente che la Stasi conosceva molto bene le principali organizzazioni della lotta armata in Europa, organizzazioni queste che avevano anche assicurato al servizio segreto della Germania un flusso continuo di informazioni sempre molto ben aggiornate. Naturalmente la Stasi contribuì a depistare spesso le indagini degli inquirenti occidentali o aiutando i singoli militanti a sottrarsi all’arresto o spesso concedendo loro l’utilizzo dello scalo aereo di Berlino-Scönefed quale snodo strategico per muoversi tra l’Europa e il Medio Oriente.
La “Stay Behind” della Stasi
Una delle scoperte certamente significative dello storico Falanga che ci consente con assoluta certezza di instaurare un’analogia con la struttura Stay Behind occidentale è l’esistenza di strutture occulte come quella nota in acronimo con il nome di Agm/S coordinata dal ministro Mielke che si occupò dell’addestramento speciale dei cosiddetti combattenti cekisti e delle unità di assalto ceckisti cioè di agenti operanti singolarmente o in piccoli commando di massimo sei uomini preparati per la guerra psicologica ma anche per la guerriglia, il sabotaggio e gli attentati terroristici oltrecortina. Questo programma di addestramento ebbe inizio nel febbraio del 1964. Questa organizzazione era molto compartimentata. L’uso di queste unità era previsto sia in caso di scontro militare diretto sia in tempo di pace cioè in una situazione di crisi politica molto avanzata in un paese occidentale. Le azioni di questi gruppi dovevano servire ad accelerare la maturazione della crisi, fino a farle assumere il carattere di uno stadio prerivoluzionario ma era anche volto anche a sostenere forze patriottiche.
Il manuale di addestramento, di circa 3790 pagine, indicava con dovizia di particolari le modalità operative di queste unità: la creazione di una rete di informatori, le modalità per introdurre agenti speciali in territorio nemico, il know-how per fare dirottamenti o per manomettere velivoli, il sabotaggio dei sistemi di trasporto, gli attentati ai tralicci dell’alta tensione o l’insabbiamento scientifico di prove che potessero ricondurre ai veri responsabili.
Da un punto di vista complessivo la lotta armata dei paesi dell’America Latina-ed in particolare di Cuba-fu possibile anche grazie alla protezione del KGB che a partire dal 1962 addestrò i guerriglieri in collaborazione anche con i servizi cecoslovacchi. Per quanto riguarda il sostegno del KGB all’Olp di Arafat questo fu certamente rilevante. Inoltre il KGB ebbe modo di potenziare politicamente i raggruppamenti più a sinistra sia dentro che fuori l’Olp come il Fplp, i baathisti filosiriani di Saiqa, i comunisti di al Ansar e i leninisti del Fdlp. Uno dei maggiori successi, almeno nel 1969, fu la nascita del regime sudyemenita che fu possibile proprio grazie al sostegno di Mosca e di Berlino est( pag.112).
La proiezione internazionale del fenomeno
Ritornando al tema centrale del saggio, Falanga (pag. 116) sottolinea come la prima generazione dei terroristi tedeschi fu addestrata da istruttori arabi e palestinesi con armi ed esplosivi che provenivano anche -e non solo -dalla Germania orientale.
Fra coloro che la Germania orientale sostenne vi fu certamente Wadie Haddad che a Beirut creò un centro di comando di una vasta e articolata rete terroristica che si espandeva tra Europa e Medioriente, con basi operative a Roma, Parigi, Zagabria, Algeria, Baghdad e Mogadiscio. Per esempio ,a partire dal 1972 in stretta collaborazione con il terrorismo palestinese, la Raf e l’Armata Rossa giapponese coordinò una serie impressionante di attentati a livello internazionale. Grazie agli archivi dell’ex -URSS è stato accertato che ebbe rapporti molto stretti con il KGB. Infatti, attraverso i capirete sovietici presenti in Libano, Iraq e Yemen, il terrorista teneva informato il KGB degli attentati in preparazione e nello stesso tempo segnalava ai servizi di Mosca la presenza di agenti americani e israeliani in Medioriente all’occorrenza contribuendo ad eliminarli per conto dei sovietici.
In cambio di tutto ciò, il KGB forniva, a precise condizioni, armi da guerra e appoggio logistico sia direttamente sia indirettamente anche attraverso la Stasi. A tale proposito-sottolinea l’autore -le raccomandazioni fatte da Andropov sull’uso selettivo delle azioni terroristiche fu accolto dalle massime autorità del partito ed, in particolare, da Breznev nel 1974. Infatti proprio il direttore del KGB ebbe modo di sottolineare l’importanza delle operazioni speciali come strumento essenziale della politica sovietica e quindi l’importanza del V direttorato del KGB.
Infatti nello stesso anno il leader terrorista giunse a Mosca proprio su invito del comitato centrale che autorizzò la fornitura di 50 mitra, 50 pistole e munizioni per un totale di 34.000 pezzi.
Per quanto riguarda il sostegno dell’estrema sinistra l’intelligence tedesca accompagnò benevolmente la nascita della RAF fin dal 1970 inviò alcuni di loro in Giordania proprio attraverso Berlino est per avere un adeguato addestramento all’uso di armi esplosive. Proprio Ulrich Meinhof cercò direttamente l’intesa politica con il regime di Berlino est. Infatti, a partire dal 1970, furono diretti i rapporti tra la terrorista e la Intelligence tedesca. Complessivamente dai documenti analizzati da Falanga emerge una precisa e lucida linea di condotta da parte della Stasi nei confronti delle organizzazioni combattenti tedesche e cioè indulgenza, appoggio logistico e scambio informativo. Naturalmente perché tutto ciò fosse possibile l’intelligence tedesca offrì appoggio anche attraverso il depistaggio degli investigatori occidentali o avvertendo tempestivamente i militanti nell’imminenza di un’operazione. È tuttavia necessario precisare che da parte dell’intelligence tedesca non ci fu alcuna eterodirezione della RAF. Fu invece un ruolo di levatrice quello attuato dalla Intelligence tedesca attraverso, per esempio, l’infiltrazione sistematica di quest’organizzazione di cui si servì per attuare un’azione di destabilizzazione occulta del sistema politico occidentale. Vi sono tuttavia degli inquietanti particolari, sottolineati da Falanga, come quello relativo al fatto che l’organizzazione della logistica della lotta armata della Raf negli anni settanta nella Germania orientale risulta essere contemporanea all’addestramento politico militare di circa 200 partigiani ceckisti da parte della struttura paramilitare clandestina del partito comunista tedesco per un possibile conflitto diretto con Bonn (pag.158). Inoltre – prosegue lo storico italiano- “il sistema dei depositi di armi interrate nei boschi utilizzato dalla organizzazione terroristica era identico a quello dei depositi predisposti dall’intelligence tedesca per la sua organizzazione paramilitare” (pag.158).Ma la Germania orientale non diede soltanto un aiuto di natura militare ma anche, per così dire, un rilevante contributo nel contesto della disinformazione ,per esempio tramite ,avvocati legati al regime di Berlino est e che difesero il movimento terroristico quando venne decapitato oppure promuovendo, attraverso la stampa di regime, una campagna di disinformazione volta a sottolineare come la Germania dell’ovest torturasse i propri prigionieri politici in carceri speciali (pag.160). Negli anni ‘80 questi legami non vennero meno: quando nel 1981 il gruppo terroristico utilizzò un’autobomba per colpire la base aerea di Rammstein-noto quartier generale dei principali comandi Nato in Europa – determinando una ventina di feriti e quando il 15 settembre sempre in Germania il generale americano Kroesen riuscì a scampare miracolosamente ad un attentato terroristico la Procura generale della Repubblica federale incriminò per entrambi gli attentati nel 1991 sia il ministro Mielke che sei dirigenti della Stasi per concorso in omicidio e partecipazione ad associazione terroristica.
Anche per quanto riguarda il Movimento del 2 giugno ci fu un intervento da parte della Intelligence tedesca. Pensiamo ad esempio al fatto che nel 1976 Inge Viett riuscì ad evadere grazie all’aiuto dell’intelligence tedesca attraverso un processo di vere e propria esfiltrazione. Una volta liberata, insieme ad alcuni suoi compagni ,andò verso Baghdad dove ebbe un adeguato addestramento, e si stabilì a Vienna per organizzare altri attentati come il rapimento del magnate austriaco del tessile Palmers. Dagli archivi risulta che la terrorista avesse un rapporto diretto con il colonnello Damn. Inoltre degli archivi risulta che la terrorista fu un vera e propria fiduciaria dell’intelligence tedesca. Quando la terrorista entrò all’interno della RAF questa svolse il ruolo di un vero e proprio cavallo di Troia che consentì all’intelligence tedesca di poter controllare meglio questa organizzazione. A partire dal 1979 la terrorista fu in diretto contatto con il capo della divisione XXII dell’intelligence tedesca Harry Dahl .
Per quanto riguarda invece il sostegno da parte dell’intelligence tedesca a regimi extra -europei non c’è dubbio che l’apparato di sicurezza della Repubblica democratica popolare dello Yemen del sud fu riorganizzato proprio grazie alla Stasi a partire dal 1974(pag.173). Tuttavia un’analisi più profonda fatta da Falanga fa emergere che proprio nello Yemen, ed in particolare ad Aden, sarebbe stata creata una vera e propria infrastruttura di coordinamento tra il KGB, la Stasi, l’intelligence dell’Olp e il regime sudyemenita. Proprio nello Yemen del sud fu creato un efficiente sistema di controspionaggio elettronico con lo scopo di disturbare i dispositivi di intercettazione della Intelligence tedesca-occidentale, della CIA, dell’NSA e dell’intelligence inglese ubicati nello Yemen del Nord .
La rete di coperture della Stasi
Proprio alla luce degli archivi istituzionali dei governi che degli organismi di sicurezza-sottolinea l’autore-è oramai evidente che furono da un lato “l’Olp insieme ai suoi apparati di sicurezza il vero e proprio catalizzatore della diffusione del terrorismo in Europa e nel mondo mentre gli Stati a regime comunista che certamente furono complici attuando la doppia strategia, finirono per lasciarsi trascinare da quest’organizzazione da interessi, faide e lotte intestine finendo per subirne anche ricatti. In definitiva i veri promotori del terrorismo internazionale non furono i regimi a dittatura comunista ma quelli arabi – Siria, Iraq, Libano Yemen del Sud – che pur essendo certamente filosovietici strumentalizzarono la causa palestinese o comunque il rapporto privilegiato con il Cremlino per il perseguimento di interessi politici o economici determinati”.
Proprio nel 1973 Honecker finì per legittimare la collaborazione della Intelligence della Germania orientale con gli apparati di sicurezza informativi palestinesi al punto che vi furono contatti molto stretti tra questi apparati e le organizzazioni terroristiche operanti a livello internazionale come l’organizzazione dei rivoluzionari internazionale di Carlos e l’organizzazione di Abu Nidal.
Questi legami furono talmente stretti che i primi contatti con la struttura di sicurezza palestinese possono essere fatti risalire al 1969. L’importanza di questi contatti fu tale che a Berlino fu realizzata una sezione distaccata dell’Accademia della Stasi a Potsdam dando vita all’istituto di relazioni internazionali dove, a partire dal 1971, ricevettero addestramento alle tecniche dello spionaggio e del controspionaggio centinaia di dirigenti e militanti dei movimenti politici filosovietici di vari paesi africani e asiatici compresi gli agenti palestinesi. Tuttavia non dobbiamo mai dimenticare che l’intelligence della Germania orientale ebbe sempre uno sguardo molto lucido nei confronti delle organizzazioni palestinesi e, in modo particolare dell’Olp, come dimostra il fatto che i dirigenti palestinesi venivano qualificati come personaggi subdoli ed intriganti, ambigui e ideologicamente inaffidabili. Nonostante ciò non dobbiamo né possiamo dimenticare che sia Abu Iyad che l’Fplp di Habbash, nella seconda metà degli anni 70, sfruttarono il territorio della Germania orientale come un’infrastruttura logistica grazie alla quale potevano preparare i loro attentati terroristici in Occidente.
Un altro legame di estrema rilevanza col terrorismo palestinese da parte della Germania orientale fu quello con i capi di Settembre Nero. Infatti il coordinatore della strage di Monaco Abu Daoud soggiornò frequentemente in Germania est protetto dalla Stasi e ospite addirittura del partito.
A Berlino est si occupò di curare i contatti con i terroristi come Carlos per conto della Stasi alla quale fornì molte indiscrezioni sulla galassia del terrorismo arabo precisa Falanga . Persino il capo operativo di settembre Nero Abu Hassan venne accolto come un vero e proprio ospite di Stato dal governo tedesco -orientale. Un altro interessante legame fu quello tra l’organizzazione paramilitare neonazista WSGH, capitanata dal bavarese Hofmann e l’Olp che lo aveva addestrata in un campo paramilitare nel sud del Libano.
A tale proposito è necessario fare alcune rilevanti precisazioni che ancora una volta dimostrano l’approccio squisitamente strumentale nei confronti del terrorismo da parte della Germania orientale. Infatti, l’intelligence della Germania orientale ebbe rapporti molto stretti con la cosiddetta banda Hepp-Kexel una organizzazione paramilitare neonazista, rapporti che si concretizzarono fra gli anni 70 e 80 e che naturalmente finirono per esserci anche con Fatah. Queste relazioni erano anche finalizzate a reclutare giovani antisionisti tedeschi che sarebbero stati poi inviati nei campi di addestramento dell’Olp, giovani questi che fornirono certamente supporto logistico a Settembre Nero durante il sequestro degli atleti israeliani nel 1972.
Il principale responsabile di questa struttura e cioè Hepp non solo riuscì a sfuggire all’arresto nel 1983 ma la Germania orientale lo convinse ad unirsi al Flp di Abbas. Dopo essere stato portato in Siria con documenti falsi fatti dall’intelligence orientale, il terrorista neonazista tornerà in Europa per organizzare una vera e propria rete di sostegno al commando palestinesi ponendo in essere una vera e propria struttura di raccordo tra organizzazione neonazista e organizzazioni palestinese. Una di queste centrali fu collocata a Parigi. Quando nel 1985 fu arrestato il terrorista era ancora sul libro paga della Stasi.
Nonostante il sostegno e il supporto fornito dalla Germania orientale alla causa di Arafat la questione siriana indusse, seppure provvisoriamente, Berlino est a sostenere le fazioni contrarie ad Arafat finendo per inviare armi alla organizzazione terroristica più ostile ad Arafat e cioè a quella di Abu Nidal.
In questo modo la Germania orientale da un lato cercò di controllare Arafat e dall’altro lato riuscì a incassare “dalla vendita di armi ai gruppi terroristici sostanziosi introiti in valuta occidentale, indispensabile per la sopravvivenza dell’economia di piano in forte crisi di produttività” (pag. 213). A tale proposito Falanga formula un’osservazione di estrema importanza ricordando, seppure implicitamente, che il terrorismo ha sempre avuto risvolti di estrema rilevanza a livello economico come dimostra il fatto che la partecipazione ai traffici illegali di armi da guerra gestiti dal regime della Germania orientale con l’assistenza della londinese Banca di Crediti e commercio fruttarono alla organizzazione di Abu Nidal circa 4767 fucili mitragliatori. Dall’attenta lettura del fondamentale saggio di Falanga emerge un altro particolare certamente inquietante e cioè il fatto che l’attentato del 5 aprile 1986 alla discoteca “La belle“ di Berlino ovest fu possibile anche grazie alla protezione della Stasi. Infatti l’intelligence della Germania orientale era al corrente che si sarebbe attuato questo attentato ma non fece nulla per fermarlo né per ostacolarlo.
A causa della durissima reazione da parte del governo americano – che pose in essere un vero e proprio bombardamento sia Tripoli che a Bengasi – l’OLP, sotto fortissima pressione siriana e sovietica, instaurò una partnership assai forte non solo con la Russia ma anche con la Germania orientale contro l’asse USA-Israele-Giordania. In questo modo nel 1985 la Germania orientale era riuscita a riportare nel campo socialista Arafat. Un vero e proprio successo politico per Honecker.
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