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La strategia della tensione e la battaglia per il potere in Italia

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La strategia della tensione e la battaglia per il potere in Italia

Vorremmo rivolgere la nostra attenzione alla conclusione del saggio di Marco Dondi intitolato L’eco del boato. Storia della strategia della tensione 1965-1974” (Editore Laterza, 2015).

Infatti, riteniamo le conclusioni dell’autore – tanto quanto quelle di Aldo Giannuli relative al saggio sulla strategia della tensione siano di estrema rilevanza sia sotto il profilo storico che sotto il profilo politico per comprendere chiaramente la storia del nostro paese.

In linea di massima la strategia della tensione si concretizzò con la guerra non ortodossa formulata fin dal 1965 che fu impiegata contro il partito comunista, il partito socialista, i sindacati e i movimenti sorti dal 1968 e, più in generale, contro il centrosinistra. All’interno della strategia della tensione il ruolo del golpe fu molto importante: infatti il vero scopo del colpo di Stato non era di farlo ma di servirsi di esso come una minaccia psicologica verso la classe dirigente e verso la pubblica opinione.

La prima osservazione compiuta dall’autore è quella relativa al fatto che ben cinque organizzazioni e i loro atti criminosi furono coperti dall’istituzione come per esempio Ordine Nuovo. Infatti la protezione dello Stato svolse un ruolo di acceleratore dei processi di destabilizzazione. Infatti i Nuclei di difesa dello Stato, la rosa dei venti e la P2 erano veri e propri vasi comunicanti con i servizi informazione difesa, con l’Uaar, con gli uffici informativi dell’esercito e infine con il Noto servizio. Secondo l’autore i nuclei, la Rosa dei Venti e la P2 volevano mutare la struttura costituzionale della Repubblica e la loro pericolosità risiedeva proprio nel fatto di essere composti da personalità che avevano alti incarichi all’interno dello Stato in ambito politico, militare e nel contesto della intelligence.

A rendere il quadro ancora più drammatico è il fatto che queste tre strutture non soltanto hanno inciso in modo funesto attraverso attentati terroristici sulla vita del nostro paese ma hanno influito in modo considerevole sulle nomine delle forze armate, degli apparati di sicurezza e hanno profondamente condizionato l’esito dei processi.

Passiamo adesso ad una seconda considerazione fatta dall’autore. Se tutto ciò fu possibile è perché un gruppo ristretto di uomini politici non solo conosceva l’esistenza di queste strutture, anche se non le dirigeva, ma ebbe modo di sfruttarne politicamente l’azione.

Per quanto riguarda il ruolo complessivo delle forze armate e delle forze dell’ordine queste – ed è la seconda considerazione – erano in gran parte favorevoli ad una svolta autoritaria che le indusse a tradire il giuramento di fedeltà verso la costituzione.

Per quanto riguarda il ruolo della CIA – ed è la terza considerazione – questa svolse una forma di controllo e di assenso delle operazioni collegate per esempio all’attività di ON, funzione analoga svolta anche dalla Nato. Inoltre, entrambe le istituzioni sovranazionali, si serviranno dei gruppi di estrema destra anche come una sorta di manovalanza per porre in essere la guerra non ortodossa.

Vediamo adesso alla magistratura e alla quarta riflessione di Dondi. Una delle ragioni – ma certamente non la sola – che ha rallentato in modo considerevole le indagini della magistratura sono state le reticenze, le ritrattazioni e i depistaggi posti in essere anche dai servizi di sicurezza.

Un’altra ragione è da individuare nel tentativo di neutralizzare le indagini in corso attraverso la centralizzazione a Roma di più indagini, centralizzazione che ha contribuito “a disinnescare i pericoli di delegittimazione su una parte il mondo politico” come afferma l’autore (pag.402). Ma anche i contrasti di natura tecnica in merito alla competenza territoriale tra tribunali hanno contribuito in modo rilevante ad ostacolare l’accertamento della verità. Un altro strumento – sempre nel contesto della magistratura indubbiamente sospetto – fu quello dei trasferimenti come nel caso dei giudici di Treviso Giancarlo Stiz e di Aldo Vittozzi.

Più volte abbiamo fatto riferimento al ruolo dei servizi segreti. Ebbene sia le indagini giudiziarie che quelle della Commissione sul terrorismo e sulle stragi hanno sottolineato come le trame stragiste furono sempre note ai vertici dei servizi di sicurezza che hanno fatto di tutto per negare le informazioni date alla magistratura creando nuove piste -ovviamente false – producendo masse di documenti depistanti o facendo emergere nuovi testimoni che poi hanno in un secondo momento ritrattato.

Fondamentale è stata la manipolazione fatta dai servizi della stampa con nuove rivelazioni che hanno enormemente rallentato le indagini della magistratura facendo nascere “un ginepraio di carte, personaggi, ipotesi false o verosimili che hanno reso più ardua ricostruzione della verità“ (pag. 404). Se pensiamo per esempio all’inchiesta sull’Italicus sia i servizi che la P2 hanno spesso devastato i processi portando a non raccogliere determinati elementi o a nasconderne altri. E certamente quest’opera di depistaggio è durata fino agli anni Ottanta.

Ma è certamente la quinta riflessione quella che riveste un ruolo di particolare significato .Il ruolo dei servizi è stato per certi versi ancora più grave quando hanno contribuito alla fuga di importanti testimoni senza naturalmente poi trascurare il fatto che molti testimoni sono morti, vi sono stati suicidi inspiegabili e addirittura ricoveri in manicomio tutti episodi questi sui quali – sottolinea l’autore – i servizi sono intervenuti. Se pensiamo a Piazza Fontana di casi simili ce ne sono circa una decina come ha dimostrato Marco Sassano. Ma la responsabilità più grave,sotto il profilo giuridico, penale e morale è il fatto che i servizi sono stati i principali fautori della eversione al punto che il servizio segreto italiano ha certamente giocato un ruolo fondamentale sia nella nascita del terrorismo che nella sua caduta.

Pensiamo per esempio che Vito Miceli, dopo essere divenuto deputato per il Movimento Sociale nel 1976, fu invitato due anni dopo negli Stati Uniti a partecipare ad un incontro riservato con uomini dell’entourage di Henry Kissinger a dimostrazione ulteriore degli stretti legami internazionali che ebbe sempre la strategia della tensione.

Numerosi magistrati hanno infatti sottolineato che lo sviluppo del terrorismo di destra non sia stato una deviazione ma un vero e proprio normale esercizio, per quanto criminoso, di una funzione istituzionale svolta non solo dai servizi ma anche da gran parte dei corpi militari dello Stato, dalla mafia, dalla ‘ndrangheta e dalla loggia P2.

Se, ad esempio, rivolgiamo la nostra attenzione al ruolo svolto da Umberto D’Amato e dal suo ufficio: questo svolse vere e proprie funzioni di polizia politica come durante gli anni del fascismo. Ma se tutto ciò fu possibile – ribadisce l’autore opportunamente – dipese dalla complicità e dalla connivenza – oltre che dalla convenienza – delle più alte cariche dello Stato e cioè del Ministero della Difesa e degli interni, del Presidente del consiglio e della Repubblica. E quando i servitori dello stato non servivano più venivano liquidati o scaricati come fecero anche Andreotti e Taviani.

Ora, alla luce di queste drammatiche considerazioni che procedono di pari passo con quelle di Giannuli e di Fasanella, supporre che nel nostro paese la conclusione della strategia della tensione abbia posto termine ad intrighi e complicità legate anche alla sovranità limitata del nostro paese sarebbe una pericolosissima illusione. Basterebbe fare due soli esempi: le vicenda di Pollari, Pio Pompa e Mancini del Sismi e Robert Seldon Lady della Cia legate anche ad Abu Omar – ancora una volta, guarda caso, proprio la CIA è direttamente coinvolta – e quelle della P4 con Luigi Bisignani, personaggio questo che, per certi versi, ricorda Francesco Pazienza.

Nel 2011 ha fondato il Network internazionale Cestudec (Centro studi strategici Carlo de Cristoforis) con sede a Como, centro studi iscritto all'Anagrafe della Ricerca dal 2015. La finalità del centro è quella di studiare, in una ottica realistica, le dinamiche conflittuali delle relazioni internazionali ponendo l'enfasi sulla dimensione della intelligence e della geopolitica alla luce delle riflessioni di Christian Harbulot fondatore e direttore della Scuola di guerra economica(Ege) di Parigi

Comments

  • Cristiano Perugino
    15 Settembre 2020

    Ottimo articolo. Sul ruolo di Federico Umberto D’Amato ci sarebbero molti approfondimenti da fare. L’Ufficio Affari Riservati ha avuto un ruolo enorme, che non è ancora venuto del tutto alla luce. Il ritrovamento “casuale” di tutti quei fascicoli presso magazzino V.E.C.A. di via Appia, a breve distanza dalla morte di D’Amato, da chi è stato pilotato?
    Saluti

  • Cristiano Perugino
    15 Settembre 2020

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  • Cristiano Perugino
    15 Settembre 2020

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  • Cristiano Perugino
    15 Settembre 2020

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  • Cristiano Perugino
    15 Settembre 2020

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  • Cristiano Perugino
    15 Settembre 2020

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  • Cristiano Perugino
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  • Cristiano Perugino
    15 Settembre 2020

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